Capitalismo/Stiglitz

Il prezzo della disuguaglianza: Come la società divisa di oggi minaccia il nostro futuro – Joseph Eugene Stiglitz – Einaudi (2014)

La disuguaglianza e’ il risultato di forze non soltanto economiche, ma anche politiche.
In un’economia moderna, il governo stabilisce e fa rispettare le regole del gioco di una giusta concorrenza […]
Il governo inoltre concede risorse (sia apertamente sia per vie meno trasparenti) e, attraverso il fisco e le spese sociali, modifica la distribuzione del reddito che emerge dal mercato per via dell’influenza della tecnologia e della politica stessa. Il governo modifica infine le dinamiche della ricchezza, tassando per esempio le eredita’ e rendendo gratuita l’istruzione pubblica […]
Le forze della concorrenza dovrebbero limitare la possibilita’ di realizzare profitti esagerati, ma, se i governi non si fanno garanti della competitivita’ dei mercati, possono venirsi a creare condizioni che permettono di realizzare elevati profitti di natura monopolistica […]
Un sistema fiscale progressivo e politiche di spesa che impongano tasse piu’ elevate ai ricchi che ai poveri, offrendo al contempo buoni sistemi di protezione sociale, possono limitare la misura della disuguaglianza. Al contrario, programmi che mettano le risorse del paese nelle mani dei ricchi e di chi ha buone relazioni possono incrementarla […]
Lasciati a se stessi, i mercati spesso non riescono a produrre risultati efficienti e desiderabili e spetta al governo correggere tali fallimenti, ossia definire politiche (da tradursi in fiscalita’ e regolamentazioni) che portino gli incentivi privati a riallinearsi ai ritorni sociali […]
Quando un governo fa bene il suo lavoro, i ritorni per un lavoratore o un investitore sono effettivamente pari ai benefici che le sue azioni apportano alla societa’. Quando invece i due piani non sono allineati, parliamo di fallimento del mercato, nel senso che i mercati non riescono a produrre risultati efficienti.
I compensi privati e i ritorni sociali non sono ben allineati quando a) la concorrenza e’ imperfetta; b) esistono «esternalita’» in virtu’ delle quali le azioni di una parte possono avere effetti ampiamente negativi o positivi sulle altre senza che queste ricevano una compensazione o paghino un prezzo per il danno o il beneficio subito; c) si creano imperfezioni o asimmetrie informative, per cui qualcuno e’ a conoscenza di un fatto rilevante per uno scambio di mercato che un altro non conosce; d) i mercati del rischio o altri mercati sono assenti, nel senso che, per esempio, non esiste la possibilita’ di acquistare un’assicurazione a fronte di molti dei rischi piu’ rilevanti che si affrontano.
Dal momento che tutti i mercati presentano una o piu’ di tali condizioni, e’ difficile supporre che siano in generale efficienti. Ciò significa che al governo spetta potenzialmente un ruolo enorme nella correzione di questi fallimenti del mercato.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/il-prezzo-della-disuguaglianza/
https://www.ocst.ch/il-lavoro/425-approfondimenti/2181-la-disuguaglianza-il-suo-prezzo-e-cio-che-si-puo-fare-per-eliminarla
https://tempofertile.blogspot.com/2013/06/joseph-stiglitz-il-prezzo-della.html
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/15721-joseph-stiglitz-per-combattere-le-disuguaglianze-bisogna-abbandonare-subito-le-idee-di-milton-friedman.html

Finanziarizzazione/Stiglitz

Un’economia per l’uomo – Joseph Stiglitz – Castelvecchi (2016)

Ci sono due aspetti della crisi che non hanno attratto sufficientemente l’attenzione.
Il primo e’ la condotta moralmente deprecabile dimostrata da molti nel settore finanziario. Abbiamo ampie e documentate prove del fatto che ci si e’ approfittati dei meno scolarizzati e di quelli finanziariamente meno accorti, allo scopo di massimizzare i profitti.
Quando alle banche sono esplosi in mano gli ordigni che loro stesse avevano creato, il governo e’ intervenuto a salvarle, lasciando invece coloro che ne erano stati vittime in balia di se stessi […]
Il secondo aspetto e’ che molti operatori del settore finanziario ricevevano delle ricompense non proporzionali al loro contributo complessivo verso la società o verso le aziende per cui lavoravano.
Questa cosa venne alla ribalta nel periodo di poco successivo alla crisi, quando molte aziende continuarono a pagare “premi” di produttività laddove il profitto era palesemente in negativo, fino al punto da richiedere interventi di salvataggio da parte del governo e causare la perdita del posto di lavoro di molti dipendenti.
Un sistema economico dove alcuni (individui o aziende) prosperano in maniera eccezionale – con una correlazione non tanto al contributo effettivo apportato alla collettivita’ quanto piuttosto alla loro abilita’ di ricavare “guadagni” dallo stato di cose – non e’ un sistema economico giusto.

