Stato/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

Lo Stato nazionale, altro mantra della governabilita’, e’ per definizione inefficiente e corrotto: privatizziamo i servizi statali, possibilmente alle imprese multinazionali, ancor piu’ efficienti di quelle interne.
Il risultato del sogno neoliberista, fattosi incubo nel nuovo millennio, e’ che i servizi pubblici non ancora smantellati o resi inservibili oggi si pagano infinitamente di piu’.
Ma qui interessa solo lo svuotamento neoliberista della democrazia, chiamato spesso postdemocrazia dai politologi, ma anche 
«trasformazione dello Stato in un’azienda» dagli imbonitori televisivi.
Uno Stato che fornisce sempre meno servizi e sempre piu’ intrattenimento: la politica stessa, anzi, diviene un dipartimento dello spettacolo.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/mauro-barberis-come-internet-sta-uccidendo-la-democrazia-9788832962741/
https://www.lankenauta.it/?p=18988

Capitalismo/Deneault

Alain Deneault -Economia dell’odio – Neri Pozza (2019)

Di fronte al fenomeno offshore, nell’autunno 2017 le autorita’ pubbliche francesi hanno chiaramente scelto di capitolare.
Invece di fare opera di contrasto nei confronti dei paradisi fiscali, la Francia si e’ messa a imitarli. […]
Il primo ministro Edouard Philippe ha dichiarato che lo Stato ha escluso dall’imposta di solidarieta’ sulla ricchezza (che tassa i piu’ ricchi a fini redistributivi) i profitti derivanti dai capitali per evitare che questi ultimi non se ne vadano o non restino “all’estero”, non osando parlare in maniera esplicita delle legislazioni offshore e della logica del dumping fiscale che tali capitali producono nel mondo.
Stessa posizione per quel che riguarda gli utili delle imprese, questa volta annunciata dal ministro dell’Economia e delle Finanze Bruno Le Maire: in nome della “concorrenza fiscale”, in Francia l’aliquota di tassazione sulle società passera’, entro il 2022, dall’attuale 33,3 per cento al 25. Ovvero: le autorita’ pubbliche non solo non combattono lo scandaloso permissivismo normativo dei paradisi fiscali, ma s’ispirano alle loro pratiche […]
La Francia da’ invece prova di riserva mentale quando dovrebbe a sua volta contestare, a livello diplomatico politico e commerciale, le legislazioni compiacenti come quelle adottate da paesi come Irlanda, Paesi Bassi, Lussemburgo, Bahamas, Liechtenstein o Isole Marshall.
Per cosa esattamente? Il piu’ delle volte, quelle legislazioni specificano che i profitti provenienti dall’estero potranno essere oggetto di tornaconti straordinari solo a condizione di non riguardare affatto la loro economia reale.
Cosi’ in questi paradisi fiscali si creano degli enti giuridici […] che non conducono nessuna attivita’ nello Stato che le rende possibili, pur rivelandosi al di fuori della portata delle istituzioni pubbliche dei paesi interessati dal capitale che esse amministrano.
Queste legislazioni cosi’ elastiche permettono all’oligarchia finanziaria e industriale mondiale di convogliare miliardi di miliardi di dollari verso regimi anomici, comportando una destabilizzazione dell’ordinamento economico mondiale pur nell’evidenza dell’assurdita’ di vari dati ufficiali. Per esempio, Jersey e’ presentato come grande esportatore di banane o le Isole Vergini britanniche come partner commerciale del calibro della Cina.
Ma, invece di contrastare il fenomeno, alcune grandi potenze, come appunto la Francia, si piegano alle regole del gioco come se quest’ultimo fosse davvero sensato. Cosi’, ecco spuntare la necessita’ di ridurre di svariati punti l’aliquota riguardante i redditi delle imprese, come gia’ fanno il Regno Unito, la Svezia, la Danimarca, la Germania e la Finlandia, per non parlare di quella incredibilmente bassa dei paesi dell’Europa orientale, i quali a loro volta affermano di doversi difendere dalla concorrenza fiscale delle Barbados, della Svizzera e di Hong Kong […]
Il denaro spostato nei paradisi fiscali non comporta soltanto delle perdite considerevoli nei diversi erari per il fatto che non viene tassato; esso crea anche un fenomeno di dumping a livello planetario.
Emulandosi a vicenda, molti dirigenti politici di rilievo internazionale stanno provvedendo, ciascuno nel proprio paese, alla riduzione delle aliquote d’imposta sul capitale e sui relativi redditi. Tali costi si misurano in maniera dolorosa, specialmente in drastiche perdite di servizi e di programmi sociali, per non parlare del debito pubblico destinato a salire di conseguenza, o dell’aumento delle tariffe dei servizi pubblici non ancora soppressi

