Lavoro/Gorz

André Gorz – Il filo rosso dell’ecologia – Mimesis (2017)

Puo’ sembrare paradossale il fatto che io continui a appoggiare questa rivendicazione dopo aver auspicato la prospettiva di una societa’ al di la’ del mercato, del denaro e delle relazioni di scambio. Ma non e’ cosi’ difficile dimostrare che la rivendicazione di un reddito di esistenza implichi un attacco frontale alla legge del valore e della societa’ del lavoro e della merce.
Questa rivendicazione sottolinea il fatto che il «lavoro» e’ sempre meno necessario alla creazione della ricchezza e che tra ricchezza e valore si crea ormai uno scarto sempre piu’ profondo.
E sottolinea, inoltre, come il senso e la qualita’ della vita dipendano in misura crescente dalle ricchezze intrinseche e primarie che non possono essere prodotte ne’ acquistate sotto forma di valore/merce e non diventano disponibili che tramite un’attivita’ libera che non abbia il denaro come fine; e come il reddito di esistenza non possa di conseguenza essere in denaro ordinario e non possa essere finanziato dal gettito fiscale prelevato sul plusvalore realizzato dalle imprese.
Un’economia che produce sempre piu’ merci con sempre meno lavoro produttivo di capitale; un’economia quindi che, a causa dell’accrescimento della produttivita’, distribuisce sempre meno mezzi di pagamento anche quando la produzione aumenta, non puo’ finanziare dei trasferimenti di reddito crescenti tramite prelievi fiscali sui salari e sul plusvalore […]
La rivendicazione di un reddito di esistenza rivela, in fondo, la necessita’ di un’altra economia, la fine del feticismo della moneta e della societa’ mercantile. Annuncia l’obsolescenza di un’economia fondata sul lavoro mercantile e ci prepara al suo crollo […]
La rivendicazione attuale di un reddito di esistenza non ha di conseguenza molte cose in comune con le sue forme anteriori che richiedevano, allo Stato sociale, una redistribuzione del plusvalore prodotto. I partigiani dell’attuale richiesta di reddito di esistenza sottolineano che questa rivendicazione puo’ unire un largo ventaglio di forze sociali in una prospettiva anticapitalista:
L’attrazione e il fascino della rivendicazione di un reddito di esistenza – scrive Reiner Hartel – consistono nel fatto che essa rende possibile le alleanze che vanno dalle associazioni quasi istituzionali di protezione dell’ambiente e della natura, dai sindacati, dal movimento delle donne e dai rappresentanti delle associazioni di carita’ fino ai gruppi dell’opposizione operaia nelle imprese, ai comitati di disoccupati, ai beneficiari dell’aiuto sociale e ai gruppi di immigrati.
Questo tipo di alleanza delle forze sociali «progressiste» e’ precisamente la condizione che permette di immaginare una prospettiva politica che trascende il capitalismo.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/ecologia-politica-di-andre-gorz/
https://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Gorz

 

Lavoro/Coin

Francesca Coin – Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita – Einaudi (2023)

