Lavoro/Gorz

l filo rosso dell’ecologia – André Gorz – Mimesis (2017)

In tutti i paesi sviluppati, e’ il capitale che tende ad abolire il lavoro salariato perche’ questo si era nel frattempo trasformato, durante il periodo fordista, in una relazione sociale regolamentata, protetta dai diritti sociali.
Al suo posto, il capitale reintroduce relazioni di lavoro e di retribuzione individualizzate, precarie, che abbandonano il lavoratore di fronte al potere arbitrario del suo datore di lavoro.
Il capitalismo denuncia il contratto sociale che era alla base del regime fordista, il lavoro diventa un’attivita’ sempre piu’ discontinua. Periodi di iperattivita’ si alternano a periodi di disoccupazione, il tempo di lavoro e il livello di retribuzione diventa flessibile, imprevedibile.
Chiunque e’ un disoccupato in potenza.
E’ una rivoluzione irreversibile. La rivoluzione microelettronica economizza delle quantita’ di lavoro fino ad oggi inimmaginabili, ma e’ gestita in un modo tale che condanna gli uni all’inattivita’, mentre obbliga gli altri ad un’intensita’ di lavoro difficilmente sopportabile […]
Inoltre, sotto la pressione dei fondi pensione, le imprese riducono i salari e il personale, investono sempre meno sul lungo periodo e cercano ovunque di ottenere i mezzi di esenzione d’imposta.
E cosi’ il rendimento del capitale non smette di accrescersi, mentre la remunerazione del lavoro, la protezione sociale e gli investimenti in opere pubbliche non fanno che diminuire […]
Sarebbe necessario garantire a chiunque un reddito continuo per un lavoro discontinuo. Garantire, detto altrimenti, che la discontinuita’ del lavoro retribuito non sia imposta alle persone a seconda della convenienza dei datori di lavoro, e che questa discontinuita’ si trasformi in diritto di tutti a vivere le proprie attivita’ e a scegliere, senza perdere il proprio reddito, dei periodi in cui si possano fare cose che non abbiano valore mercantile.
Questa sarebbe la base della societa’ della multiattivita’.
Credo che questa idea sia piu’ che mai attuale.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/ecologia-politica-di-andre-gorz/
https://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Gorz

 

Lavoro/Gorz

André Gorz – Il filo rosso dell’ecologia – Mimesis (2017)

Puo’ sembrare paradossale il fatto che io continui a appoggiare questa rivendicazione dopo aver auspicato la prospettiva di una societa’ al di la’ del mercato, del denaro e delle relazioni di scambio. Ma non e’ cosi’ difficile dimostrare che la rivendicazione di un reddito di esistenza implichi un attacco frontale alla legge del valore e della societa’ del lavoro e della merce.
Questa rivendicazione sottolinea il fatto che il «lavoro» e’ sempre meno necessario alla creazione della ricchezza e che tra ricchezza e valore si crea ormai uno scarto sempre piu’ profondo.
E sottolinea, inoltre, come il senso e la qualita’ della vita dipendano in misura crescente dalle ricchezze intrinseche e primarie che non possono essere prodotte ne’ acquistate sotto forma di valore/merce e non diventano disponibili che tramite un’attivita’ libera che non abbia il denaro come fine; e come il reddito di esistenza non possa di conseguenza essere in denaro ordinario e non possa essere finanziato dal gettito fiscale prelevato sul plusvalore realizzato dalle imprese.
Un’economia che produce sempre piu’ merci con sempre meno lavoro produttivo di capitale; un’economia quindi che, a causa dell’accrescimento della produttivita’, distribuisce sempre meno mezzi di pagamento anche quando la produzione aumenta, non puo’ finanziare dei trasferimenti di reddito crescenti tramite prelievi fiscali sui salari e sul plusvalore […]
La rivendicazione di un reddito di esistenza rivela, in fondo, la necessita’ di un’altra economia, la fine del feticismo della moneta e della societa’ mercantile. Annuncia l’obsolescenza di un’economia fondata sul lavoro mercantile e ci prepara al suo crollo […]
La rivendicazione attuale di un reddito di esistenza non ha di conseguenza molte cose in comune con le sue forme anteriori che richiedevano, allo Stato sociale, una redistribuzione del plusvalore prodotto. I partigiani dell’attuale richiesta di reddito di esistenza sottolineano che questa rivendicazione puo’ unire un largo ventaglio di forze sociali in una prospettiva anticapitalista:
L’attrazione e il fascino della rivendicazione di un reddito di esistenza – scrive Reiner Hartel – consistono nel fatto che essa rende possibile le alleanze che vanno dalle associazioni quasi istituzionali di protezione dell’ambiente e della natura, dai sindacati, dal movimento delle donne e dai rappresentanti delle associazioni di carita’ fino ai gruppi dell’opposizione operaia nelle imprese, ai comitati di disoccupati, ai beneficiari dell’aiuto sociale e ai gruppi di immigrati.
Questo tipo di alleanza delle forze sociali «progressiste» e’ precisamente la condizione che permette di immaginare una prospettiva politica che trascende il capitalismo.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/ecologia-politica-di-andre-gorz/
https://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Gorz

