Capitalismo/Chomsky

Noam Chomsky – Poteri illegittimi. Clima, guerra, nucleare: affronta le sfide del nostro tempo – Ponte alle grazie (2023)

Il neoliberismo e’ una variante del capitalismo in cui le politiche economiche propendono pesantemente a favore dei privilegi delle grandi aziende, di Wall Street e dei ricchi.
Il neoliberismo s’impose a livello mondiale intorno al 1980, a partire dall’elezione di Margaret Thatcher nel Regno Unito e di Ronald Reagan negli Stati Uniti.
Tra le massime priorita’ del neoliberismo, cosi’ come attuato in tutto il mondo, troviamo: tagliare le tasse ai ricchi e allo stesso tempo la spesa pubblica per i non ricchi; indebolire le tutele per i lavoratori da un lato e per l’ambiente dall’altro, cosi’ come qualsiasi minima misura a favore di un’occupazione piena e dignitosa; dare mano libera alla speculazione finanziaria e allo stesso tempo garantire salvataggi agli speculatori ogniqualvolta i mercati entrano, inevitabilmente, in crisi.
Il neoliberismo ha rappresentato una controrivoluzione ai danni del capitalismo socialdemocratico/del New Deal/dello Stato sviluppista nelle sue diverse varianti, affermatosi in gran parte grazie alle vittoriose lotte politiche dei partiti progressisti, dei sindacati e dei movimenti sociali tra loro alleati, a partire dalla Grande depressione degli anni Trenta fino ai primi anni Settanta.

Info:
https://sbilanciamoci.info/la-missione-suicida-del-capitalismo-e-la-scelta-delleuropa-sulla-guerra/https://ilmanifesto.it/la-missione-suicida-del-capitalismo-e-la-scelta-delleuropa-sulla-guerra
https://www.larivistadeilibri.it/noam-chomsky/
https://www.estetica-mente.com/recensioni-libri/poteri-illegittimi-clima-guerra-nucleare-affrontare-le-sfide-del-nostro-tempo-noam-chomsky/94026/

Finanziarizzazione/Marcon

Giulio Marcon – Se la classe inferiore sapesse. Ricchi e ricchezze in Italia – People (2023)

I super-ricchi vivono ormai in modo crescente in un territorio senza Stato.
Vivono a Londra e New York. Hanno il conto bancario a Ginevra. Fanno shopping a Milano e a Parigi. E mettono i loro asset nelle compagnie offshore delle Isole Vergini.
I manager di HSBC potrebbero vedere in cio’ i segni di una nuova epoca di diseguaglianza, ma non se ne accorgono. Un rapporto di HSBC ha evidenziato che lo Stato si sta ritirando dal welfare.
I ricchi “senza Stato” evitano di pagare le tasse nel loro paese, verso il quale provano ben poca fedelta’. Per cui trovano molto piu’ sensato fare le loro operazioni nei paradisi fiscali e nelle banche svizzere» […]
I super-ricchi stateless (‘senza stato’): ormai sono degli apolidi cosmopoliti. Non e’ lo spirito di solidarieta’ che faceva dire piu’ di un secolo fa ai proletari “la nostra patria e’ il mondo intero”, ma sono l’egoismo e il privilegio a far muovere i ricchi per il pianeta alla ricerca del posto migliore dove depositare i loro patrimoni esentasse: la loro patria sono i loro soldi.
La ricchezza apolide non e’ caduta dal cielo: e’ il risultato delle politiche neoliberiste di questi anni. E in particolare della circolazione incontrollata e senza regole dei capitali, della finanziarizzazione (speculativa) dell’economia, della distruzione dello Stato nazionale e della perdita di potere delle istituzioni economiche e finanziarie internazionali, della concorrenza fiscale tra gli Stati, del trattamento di favore verso la ricchezza e i grandi patrimoni.

Info:
https://altreconomia.it/se-la-classe-inferiore-sapesse-chi-sono-i-ricchi-e-perche-continuano-a-essere-ammirati/
https://www.lafionda.org/2024/01/09/se-la-classe-inferiore-sapesse/
https://www.ossigeno.net/post/se-la-classe-inferiore-sapesse
https://altreconomia.it/perche-sappiamo-cosi-poco-dei-ricchi/

Capitalismo/Brown

Wendy Brown – Il disfacimento del demos – Luiss University Press (2023)

