Societa’/Patel

Raj Patel, Jason W. Moore – Una storia del mondo a buon mercato. Guida radicale agli inganni del capitalismo – Feltrinelli (2018)

Affinche’ il profitto governasse la vita, doveva accadere una significativa transizione di stato intellettuale: la separazione concettuale tra Natura e Societa’ […]
E’ importante chiarire che questo e’ sempre stato opera di alcuni umani, quelli incaricati di conquistare e commercializzare un mondo che valuta solo i dollari.
Potremo anche essere tutti sulla stessa barca quando si arriva al cambiamento climatico, pero’ solo certuni ne sono al timone. Questa precisazione e’ importante per due grosse ragioni.
Primo, ci aiuta ad attribuire la responsabilita’ e a individuare le classi e i rapporti che ci guadagnano da questa separazione.
Secondo e piu’ significativo, la “separazione dalla natura” degli umani ha preso corpo attorno a un’esclusione realmente immensa.
L’ascesa del capitalismo non ci ha regalato solo l’idea che la societa’ fosse relativamente indipendente dalla rete della vita ma anche che quasi tutte le donne, le Popolazioni indigene, gli schiavi e i popoli colonizzati di qualsiasi terra non fossero totalmente umani e pertanto non fossero membri in pieno della societa’.
Non erano umani, o lo erano appena appena.
Facevano parte della Natura ed erano trattati come emarginati dalla societa’, erano deprezzati, resi economici.

Info:
https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/
https://www.perunaltracitta.org/2019/04/15/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/?print=pdf
https://www.unilibro.it/libro/patel-raj-moore-jason-w-/storia-mondo-buon-mercato-guida-radicale-inganni-capitalismo/9788807173417

Stato/Patel

Raj Patel, Jason W. Moore – Una storia del mondo a buon mercato. Guida radicale agli inganni del capitalismo – Feltrinelli (2018)

Non dimenticate che dopo avere prodotto una merce e averla venduta, idealmente i capitalisti ottengono un profitto.
Le richieste permanenti di creazione di profitto esigono che i profitti generino ricavi profittevoli, e questo fa nascere un problema perche’ la quantita’ di capitale tende a crescere piu’ rapidamente delle occasioni di investirlo in modo vantaggioso.
E’ per questo motivo che ricompaiono di continuo in tutta la storia del mondo moderno le bolle finanziarie, episodi in cui immani somme di capitale affluiscono in uno specifico settore economico, come i mutui ipotecari immobiliari prima della crisi del 2008.
Gli imperi aiutano a risolvere questo problema. Nel lungo termine gli imperi aprono nuove frontiere. Nel breve, appena i profitti rallentano scatenano una guerra, e prendono soldi in prestito per combatterla.
Le banche sono ben liete di prestare soldi perche’ le altre occasioni di profitto sono relativamente ridotte e gli stati sono classicamente clienti a basso rischio creditizio. Hanno anche degli eserciti pronti ad andare al fronte, a spese dello stato, per difendere una valuta sicura e forte.
I rapporti tra i banchieri e i governi portano nel breve termine al reinvestimento, nel medio alla concentrazione della ricchezza e dei ricavi nel settore finanziario, e nel lungo termine all’ascesa e caduta del potere commerciale concentrato in una data citta’, stato o regime internazionale.

Info:

https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/
https://www.perunaltracitta.org/2019/04/15/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/?print=pdf
https://www.unilibro.it/libro/patel-raj-moore-jason-w-/storia-mondo-buon-mercato-guida-radicale-inganni-capitalismo/9788807173417

Stato/Harvey

David Harvey – Cronache anticapitaliste. Guida alla lotta di classe per il XXI secolo – Feltrinelli (2021)

Con lo spostamento del potere verso le grandi aziende e una mobilita’ geografica sempre piu’ agevole, le piccole differenze geografiche sono diventate ancora piu’ importanti di prima nella corsa a massimizzare i profitti.
Le grandi aziende cercano i vantaggi derivanti dall’avere sede in un luogo invece che in un altro; persino un piccolo vantaggio fiscale tra un posto e l’altro puo’ diventare decisivo.
Questo significa che i governi locali o addirittura intere nazioni (l’Irlanda e’ molto brava in questo) hanno disposto facilitazioni fiscali per offrire i massimi vantaggi possibili alle aziende private.
Ne nasce un’accesa concorrenza fra citta’ e regioni e a livello internazionale fra gli stati che cercano di attrarre investimenti dall’estero. E’ uno dei grandi obiettivi del potere statale in questo momento.
Il risultato: il potere dello stato diventa subordinato al capitale privato. Cosi’, se il controllo non e’ nelle mani degli obbligazionisti, e’ in quelle delle grandi aziende monopolistiche.
Non era cosi’, negli anni cinquanta e sessanta del secolo scorso, negli stati capitalisti avanzati perche’ lo stato, in quel momento, era molto piu’ socialdemocratico e molto piu’ potente rispetto al capitale. Parte della missione dello stato era garantire il benessere alla massa della sua popolazione.