 

Stato/Dardot

Pierre Dardot, Christian Laval – La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Derive Approdi (2019)

La missione dello Stato non e’ piu’ tanto quella di assicurare l’integrazione dei diversi livelli della vita collettiva, quanto conformare le societa’ ai vincoli della concorrenza mondiale e della finanza globale.
La gestione della popolazione cambia di significato e di metodo.
Mentre nel periodo fordista l’idea predominante era (secondo la formula consacrata) «accordo tra efficienza economica e progresso sociale» nel quadro di un capitalismo nazionale, la popolazione oggi e’ percepita soltanto come una «risorsa» per le imprese secondo un’analisi costi-benefici.
La politica, che per inerzia semantica definiamo ancora «sociale», non segue piu’ la logica della ripartizione dei guadagni di produttivita’, destinata a mantenere un livello della domanda abbastanza alto per gli sbocchi della produzione di massa. Essa, piuttosto, mira a massimizzare l’utilita’ della popolazione, accrescendone l’impiegabilita’ e la produttivita’, e assottigliandone i costi tramite politiche sociali di un nuovo genere che consistono nell’indebolire il potere di negoziazione dei sindacati, nel degradare il diritto del lavoro, nel ridurre il costo della manodopera, l’ammontare delle pensioni e la qualita’ della previdenza sociale; il tutto in nome dell’«adattamento alla globalizzazione».
Lo Stato, dunque, non abbandona il proprio ruolo in materia di gestione della popolazione, ma il suo intervento non risponde piu’ agli stessi imperativi e alle stesse spinte. Al posto dell’«economia del benessere», che concentrava gli sforzi sull’accordo tra progresso economico e distribuzione equa dei frutti della crescita, la nuova logica considera le popolazioni e gli individui dal punto di vista piu’ angusta del loro contributo e del loro costo nella competizione mondiale.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Societa’/Chang

Ha-Joon Chang – Economia commestibile. Comprendere la teoria economica attraverso il cibo – il Saggiatore (2023)

L’economia ha un impatto diretto e massiccio sulle nostre vite.
Sappiamo tutti che le teorie economiche influenzano le politiche governative in materia di tasse, spesa sociale, tassi d’interesse e regolamenti del mercato del lavoro, che a loro volta influiscono sulle nostre condizioni economiche individuali, influenzando le condizioni di lavoro, i salari e gli oneri di rimborso delle nostre spese, dei nostri mutui o prestiti studenteschi.
Ma le teorie economiche modellano anche le prospettive collettive a lungo termine di un’economia, influenzando le politiche che ne determinano la capacita’ di impegnarsi in industrie ad alta produttivita’, nell’innovazione e nello sviluppo sostenibile dal punto di vista ambientale.
Ma al di la’ di questo: l’economia non si limita a influenzare le variabili economiche, sia personali sia collettive.
Cambia la nostra identita’.
L’impatto su di noi avviene in due modi. L’economia crea idee: le differenti teorie economiche assumono qualita’ diverse che costituiscono l’essenza della natura umana, quindi la teoria economica prevalente influisce su cio’ che consideriamo «natura umana».
Il dominio dell’economia neoclassica, il cui presupposto e’ che gli esseri umani siano egoisti, negli ultimi decenni ha normalizzato il comportamento di indagine del se’ […]
In altre parole, l’economia influenza cio’ che le persone considerano normale, il modo in cui si considerano reciprocamente e il comportamento che adottano per conformarsi […]
In secondo luogo, le diverse teorie economiche esprimono opinioni difformi su dove debba trovarsi il confine della «sfera economica». Quindi, se una teoria economica raccomanda la privatizzazione di quelli che molti considerano servizi essenziali – come l’assistenza sanitaria, l’istruzione, l’acqua, i trasporti pubblici, l’elettricità e l’edilizia abitativa – sta raccomandando di espandere la logica di mercato «un dollaro-un voto» contro la logica democratica «una persona-un voto»