Economia di mercato/Stiglitz

Joseph Eugene Stiglitz – Il prezzo della disuguaglianza: Come la società divisa di oggi minaccia il nostro futuro – Einaudi (2014)

Uno degli aspetti della teoria delle «forze del mercato» al centro dell’attenzione da ormai piu’ di un decennio e’ la globalizzazione, ossia la piu’ stretta integrazione tra le economie del pianeta.
A questo livello piu’ che a qualunque altro le forze del mercato vengono plasmate dalla politica.
Per la globalizzazione, importanti quanto la diminuzione del costo dei trasporti e delle comunicazioni sono stati infatti i cambiamenti subiti dalle regole del gioco. Fra questi vi sono la riduzione degli ostacoli al flusso di capitali attraverso i confini e la riduzione delle barriere commerciali (per esempio l’abbassamento delle tariffe sui beni di importazione cinese che permette loro di competere con quelli americani in qualsiasi campo).
Sia la globalizzazione degli scambi (il movimento di beni e servizi) sia la globalizzazione del capitale (l’integrazione del mercato finanziario internazionale) hanno contribuito ad accrescere la disuguaglianza […]
Essendo riusciti a far si’ che i governi definissero le regole della globalizzazione in modo da rafforzare il potere contrattuale delle corporations nei confronti dei lavoratori, questi grandi gruppi economici possono ricorrere alla leva politica e pretendere tasse piu’ basse con la minaccia di lasciare il paese e andarsene altrove, in luoghi dove il trattamento fiscale sarebbe migliore.
Naturalmente, nell’indurre l’agenda politica che porta le forze del mercato a lavorare per loro, i grandi gruppi non agiscono a carte scoperte. Non sostengono la globalizzazione – la libera mobilita’ del capitale e la protezione degli investimenti – dichiarando che li arricchira’ a spese del resto della societa’. Presentano ragionamenti speciosi su come tutti ne beneficeremo.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/il-prezzo-della-disuguaglianza/
https://www.ocst.ch/il-lavoro/425-approfondimenti/2181-la-disuguaglianza-il-suo-prezzo-e-cio-che-si-puo-fare-per-eliminarla
https://tempofertile.blogspot.com/2013/06/joseph-stiglitz-il-prezzo-della.html
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/15721-joseph-stiglitz-per-combattere-le-disuguaglianze-bisogna-abbandonare-subito-le-idee-di-milton-friedman.html

Economia di mercato/Stiglitz

Joseph Eugene Stiglitz – Il prezzo della disuguaglianza: Come la società divisa di oggi minaccia il nostro futuro – Einaudi (2014)

In breve, se fossimo seri sulla riduzione del deficit, nel prossimo decennio potremmo raccogliere senza fatica migliaia di miliardi di dollari semplicemente: a) alzando le tasse a chi sta in alto, perche’ riceve una fetta talmente grande della torta economica del paese che anche piccoli aumenti di aliquote genererebbero entrate sostanziali; b) eliminando le scappatoie e i trattamenti speciali concessi al genere di reddito spropositato guadagnato da chi sta in cima, dalle aliquote fiscali piu’ basse per speculatori e dividendi all’esenzione dell’interesse maturato sulle obbligazioni municipali; c) eliminando dal sistema fiscale le scappatoie e le clausole speciali che interessano sia persone fisiche sia societa’ ma di fatto rappresentano sussidi alle grandi compagnie; d) tassando di piu’ le rendite; e) tassando l’inquinamento; f) tassando il settore finanziario, almeno per riflettere parzialmente i costi che ha ripetutamente imposto al resto dell’economia; g) facendo pagare il costo pieno a chi fa uso o sfrutta le risorse del paese, risorse che appartengono di diritto a tutti […]
Benche’ la riduzione del deficit non sia il problema principale che l’economia deve affrontare nell’immediato presente, tale compito non e’ poi cosi’ difficile. Occorrerebbe semplicemente invertire le misure che hanno portato al capovolgimento della posizione fiscale del governo dal 2000 a oggi: alzare le tasse a chi sta in alto; tagliare il corporate welfare e i sussidi nascosti alle imprese; aumentare le tasse ai grandi gruppi che non investono e non creano lavoro negli Stati Uniti rispetto a quelli che lo fanno; far pagare chi inquina; fermare la svendita delle risorse del nostro paese; tagliare le spese militari; non strapagare le forniture, che si tratti di farmaci o di mezzi di difesa.
Ce n’e’ piu’ che abbastanza in quest’agenda per soddisfare il piu’ ambizioso degli obiettivi di riduzione del deficit indicati dalle commissioni preposte allo scopo.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/il-prezzo-della-disuguaglianza/
https://www.ocst.ch/il-lavoro/425-approfondimenti/2181-la-disuguaglianza-il-suo-prezzo-e-cio-che-si-puo-fare-per-eliminarla
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Capitalismo/Stiglitz