Qualsiasi tentativo di teorizzare la relazione tra democrazia e neoliberismo viene messo in difficolta’ dalle ambiguita’ e dalla molteplicita’ di significati dei due termini.
“Democrazia” e’ una delle parole piu’ dibattute e promiscue del nostro vocabolario politico moderno.
Nell’immaginario popolare, “democrazia” significa di tutto e di piu’, dalle libere elezioni al libero mercato, dalle proteste contro i dittatori all’ordine pubblico, dalla centralita’ dei diritti alla stabilita’ degli Stati, dalla voce della moltitudine alla protezione dell’individualita’ e all’ingiustizia dei pareri imposti dalle masse. Per alcuni, la democrazia e’ il gioiello della corona dell’Occidente; per altri, e’ cio’ che l’Occidente non ha mai avuto davvero, oppure e’ principalmente una patina che nasconde gli obiettivi imperialistici occidentali.
La democrazia ha talmente tante varieta’ – sociale, liberale, radicale, repubblicana, rappresentativa, autoritaria, diretta, partecipativa, deliberativa, plebiscitaria – che queste denominazioni spesso si riferiscono a cose diverse […].
Anche “neoliberismo” e’ un significante generico e mutevole […] Il neoliberismo come programma economico, modalita’ di governance e ordine della ragione e’ allo stesso tempo un fenomeno globale eppure incostante, differenziato, non sistematico, impuro. In Svezia si interseca con la persistente legittimita’ del welfarismo, in Sudafrica con l’aspettativa di uno Stato democratizzatore e favorevole a una ridistribuzione post-Apartheid del reddito, in Cina con il confucianesimo, il post-maoismo e il capitalismo, negli Stati Uniti con una strana miscela di radicato antistatalismo e nuovo managerialismo. Le politiche neoliberiste inoltre passano da portali e agenti diversi.
Anche se il neoliberismo fu un “esperimento” imposto al Cile da Augusto Pinochet e dagli economisti noti come “Chicago boys” dopo il loro golpe del 1973 ai danni di Salvador Allende, e’ stato il Fondo monetario internazionale a imporre “aggiustamenti strutturali” al Sud globale nei due decenni successivi. Analogamente, se Margaret Thatcher e Ronald Reagan perseguirono audaci riforme nella direzione del libero mercato quando salirono al potere, il neoliberismo si e’ rivelato in modo piu’ sottile nelle nazioni euroatlantiche attraverso tecniche di governance che hanno usurpato un lessico democratico rimpiazzandolo con uno economico e con la coscienza sociale.
Inoltre, la stessa razionalita’ neoliberista si e’ alterata nel tempo, soprattutto ma non solo nel passaggio da un’economia produttiva a una sempre piu’ finanziaria […]E’ il nome di una reazione economica e politica storicamente specifica al keynesismo e alla socialdemocrazia, oltre che di una pratica piu’ generalizzata di “economizzazione” di sfere e attivita’ finora governate da altre tabelle di valori.

Info:
https://www.equilibrielmas.it/2023/11/29/wendy-brown-il-disfacimento-del-demos-la-rivoluzione-silenziosa-del-neoliberismo-luiss-university-press-roma-2023/
https://www.dinamopress.it/news/wendy-brown-lo-svuotamento-silenzioso-della-democrazia/
https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/07/01/per-farla-finita-con-lhomo-oeconomicus/

Economia di mercato/Padoa-Schioppa

Padoa-Schioppa E. – Antropocene – il Mulino (2021)

Se da una parte e’ necessario immaginare un mondo interconnesso, nel quale vi siano diverse istituzioni che cooperano per affrontare le crisi ambientali, dall’altra occorre dunque ripensare l’economia.
Nel XX secolo due modelli si sono sostanzialmente affrontati: il modello economico del socialismo reale e quello del liberismo, peraltro bilanciato efficacemente, specie dopo la Seconda guerra mondiale e sino agli anni ’70, con lo sviluppo delle forme di protezione dello stato sociale, dalla sanita’ alle pensioni alla scuola e alla protezione dalla disoccupazione, promosse essenzialmente con sistemi di tassazione ispirati al criterio della progressivita’.
Dopo il crollo delle economie a socialismo reale il modello liberista si e’ trasformato in un modello iperliberista (neoliberismo), nel quale le dimensioni della finanza sono enormemente aumentate superando di alcuni ordini di grandezza quelle dell’economia reale, e nel quale il dogma di una salvifica capacita’ del mercato di autocorreggere i propri errori non e’ mai stato messo seriamente in discussione […]
La predominanza dell’aspetto finanziario non solo ha generato una irrealistica aspettativa di crescita, basata sull’idea che l’economia potesse sfuggire ai vincoli fisici ed espandersi all’infinito, ma ha anche spinto il mondo dell’economia e della politica a guardare a breve termine, su un orizzonte temporale ristretto (quante volte e’ capitato che il giudizio dei mercati facesse licenziare un manager sulla base di un risultato trimestrale, ignorando una strategia pluriennale).
E questa visione a corto raggio di sicuro non aiuta ad affrontare i problemi ambientali dell’Antropocene.
Inoltre la finanziarizzazione esasperata dell’economia ha contribuito anche alla crescita delle diseguaglianze sociali.

