Capitalismo/Brancaccio

Emiliano Brancaccio – Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico – Piemme (2022)

La spaventosa concentrazione del potere economico nelle mani di una ristretta oligarchia plasma a sua immagine l’intero sistema dei rapporti in cui viviamo.
Ovvero, induce una corrispondente concentrazione di tutti i processi produttivi associati all’esercizio del potere: dalla scienza, all’informazione, alla propaganda, fino al potere politico in senso stretto e alle istituzioni che lo regolano.
Accade cosi’ un fenomeno di cui siamo ormai chiaramente testimoni: dal punto di vista decisivo della politica economica e sociale, l’azione di governo e’ in larghissima misura sempre esattamente uguale a se stessa.
Che si tratti di democratici o repubblicani, di progressisti o conservatori, le differenze tra i partiti che di volta in volta escono vincenti dalla selezione democratica e sono chiamati a governare appaiono sempre piu’ limitate.
Talvolta lo scontro tra queste compagini politiche si infiamma, come e’ avvenuto nelle prime fasi del “decennio populista”. Ma si tratta di una dialettica che in fin dei conti riflette solo tensioni interne alla classe dominante, soprattutto tra grandi capitali transnazionali e piccoli capitali nazionali in competizione tra loro. Per la classe lavoratrice e le fasce sociali piu’ deboli cambia ben poco, perche’ tutti i governi restano sempre soggetti al medesimo imperativo: reprimere le istanze egualitarie delle classi subalterne, se necessario anche restringendo lo spazio delle liberta’ civili e politiche.

Info:
https://www.emilianobrancaccio.it/2022/01/03/democrazia-sotto-assedio/
https://www.ilponterivista.com/blog/2021/06/24/democrazia-sotto-assedio/
https://www.micromega.net/brancaccio-capitalismo/
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/22123-sandor-kopacsi-su-democrazia-sotto-assedio-di-brancaccio.html
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/democrazia-sotto-assedio-29606

Stato/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

Lo Stato nazionale, altro mantra della governabilita’, e’ per definizione inefficiente e corrotto: privatizziamo i servizi statali, possibilmente alle imprese multinazionali, ancor piu’ efficienti di quelle interne.
Il risultato del sogno neoliberista, fattosi incubo nel nuovo millennio, e’ che i servizi pubblici non ancora smantellati o resi inservibili oggi si pagano infinitamente di piu’.
Ma qui interessa solo lo svuotamento neoliberista della democrazia, chiamato spesso postdemocrazia dai politologi, ma anche 
«trasformazione dello Stato in un’azienda» dagli imbonitori televisivi.
Uno Stato che fornisce sempre meno servizi e sempre piu’ intrattenimento: la politica stessa, anzi, diviene un dipartimento dello spettacolo.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/mauro-barberis-come-internet-sta-uccidendo-la-democrazia-9788832962741/
https://www.lankenauta.it/?p=18988

Stato/Marsili

Lorenzo Marsili, Yanis Varoufakis- Il terzo spazio. Oltre establishment e populismo – Laterza (2017)

Esiste un’errata equivalenza fra abbandono dell’euro e recupero della sovranita’ monetaria.
In presenza di una banca centrale indipendente e, 
nel caso italiano, addirittura in buona parte privata – le quote sono detenute dalle principali banche private –, la politica monetaria non sara’ sovrana, meno che mai democratica, al di la’ del fatto che questa sia una banca nazionale o europea.
Disfare la Banca centrale europea per ricostruirla tale e quale in Italia non servira’ a nulla.
La via per recuperare sovranita’, invece, e’
democratizzare il sistema finanziario.
E si puo’ iniziare a farlo proprio a livello nazionale.
La Banca d’Italia puo’ tornare di proprieta’ pubblica.
Il suo direttore deve essere espressione del Parlamento italiano – con maggioranza qualificata, cosi’ come per le cariche istituzionali piu’ importanti quali i giudici costituzionali – e lo stesso Parlamento deve avere il diritto di esercitare un’influenza sulle politiche portate avanti dalla Banca.
Perche’ non si fa?
Perche’ una classe politica schiacciata sul pensiero unico non vuole.
Ed e’ ri
dicolo sentire tanti attaccare ‘l’Europa’ per le storture della BCE quando non riusciamo ad avere una maggioranza parlamentare nazionale neanche per ben piu’ timide politiche sulla Banca d’Italia.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858128282

 

 

Populismo/Urbinati

Nadia Urbinati – Pochi contro molti. Il conflitto politico del XXI secolo – Laterza (2020)