Info:
https://www.criticaletteraria.org/2023/02/economia-commestibile-ha-joon-chang.html
https://saggiatore.s3.eu-south-1.amazonaws.com/media/rassegne/2023/2023-02-A/2023_02_04-Tuttolibri-Chang-1.pdf
https://ilfattoalimentare.it/economia-commestibile-dalla-storia-dellalimentazione-per-spiegare-leconomia.html

Lavoro/Srniceck

Nick Srniceck, Alex Williams – Inventare il futuro. Per un mondo senza lavoro – Produzioni Nero (2018)

Esistono ragioni tecniche, economiche ed etiche per le quali, in certi settori, il lavoro umano difficilmente scomparira’: dal punto di vista tecnico, le macchine di oggi restano meno abili degli umani in lavori di tipo creativo e affettivo, come anche in mansioni che richiedono grande flessibilita’ e nei compiti che dipendono da una conoscenza implicita anziche’ esplicita […]
Un secondo ostacolo deriva da considerazioni economiche: certi compiti possono essere gia’ svolti dalle macchine, ma il loro costo eccede quello del lavoro richiesto. Nonostante l’efficienza, l’accuratezza e la produttivita’ del lavoro svolto dalle macchine, il capitalismo pretende pur sempre il profitto, e dunque preferira’ sempre il lavoro umano laddove questo risulti piu’ economico rispetto a ipotetici nuovi investimenti […]
Un ultimo limite alla piena automazione e’ lo statuto morale che viene assegnato a professioni come, per esempio, quella di assistente sociale o di infermiere: compiti di questo tipo, che comprendono attivita’ delicate come la cura dei bambini, dovrebbero secondo molti restare prerogativa degli esseri umani.

Info:
https://www.terrelibere.org/inventare-il-futuro/
https://lacaduta.it/riappropriarsi-del-futuro-secondo-srnicek-e-williams-bb0f904b2d0e
https://www.quadernidaltritempi.eu/liberi-dal-lavoro-il-domani-quasi-possibile/
https://www.anobii.com/books/Inventare_il_futuro/9788880560098/01b82e055beaceae9c
http://www.exasilofilangieri.it/presentazione-del-libro-inventare-futuro-un-mondo-senza-lavoro-n-srnicek-williams/

Economia di mercato/Chang

Ha-Joon Chang – Economia commestibile. Comprendere la teoria economica attraverso il cibo – il Saggiatore (2023)