Info:
https://disf.org/bibliografie-tematiche/9788815291820
https://www.letture.org/antropocene-una-nuova-epoca-per-la-terra-una-sfida-per-l-umanita-emilio-padoa-schioppa
https://pikaia.eu/storia-ecologica-europa-padoa-schioppa/

Stato/Brown

Wendy Brown – Il disfacimento del demos – Luiss University Press (2023)

L’“economizzazione” contemporanea dei soggetti operata dalla razionalita’ neoliberista si distingue pertanto almeno per tre aspetti.
Innanzitutto, in contrasto con il liberalismo economico classico, siamo ovunque homines oeconomici e soltanto homines oeconomici. Questa e’ una delle novita’ che il neoliberismo introduce nel pensiero politico e sociale, ed e’ uno dei suoi elementi piu’ sovversivi […]
In secondo luogo, l’homo oeconomicus neoliberista assume la forma di capitale umano che vuole rafforzare il proprio posizionamento competitivo e apprezzarne il valore, non di figura di scambio o di interesse […]
Il terzo punto, collegato agli altri, e’ che il modello specifico del capitale umano e delle sue sfere di attivita’ e’ sempre piu’ quello del capitale finanziario o di investimento, non soltanto produttivo o imprenditoriale […]
L’homo oeconomicus come capitale umano si occupa di aumentare il suo valore di portafoglio in tutti gli ambiti dell’esistenza, attivita’ intrapresa per mezzo di pratiche di investimento su se’ stesso e di attrazione di investitori. Attraverso i “follower”, i “like” e i “retweet” dei social network, le classifiche e le valutazioni di tutte le attivita’ e sfere, o attraverso pratiche monetizzate piu’ dirette, l’istruzione, la formazione, il tempo libero, la riproduzione, il consumo eccetera vengono sempre piu’ concepiti come decisioni e pratiche strategiche, collegate all’accrescimento del valore futuro di se’.

Info:
https://www.equilibrielmas.it/2023/11/29/wendy-brown-il-disfacimento-del-demos-la-rivoluzione-silenziosa-del-neoliberismo-luiss-university-press-roma-2023/
https://www.dinamopress.it/news/wendy-brown-lo-svuotamento-silenzioso-della-democrazia/
https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/07/01/per-farla-finita-con-lhomo-oeconomicus/

Lavoro/Dardot

Pierre Dardot, Christian Laval – La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Derive Approdi (2019)

I sindacati e le legislazioni del lavoro sono stati i primi bersagli dei governi che si rifacevano al neoliberismo.
La desindacalizzazione nella gran parte dei paesi capitalisti sviluppati ha avuto senza dubbio cause oggettive, come la deindustrializzazione e la delocalizzazione delle fabbriche in regioni e paesi a bassa remunerazione, senza tradizione di lotte sociali o sottomessi a regimi autoritari.
Ma essa e’ anche il prodotto di una volonta’ politica di indebolimento del potere sindacale che si e’ tradotta, soprattutto negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, in una serie di misure e di dispositivi legislativi che limitavano il potere di intervento e di mobilitazione dei sindacati.
A partire da allora, la legislazione sociale si trasformo’ in una direzione molto piu’ congeniale ai datori di lavoro: ridefinizione verso il basso dei salari, soppressione dell’indicizzazione sul costo della vita, accresciuta precarizzazione degli impieghi, ecc.
L’orientamento generale di queste politiche e’ lo smantellamento dei sistemi che proteggevano i salariati dalle variazioni cicliche dell’attivita’ economica e la loro sostituzione con nuove forme di flessibilita’ che permettessero ai datori di lavoro di regolare in maniera ottimale i loro bisogni di manodopera sul livello dell’attivita’, riducendo allo stesso tempo il piu’ possibile il costo della forza-lavoro.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Economia di mercato/Keen

Steve Keen – L’economia nuova. Moneta, ambiente, complessita’.Pensare l’alternativa al collasso ecologico e sociale – Meltemi (2023)

