Economia di mercato/Shafik

Minouche Shafik – Quello che ci unisce.Un nuovo contratto sociale per il XXI secolo – Mondadori (2021)

Il cosiddetto «grafico dell’elefante» […] mostra che cos’è successo alla distribuzione globale del reddito tra la caduta del Muro di Berlino nel 1990 e la Grande Recessione del 2008.
I maggiori beneficiari delle innovazioni tecnologiche e della globalizzazione nel corso di tale periodo sono stati gli appartenenti all’1 per cento piu’ ricco, all’estrema destra del grafico. Gli altri grandi avvantaggiati sono stati coloro che ricadono tra il decimo e il sessantesimo decile della distribuzione globale del reddito: i poveri e il ceto medio dei paesi in via di sviluppo. A subire le maggiori perdite di reddito e’ stata la classe medio-bassa di molte economie avanzate, che si colloca tra il settantesimo e il novantesimo decile del reddito globale.
Questa e’ una delle principali cause del malcontento politico nelle economie avanzate, dovuto al fatto che chi un tempo aveva un impiego ben retribuito in settori come quello manifatturiero e si aspettava di mantenere un tenore di vita da ceto medio ora si ritrova ad arrancare.
Alcuni imputano le loro difficolta’ alla globalizzazione, altri all’immigrazione. In realta’, la globalizzazione accelera il ritmo del cambiamento, ma i dati indicano che il principale fattore responsabile del calo dei salari dei lavoratori meno qualificati nelle economie avanzate e’ il progresso tecnologico, che aumenta la produttivita’ e privilegia i piu’ istruiti.
Va da se’ che il risentimento nei confronti dell’1 per cento piu’ ricco, che ha tratto giovamento da queste tendenze, si e’ acuito. […]
L’altra grande pressione sul contratto sociale deriva dalla forte espansione dell’istruzione femminile e dal numero di donne attive sul mercato del lavoro invece che in famiglia […]
Una conseguenza di questi progressi nel settore dell’istruzione e’ che circa la meta’ delle donne adesso ha un impiego nel mercato del lavoro formale e ha quindi maggiore difficolta’ a prestare i tradizionali servizi di cura a titolo gratuito.

Info:
https://www.avvenire.it/economiacivile/pagine/shafik-diseguaglianze-e-parita-di-genere
https://www.libreriavolare.it/recensioni-libri/saggistica/quello-che-ci-unisce-e-il-mercato-non-basta/

Economia di mercato/Zakaria

Fareed Zakaria – Il mercato non basta. Dieci lezioni per il mondo dopo la pandemia – Feltrinelli (2021)

La storia della disuguaglianza non riguarda solo le nazioni ma anche le imprese.
La ricerca della sicurezza si fara’ sentire anche nel settore aziendale, dove i grandi diventeranno ancora piu’ grandi. Pure qui assistiamo all’accelerazione di una tendenza gia’ in corso.
Negli ultimi anni gli esperti hanno osservato che in un settore dopo l’altro, in Occidente e non solo, le grandi imprese hanno accresciuto profitti e quote di mercato, facendo mangiare la polvere ai concorrenti piu’ piccoli.
Basti pensare ad Amazon, Google, Walmart, Cvs e Home Depot in America, o Volskwagen, Carrefour e Siemens in Europa.
In Cina quasi tutte le aziende maggiori sono dello stato e quindi godono di vantaggi intrinseci, ma perfino i giganti del settore privato come Alibaba e Tencent guadagnano terreno ogni anno che passa […]
Uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico dimostra che tra il 2001 e il 2013 in tutto il mondo industrializzato il 5 per cento piu’ produttivo delle industrie ha aumentato del 33 per cento la propria produttivita’, e il primo 5 per cento delle strutture di servizio ha aumentato la propria del 44. Tutte le altre industrie hanno guadagnato solo il 7 per cento nella produttivita’ e tutte le altre strutture di servizio hanno registrato un aumento appena del 5.
Altre ricerche dimostrano che questa tendenza va acuendosi negli ultimi decenni. Perche’?
Nell’economia odierna grande e’ bello.
Le dimensioni regalano alle aziende un vantaggio nelle due tendenze economiche predominanti della nostra epoca, la globalizzazione e la Rivoluzione informatica.
Ora e’ piu’ facile per la Volkswagen e l’Ikea entrare nei mercati cinese e indonesiano di quanto non lo sia per i marchi piu’ piccoli. Le grandi banche possono trovare nuovi clienti dall’altra parte del globo, quelle regionali no […]
Il Covid-19 rendera’ ancor piu’ conveniente l’essere piu’ grande.
Tra pandemia e lockdown, le grandi compagnie digitali sono state attivissime e hanno registrato un boom degli affari, e continueranno a prosperare a mano a mano che la gente si trovera’ piu’ a suo agio a vivere una vita digitale.
Ma i vantaggi delle dimensioni vanno oltre le imprese legate a Internet. Le grandi aziende tendono ad avere maggiore facilita’ di credito e possono superare la nottata. Hanno marchi regionali o globali e piu’ ampie reti di domanda e offerta.
Se alcune economie recuperano in fretta mentre altre rimangono al palo, le grandi aziende possono avvantaggiarsi concentrandosi nelle aree in crescita in un modo che le piccole non possono fare.
Le mega-multinazionali hanno eserciti di lobbisti per far si’ che, quando vengono stanziati soldi pubblici in sussidi o stimoli, siano loro a incamerare la piu’ grande iniezione di soldi