In Italia c’e’ stata una fase (piuttosto lunga) durante la quale la compressione dei salari e’ diventata una specie di orgoglio nazionale.
Si pensi al compiacimento con cui l’allora premier Matteo Renzi suggeriva alle aziende estere di investire nel Paese, perche’ «abbiamo i salari piu’ bassi d’Europa».
Dal 1990 al 2020, i salari nei Paesi Baltici sono piu’ che triplicati. Nei Paesi dell’Europa centrale sono raddoppiati. In Germania sono aumentati del 33 per cento e in Francia del 31. In Italia, in quegli stessi anni, sono diminuiti del 2,9 per cento.
«Il reddito di cittadinanza va abolito perche’ e’ un disincentivo al lavoro», continuano a dire. Eppure, il primo, vero disincentivo al lavoro e’ un lavoro mal pagato […]
Lavorare e’ diventato a tal punto il perno morale della societa’ che lasciare morire di fame una persona disoccupata appare, spesso, piu’ legittimo che consentirle di vivere senza lavorare.
Da questa logica ha origine l’antagonismo al salario minimo, la volonta’ di riformare in senso restrittivo il reddito di cittadinanza e la proposta di accorpare l’Ispettorato del lavoro al ministero del Lavoro, per costringere le persone a lavorare nelle condizioni esistenti, senza muovere un dito per migliorarle.
Il fatto e’ che difficilmente la disaffezione al lavoro potra’ essere placata da politiche coercitive […]
Una politica oltranzista rischia dunque di peggiorare la situazione e di creare solo nuove ragioni per disertare tutto: il sistema produttivo, il sistema politico e le loro leggi morali […]
C’e’ un unico modo efficace per costruire una relazione salariale: introdurre forme di retribuzione diretta, indiretta e differita in grado di offrire una contropartita a chi vende la propria capacita’ di lavoro.
Lo abbiamo detto prima: perche’ una relazione esista, e’ necessario ascoltare il lavoro: alzare i salari, aumentare gli organici, la sicurezza del e sul lavoro, introdurre un salario minimo legale, contrastare il lavoro sommerso e il dumping contrattuale, introdurre un congedo genitoriale paritario e nuovi servizi per l’infanzia, abolire tutte quelle forme di lavoro gratuito che abituano gli studenti a lavorare gratis.
Bisogna, inoltre, potenziare le misure di welfare universalistico, perche’ migliorare la qualita’ del lavoro significa anche consentire alle persone di dire di no al lavoro povero. E’ quello che e’ accaduto in Spagna, dove la ministra del Lavoro Yolanda Diaz ha voluto una riforma complessiva del mercato del lavoro che va in direzione opposta e contraria rispetto quanto e’ accaduto agli ultimi quarant’anni.
Non e’ fantascienza: e’ possibile.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria/26004-vincenzo-di-mino-ritorno-al-futuro-anteriore.html
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/26033-gianluca-de-angelis-torniamo-a-parlare-di-lavoro-facciamolo-collettivamente.html
https://jacobinitalia.it/autore/coin-francesca/
https://nuvola.corriere.it/2023/08/18/che-cosa-ce-dietro-le-grandi-dimissioni-il-saggio-francesca-coin/

Societa’/Pennacchi

Laura Pennacchi – Democrazia economica. Dalla pandemia a un nuovo umanesimo -Castelvecchi (2021)

Le iniziative sul lavoro garantito si basano su una nobile tradizione teorica, che da Keynes va a Meade, a Minsky, ad Atkinson, la quale ha sviluppato la convinzione che in circostanze – come le odierne – di drammatico sottoutilizzo dei fattori fondamentali della produzione, lavoro e capitale, e di secular stagnation strisciante quindi di bassi investimenti, lo Stato possa e debba essere utilizzato come employer of last resort, immagine che e’ un’articolazione di quella dello «Stato innovatore» e dello «Stato strategico».
I programmi prevedono mix di investimenti pubblici e investimenti privati in grado di offrire lavori pubblici utili socialmente, anche temporanei, al salario minimo legale ai disoccupati che cerchino e non trovino lavoro o per integrare l’occupazione di coloro che abbiano un lavoro parziale involontario […]
I settori e gli ambiti in cui creazione di lavoro e creazione di sviluppo coincidono sono numerosi e vanno dalle problematiche ambientali all’emersione di enormi bisogni sociali insoddisfatti, tutte cose che il mercato da solo non risolve, non lenisce, non tratta.
La rottura degli equilibri ambientali sta avvenendo a una velocita’ senza precedenti, mentre, nell’abitazione, l’alimentazione, la mobilità, il tempo libero, la cultura, l’istruzione, la formazione, la salute, i bisogni dei cittadini rimangono inevasi e nei territori (dalle grandi aree metropolitane alle piccole e medie citta’, alle aree rurali e periferiche) la qualita’ della vita degrada.
In tutti questi settori e aree il lavoro garantito puo’ sollecitare una mobilitazione di energie fuori del comune.
Richiamare l’importanza strategica delle iniziative sul lavoro garantito in quanto “lavoro di cittadinanza” consente di chiarirne le differenze rispetto alla prospettiva del reddito di cittadinanza.
Trattare l’occupazione come diritto che deve essere garantito dallo Stato – secondo quanto postula la Costituzione italiana – e’ qualcosa di radicalmente diverso dall’atteggiamento presupposto dalla visione paternalistica che si concentra sull’elargizione di benefici monetari al popolo, cosi’ come riportare il baricentro sull’occupazione e sul lavoro significa contestare l’ineluttabilita’ della jobless society ritenuta intrinseca al funzionamento spontaneo del capitalismo.