Info:
https://neripozza.it/libri/economia-dellodio
https://www.che-fare.com/violenza-buona-governance-deneault/

Stato/ Deneault

Alain Deneault – Governance. Il management totalitario – Neri Pozza (2018)

Il governo, il cui ruolo viene ridotto a quello di semplice partner nell’ordine della governance, non inquadra piu’ l’attivita’ pubblica, ma vi partecipa alla pari di chiunque altro.
Si vede cosi’ anch’esso vincolato al “consenso” prodotto dai gruppi di dibattito che la danno vinta sempre al piu’ forte – ossia: le multinazionali, gli investitori privati e i difensori di interessi personali che si presentino come i piu’ idonei a intraprendere progetti condotti secondo l’ortodossia della governance.
Il governo mischia i “suoi” interessi – paradossalmente percepiti come privati – a quelli concertati, del “gruppo”, ossia agli interessi del piu’ forte.
Com’e’ ovvio, dovendo aderire al progetto situato al centro delle discussioni e dovendo integrare i propri interessi a quelli del gruppo, esso fara’ di tutto per favorirne la realizzazione.
Il governo conserva solo a questo titolo tutte le prerogative di istituzione pubblica: soltanto nella misura in cui esso si avvale di tali prerogative nel quadro di un progetto rigorosamente privato (al quale crede come partner), la dottrina della governance riconoscera’ immediatamente gli attributi di autorita’ pubblica che gli competono.
Il gruppo si varra’ cosi’ delle prerogative costituzionali dello Stato ai fini del proprio progetto privato e potra’ fare da intermediario per riorganizzare il territorio, emendare la legislazione, deregolamentare settori mirati, privatizzare patrimoni specifici, defiscalizzare i dividendi, per non parlare del finanziamento pubblico che otterra’ a colpo sicuro in nome dello sviluppo, per costruire qui un gasdotto, la’ una rete viaria a esclusivo profitto dell’industria […]
Lo Stato si trova ne’ piu’ ne’ meno che privatizzato.
Nel processo che porta alla sua subordinazione, esso non abdica ai poteri di cui dispone, ma li mette al servizio di un qualcosa che non ha piu’ niente a che fare con il bene pubblico ne’ con la coscienza sociale.
Non solo contribuisce con finanziamenti e con una modifica delle regole pubbliche al progetto privato di cui si mette al servizio, ma anche con la legittimita’ conferita, in quanto attore rappresentante dell’insieme della popolazione, a progetti appartenenti esclusivamente a gruppi e a istanze private, che lo istruiscono a questo fine.

Info:
https://www.doppiozero.com/materiali/dopo-la-democrazia-la-governance
https://ilmanifesto.it/il-prezzo-senza-volto-di-un-ingranaggio/

Economia di mercato/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Riscrivere l’economia europea. Le regole per il futuro dell’Unione – il Saggiatore (2020)