Joseph Eugene Stiglitz – Il prezzo della disuguaglianza: Come la società divisa di oggi minaccia il nostro futuro – Einaudi (2014)

Gli apologeti della disuguaglianza – e sono molti – sostengono al contrario che lasciare piu’ denaro a chi sta in cima alla scala sociale avvantaggerebbe tutti, in parte perche’ porterebbe a una maggiore crescita.
Questa teoria (in inglese trickle-down) ha un lungo pedigree, ma e’ da tempo screditata. Come abbiamo visto, un livello di disuguaglianza piu’ elevato non ha portato affatto a una crescita superiore […]
Si puo’ pensare a quanto e’ accaduto in termini di fette di torta. Se la torta fosse equamente divisa, tutti ne avrebbero una porzione della stessa grandezza, quindi il primo 1 per cento ne riceverebbe l’1 per cento. Di fatto, oggi ne riceve una fetta molto grande, circa un quinto dell’intera torta. Ma cio’ significa che chiunque altro ne ottiene una porzione piu’ piccola.
Ora, chi crede nella teoria delle ricadute favorevoli afferma che questa metafora risponde alla politica dell’invidia. Non si dovrebbe guardare alle dimensioni relative delle fette, ma alla loro dimensione assoluta.
Dare di piu’ ai ricchi porta a una torta piu’ grande, quindi, anche se gli strati poveri e medi della popolazione ricevono una parte piu’ piccola della torta, il pezzo che ottengono e’ in assoluto piu’ grande.
Vorrei che fosse cosi’, ma non lo e’.
In realta’ accade l’opposto: come abbiamo osservato, nel periodo in cui la disuguaglianza aumentava, la crescita e’ stata piu’ lenta e la dimensione della fetta distribuita alla maggioranza degli americani e’ andata diminuendo […]
Dal momento che viviamo una disuguaglianza tanto elevata, e poiche’ tale disuguaglianza sta aumentando, cio’ che accade al reddito (o Pil) pro capite non ci dice molto di quel che l’americano tipico sta vivendo. Se infatti i redditi di Bill Gates e Warren Buffett salgono, anche il reddito americano medio cresce.
Piu’ significativo e’ cio’ che sta accadendo al reddito mediano, il reddito della famiglia che si trova a meta’ della scala dei redditi, il quale negli ultimi anni, come abbiamo visto, quando non e’ sceso e’ rimasto stagnante.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/il-prezzo-della-disuguaglianza/
https://www.ocst.ch/il-lavoro/425-approfondimenti/2181-la-disuguaglianza-il-suo-prezzo-e-cio-che-si-puo-fare-per-eliminarla
https://tempofertile.blogspot.com/2013/06/joseph-stiglitz-il-prezzo-della.html
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Geoeconomia/Stiglitz

Joseph Stiglitz – Un’economia per l’uomo – Castelvecchi (2016)