L’elezione forma sempre un’elite.
I partiti di massa cercavano di tenere questa elite sotto controllo, in diretto contatto con i militanti, gli iscritti e gli elettori.
Con l’erosione dei partiti, “i molti” che restano fuori a guardare hanno in effetti solo uno strumento per far sentire la loro presenza: la forza visiva della pubblicita’.
Il pubblico che staziona fuori e’ un attore reattivo che partecipa essenzialmente giudicando i pochi protagonisti, pollice verso/pollice alto; e’ la riserva di energia del quale si alimenta il plebiscitarismo.
I click e i like sono il segno del gradimento e di un controllo labile e fittizio.
I progetti politici inclusivi e orientati al futuro propri della democrazia dei partiti hanno lasciato il posto a pratiche di monitoraggio e di misurazione sondaggistica, che suppongono un generico “dentro” e “fuori”; che presumono “i pochi” osservati, blanditi, amati, odiati e “i molti” che osservano, blandiscono, amano o odiano.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/pochi-contro-molti-il-conflitto-politico-nel-xxi-secolo-di-nadia-urbinati/
https://www.cattolicanews.it/pochi-contro-molti-la-democrazia-ha-bisogno-del-conflitto
https://www.nuovatlantide.org/pochi-contro-molti-il-conflitto-politico-nel-xxi-secolo/

Stato/ Deneault

Alain Deneault – Governance. Il Management totalitario – Neri Pozza (2018)

Introdotta nell’ambito della vita pubblica da Margaret Thatcher all’inizio degli anni Ottanta, la governance dara’ cosi’ giustificazione a un mutamento del ruolo dello Stato […]
Col pretesto di riaffermare la necessita’ di una sana gestione delle istituzioni pubbliche, il termine designera’ non solo la messa in opera di meccanismi di sorveglianza e di controllo, ma anche la volonta’ di gestire lo 
Stato secondo modalita’ di efficienza aziendale.
I tecnocrati della prima ministra «affibbiarono percio’ il grazioso nome di governance alla gestione neoliberale dello Stato, che si tradusse in una deregulation e in una privatizzazione dei servizi pubblici, oltre che in un richiamo all’ordine delle organizzazioni sindacali» […]
Contrariamente ai termini “democrazia” o “politica” che essa tende a occultare, “governance” non definisce niente in modo netto e rigoroso.
L’estrema malleabilita’ 
della parola elude il senso, e questo sembra precisamente il suo scopo. Tutto avviene come se si sapesse cio’ che si vuol dire proprio nel bel mezzo di una totale vanita’ semantica.
Ci si convince.
causa della sua indeterminatezza, l’espressione offre scarsi appigli alla discussione o alla disputa, pur rilasciando un messaggio fondamentale: si tratta di una politica “senza governo”, promossa a livello mondiale, che membri sociali isolati in rappresentanza di interessi diversi praticano secondo una modalita’ gestionale o commerciale.

Info:
https://ilmanifesto.it/il-prezzo-senza-volto-di-un-ingranaggio/
https://www.che-fare.com/violenza-buona-governance-deneault/

Societa’/Pallante

Francesco Pallante – Contro la democrazia diretta – Einaudi (2020)

L’avvento, con la democrazia rappresentativa, del suffragio universale reca con se’ una complicazione, legata alla nascita dei partiti di massa che organizzano la partecipazione politica di un corpo elettorale divenuto amplissimo.
I partiti […] si trasformano in forze politiche strutturate su relazioni impersonali tra funzionari e iscritti, in cui gli eletti sono piu’ agevolmente in rapporto con i dirigenti di partito che con gli elettori.
Di qui, fin dalla prima meta’ del Novecento, la polemica contro le forze partitiche di massa, considerate, anziche’ strumenti di democrazia, macchine elettorali al servizio di singoli individui – i funzionari – tra loro in competizione per l’accaparramento delle cariche pubbliche, mentre gli elettori rimangono relegati in posizione di sudditanza […]
Da un lato, i partiti come causa della degenerazione del sistema politico: ipertrofici, autoreferenziali, bulimici di potere. Responsabili di aver «colonizzato» le istituzioni e di essersi «infiltrati» nella societa’ civile,  «usurpando» funzioni a loro esclusivo vantaggio. Dall’altro lato, i cittadini e i gruppi associativi: gli unici in grado di rimettere in moto il sistema politico, altrimenti irrimediabilmente ingolfato. A condizione di poter realmente «scegliere» e «decidere», attraverso un sistema elettorale maggioritario incentrato sull’«investitura popolare» del capo del governo e tramite adeguati strumenti di democrazia diretta (referendum abrogativo, deliberativo, propositivo ed elezioni primarie).