Eccoci in un mondo nuovo in cui le grandi multinazionali hanno una potenza paragonabile, per molti versi, a quella degli Stati-nazione: influiscono sulle leggi, contribuiscono a distruggere l’ambiente e indeboliscono addirittura il senso di autodeterminazione.
Le tendenze nazionaliste oggi presenti in tanti movimenti si spiegano, in parte, come reazione a questo stato di cose.
Le multinazionali sono riuscite a far passare politiche
che permettono loro maggiori profitti e un maggior potere di mercato, a danno dell’interesse generale della societa’, come si vede a proposito del diritto alla privacy, della proprieta’ dei dati o dei cibi privi di Ogm […]
La globalizzazione avrebbe dovuto creare posti di lavoro e accelerare e consolidare la crescita economica, ma in realta’ non ha fatto ne’ l’una ne’ l’altra cosa: semmai, spesso ha fatto il contrario. Inoltre, ha ridotto il potere negoziale dei lavoratori e innescato una concorrenza regolatoria al ribasso tra i paesi.
Non era affatto inevitabile che la globalizzazione avesse tutte queste conseguenze negative: l’integrazione dei mercati globali e’ potenzialmente in grado di creare ricchezza e benessere.
La globalizzazione, pur essendo stata presentata al pubblico come impegno a creare una effettiva parita’ di condizioni sul mercato, in realta’ e’ stata gestita per conto e nell’interesse dei grandi gruppi multinazionali.
Il risultato e’ un sistema che offre spazi enormi all’elusione e all’evasione fiscale, tende a creare concentrazioni di potere di mercato e incanala verso l’alto i benefici della globalizzazione.
Per le grandi multinazionali e per la ristretta minoranza mondiale di superricchi, la globalizzazione ha funzionato benissimo. Gli elettori europei e americani, a vari livelli, lo hanno capito. E quando guardano verso figure come Trump esprimono,
sia pure in modo sbagliato, un rifiuto dello status quo.

Info:
https://www.linkiesta.it/2020/05/nobel-stigliz-come-riscrivere-economia-europea/
http://temi.repubblica.it/micromega-online/al-capezzale-dell-europa/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/riscrivere-leconomia-europea/

Stato/Fazi

Thomas Fazi, William Mitchell – Sovranita’ o barbarie. Il ritorno della questione nazionale – Meltemi (2018)

 

Risulta evidente quanto sia ingannevole – e del tutto funzionale alla riproduzione dello status quo – l’idea che oggi saremmo in una fase in cui “i mercati” sovrastano e indeboliscono gli Stati e in cui le grandi imprese multinazionali e la finanza internazionale sarebbero in grado di ricattare gli Stati e di imporre a questi i loro diktat (narrazione indirettamente avallata dalle sterili critiche mosse da sinistra allo “strapotere della finanza”, assunto come un dato oggettivo).
Come dimostra l’esempio dell’Unione europea e in particolare dell’eurozona, nella misura in cui i mercati (in particolare quelli finanziari) sono oggi apparentemente in grado di ricattare interi paesi, e’ solo perche’ gli Stati hanno scelto di creare un’architettura istituzionale che gli permette di farlo.
Tanto per fare un esempio, se oggi i mercati sono in grado di ingerire cosi’ pesantemente nei processi democratici dei paesi dell’unione monetaria – per mezzo del famigerato “spread”, delle agenzie di rating, ecc., come in Italia sappiamo fin troppo bene – e’ unicamente dovuto al fatto che gli Stati hanno rinunciato al potere di emissione della moneta, sottomettendosi volontariamente alla “dittatura dei mercati”.
Lo stesso dicasi della consuetudine delle multinazionali di utilizzare la minaccia delle delocalizzazioni per ottenere trattamenti di favore (soprattutto di carattere fiscale) da parte degli Stati, reso possibile dalla scelta dei governi di liberalizzare completamente il mercato delle merci e dei capitali.
In entrambi i casi non sono i mercati a ricattare gli Stati ma le oligarchie nazionali a ricattare surrettiziamente i lavoratori e le classi popolari degli Stati in questione con la complicita’ delle oligarchie internazionali […]
Il punto ormai dovrebbe essere chiaro: non sono gli Stati a dipendere dai mercati ma, viceversa, sono questi ultimi a dipendere dagli Stati […]
La tendenza della sinistra a invertire i termini della questione ha rappresentato un abbaglio di portata storica, in quanto gli ha impedito (e continua ad impedirgli) di vedere che la via per costruire un’alternativa radicale al neoliberismo e’, allo stato attuale, una sola: una rifunzionalizzazione dello Stato affinche’ esso diventi uno strumento strategico di realizzazione delle ambizioni e dei bisogni della maggioranza e non solo di una ristretta oligarchia, che nel contesto europeo presuppone, ovviamente, un recupero di quegli elementi di sovranita’ ceduti all’Unione europea.