E’ il debito privato, non il debito pubblico, la causa scatenante delle crisi economiche.
E’ il credito, e non certo il disavanzo pubblico, a rendersi pericoloso quando e’ troppo ampio rispetto al PIL.
E’ la crescita del debito privato, non la crescita del debito pubblico, il miglior indicatore che una crisi economica si sta avvicinando.
Ed e’ il debito privato, e non il debito pubblico, che puo’ deprimere l’attivita’ economica quando e’ troppo alto.
Queste intuizioni indicano che il livello del debito privato e del credito sono indicatori economici tanto importanti quanto il tasso di disoccupazione o il tasso d’inflazione, se non di piu’. Dovrebbero essere tenuti sotto attento scrutinio e la politica economica dovrebbe essere orientata a mantenerli a un livello relativamente basso.
Resta da decidere che fare, dunque, della teoria economica neoclassica, una teoria che, non solo ignorando il ruolo del debito privato ma anche sostenendo con vigore il ruolo del finanziamento delle imprese attraverso il debito e non attraverso il conto capitale, ha contribuito a che il livello odierno del debito privato triplicasse rispetto agli anni Cinquanta e Sessanta.

Info:
https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/economia-nuova-steve-keen/
https://che-fare.com/almanacco/politiche/declino-italiano-e-cambiamento-climatico/
https://jacobinitalia.it/salvare-leconomia-da-se-stessa/
https://www.carmillaonline.com/2023/10/18/il-morbo-neoclassico/
https://www.micromega.net/baruffe-tra-economisti-la-questione-climate-change/
https://generazioneliberale.com/2023/03/05/keen-galbraith-ha-portato-la-realta-nelleconomia-e-per-questo-e-stato-dimenticato/

Populismo/Mouffe

Chantal Mouffe – Per un populismo di sinistra – Laterza (2018)

Entrambe le tipologie di populismo mirano a federare le domande insoddisfatte, ma lo fanno in modi del tutto dissimili […]
I populisti di destra non cercano di intercettare le domande per l’uguaglianza e costruiscono un «popolo» che esclude numerose categorie, di solito gli immigrati, considerati una minaccia per l’identita’ e la prosperita’ della nazione.
Vale la pena segnalare che, sebbene il populismo di destra articoli molte opposizioni alla postdemocrazia, non presenta necessariamente l’avversario del popolo come parte delle forze neoliberali. Sarebbe dunque un errore identificare la loro opposizione al regime esistente con un rifiuto del neoliberalismo.
La loro vittoria potrebbe condurre a forme autoritarie di neoliberalismo di stampo nazionalista che, in nome del recupero della democrazia, finirebbero, di fatto, per limitarla drasticamente […]
Il populismo di sinistra, al contrario, desidera restaurare la democrazia per rafforzarla ed estenderla.
Una strategia populista di sinistra ambisce a riunire le domande democratiche in una volonta’ collettiva per costruire un “noi”, un “popolo” che fronteggi un avversario comune: l’oligarchia.

Info:
https://www.laterza.it/images/stories/pdf/9788858133361_Mouffe%20Manifesto.pdf
https://www.laterza.it/images/stories/pdf/9788858133361_Mouffe.pdf
https://www.laterza.it/images/stories/pdf/9788858133361_Mouffe%203.pdf
https://www.laterza.it/images/stories/pdf/9788858133361_mouffe5.pdf
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/11/18/per-un-populismo-di-sinistra-di-chantal-mouffe-o-come-sfidare-la-destra-xenofoba-radicalizzando-la-democrazia/4768158/

Societa’/Banti

Alberto Mario Banti – La democrazia dei followers. Neoliberismo e cultura di massa – Alberto Mario Banti – Laterza (2020)