Info:
https://www.rivisteweb.it/doi/10.7384/101090
http://www.castelvecchieditore.com/2021/03/06/democrazia-economica-di-laura-pennacchi/

Lavoro/Fana

Marta Fana, Simone Fana – Basta salari da fame – Laterza (2019)

Il vero problema dellʼintroduzione del reddito di cittadinanza e’ che rischia di disincentivare la ricerca di unʼoccupazione pagata con salari da fame.
Un modo neanche troppo velato per affermare la piena subalternita’ dei salari alla dinamica dei profitti, che tradotto significa piena disponibilita’ dei lavoratori e delle lavoratrici ad accettare salari sotto la soglia di sussistenza.
Non stupisce, allora, che a questo coro si sia aggiunta la Lega che propose – la scorsa estate – di arrivare a una legge
che fissi in 9 euro lʼora lordi (comprensivi di Tfr, ferie, tredicesima mensilità) il nuovo minimo orario.
Per non farsi mancare nulla la Lega aggiunse la volonta’ di garantire le imprese con un taglio del cuneo fiscale per compensare “lʼaggravio” del salario minimo.
Lo schema e’ quello classico. Si fissa un minimo salariale basso e al contempo le imprese vengono aiutate con un imponente taglio di tasse, finanziato immancabilmente dalla fiscalita’ generale: meno scuola, meno sanita’, meno asili nido.
Un vero e proprio furto di reddito dai salari ai profitti.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858138878
https://www.leparoleelecose.it/?p=37065
https://www.pandorarivista.it/articoli/basta-salari-da-fame-marta-fana-simone-fana/

Stato/Tuccari

Francesco Tuccari – La rivolta della societa’. L’Italia dal 1989 ad oggi – Laterza (2020)

A prescindere dalla sua mesta conclusione, il bilancio di questo lungo anno di «governo di contratto», densissimo di cronaca e di retroscena, e’ stato in gran parte fallimentare, quanto meno se guardiamo alle strepitose attese che molti avevano coltivato e che i «difensori della societa’» hanno continuato ad alimentare, pur essendo al governo, in un irresponsabile gioco al rialzo da campagna elettorale permanente.
Concentrandoci sull’essenziale, le loro luccicanti promesse di benessere, equita’, dignita’, sviluppo e sicurezza si sono tradotte in tre modeste, aggrovigliatissime, costose e talora molto contestate riforme, approvate in Parlamento con il voto di fiducia: il «reddito di cittadinanza», che stenta ancora a decollare tra mille difficolta’, nel tentativo forse impossibile di tenere insieme politiche di welfare e del lavoro; la cosiddetta «quota cento», una riforma sperimentale e temporanea dell’odiatissima legge Fornero in materia di pensioni, che – spacciata per la sua abolizione – in parte e’ stata ignorata da moltissimi che pure ne avevano diritto e in parte sta creando
pericolosi vuoti di personale in settori cruciali quali la scuola e la sanita’, mettendo forse anche a rischio i conti dell’Inps; e infine le leggi sulla sicurezza e l’immigrazione, fortemente volute da Salvini, che – oltre a fornire maggiori garanzie in tema di legittima difesa – hanno drammatizzato ulteriormente il grande e serissimo tema dell’immigrazione senza produrre sul piano pratico soluzioni di ampio respiro. A meno che non si vogliano considerare tali la politica dei «porti chiusi» e il duello estenuante con le Ong di mezzo mondo impegnate nel salvataggio di migranti nel Mediterraneo.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139844
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-rivolta-della-societa-di-francesco-tuccari/
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/quale-societa-si-rivoltadavvero