Per quanto riguarda invece i diritti economici, diciamo che questa crisi economica globale ha sicuramente un bel marchio Made in USA.
Non abbiamo semplicemente esportato la politica di deregolamentazione che ha reso possibile la diffusione della crisi nel mondo, abbiamo anche esportato molti dei nostri prestiti tossici.
Definire un prestito “tossico” suggerisce che sia ad alto rischio, ma quei prestiti erano estremamente piu’ pericolosi, erano un deliberato sfruttamento da parte del settore bancario e della comunita’ finanziaria degli americani piu’ poveri, gli afroamericani.
Negli ultimi anni si e’ discusso molto della scoperta che ci siano soldi in fondo alla piramide; cio’ che la comunita’ finanziaria americana ha cercato di fare e’ non far rimanere quei soldi in fondo alla piramide, ma farli arrivare alla sommita’ e dobbiamo dire che sono stati piuttosto bravi a muovere i soldi dal basso verso l’alto. Se guardate i gravi danni che sono stati arrecati al ceto medio e agli stipendi piu’ bassi nelle comunita’ americane di Baltimora e Cleveland capirete la dimensione morale di cio’ che il mercato finanziario americano ha fatto. Non e’ stata soltanto la rovina dell’economia americana e non ha soltanto rovinato l’economia globale: quei prestiti subprime in se’ erano immorali ad ogni livello.
Poi pero’ li abbiamo esportati, abbiamo persuaso altri ad accettarli, per questo credo che la parola “tossici” sia ancora troppo lieve per descriverli; l’amministrazione ora li chiama “eredita’ patrimoniali”. Hanno subito un’evoluzione in termini di descrizione: prima erano tossici, poi sono diventati titoli problematici, ed ora eredita’ patrimoniali, e credo che nessuno di questi appellativi faccia giustizia all’obbrobrio che in realta’ hanno rappresentato.

Info:
https://www.avantionline.it/joseph-stiglitz-leconomia-e-un-mezzo-verso-un-fine-non-un-fine-in-se/

Economia di mercato/Stiglitz

Joseph Eugene Stiglitz – Il prezzo della disuguaglianza: Come la società divisa di oggi minaccia il nostro futuro – Einaudi (2014)

La teoria economica ha mostrato che i mercati lavorano bene quando i ritorni privati e quelli sociali sono ben allineati, mentre lavorano male quando non lo sono […]
Se ascoltassimo soltanto la destra, penseremmo pero’ che i mercati abbiano sempre funzionato e che il governo abbia sempre fallito. Questa gente si e’ data molto da fare per creare tale percezione nel pubblico, ignorando semplicemente i fallimenti del mercato privato e i successi del governo. Inoltre si e’ cercato di ignorare – e di far ignorare agli altri – gli effetti distributivi dei fallimenti del mercato, ossia chi guadagna e chi perde quando i compensi privati e i ritorni sociali non sono ben allineati […]
Certo, non tutti gli sforzi compiuti dal governo hanno successo, o hanno il successo che i loro sostenitori avrebbero voluto […] I governi sono istituzioni umane e tutti gli individui, e le istituzioni da essi create, sono fallibili.
Esistono quindi fallimenti del governo esattamente come esistono fallimenti del mercato.
La teoria economica moderna ha spiegato i casi in cui uno o l’altro tendono a fallire, inoltre ha mostrato come governi e mercati (e altre istituzioni civili, comprese quelle che fanno da cani da guardia ai grandi gruppi e ai governi) possano lavorare in modo complementare e dar luogo a un sistema di controlli e contrappesi. Abbiamo visto miriadi di esempi di questo tipo di complementarita’: un’iniziativa governativa ha creato Internet, ma societa’ private come Google hanno costruito molti dei prodotti e delle applicazioni che l’hanno posto al centro della vita della gente e della nostra economia. Il governo puo’ aver creato il primo browser, ma il settore privato e il sistema ad architettura aperta (open source) l’hanno messo a punto.
Che esistano successi e fallimenti nel settore pubblico come in quello privato è evidente […]
L’ironia e’ che i sostenitori della privatizzazione (il trasferimento al settore privato di imprese a gestione pubblica) e della liberalizzazione (annullamento delle regole) da tempo asseriscono che tali politiche sono necessarie per limitare la ricerca della rendita.
Insistono molto sulla corruzione che esiste nel settore pubblico, ma raramente riconoscono che, di fronte a ogni impiegato del settore pubblico che accetta una tangente c’è qualcuno che unge e che, di solito, appartiene al settore privato. Il settore privato e’ infatti pienamente coinvolto nel sistema di corruzione. E, cosa ancora peggiore, la stessa agenda della privatizzazione e della liberalizzazione e’ stata profondamente corrotta: ha fatto confluire rendite elevate nelle mani di chi usava la propria influenza politica per portarla avanti.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/il-prezzo-della-disuguaglianza/
https://www.ocst.ch/il-lavoro/425-approfondimenti/2181-la-disuguaglianza-il-suo-prezzo-e-cio-che-si-puo-fare-per-eliminarla
https://tempofertile.blogspot.com/2013/06/joseph-stiglitz-il-prezzo-della.html

Economia di mercato/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – L’euro. Come una moneta comune minaccia il futuro dell’Europa – Einaudi (2017)

La politica monetaria – per quanto possa apparire come una questione tecnica – e’ in realta’ un fatto politico: l’inflazione riduce il valore reale di quanto dovuto dai debitori, che vengono cosi’ aiutati a scapito dei creditori.
Nessuna meraviglia, dunque, che banchieri e investitori sui mercati obbligazionari si mobilitino con tanta veemenza contro l’inflazione.
D’altro canto, la lotta all’inflazione costringe in genere ad aumentare i tassi di interesse, il che rallenta la crescita e influisce negativamente sull’occupazione e i lavoratori.
Trovare il giusto equilibrio tra inflazione e disoccupazione e’, o dovrebbe essere, una decisione politica.