Info:
https://www.retemmt.it/sovranita-o-barbarie-intervista-a-        thomas-fazi/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/europa/29438-sovranita-o-barbarie-il-ritorno-della-questione-nazionale
http://temi.repubblica.it/micromega-online/quando-sovranismo-fa-rima-con-socialismo/

 

Stato/D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

La prova che, contro tutti i loro altisonanti proclami, i neolib hanno bisogno di piu’ stato, la si ha durante le crisi, come – per restare vicini a noi – la grande recessione finanziaria del 2008 o la pandemia del 2020.
In questi frangenti, quando tutto il sistema del mercato sembra stia per andare in frantumi e l’intera economia mondiale per affondare, ecco che all’improvviso, di colpo, “i mercati” si fanno straordinariamente discreti e silenziosi, quasi inerti, passivi. E lo stato si fa carico di tutte le operazioni di salvataggio, e del loro finanziamento.
Successe dopo il 2008 con le manovre di quantitative easing varate da tutte le maggiori banche centrali: il quantitative easing e’ l’equivalente immateriale, finanziario, di quel che nei tempi andati era stampare carta moneta, senza alcun corrispettivo reale. Migliaia di miliardi di dollari, euro, yen, yuan furono rovesciati sui mercati, come volantini lanciati da un velivolo: e’ la famosa metafora del denaro buttato dall’elicottero […]
Lo stesso e’ avvenuto con la pandemia del 2020,
quando i mercati si sono ritirati sul balcone a guardare gli stati che si affannavano a evitare crisi sociali e s’indebitavano fino al collo per “permettere ai mercati di ripartire”.
Anche in questo caso decine di migliaia di miliardi sono state riversate sulle economie mondiali, per non far crollare tutto l’edificio. L’eleganza del sistema-elicottero sta nel fatto che, per correre al salvataggio delle imprese private, del sistema finanziario, delle banche e assicurazioni private, gli stati non solo si accollano debiti che poi debbono onorare, ma si privano delle risorse per onorarli, tagliando le tasse ai piu’ abbienti.
E qui vediamo la novita’ tutta moderna, rispetto a una storia millenaria: persino in epoca feudale, quando l’emergenza lo richiedeva o il regno doveva scendere in guerra, il sovrano procedeva a una tassazione straordinaria dei baroni (fu per porre un limite a questi prelievi forzati che i baroni inglesi costrinsero Giovanni Senza Terra a firmare nel 1215 la Magna Charta). Invece oggi nessuno ha mai richiesto di versare un contributo straordinario ai baroni attuali (il marchese di Boeing, l’arciduca di Facebook, il principe di Google, il langravio di Amazon). Anzi, ha alleviato il loro gia’ modestissimo carico fiscale.
E’ cosi’ che viene messo in pratica il precetto di Rahm Emanuel, e che “nessuna crisi seria va sprecata”, perche’ ogni crisi viene usata per rendere lo stato ancora piu’ “frugale”, per “affamare la belva”, proprio costringendola a addossarsi compiti e responsabilita’ per disastri di cui non e’ responsabile.
Vediamo qui quanto sia superficiale l’idea che l’accrescersi del potere delle corporation e delle multinazionali comporti necessariamente una riduzione del potere degli stati.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2020/11/recensione-marco-deramo-dominio/
https://www.internazionale.it/opinione/giuliano-milani/2020/11/10/marco-d-eramo-dominio
https://sbilanciamoci.info/i-meccanismi-del-dominio/
https://www.sinistrainrete.info/societa/17891-marco-d-eramo-la-bolla-dell-overtourism-si-e-sgonfiata-ma-tornera-presto-a-crescere.html

 