La Svizzera e’ in realta’ l’economia piu’ industrializzata del mondo, e detiene il record di produzione manifatturiera pro capite.
Non si vedono molti prodotti «Made in Switzerland», in parte perche’ il paese e’ piccolo (appena 9 milioni di persone circa), ma anche perche’ e’ specializzata in cio’ che gli economisti chiamano «beni di produzione» (macchine, attrezzature di precisione e prodotti chimici industriali) che consumatori comuni, come me e voi, non vedono.
E’ interessante notare che Singapore, un’altra presunta storia di successo post-industriale, e’ la seconda economia piu’ industrializzata del mondo […]
I sostenitori del postindustrialismo fraintendono fondamentalmente la natura dei recenti cambiamenti economici. Cio’ che sta guidando la deindustrializzazione sono principalmente i cambiamenti della produttivita’, non quelli della domanda […]
Mezzo secolo fa, l’industria manifatturiera occupava circa il 40 per cento della forza lavoro nei paesi ricchi ma oggi la stessa – e a volte anche maggiore – quantita’ di produzione e’ portata a termine dal 10-20 per cento della forza lavoro.
La dinamica della produzione e’ un po’ piu’ complicata.
E’ vero che l’importanza del settore manifatturiero nell’economia nazionale e’ diminuita, mentre quella dei servizi e’ aumentata in questi paesi. Tuttavia, cio’ e’ accaduto non perche’ le persone chiedano piu’ servizi di beni manifatturieri in termini assoluti, come i sostenitori della deindustrializzazione vorrebbero farci credere.
E’ successo principalmente perche’ i servizi sono diventati relativamente piu’ costosi, data la piu’ rapida crescita della produttivita’ nel settore manifatturiero rispetto a quello dei servizi. Basti pensare al fatto che i computer e i telefoni cellulari sono diventati molto piu’ economici negli ultimi due decenni, rispetto al taglio di capelli o di un pasto fuori casa […]
Contrariamente al mito postindustriale, la capacita’ di produrre beni manifatturieri in modo competitivo rimane la piu’ determinante del tenore di vita di un paese.
Molti dei servizi ad alta produttivita’ che si suppone stiano sostituendo l’industria manifatturiera, come finanza, trasporti e servizi alle imprese (per esempio consulenza manageriale, ingegneria, design) – non possono esistere senza il settore manifatturiero, perche’ e’ il loro cliente principale.
Questi servizi sembrano «nuovi» soltanto perche’ prima erano forniti da aziende manifatturiere (e quindi conteggiati come produzione del settore manifatturiero), mentre ora vengono forniti da imprese specializzate in tali servizi (e quindi conteggiati come output del settore manifatturiero).
Questo e’ il motivo per cui i paesi con una forte industria manifatturiera, come la Svizzera e Singapore, hanno anche un forte settore dei servizi (anche se non e’ necessariamente vero il contrario).
Inoltre, l’industria manifatturiera e’ ancora la principale fonte di innovazione tecnologica […] Secondo gli ultimi dati disponibili dell’unido (Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale), nel 2015, la Svizzera ha prodotto un mva (Valore aggiunto manifatturiero) pro capite di 14 404 dollari (a prezzi 2010) per persona, di gran lunga il più alto al mondo. Al secondo posto, con un certo margine, si trova Singapore, con 9537 dollari. Le cifre corrispondenti erano 9430 dollari per la Germania (al terzo posto), 5174 dollari per gli Stati Uniti e 2048 dollari per la Cina

Info:
https://www.criticaletteraria.org/2023/02/economia-commestibile-ha-joon-chang.html
https://saggiatore.s3.eu-south-1.amazonaws.com/media/rassegne/2023/2023-02-A/2023_02_04-Tuttolibri-Chang-1.pdf
https://ilfattoalimentare.it/economia-commestibile-dalla-storia-dellalimentazione-per-spiegare-leconomia.html

Lavoro/Chang

Ha-Joon Chang – Economia commestibile. Comprendere la teoria economica attraverso il cibo – il Saggiatore (2023)