Info:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/stiglitz-e-possibile-salvare-l-euro/
https://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2018-07-06/stiglitz-italexit-e-l-ultima-spiaggia-l-italia-e-meglio-restare-ma-l-euro-va-riformato-154718.shtml?uuid=AEpvLEIF&refresh_ce=1
http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/stiglitz-39-39-39-italia-sufficientemente-grande-ha-176313.htm

Stato/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Riscrivere l’economia europea. Le regole per il futuro dell’Unione – il Saggiatore (2020)

Il livello di solidarieta’ sociale che la maggior parte dei paesi europei era riuscita a raggiungere dopo la Seconda guerra mondiale si basava su un patto, condiviso tra tutte le forze politiche, di mutua responsabilita’ per i propri concittadini.
Lo Stato sociale europeo e’ stato l’incarnazione di questo consenso.
L’Unione europea, l’euro, la globalizzazione e tutti gli altri cambiamenti economici emersi negli ultimi cinquant’anni avrebbero dovuto condurre – grazie anche ai progressi della tecnologia – a una nuova era di prosperita’ destinata a portare vantaggi a tutti.
Ma le cose non sono andate cosi’: le disparita’ appaiono piu’ grandi che mai e, specialmente dopo la crisi dell’euro, il reddito di ampi settori della popolazione e’ stagnante o addirittura diminuisce […]
I sistemi di assicurazione sociale – intesi come insieme di piani assicurativi pubblici per proteggere i cittadini contro i maggiori rischi cui sono esposti – devono restare al centro dello Stato sociale.
Eppure, queste conquiste decisive vengono attaccate da anni.
Una discussione fondata su informazioni fuorvianti ha diffuso l’idea che la protezione sociale nelle sue varie forme, e piu’ in generale lo Stato sociale, rappresentino un ostacolo al funzionamento efficiente di una economia di mercato e vadano dunque ridimensionati.
Inoltre, alcuni fondamentalisti del libero mercato hanno affermato che, al fine di rendere l’economia piu’ efficiente, bisognerebbe trasferire il piu’ possibile la protezione sociale nel settore privato, a partire dai sistemi pensionistici.
Secondo i neoliberisti le societa’ europee vivono quasi tutte al di sopra dei loro mezzi, hanno un sistema di protezione che va ben oltre le loro possibilita’ finanziarie, e programmi per gli anziani che gravano sulle generazioni future e ostacolano la crescita dell’economia

Info:
https://www.linkiesta.it/2020/05/nobel-stigliz-come-riscrivere-economia-europea/
http://temi.repubblica.it/micromega-online/al-capezzale-dell-europa/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/riscrivere-leconomia-europea/

Societa’/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Popolo potere e profitti. Un capitalismo progressista in un’epoca di malcontento – Einaudi (2020)

Uno dei modi piu’ detestabili con cui viene esercitata l’influenza del denaro e’ quello delle «porte girevoli», per via delle quali i politici ricevono una tangente, non nel presente ma per il futuro, sotto forma di un buon lavoro nel settore privato al termine della loro carica.
Il sistema delle porte girevoli e’ pervasivo e corrosivo.
Il fatto che chi lavora al Tesoro degli Stati Uniti o in altri dipartimenti governativi possa passare velocemente dal servire il paese al lavorare a Wall Street induce a chiedersi se non abbia servito Wall Street fin dall’inizio.
Ma il sistema e’ diffuso anche nel settore della difesa, dove i generali e altri alti ufficiali sembrano spostarsi senza soluzione di continuita’ dal servizio al paese al lavorare per i fornitori dell’esercito.

Info:
https://www.lacittafutura.it/economia-e-lavoro/capitalismo-progressista-un-ossimoro
https://www.italypost.it/popolo-potere-profitti-joseph-stiglitz/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/15/neoliberismo-stiglitz-per-superarlo-serve-un-capitalismo-progressista-che-recida-legami-tra-potere-economico-e-politica/5257897/