Info:
https://www.idiavoli.com/it/article/cronache-anticapitaliste
https://www.kulturjam.it/editoria-narrazioni/david-harvey-cronache-anticapitaliste/
https://www.marxist.com/david-harvey-contro-la-rivoluzione-la-bancarotta-del-marxismo-accademico.htm
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21563-guido-maria-brera-cronache-anticapitaliste.html
https://www.doppiozero.com/materiali/david-harvey-laccumulazione-come-spoliazione

Capitalismo/Piketty

Thomas Piketty – Una breve storia dell’uguaglianza – La nave di Teseo (2021)

Va posto l’accento anche sull’estrema ipocrisia che avvolge la nozione stessa di aiuto internazionale.
Tanto per cominciare, il sostegno pubblico allo sviluppo e’ molto piu’ limitato di quanto a volte si pensi: rappresenta un totale inferiore allo 0,2% del PIL mondiale (e appena lo 0,03% del PIL mondiale per l’aiuto umanitario d’emergenza).
In confronto, i danni climatici causati ai paesi poveri dalle emissioni dei paesi ricchi rappresentano da soli parecchi punti di PIL mondiale.
Il secondo problema, che non e’ un dettaglio, e’ che, nella maggioranza dei paesi virtualmente “aiutati” in Africa, Asia del Sud e altrove, l’ammontare dei flussi in uscita sotto forma di profitti delle multinazionali e di fuga di capitali e’ in realta’ varie volte superiore al flusso d’entrata del sostegno pubblico (anche se ci si limita ai flussi in uscita registrati nei conti nazionali ufficiali, a proposito dei quali tutto fa pensare che sottovalutino i flussi reali).
Si tratta di un punto essenziale dei rapporti centro-periferia su scala mondiale, che continua a stupire gli osservatori: i paesi ricchi dicono di aiutare quelli che in effetti li fanno arricchire.

Info:
https://www.criticaletteraria.org/2021/11/thomas-piketty-una-breve-storia-dell-uguaglianza.html
https://www.doppiozero.com/materiali/thomas-piketty-la-storia-maestra-di-uguaglianza
https://www.repubblica.it/cultura/2021/11/17/news/l_anticipazione_cosi_il_clima_cambiera_la_nostra_vita-326752782/

Economia di mercato/Chomsky

Noam Chomsky – Crisi di civilta’. Pandemia e capitalismo – Ponte alle Grazie (2020)

L’attenzione per la massimizzazione dei profitti «non sempre e’ coerente» nemmeno con la «sopravvivenza dell’umanita’», per prendere a prestito le parole contenute in un memo della piu’ grossa banca statunitense, la JP Morgan Chase, trapelato sulla stampa.
Nel documento si legge, tra le altre cose, che «la sopravvivenza dell’umanita’» e’ a rischio se continueremo a percorrere questa strada, e in questa strada sono inclusi anche gli investimenti della banca stessa nel settore dei combustibili fossili.
La Chevron, per esempio, ha annullato un promettente progetto di energia sostenibile perche’ c’e’ piu’ profitto nel distruggere la vita sulla Terra […]
E giustamente, secondo la dottrina neoliberista.
Come ci hanno insegnato Milton Friedman e altri luminari neoliberisti, il compito dei dirigenti aziendali e’ di massimizzare i profitti. Qualsiasi deviazione da questo dovere morale minerebbe le fondamenta del «vivere civile» […]
La versione neoliberista del capitalismo e’ in vigore dai tempi di Reagan e della Thatcher, e anzi era sorta poco prima.
Non credo che ci sia bisogno di esaminarne nel dettaglio le tremende conseguenze.
La generosita’ di Reagan verso i super ricchi ha una diretta rilevanza oggi che un altro salvataggio e’ in corso. Reagan elimino’ prontamente il divieto sui paradisi fiscali e su altri stratagemmi per scaricare l’onere fiscale sui cittadini, e fu lui ad autorizzare il riacquisto di azioni proprie (stock buyback) – uno strumento volto a gonfiare il valore dei titoli e arricchire il management aziendale e gli ultraricchi (che possiedono la maggior parte delle azioni) indebolendo al contempo la capacita’ produttiva dell’impresa.
Tali cambiamenti hanno avuto conseguenze smisurate, nell’ordine delle decine di bilioni di dollari.
In generale, queste politiche sono state progettate per favorire una piccola minoranza mentre il resto si barcamena alla meno peggio. Per questo ci ritroviamo con una societa’ in cui lo 0,1% della popolazione detiene il 20% della ricchezza mentre la meta’ che si trova negli strati inferiori possiede un patrimonio netto negativo e tira avanti di stipendio in stipendio.

