Geoeconomia/Brancaccio

Emiliano Brancaccio – Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico – Piemme (2022)

Gli Stati Uniti si stanno adattando con estrema difficolta’ a una rilevante perdita di peso nell’economia mondiale.
Il PIL americano e’ passato da quasi il 40 per cento alla fine degli anni ’50 a circa il 25 per cento del totale mondiale di oggi, e continua a calare.
Questo declino relativo, oltretutto, avviene in concomitanza con un sistematico deficit verso l’estero, con gli americani che continuano ad acquistare piu’ beni e servizi dall’estero di quanti ne riescano a vendere, nonostante la discesa tendenziale del dollaro.
Queste tendenze sconvolgono gli equilibri, non solo internazionali ma anche interni. Il declino infatti limita la crescita economica, distrugge pezzi di piccola borghesia, accentua la disuguaglianza sociale interna e pregiudica il movimento da una classe all’altra, ormai bloccato da anni.

Info:
https://www.emilianobrancaccio.it/2022/01/03/democrazia-sotto-assedio/
https://www.ilponterivista.com/blog/2021/06/24/democrazia-sotto-assedio/
https://www.micromega.net/brancaccio-capitalismo/
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/22123-sandor-kopacsi-su-democrazia-sotto-assedio-di-brancaccio.html
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/democrazia-sotto-assedio-29606
https://www.sinistrainrete.info/teoria/23943-monica-quirico-democrazia-sotto-assedio.html

Lavoro/Patel

Raj Patel, Jason W. Moore – Una storia del mondo a buon mercato. Guida radicale agli inganni del capitalismo – Feltrinelli (2018)

Ci sono piu’ esseri umani costretti al lavoro forzato nel Ventunesimo secolo di quanti ne siano stati trasportati durante la tratta atlantica degli schiavi.
L’Organizzazione internazionale del lavoro ha appurato che c’erano quasi 21 milioni di persone obbligate al lavoro forzato nel 2012, di cui 2,2 milioni erano costrette dallo stato (lavoro dei detenuti) oppure da milizie ribelli. Dei rimanenti 18,7 milioni, 4,5 erano implicati nello sfruttamento sessuale e 14,2 nello sfruttamento economico forzato.
Per fare un confronto, furono 12,5 milioni gli africani ridotti in schiavitu’ e tradotti attraverso il Middle Passage, cioe’ la tratta atlantica […]
[Alcuni studiosi hanno stimato il valore del lavoro di assistenza, non pagato, dalle donne] Un’equipe delle Nazioni Unite ha proposto di valutare attorno ai sedicimila miliardi di dollari tutta la fatica non riproduttiva non pagata, se fosse adeguatamente ricompensata. Di questi, undicimila erano rappresentati dal lavoro non pagato femminile.
Significava circa un terzo dell’attivita’ economica totale del pianeta, una cifra che sarebbe ancor piu’ rilevante se le banche non si fossero gia’accaparrate una fetta sempre piu’ grossa dell’economia mondiale.
In Gran Bretagna i piu’ recenti studi hanno rivelato che il lavoro riproduttivo vale piu’ delle imposte pagate dal possente settore dei servizi finanziari di Londra.
Altri ancora hanno insinuato che le stime dell’Onu siano troppo basse e che l’“attivita’ casalinga non di mercato” equivalga all’80 per cento del Pil mondiale: quasi sessantamila miliardi di dollari nel 2015.