Info:
https://www.letture.org/contro-la-democrazia-diretta-francesco-pallante
https://www.questionegiustizia.it/articolo/sul-libro-di-francesco-pallante-contro-la-democrazia-diretta
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-scommessa-della-rappresentanza-perche-la-democrazia-diretta-non-e-la-soluzione-alla-crisi-della-politica/

Societa’/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

In tutte le democrazie elettorali occidentali il sistema politico si configurava come un conflitto tra sinistra e destra di tipo classista, incentrato sul problema della redistribuzione.
I partiti socialdemocratici (intesi in senso ampio: dunque, il partito democratico negli Stati Uniti e le varie coalizioni di partiti socialdemocratici, laburisti, socialisti e comunisti in Europa) venivano votati dagli elettori socialmente piu’ svantaggiati, mentre i partiti di destra e di centrodestra (quali il partito repubblicano degli Stati Uniti e le varie coalizioni di partiti cristiano-democratici, conservatori e liberal-conservatori in Europa) raccoglievano i suffragi degli elettori socialmente piu’ avvantaggiati […]
Nel corso dell’ultimo mezzo secolo, in tutti i paesi analizzati il sistema politico sopra descritto si e’ progressivamente logorato. I nomi dei partiti in qualche caso sono rimasti gli stessi (cosi’ e’ accaduto negli Stati Uniti per i partiti democratico e repubblicano, evidentemente ritenuti inossidabili nonostante i numerosi cambi di identita’); in altri casi, si e’ avuto un accelerato rinnovamento delle sigle, come e’ avvenuto in Francia e in Italia negli ultimi decenni. Ad ogni modo, che il nome dei partiti sia rimasto lo stesso o meno, la struttura del conflitto politico nelle democrazie elettorali occidentali tra il 1990 e il 2020 non e’ confrontabile con quella del periodo 1950-1980. Nel dopoguerra, in tutti i paesi analizzati, la sinistra elettorale era il partito dei lavoratori; negli ultimi decenni e’ invece diventata – un po’ dovunque – il partito dei laureati, che raccoglie consensi tanto maggiori quanto piu’ e’ elevato il titolo di studio degli elettori; in questo modo, gli elettori meno istruiti – che
pure hanno ridotto di molto la loro partecipazione alle urne – hanno progressivamente smesso di votare a sinistra, determinando cosi’ un completo ribaltamento dell’effetto istruzione sul voto.
E quando si verifica un cambiamento cosi’ radicale, in tanti paesi diversi e con una dinamica che dura da piu’ di sei decenni, non puo’ trattarsi soltanto di un abbaglio […]
La disaffezione delle classi popolari si spiegano con il fatto che partiti e movimenti politici non hanno saputo rinnovare la propria piattaforma ideologica e programmatica in modo da adeguarla alle nuove sfide socioeconomiche emerse nel corso dell’ultimo mezzo secolo, riconducibili soprattutto alla diffusione dell’istruzione e alla globalizzazione economica.
Con l’accesso senza precedenti all’istruzione universitaria, la sinistra elettorale e’ diventata il partito dei laureati e di chi ha avuto successo negli studi (la “sinistra intellettuale benestante”), mentre la destra elettorale ha continuato a essere votata – anche se meno di un tempo – da chi possiede redditi e patrimoni elevati (la “destra mercantile”). In questo modo, le due compagini che si sono alternate al governo hanno iniziato ad adottare politiche sociali e fiscali non troppo dissimili.
Inoltre, con lo sviluppo di scambi commerciali, finanziari e culturali su scala globale, tutti i paesi sono stati condizionati da una concorrenza sociale e fiscale sempre piu’ agguerrita, a tutto vantaggio dei gruppi che dispongono del capitale umano, di competenze e/o finanziario piu’ elevato e strutturato. Per contro, i partiti socialdemocratici non hanno mai messo a punto un programma di redistribuzione che andasse al di la’ dei rispettivi confini nazionali. In un certo senso, non hanno mai tenuto conto della preoccupazione espressa da Hannah Arendt quando, nel 1951, osservava che la regolamentazione delle forze incontrollate dell’economia globale sarebbe stata possibile soltanto a patto di sviluppare nuove forme politiche transnazionali.
Invece, a partire dagli anni ottanta-novanta del secolo scorso, i partiti socialdemocratici hanno fortemente contribuito a promuovere la liberalizzazione dei flussi di capitale, senza scambio di informazioni e nella totale assenza di norme e tasse comuni (nemmeno tra Stati membri dell’Unione Europea).

