La “crescita senza inflazione” in presenza di salari stagnanti e’ solo un successo del capitale.
La ripresa dell’occupazione a condizioni di lavoro piu’ dure, piu’ precarie e meno protette (con produttività comunque in crescita) esprime solo un aumento del tasso di sfruttamento: se in famiglia prima lavorava solo il capofamiglia, ora lavorano in due, in tre e il tenore di vita e’ lo stesso perche’, oltre a diminuire i salari reali, con la riduzione della spesa pubblica, i servizi un tempo offerti dallo stato devono ora essere pagati in moneta sonante.
Il pareggio dei conti pubblici e’ poi quanto di piu’ assurdo. Come si puo’ pensare che la salute di una persona possa essere subordinata alla logica del profitto di un’azienda ospedaliera?
Il funzionamento dei servizi pubblici, sia di quelli privatizzati, sia di quelli ancora in mano alle amministrazioni dello stato, e’ diventato tutto di tipo aziendalistico: aziende sanitarie locali, ospedali, scuole, ferrovie, televisione tutto deve rispettare il principio del bilancio in pareggio (o, preferibilmente, in surplus), come in ogni azienda efficiente.
L’abbattimento dell’inflazione fa bene alle banche che ottengono tassi d’interesse reali piu’ elevati, non ai lavoratori i quali non riescono nemmeno a conservare il loro salario reale (visto che il contenimento dell’inflazione e’ ottenuto proprio tramite la cosiddetta “moderazione salariale”, vero perno della politica economica dell’ultimo decennio, e vista l’impossibilita’ di legare la retribuzione agli aumenti dei prezzi per via dei danni che cio’ produrrebbe sull’efficienza complessiva del sistema); per non parlare poi del fatto che, con i rapporti di forza esistenti, i lavoratori hanno persino smesso di ambire alla spartizione dei proventi della crescente produttivita’ del loro stesso lavoro.
Economia di mercato/Palermo
Il mito del mercato globale. Critica della teorie neoliberiste – Giulio Palermo – Manifestolibri (2004)