Info:
https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/il-mercato-non-basta/
https://www.sivempveneto.it/la-lezione-della-pandemia-esce-anche-in-italia-lultimo-libro-di-fareed-zakaria-esperto-di-geopolitica-e-analista-della-cnn-ecco-perche-il-mercato-non-basta-a-risollevarci/

Capitalismo/Mazzucato

Mariana Mazzucato – Missione economia – Laterza (2021)

Anziche’ seguire un percorso di crescita sostenibile, il capitalismo ha costruito economie che gonfiavano le bolle speculative, arricchivano i gia’ immensamente ricchi che costituiscono l’1 per cento della popolazione e distruggevano il pianeta.
In molte economie capitalistiche occidentali, i guadagni reali, tranne che per pochi, non aumentano praticamente da oltre un decennio – in alcuni casi, come negli Stati Uniti, da diversi decenni – esacerbando le disuguaglianze tra gruppi e regioni, nonostante gli alti livelli occupazionali.
Le dinamiche della disuguaglianza spiegano perche’ il rapporto profitti/salari ha raggiunto livelli record.
Tra il 1995 e il 2013, i salari mediani reali nei paesi dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) sono cresciuti a un tasso medio annuo dello 0,8 per cento contro l’1,5 per cento di crescita della produttivita’ del lavoro.
Nel periodo 1979-2018, i salari reali per il 50° e il 10° percentile della distribuzione salariale hanno subito una stagnazione: si e’ registrata una variazione cumulativa dei salari reali del 6,1 per cento nell’intero periodo per il 50° percentile e dell’1,6 per cento per il 10° percentile, contro il 37,6 per cento per il 90° percentile.
Nei paesi con maggiori risorse, il rapporto fra ricchezza privata e reddito e’ passato dal 200-300 per cento nel 1970 al 400-600 per cento nel 2010

Info:
https://www.laterza.it/2021/04/28/mariana-mazzucato-racconta-missione-economia/
https://francosenia.blogspot.com/2021/05/uneconomista-pericolosa.html
https://www.corriere.it/cultura/21_maggio_04/mazzucato-stato-innovatore-un-analisi-confortante-ma-discutibile-971fab64-acea-11eb-b89d-9c2f0a2ddccd.shtml
https://www.articolo21.org/2021/06/leconomista-mariana-mazzucato-in-missione-con-pietro-del-solda-al-festival-delleconomia-di-trento-4-giugno-2021/

Populismo/Fukuyama

Francis Fukuyama – Identita’.La ricerca della dignita’ e i nuovi populismi – Utet (2019)

Il mondo e’ diventato molto piu’ ricco grazie ai guadagni di produttivita’ e alla globalizzazione dal 1988 al 2008, ma questi guadagni non sono stati distribuiti equamente.
Quelli che rientrano nei percentili tra il ventesimo e il settantesimo hanno avuto consistenti incrementi in reddito, e ancora maggiori sono stati quelli per il novantacinquesimo percentile. Ma la parte della popolazione globale attorno all’ottantesimo percentile ha conosciuto o stagnazione o guadagni marginali. Questo gruppo corrisponde in larga misura alla classe lavoratrice nei paesi sviluppati, cioe’ a persone con istruzione da scuola superiore o di livello minore. Pur rimanendo questi in una condizione economica molto migliore di quelli che si trovano sotto di loro, hanno perso terreno in misura significativa rispetto a chi rientra nel 10 per cento di vertice della distribuzione. Il loro status relativo, in altre parole, e’ precipitato bruscamente. […]
In queste circostanze ci si sarebbe aspettato di assistere alla massiccia ripresa di una sinistra populista in quei paesi soggetti ai piu’ alti livelli di disuguaglianza.
Fin dalla Rivoluzione francese, la sinistra si e’ definita come il partito dell’uguaglianza economica, intenzionata a usare la forza dello stato per redistribuire la ricchezza dai ricchi ai poveri. Ma all’indomani della crisi finanziaria globale si e’ assistito a una situazione pressoche’ opposta: l’affermarsi di forze nazionaliste populiste di destra in molte parti del mondo sviluppato. Questo si e’ verificato piu’ che in ogni altro luogo negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, due paesi nei quali la deindustrializzazione aveva devastato la vecchia classe operaia. […]
Come si spiega che la sinistra non sia riuscita a capitalizzare il crescere della disuguaglianza sociale, e che il suo posto sia stato preso dalla destra nazionalista? Non si tratta di un fenomeno inedito: i partiti di sinistra perdono a favore dei nazionalisti da ben oltre un secolo, e proprio in quelle circoscrizioni povere o della classe operaia che in teoria sarebbero dovute essere la loro più solida base di sostegno.
Nel 1914 la classe lavoratrice europea non si schiero’ sotto le bandiere dell’Internazionale socialista ma, allo scoppio della prima guerra mondiale, ciascuna con i suoi governi nazionali. Questo fallimento ha sconcertato per anni i marxisti […]
Essere poveri significa essere invisibili agli esseri umani propri simili, e l’indegnita’ dell’invisibilita’ e’ spesso peggiore della mancanza di risorse.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica/14268-alessandro-visalli-colin-crouch-identita-perdute-globalizzazione-e-nazionalismo.html
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134061