Info:
https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/
https://www.perunaltracitta.org/2019/04/15/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/?print=pdf
https://www.unilibro.it/libro/patel-raj-moore-jason-w-/storia-mondo-buon-mercato-guida-radicale-inganni-capitalismo/9788807173417

Economia di mercato/Boitani

Andrea Boitani – L’illusione liberista. Critica dell’ideologia di mercato – Laterza (2021)

A riprova di quanto la rivoluzione liberista fosse penetrata nell’economia e nella politica della great moderation, basta ricordare che fu il democratico Bill Clinton a demolire gli ultimi baluardi regolatori, proprio sul finire del suo secondo mandato presidenziale.
Nel 1999 accetto’ di promulgare la nuova legge bancaria, con l’abolizione (voluta dal Congresso a maggioranza repubblicana) del Glass Steagall Act, risalente al 1933. Legge che aveva obbligato la separazione tra banche commerciali (quelle che raccolgono depositi a breve termine dei risparmiatori e fanno prestiti a medio-lungo termine a imprese e famiglie, cioe’ alla cosiddetta “economia reale”) e banche d’investimento, che operano attivamente sui mercati dei capitali, con qualche venatura speculativa e un profilo di rischio assai piu’ marcato. Nel dicembre 2000, un mese prima di lasciare la Casa Bianca, Clinton firmo’ il Commodity Futures Modernization Act, col quale venne deregolamentato il mercato dei derivati.
Con il che questi strumenti contrattuali, nati per coprirsi dal rischio insito in ogni operazione finanziaria, divennero il campo aperto della speculazione e un moltiplicatore del debito.
Nel 2019 il mercato mondiale dei derivati valeva circa 500 mila miliardi di dollari. Per avere un’idea delle dimensioni, basta ricordare che il Pil del mondo intero, nello stesso anno, era stimato in circa 88 mila miliardi di dollari. Una potenziale bomba finanziaria, specie se il mercato e’ molto deregolamentato e quindi comportamenti speculativi spregiudicati sono ammessi o, quantomeno, non contrastati

Info:
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21400-andrea-boitani-l-illusione-liberista.html
https://www.lavoce.info/archives/91181/l-illusione-liberista/
https://www.eticaeconomia.it/lillusione-liberista/

Green New Deal/Hickel

Jason Hickel – Siamo ancora in tempo! Come una nuova economia puo’ salvare il pianeta – il Saggiatore (2021)

Per cinquecento anni il capitalismo ha fondato le sue fortune sull’estrazione di risorse dalla natura.
Ha sempre avuto bisogno di un «fuori», esterno a esso, da cui depredare valore senza pagare, senza offrire in cambio nulla di equivalente.
E’ questo che alimenta la crescita. Imporre un limite all’estrazione e allo spreco di materiali sostanzialmente equivale ad ammazzare la gallina dalle uova d’oro […]
Ogni volta che sembra esserci un conflitto fra ecologia e crescita, economisti e politici optano per quest’ultima e sperimentano modi sempre piu’ creativi per indurre la realta’ a conformarsi alla crescita […] Nessuna di queste persone si preoccupa mai di giustificare la propria premessa di fondo, cioe’ l’assunto che continuare a espandere l’economia anno dopo anno, per sempre, sia necessario.
E’ una cosa che viene semplicemente recepita come un articolo di fede […]
Ma se questo assunto fosse sbagliato? Se i paesi ad alto reddito non avessero bisogno della crescita? Se fosse possibile migliorare il benessere umano senza dovere per forza espandere l’economia? Se fosse possibile generare tutte le innovazioni di cui abbiamo bisogno per una rapida transizione alle energie rinnovabili senza un solo dollaro di Pil in più? Se invece di cercare disperatamente di disaccoppiare il Pil dall’uso di risorse ed energia fosse possibile disaccoppiare il progresso umano dal Pil? Se riuscissimo a trovare una strada per liberare la nostra civilta’, e il nostro pianeta, dai vincoli dell’imperativo della crescita? Se siamo pronti a immaginare favole fantascientifiche frutto di mere ipotesi per continuare a spingere avanti la macchina dell’economia esistente, allora perche’ non provare a immaginare semplicemente un tipo di economia completamente diverso?