Un presupposto comune nei paesi ricchi e’ che i paesi poveri siano poveri perche’ la popolazione di quelle aree non lavora sodo […]
E’ un mito assoluto che le persone nei paesi poveri manchino di etica del lavoro.
In realta’, lavorano molto piu’ duramente delle loro controparti nei paesi ricchi.
Per cominciare, di solito nei paesi poveri lavora una percentuale molto piu’ alta della popolazione in eta’ lavorativa rispetto a quella dei paesi ricchi. Secondo i dati della Banca mondiale, nel 2019 il tasso di partecipazione alla forza lavoro e’ stato dell’83 per cento in Tanzania, del 77 per cento in Vietnam e del 67 per cento in Giamaica, rispetto al 60 per cento in Germania, al 61 per cento negli Stati Uniti e al 63 per cento della Corea del Sud, presunta nazione di stacanovisti.
Nei paesi poveri, un’enorme percentuale di bambini lavora invece di andare a scuola […]
Inoltre, nei paesi ricchi, la stragrande maggioranza delle persone di eta’ compresa tra i diciotto e i ventiquattro anni, nel pieno della maturita’ fisica, frequenta l’istruzione terziaria (scuole medie, universita’ e oltre). Il rapporto tra coloro che frequentano l’istruzione terziaria rispetto alla coorte di eta’ di riferimento puo’ raggiungere il 90 per cento in alcuni paesi ricchi (come gli Stati Uniti, la Corea del Sud e la Finlandia), mentre e’ inferiore al 10 per cento in una quarantina di paesi poveri. Cio’ significa che, nei paesi ricchi, gran parte delle persone lavora soltanto dopo avere raggiunto la prima eta’ adulta […]
Nei paesi poveri, una percentuale inferiore di persone sopravvive fino all’eta’ post-pensionabile (dai sessanta ai sessantasette anni, a seconda del paese) rispetto ai paesi ricchi.
Ma, nella misura in cui sono ancora in vita, gli anziani nei paesi poveri tendono a lavorare molto piu’ a lungo rispetto alle loro controparti dei paesi ricchi, poiche’ molti di loro non possono permettersi di andare in pensione […]
Queste persone lavorano molto piu’ a lungo e per una porzione maggiore della loro vita rispetto a quelle dei paesi ricchi, ma producono molto meno perche’ non sono altrettanto produttive […]
Ma in gran parte i lavoratori dei paesi poveri sono, come singoli lavoratori, altrettanto produttivi delle loro controparti dei paesi ricchi.
E’ facile da capire se si pensa al fatto che gli immigrati provenienti da economie povere sperimentano un forte aumento della loro produttivita’ al momento dell’arrivo, nonostante non acquisiscano competenze aggiuntive o non sperimentino drastici miglioramenti della salute.
Gli immigrati attraversano un forte aumento della produttivita’ perche’ si trovano improvvisamente a lavorare con tecnologie migliori in unita’ produttive meglio gestite (per esempio fabbriche, uffici, negozi e aziende agricole), supportate da infrastrutture di migliore qualita’ (per esempio elettricita’, trasporti, internet) e da sistemi sociali piu’ efficienti (per esempio politiche economiche, sistema giuridico).
E’ come se un fantino che gareggiava con un asino denutrito si trovasse improvvisamente a cavalcare un cavallo da corsa di razza. L’abilita’ del fantino conta, naturalmente, ma il vincere o meno la corsa e’ in gran parte determinato dal cavallo – oppure dall’asino – che si cavalca.

Info:
https://www.criticaletteraria.org/2023/02/economia-commestibile-ha-joon-chang.html
https://saggiatore.s3.eu-south-1.amazonaws.com/media/rassegne/2023/2023-02-A/2023_02_04-Tuttolibri-Chang-1.pdf
https://ilfattoalimentare.it/economia-commestibile-dalla-storia-dellalimentazione-per-spiegare-leconomia.html

Capitalismo/Hickel

Jason Hickel – The divide. Guida per risolvere la disuguaglianza globale – il Saggiatore (2018)

La scoperta delle terre aurifere e argentifere in America, lo sterminio e la riduzione in schiavitu’ della popolazione aborigena, seppellita nelle miniere, l’incipiente conquista e il saccheggio delle Indie Orientali, la trasformazione dell’Africa in una riserva di caccia commerciale delle pelli nere, sono i segni che contraddistinguono l’aurora dell’era della produzione capitalista.
Questi procedimenti idillici sono momenti fondamentali dell’accumulazione originaria.
Secondo questa visione, l’estrazione coloniale fu il motore dell’accumulazione, e l’accumulazione fu l’elemento che rese possibile il capitalismo […] un sistema economico mondiale progettato nel corso dei secoli per arricchire una piccola frazione dell’umanita’ a spese della stragrande maggioranza.
All’inizio del xx secolo, questo nuovo ordine era compiuto: il cuore del sistema – Europa e Stati Uniti – drenava dalla periferia materie prime a basso costo e le rivendeva in cambio prodotti lavorati, proteggendosi dalla concorrenza con l’imposizione di dazi esageratamente alti.
Il sistema aveva due caratteristiche intrinseche che generavano disuguaglianze crescenti fra l’Occidente e il resto del mondo.
La prima era che le ragioni di scambio delle economie in via di sviluppo si deterioravano nel tempo. In altre parole, i prezzi delle loro esportazioni di materie prime diminuivano gradualmente rispetto ai prezzi dei manufatti che importavano.[…]
La seconda era che, anche tenendo conto della produttivita’ e del potere d’acquisto, i salari percepiti dai lavoratori dei paesi in via di sviluppo per i beni che commerciavano rimanevano molto piu’ bassi che in Occidente, percio’ il Sud non veniva compensato adeguatamente per il valore che esportava.
Insieme, questi due elementi sono alla base di cio’ che gli economisti chiamano «scambio ineguale» fra il centro e la periferia.