Info:
https://www.illibraio.it/news/ebook-e-digitale/chomsky-virus-ebook-1380886/
https://ilmanifesto.it/lo-stato-di-gravita-permanente-secondo-noam-chomsky/

Economia di mercato/Banos

Pedro Banos – Cosi’ si controlla il mondo. I meccanismi segreti del potere globale – BUR (2020)

Nel mondo attuale, caratterizzato dal primato del liberalismo commerciale-finanziario e capitalista, l’economia si basa unicamente sul profitto.
Per raggiungere gli agognati risultati, aziende e Stati devono vendere il piu’ possibile.
Per farlo, oltre ad accaparrarsi, mantenere e ampliare mercati solventi e stabili – che bisogna di continuo espandere e salvaguardare, contrastando la concorrenza –, hanno la necessita’ di sostenere e potenziare una produzione industriale efficace e redditizia, che generi beni «vendibili»: risorse naturali (minerali, legna eccetera), energia (principalmente idrocarburi ed elettricità) e tecnologia.
Ed e’ qui che ha inizio la battaglia, poiche’ si tratta di risorse finite e, di conseguenza, invidiate e ambite.
Le risorse naturali sono di diversi tipi. In questo ampio insieme sono compresi il legno e i minerali strategici, che vanno da quelli impiegati nell’industria a quelli che servono per la produzione di energia o a quelli usati per i prodotti di alta tecnologia, tra cui per esempio il rame, il nichel, l’uranio, i diamanti, l’oro, la bauxite o il coltan

Info:
https://dasapere.it/2020/11/22/pedro-banos-racconta-come-si-controlla-il-mondo/
https://www.startmag.it/mondo/come-la-cina-prova-a-fare-la-parte-del-dragone/

Stato/Saez

Emmanuel Saez, Gabriel Zucman – Il trionfo dell’ingiustizia. Come i ricchi evadono le tasse e come fargliele pagare – Einaudi (2020)

Ma come mai a meta’ anni Ottanta, in un paese che da decenni tassava al 90 per cento i redditi alti, il governo giunse alla conclusione che invece fosse preferibile un’aliquota del 28 per cento?
La nettissima inversione di tendenza e’ in parte lo specchio dei profondi mutamenti politici e ideologici che, sei anni prima, avevano portato all’elezione di Reagan.
Recuperando e modernizzando la retorica antifiscale che imperversava negli Stati meridionali prima della guerra civile, il Partito repubblicano aveva intercettato il voto degli elettori con reddito alto di tutto il paese e dei bianchi del Sud. La Mont Pelerin Society la propugnava sin dalla fondazione nel 1947; Barry Goldwater ne aveva fatto la sua bandiera nella corsa alle presidenziali del 1964; negli anni Settanta, una rete di fondazioni conservatrici si era spesa per divulgarla: la dottrina dello Stato minimo aveva infine pervaso il pensiero comune e vinto politicamente.
Secondo questa dottrina, la funzione primaria dello Stato e’ difendere i diritti di proprieta’; il motore della crescita economica e’ la massimizzazione dei profitti, associata alla riduzione al minimo della pressione fiscale.
«La societa’ non esiste, esistono solo gli individui». E per gli individui atomizzati le tasse sono una perdita netta, un furto

Info:
https://iltalebano.com/2019/10/16/il-trionfo-dellingiustizia/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/19/fisco-aumenti-delliva-e-tasse-sulla-casa-fanno-il-gioco-dei-super-ricchi/5971095/

Lavoro/Urbinati

Nadia Urbinati – Pochi contro molti. Il conflitto politico nel XXI secolo – Laterza (2020)

Il salvataggio dell’industria automobilistica operato dal presidente Barack Obama siglando la trattativa con l’allora amministratore delegato di Fiat-Chrysler Sergio Marchionne ha portato dopo dieci anni esatti a questa conclusione: cinquecentomila lavoratori in sciopero (ottobre 2019) hanno denunciato salari risibili a fronte del proprio impegno ad accettare politiche di austerita’ per salvare i posti di lavoro e l’industria automobilistica americana.
Dieci anni che hanno visto crescere i profitti della multinazionale General Motors del 30% e i salari dei metalmeccanici del 4%; che hanno visto indebolirsi l’organizzazione sindacale perche’ le aziende dell’auto rimpiazzano sistematicamente i lavoratori sindacalizzati con gli stranieri o i cittadini piu’ bisognosi.
La distanza tra le parti e’ incolmabile: chi tiene in mano il gioco fa e viola promesse a suo piacimento (lo si e’ visto bene con la vicenda dell’Ilva, gestita dalla multinazionale ArcelorMittal) perche’ non teme il conflitto.
E mentre la distanza aumenta, diminuisce la percezione della rappresentativita’ del sistema politico.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/pochi-contro-molti-il-conflitto-politico-nel-xxi-secolo-di-nadia-urbinati/
https://www.cattolicanews.it/pochi-contro-molti-la-democrazia-ha-bisogno-del-conflitto
https://legrandcontinent.eu/it/2020/11/24/i-pochi-contro-i-molti/
https://www.economiaitaliana.it/it/articolo.php/Pochi-contro-molti-alle-radici-del-conflitto-del-Ventunesimo-secolo-?LT=CULT&ID=41094