Info:
https://oggiscienza.it/2021/05/08/siamo-ancora-in-tempo-jason-hickel/
https://www.ilsaggiatore.com/wp-content/uploads/2021/04/2021_04_20-Manifesto-Hickel.pdf
https://www.linkiesta.it/2021/03/salvare-il-pianeta-rapporto-natura/

Economia di mercato/Barba

Aldo Barba, Massimo Pivetti – La scomparsa della sinistra in Europa – Meltemi (2016)

Scegliendo il 1979 come punto di svolta, nel corso dei trent’anni precedenti, i cosiddetti Trenta gloriosi, il prodotto si era infatti piu’ che triplicato negli Stati Uniti, quasi quadruplicato in Francia, piu’ che quadruplicato in Germania e Italia, decuplicato in Giappone […]
Nel corso dei trent’anni successivi, gli Stati Uniti avevano poco piu’ che raddoppiata la produzione, mentre Francia, Germania, Italia e Giappone non erano riusciti a raggiungere nemmeno questo piu’ modesto risultato. Eccezion fatta per la Gran Bretagna […]
In tutti i principali Paesi del capitalismo avanzato il tasso di crescita si era ridotto significativamente, raggiungendo in Francia, Germania e Italia livelli inferiori ad un terzo di quelli dei Trenta gloriosi.
Tra il 1951 e il 1978 la crescita annua in questi tre Paesi fu, in media, superiore al 5 per cento; tra il 1979 e il 2008 fu del 2 per cento; tra il 2008 e il 2015 la Germania crebbe dell’1 per cento, la Francia dello 0,4 per cento, l’Italia del -1 per cento.
In ognuno di questi Paesi, nel corso degli anni Settanta, una crescita annua inferiore al 4 per cento era normalmente considerata un risultato deludente.-

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica-economica/11279-aldo-barba-e-massimo-pivetti-la-scomparsa-della-sinistra-in-europa.html
https://tempofertile.blogspot.com/2016/11/aldo-barba-massimo-pivetti-la-scomparsa.html

Societa’/Gallegati

Mauro Gallegati – Acrescita. Per una nuova economia – Einaudi (2016)

Pil e felicita’ non vanno sempre insieme, lo abbiamo visto: non possiamo sostenere di star meglio se il Pil aumenta, ma l’inquinamento ci uccide, il sistema sanitario non funziona e quello scolastico non educa.
Andare oltre il Pil non significa impegnarsi nella costruzione di un indicatore sintetico, ma superare la logica del mercato come un valore di per se’.
Se andate dal medico perche’ un ginocchio vi duole, non vi basta che vi misuri solo la temperatura.
Lo stesso vale per la domanda di benessere. L’agio materiale e’ solo un aspetto della vita. Per questo parlo di acrescita e per questo l’Unione Europea si dovrebbe prefiggere obiettivi e parametri che affianchino il Pil.
Una sorta di BES (benessere equo e sostenibile) europeo, che sia cucito sulla particolarita’ di ogni popolo dell’Unione.
I parametri finanziari adottati dall’Unione Europea (debito/Pil, deficit/Pil, inflazione) potrebbero essere utili al massimo per i conti finanziari.
Ma oltre al fatto che non lo sono, non esauriscono l’insieme di cio’ che ci rende felici. E nemmeno ci danno una misura di quel reddito minimo, quel guadagnare abbastanza da cui partire per cercare di esserlo

Info:
http://www.decrescita.com/news/acrescita-la-decrescita-morta-lunga-vita-alla-decrescita/

Economia di mercato/Lazzarato

Maurizio Lazzarato – La fabbrica dell’uomo indebitato. Saggio sulla condizione neoliberista – Derive Approdi (2012)