Info:
https://www.ibs.it/the-divide-guida-per-risolvere-libro-jason-hickel/e/9788842824961/recensioni
https://www.culturamente.it/libri/politica-economica-jason-hickel/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/the-divide/

Lavoro/Lind

Michael Lind – La nuova lotta di classe. Elite dominanti, popolo dominato e il futuro della democrazia – Luiss (2021)

Da una ricerca risulta che in sedici democrazie occidentali la produttivita’ del lavoro e’ cresciuta di gran lunga piu’ rapidamente rispetto ai salari medi reali e ai fringe benefit, ma la maggior parte dell’aumento delle entrate e’ andata a vantaggio di proprietari e azionisti.
Un altro studio realizzato in tredici Paesi capitalisti avanzati ha riscontrato che l’aumento dei salari reali, che negli anni Settanta era stato del 4 per cento, tra il 1980 e il 2005 e’ stato inferiore all’1 per cento, mentre la quota salariale del reddito scendeva dal 78 al 63 per cento, e il resto era salario derivante da guadagni, interessi, dividendi e locazioni.
Le grandi quantita’ di denaro non stanno nel “capitale umano”, ma nel semplice capitale di vecchio stampo.
La new economy, quindi, in verita’ e’ solo una nuova versione della vecchia economia – l’economia capitalista manageriale – e non una leggendaria e immateriale “economia della conoscenza”

Info:
https://open.luiss.it/2021/05/20/un-nuovo-compromesso-sociale-salvera-la-democrazia/
https://legrandcontinent.eu/it/2021/04/04/competenti-contro-deplorevoli-la-nuova-lotta-di-classe/
https://www.rivistailmulino.it/a/la-nuova-lotta-di-classe
https://www.centromachiavelli.com/2020/04/06/scalea-lind-guerra-di-classe/
https://www.ilfoglio.it/un-foglio-internazionale/2020/03/16/news/i-cittadini-dimenticati-contro-le-elite-metropolitane-la-nuova-lotta-di-classe-306549/

Geoeconomia/Arrighi

Giovanni Arrighi – Adam Smith a Pechino – Mimesis (2021)

Il vero vantaggio competitivo cinese non e’ tanto che l’operaio di produzione costi il 5% del suo corrispettivo americano, quanto che l’ingegnere o il direttore di reparto costino il 35% o anche meno.
Allo stesso modo, le statistiche che mostrano come i lavoratori americani impegnati in aziende ad alta intensita’ di capitale siano diverse volte piu’ produttivi dei colleghi cinesi, ignorano il fatto che questa maggiore produttivita’ deriva dall’impiego di macchinari complessi per l’automazione delle operazioni e della movimentazione allo scopo di sostituire altri lavoratori.
In questo modo i costi dovuti al lavoro si riducono, ma aumentano quelli dovuti all’impiego del capitale e alla sua gestione.
Le fabbriche cinesi invertono questa tendenza, cercando il risparmio sul capitale e accrescendo il ruolo giocato dal lavoro. Per esempio, progettando le parti in modo che siano prodotte, maneggiate e assemblate manualmente, i costi in conto capitale si riducono nel complesso di un terzo. Per di piu’, le fabbriche cinesi impiegano, come ci si aspetterebbe dalla tesi di Sugihara, lavoro di alto livello a buon mercato non solo al posto di macchinario costoso, ma anche al posto di dirigenti altrettanto costosi.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/estero/22190-sandro-mezzadra-il-modello-cinese-e-lo-spazio-del-conflitto.html
http://effimera.org/il-modello-cinese-e-lo-spazio-del-conflitto-di-sandro-mezzadra/
https://www.mimesisedizioni.it/download/12739/e816dca0af4b/simone-pieranni-il-manifesto-4-febbraio-2022-sfide-e-quesiti-intorno-al-modello-cinese-su-adam-smith-a-pechino-di-arrighi.pdf
https://www.mimesisedizioni.it/download/12571/6eb5c7fab8b8/simone-pieranni-il-manifesto-29-dicembre-2021-lanno-della-tigre-nelle-mani-del-serpente-xi-su-adam-smith-a-pechino-di-arrighi.pdf
https://www.pandorarivista.it/articoli/adam-smith-a-pechino-giovanni-arrighi/
http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=747