Geoeconomia/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

Tra il 2010 e il 2016, nei vari paesi dell’Europa orientale i conti nazionali indicano che i flussi in uscita (profitti e altri redditi da capitale: interessi, dividendi ecc.) al netto dei flussi in entrata,
in media hanno inciso per una percentuale compresa tra il 4 e il 7% del PIL: un livello notevolmente superiore a quello dei trasferimenti provenienti dall’Unione Europea, sia per la Polonia e l’Ungheria sia per la Repubblica Ceca e la Slovacchia […]
Il confronto tra i due flussi non significa che l’integrazione europea sia stata un cattivo affare per l’Europa orientale (al contrario di quanto vogliono far credere alcuni dirigenti nazionalisti). I flussi di profitto in uscita infatti costituiscono la contropartita degli investimenti realizzati in questi paesi (a volte anche per privatizzazioni vantaggiose), che di fatto hanno contribuito al miglioramento della produttivita’ globale e, conseguentemente, del livello dei salari […]
E’ innegabile che i paesi dell’Europa occidentale
abbiano tratto notevoli vantaggi commerciali e finanziari dall’integrazione dei paesi orientali nell’Unione Europea (e questo vale soprattutto per la Germania, data la sua collocazione geografica e la peculiarita’ del suo sistema industriale).
Percio’, la questione della ripartizione dei benefici che ne sono derivati e’ legittima e di fondamentale importanza, anche alla luce della conseguente eccedenza commerciale tedesca, che ha assunto una portata senza precedenti.
Tuttavia, le potenze economiche che in questo momento dominano il continente europeo – in particolare Germania e Francia – tendono a ignorare del tutto il problema dei flussi dei profitti privati provenienti dall’Europa orientale.
In modo implicito, sembra che si accetti il principio che il “mercato” e la “libera concorrenza” conducano a una giusta ripartizione delle ricchezze, e che i trasferimenti realizzati – a partire da questo equilibrio “naturale” – sono un atto di generosita’ da parte di chi trae vantaggio da questo sistema (da cui deriva una politica comunitaria incentrata esclusivamente sui trasferimenti pubblici).
In realta’, i rapporti di proprieta’ e di produzione sono sempre complessi, soprattutto in comunita’ di grandi dimensioni come l’UE, e non possono essere regolati unicamente dal “mercato”.
L’equilibrio dei mercati non ha nulla di “naturale”.
Dipende sempre dalle istituzioni e dalle regole in vigore

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Economia di mercato/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Popolo potere e profitti. Un capitalismo progressista in un’epoca di malcontento – Einaudi (2020)

I manuali di economia standard – e buona parte della retorica politica – si focalizzano sull’importanza della concorrenza. Negli ultimi quarant’anni, tuttavia, la teoria economica e l’evidenza dei dati hanno mandato in fumo la pretesa che la maggioranza dei mercati sia davvero concorrenziale […]
Oggi gli Stati Uniti hanno un sistema in cui poche imprese possono rastrellare per se’ elevate quantita’ di profitti e rimanere anni e anni in posizione dominante senza alcun vincolo.
I nuovi leader statunitensi hanno addirittura smesso di aderire formalmente alla concorrenza […]
E’ facile comprendere perche’ gli uomini d’affari di maggior successo non amino la concorrenza: la concorrenza fa scendere i profitti, fino al punto in cui le imprese ottengono un rendimento del capitale appena sufficiente a sostenere gli investimenti, tenendo conto del rischio.
Gli uomini d’affari cercano profitti piu’ alti di quelli che un mercato concorrenziale consentirebbe, e da cio’ derivano la necessita’ di costruire fossati piu’ ampi per ostacolare la concorrenza e l’enorme quantita’ di innovazioni finalizzate al medesimo scopo.

Info:
https://www.lacittafutura.it/economia-e-lavoro/capitalismo-progressista-un-ossimoro
https://www.italypost.it/popolo-potere-profitti-joseph-stiglitz/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/15/neoliberismo-stiglitz-per-superarlo-serve-un-capitalismo-progressista-che-recida-legami-tra-potere-economico-e-politica/5257897/