Il consumo, che nei paesi industrializzati costituisce la quota maggior del Pil (negli Stati Uniti raggiunge il 70%), e’ un’altra importantissima fonte di «rendita» per i creditori.
Negli Stati Uniti, le spese piu’ importanti di una famiglia (l’acquisto di una casa, l’acquisto e la manutenzione di una macchina e le spese per gli studi) si fanno a credito. Ma il consumo dipende dal debito anche per l’acquisto di beni correnti, per lo piu’ pagati con carta di credito.
Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, l’indice di indebitamento delle famiglie rispetto al loro reddito disponibile e’ rispettivamente del 120% e del 140%.
La crisi dei subprime ha dimostrato che all’interno delle grandi masse di crediti cartolarizzati (i debiti trasformati in titoli negoziabili in borsa), accanto al settore immobiliare, ai crediti auto e ai prestiti studenteschi, troviamo le carte di credito.
Attraverso il consumo, senza saperlo intratteniamo un rapporto quotidiano con l’economia del debito.
Portiamo con noi la relazione creditore-debitore, in tasca e nel portafogli, inscritta nel microchip della nostra carta di credito.
Quel piccolo «quadrato» di plastica nasconde due operazioni che hanno l’aria insignificante, ma le cui implicazioni sono di grande rilievo: l’apertura automatica di una relazione di credito che instaura un debito permanente.
La carta di credito e’ il modo piu’ semplice per trasformare il suo possessore in debitore permanente

Info:
https://www.deriveapprodi.com/prodotto/la-fabbrica-delluomo-indebitato/
https://www.doppiozero.com/materiali/contemporanea/maurizio-lazzarato-la-fabbrica-dell%E2%80%99uomo-indebitato

https://www.alfabeta2.it/2011/12/05/la-fabbrica-dell%E2%80%99uomo-indebitato/
http://www.sifp.it/recensioni/m.-lazzarato-il-governo-dell2019uomo-indebitato.

Economia di mercato/Alacevich

Michele Alacevich, Anna Soci – Breve storia della disuguaglianza – Laterza (2019)

Disuguaglianza e democrazia […]
La filosofia di fondo per sostenere una distribuzione squilibrata delle risorse economiche era (e in parte e’ ancora) la solita argomentazione «a cascata» (una percolazione verso il basso di cio’ che di positivo avviene nelle zone di vertice di una economia) e la preoccupazione principale e’ ancora una volta la dimensione della torta dei guadagni.
La visione tradizionale sosteneva che la disuguaglianza aumentasse il risparmio aggregato, il che a sua volta avrebbe prodotto un aumento degli investimenti e la crescita del PIL.
Questa catena causale teorica, tuttavia, non e’ cosi’ solida come potrebbe sembrare.
Il legame diretto tra risparmio e accumulazione di capitale e’ stato messo in discussione fin dagli anni Trenta, in particolare da John Maynard Keynes, che ha sottolineato il ruolo cruciale delle aspettative – piu’ che del risparmio – nel determinare la domanda di capitale reale. Inoltre, anche all’interno di un quadro di aspettative ottimistiche, il comportamento inerziale del settore bancario e finanziario – spesso piu’ incline alla speculazione finanziaria che a sostenere l’attivita’ delle imprese (almeno quelle prive di garanzie cospicue) – puo’ diventare un ostacolo imponente per il processo di accumulazione del capitale.
Il risparmio, in altre parole, non e’ di per se’ una condizione sufficiente per gli investimenti […]
Profitti elevati, uniti alla diminuzione dei salari, portano a una domanda di beni di consumo debole (a meno che il credito al consumo non sostenga la domanda). Quest’ultima circostanza porta ad aspettative al ribasso da parte delle imprese, scoraggiando il loro interesse per gli investimenti reali e aumentando la spinta alla speculazione finanziaria […]
Il ruolo crescente del sistema bancario e del settore finanziario in generale nonche’ la loro influenza sempre piu’ forte sul processo decisionale porta inevitabilmente alla deregolamentazione e a politiche fiscali meno progressive.
Questa spaccatura tra l’arricchimento dei pochi e l’interesse dei molti finisce per sabotare la crescita stessa: dagli anni Ottanta, il rallentamento della crescita economica e della produttivita’ nelle principali economie mondiali e’ diventato pressoche’ costante, contribuendo all’instaurarsi di un regime di instabilita’.
La torta e’ cresciuta meno del previsto, o si e’ decisamente ridotta […]
Gli studi degli anni Novanta hanno messo in luce che la risposta alla domanda se la disuguaglianza interna rallenti la crescita di una nazione e’ probabile che sia affermativa, anche se la direzione di causalita’ non e’ facile da accertare. Piu’ importante ancora, a nostro parere, e’ che l’argomentazione «a cascata» risulta contraddetta, dato che i ricchi esercitano pressione per l’approvazione di politiche per loro vantaggiose, ma che potrebbero danneggiare il resto dell’economia come nel caso della formazione di capitale umano […]
Dunque, il legame tra disuguaglianza e democrazia e’ di nuovo un processo che si autoalimenta: se la disuguaglianza ostacola o rallenta lo sviluppo economico, si indeboliscono alcuni dei puntelli della democrazia, e cio’ non giova allo sviluppo stesso.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858136249
https://www.letture.org/breve-storia-della-disuguaglianza-michele-alacevich-anna-soci

Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internazionali – Laterza (2020)

A fare uno po’ di conti, la Cina si trovava ancora lontana, con i suoi 12 trilioni di dollari di Pil, dagli Stati Uniti, che vantavano un Pil di 20 trilioni di dollari, e doveva compiere parecchia strada per raggiungere l’Unione Europea, che annoverava in complesso un Pil tra i 16 e i 18 trilioni potenziali di dollari.
Senza contare il fatto che la valuta statunitense costituiva pur sempre la moneta preminente sul mercato mondiale e quella piu’ consistente nel totale delle riserve valutarie.
D’altro canto, un Paese come la Cina, la cui struttura economica si basava soprattutto sulle esportazioni, aveva molto piu’ da perdere, rispetto agli Stati Uniti, da una guerra dei dazi.
Tuttavia la leva destinata ad assumere un peso crescente nella competizione globale era costituita dal potenziale di crescita tecnologico, a giudizio non solo degli economisti ma di autorevoli esperti di questioni militari […]
Non a caso, la guerra commerciale fra Usa e Cina aveva preso avvio da quando Pechino aveva cominciato a compiere, un passo dopo l’altro, notevoli progressi nel settore delle tecnologie avanzate, chiave di volta di un’economia sempre piu’ dinamica e competitiva. Al punto che la Cina era giunta nel 2018 a sopravanzare gli Stati Uniti nella tecnologia della rete 5G. Cio’ aveva anche considerevoli valenze di natura militare.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858140710

Lavoro/Allievi

Stafano Allievi – La spirale del sottosviluppo. Perche’ (cosi’) l’Italia non ha futuro – Laterza (2020)

L’Italia, di fatto, e’ messa male.
Il PIL italiano e’ aumentato del 45,2% negli anni Settanta, del 26,9% negli Ottanta, del 17% negli anni Novanta, ma solo del 2,5% negli anni Duemila: una dinamica che non ha paragoni negli altri paesi sviluppati.
Peggio ancora: l’aumento della produttivita’ – un indicatore chiave – e’ precipitato dal 2,8% degli anni Settanta allo zero dei Duemila”.
Dati che dicono molto, anche se non tutto […]
La spesa in cura, assistenza e previdenza: oltre un quarto del PIL, 28,4%, [e’] in Italia, in linea con quella dell’Unione Europea, che e’ del 27,1%. Ma con una ripartizione interna drammaticamente diversa: in Italia il 16,4% va in pensioni,l’8,2% in sanita’ e il 3,8% in protezione sociale e supporto al reddito, nella UE si tratta rispettivamente del 12,3%, del 10% e del 4,7%. L’Italia spende l’1,6% del PIL in trasferimenti finanziari a bambini e famiglia, la media europea e’ del 2,4%; i nostri paesi di riferimento (Francia, Germania e Regno Unito) spendono il doppio di noi.
Siamo al diciassettesimo posto in Europa per spesa pubblica legata alla famiglia e al primo per pensioni di vecchiaia e reversibilita’: qualcosa vorra’ pur dire.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139868
http://www.avantionline.it/la-spirale-del-sottosviluppo-pesa-sul-futuro-dellitalia/