Il conformismo domina. La ricerca del divertimento domina. Ma divertirsi significa guardare da un’altra parte; non voler vedere i problemi; e piuttosto inseguire la loro magica trasformazione in qualcosa d’altro, di confortante, di rassicurante.
È un male, tutto questo? Un pericolo per la stabilita’ delle istituzioni democratiche? Non credo.
Non necessariamente.
Lo stato di passivita’ incoraggiato dalla cultura di massa trova anzi una facile ospitalita’ nella cornice delle istituzioni democratiche. Si puo’ dire che quella che si sviluppa nel contesto del neoliberismo e della cultura di massa mainstream sia una «spectator democracy»: stiamo li’, a guardare gli eventi, mettiamo un like sotto un video, come mettiamo un like su una scheda elettorale, animati dalla speranza di aver puntato sul padre, o madre, o sorella, o fratello piu’ grande che ci guidi e ci liberi dai guai.
Ma forse il modello di democrazia nel quale ci siamo inoltrati meriterebbe un’altra e migliore definizione. Forse dovremmo chiamarla una democrazia di followers, popolata di persone che pendono acriticamente dalle labbra dell’opinion maker di turno, come da quelle della influencer piu’ in voga, senza avere la capacita’ di sviluppare risorse cognitive proprie; anzi, senza nemmeno volerlo.
Da qui, opinioni pubbliche fragili, incapaci di formulare autonomamente un pensiero critico; incapaci di riconoscere cause ed effetti nel disastro sociale prodotto dal neoliberismo; indotte a recitare bovinamente il mantra «There Is No Alternative», interiorizzato al punto da crederci fermamente, come a un dogma di fede; indotte a pensare che un altro mantra, «bisogna abbassare le tasse», porti a mondi di felicita’ al solo pronunciarlo.
Tristemente senza rendersi conto che l’abbassamento delle tasse ha favorito clamorosamente solo pochissimi soggetti, danneggiando (forse irreparabilmente) le strutture sanitarie, educative e assistenziali pubbliche di cui avrebbero il massimo bisogno proprio coloro che non hanno tratto che miseri benefici dal neoliberismo degli ultimi quarant’anni.

Info:
https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/la-fragile-democrazia-dei-follower-il-like-al-posto-del-voto-atxsrm5k
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/banti-5.pdf
https://www.letture.org/la-democrazia-dei-followers-neoliberismo-e-cultura-di-massa-alberto-mario-banti
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-democrazia-dei-followers-di-alberto-mario-banti/
https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-democrazia-dei-followers

Lavoro/Fana

Marta Fana -Non è lavoro, è sfruttamento – Laterza (2017)

Il settore della logistica emerge pienamente come risultato della trasformazione industriale che, negli ultimi trent’anni, ha frantumato i processi produttivi attraverso il meccanismo dell’esternalizzazione.
Nella maggior parte dei casi essa consiste nell’affidamento a terzi delle attivita’ di stoccaggio e trasporto delle merci attraverso le catene di appalto. In questo modo le aziende madri mirano a minimizzare i costi legati alla distribuzione dei propri prodotti, mentre le imprese che operano nel mercato della logistica agiscono per massimizzare i propri profitti.
La logistica diventa quindi un nodo nevralgico della catena di valorizzazione del capitale, da un lato abbattendo i costi di produzione e dall’altro aumentando l’estrazione di profitto. In mezzo troviamo i lavoratori, schiacciati tra queste due forze.
All’espandersi del settore in termini di volumi, la dimensione d’impresa e’ aumentata, cosi’ come la concentrazione di quote sempre piu’ rilevanti del mercato in mano a un numero ridotto di imprese […] Quel che conta e’ la soddisfazione dei clienti, i consumatori, noi, pronti a inviare un feedback negativo se l’ordine non arriva puntuale, pronti a ricercare in modo febbrile il prezzo piu’ basso.
In una societa’ in cui, non a caso, al consumo e’ stata affidata la funzione di autorealizzazione dell’individuo, i colossi della logistica si presentano come pionieri del soddisfacimento dell’appetito dei consumatori, da corteggiare per non perdere neppure un ordine, ma anzi per guadagnarne altri due.
Per stare dietro a questa narrazione, i diritti dei consumatori sono diventati il baluardo della civilta’, mentre quelli dei lavoratori arretrano fino a permettere che l’assalto del capitale, attraverso l’intensificazione dello sfruttamento, penetri non soltanto nei rapporti di produzione ma anche in quelli della riproduzione sociale dei lavoratori che la subiscono […]
Il settore della logistica con il suo espandersi rappresenta quindi una chiave di lettura utile per riconoscere le contraddizioni di fondo del progetto neoliberista che emergono nelle decine di conflitti e lotte che popolano stabilimenti, interporti e magazzini d’Italia. Nel giro di pochi anni si sono succedute le lotte dei facchini della Caat di Torino, della Mirror di Ferrara, della Sda di Bergamo e Roma, della Tnt di Roma, di Dhl e Gls di Piacenza e Verona, dell’Ikea di Piacenza, o dei carrellisti e dei facchini della Coca-Cola di Nogara, ecc. Situazioni molto simili emergono in Cina, Marocco, Francia, Corea del Sud, Stati Uniti.

Info:
https://sbilanciamoci.info/non-lavoro-sfruttamento/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/07/non-e-lavoro-e-sfruttamento-proletari-di-tutto-il-mondo-svegliatevi/3897477/
https://attac-italia.org/non-e-lavoro-e-sfruttamento/
https://www.lacittafutura.it/recensioni/non-e-lavoro-e-sfruttamento