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Stato/Kelton

Stephanie Kelton – La Teoria Monetaria Moderna per un’economia al servizio del popolo – Fazi (2020)

Perche’ non smetterla di pretendere che il Congresso debba gestire il suo bilancio come quello di una famiglia?
La verita’ e’ che molti parlamentari considerano i vincoli autoimposti politicamente utili.
Innanzitutto, i membri del Congresso si trovano quotidianamente di fronte a pressioni da parte degli elettori per avere finanziamenti piu’ generosi per la sanita’, l’istruzione e cosi’ via, e in questo contesto le regole di bilancio danno loro una copertura politica.
Invece di spiegare che sono filosoficamente contrari ad aumentare i fondi per gli studenti a basso reddito, i legislatori possono fingere solidarieta’ con i propri elettori affermando di avere le mani legate a causa del deficit. Se non potessero nascondersi dietro al mito del deficit quali scuse potrebbero utilizzare per giustificare il proprio diniego a tali proposte?
Avere un poliziotto cattivo aiuta.
Altri parlamentari cercano invece dei modi per riuscire a trasformare i vincoli autoimposti in opportunita’ politiche. Di trasformare, insomma, i “limoni in limonata“. Invece di battersi per rovesciare i vincoli, essi trovano dei modi per mettere insieme i propri obiettivi di spesa con altri obiettivi politici.
Un democratico progressista, ad esempio, potrebbe vedere il sistema PAYGO come un modo per giustificare nuove tasse sui ricchi con le quali “pagare” i nuovi programmi volti ad aiutare i poveri e le famiglie a medio reddito. Le persone,dopotutto, adorano Robin Hood.

Info:
http://osservatorioglobalizzazione.it/recensioni/il-mito-del-deficit-kelton/
https://www.lafionda.org/2020/09/27/il-mito-del-deficit/
https://fazieditore.it/catalogo-libri/il-mito-del-deficit/
https://sinistrainrete.info/articoli-brevi/19308-brian-cepparulo-il-mito-del-deficit-stephanie-kelton-e-la-nuova-frontiera-della-mmt.html

Societa’/D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

Il controllo di questo stato ormai “privato” e’ affidato a quella bizzarra attivita’ che e’ chiamata “politica”.
Lo scopo della politica e’ quindi quello di assumere il controllo aziendale dello stato concepito come la massima ditta di servizio a tutte le altre ditte.
Percio’ non solo la politica e’ un mercato, ma vi e’ anche un mercato della politica. Nel senso che i candidati vanno comprati (dagli interessi che vogliono rappresentare) e vanno venduti (agli elettori che devono essere spinti a votarli).
Questa dinamica fa lievitare i costi della rappresentanza.
Nel 1976, il costo medio per vincere un seggio al Senato degli Stati Uniti era di 609.000 dollari, nel 2016 e’ stato di 19,4 milioni di dollari. Il costo complessivo delle campagne e’ molto piu’ alto, visto che anche i candidati sconfitti spendono parecchio.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2020/11/recensione-marco-deramo-dominio/
https://www.internazionale.it/opinione/giuliano-milani/2020/11/10/marco-d-eramo-dominio
https://sbilanciamoci.info/i-meccanismi-del-dominio/
https://www.sinistrainrete.info/societa/17891-marco-d-eramo-la-bolla-dell-overtourism-si-e-sgonfiata-ma-tornera-presto-a-crescere.html

Societa’/Pallante

Francesco Pallante – Contro la democrazia diretta – Einaudi (2020)

La sfiducia nella classe politica – il disprezzo, in molti casi – sembra aver toccato l’apice.
Dai politici si e’ estesa ai partiti; da questi agli organi rappresentativi. Sino a dilagare, coinvolgendo le istituzioni costituzionali e, in generale, le strutture di governo della societa’.
Siamo al popolo contro le elite, secondo un’interpretazione di successo.
D’altronde, se la «casta» pensa solamente a se stessa, chi altri, se non il popolo, potrebbe pensare al popolo? […]
Che la classe dirigente – in senso ampio, non limitato all’ambito politico – abbia abdicato alla funzione di “dirigere” la societa’, avviluppandosi su se stessa nell’onanistica coltivazione dei propri interessi, e’ difficilmente contestabile.
Altrettanto difficilmente contestabile e’, tuttavia, che anche sul popolo gravino rilevanti responsabilita’.
Aver negato l’esistenza di problemi evidentissimi – la devastazione dell’ambiente, l’ingiustizia sociale, l’evasione fiscale, il debito pubblico, la criminalita’ organizzata –, accettando di buon grado, quasi reclamando, le blandizie di imbonitori interessati, il nuovismo di guasconi vanagloriosi, le invettive di intrattenitori irresponsabili, il cinismo di bravacci da tastiera: tutto cio’ lo rende egualmente colpevole.

Info:
https://www.letture.org/contro-la-democrazia-diretta-francesco-pallante
https://www.questionegiustizia.it/articolo/sul-libro-di-francesco-pallante-contro-la-democrazia-diretta
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-scommessa-della-rappresentanza-perche-la-democrazia-diretta-non-e-la-soluzione-alla-crisi-della-politica/