Economia di mercato/ D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

Le imprese multinazionali hanno interesse a che esista una molteplicita’ di stati per poterli giocare l’uno contro l’altro (a chi tassa di meno, a chi offre piu’ incentivi per la localizzazione…).
Percio’ il neoliberalismo non solo esige uno stato che lo serva, ma ha bisogno di piu’ stati che competano per servirlo.
Se gli stati non rivaleggiassero tra di loro per ingraziarsi le corporation, non potrebbero esistere i paradisi fiscali […]
I paradisi fiscali sono la rotella, piccola, ma indispensabile, che permette di funzionare senza attriti a tutto il sistema dell’economia globale neolib: senza i paradisi fiscali, sarebbe molto piu’ arduo “affamare le belve”.
In termini arcaici, non sono i mercanti che commerciano per servire l’imperatore, ma sono i vari imperatori che gareggiano tra loro per governare al servizio dei mercanti.
Mentre per i classici liberali dell’Ottocento, lo stato governava a causa del mercato, ora per i neoliberisti lo stato governa per
il mercato. Come sostiene Wendy Brown: “Gli stati
neoliberali differiscono da quelli liberali perche’ sono diventati radicalmente economici, in un triplice senso: lo stato garantisce, spinge e promuove l’economia; lo scopo dello stato e’ di facilitare l’economia, e la legittimita’ dello stato e’ legata alla crescita dell’economia […]. Azione dello stato, finalita’ dello stato, legittimita’ dello stato: tutto economicizzato dal neoliberalismo”.
Cioe’ lo stato viene giudicato dal suo successo nel favorire l’economia del mercato. Quindi “uno stato sotto sorveglianza del mercato, piuttosto che un mercato sorvegliato dallo stato”, in cui il mercato diventa il tribunale da cui lo stato deve essere giudicato (assolto o punito). Una concezione formulata con plastica violenza dall’ex governatore della Banca centrale tedesca, la Bundesbank, Hans Tietmeyer, quando nel 1998 lodava i Governi nazionali che privilegiano “il plebiscito permanente dei mercati globali” rispetto al “plebiscito delle urne” […]
La nuova ortodossia non chiede quindi meno stato, anzi magari costruisce piu’ stato, solo con obiettivi radicalmente diversi e con una struttura rivoluzionata. In un triplo senso:
1) L’obiettivo dello stato e’ favorire il mercato (mentre un tempo scopo dei mercanti era rendere grande l’impero). La performance dello stato viene misurata dal voto che (novello scolaretto) riceve dalle agenzie di rating (nuovi severi docenti). Il suo successo viene sancito dalle triple AAA che ottiene, e quindi dal credito di cui godra’, mentre il suo fallimento e’ ufficializzato dal suo “downgrading”.
2) La funzione dello stato e’ di estendere a tutti i settori della societa’, istruzione, sanita’, ricerca scientifica, il modello d’impresa e di contabilita’ aziendale. Il sistema dei crediti all’universita’ ne e’ un esempio lampante. Gli atenei diventano“istituti di credito”: gli studenti hanno un “conto in banca” accademico che viene arricchito dai crediti che conseguono, ogni credito corrispondente a un tot numero (in Italia 25) di ore di studio, di lezione, di esercitazione, ogni esame corrispondendo a un tot numero di crediti che va a rimpolpare il “conto in banca”, fino a che il livello del conto “paga” il titolo finale di studio, laurea, master ecc.
Qui l’evento chiave e’ aver introdotto un concetto finanziario, il “credito”, nel linguaggio universitario […]
Il linguaggio non e’ mai secondario: e’ attraverso il linguaggio che s’impongono le narrative e dietro diesse le ideologie […]
In Italia le sedi territoriali del Servizio sanitario nazionale un tempo si chiamavano Unita’ sanitarie locali (Usl). Poi con un decreto il loro nome e’ stato cambiato in Aziende sanitarie locali (Asl). Dalla U alla A sembra un passaggio da niente, ma in realta’ dietro c’e’ tutta una conversione ideologica.
Una volta in Italia chi saliva su un treno era un “viaggiatore”, chi si ricoverava in un ospedale era un “paziente”. Ora sia sul treno che in ospedale siamo tutti “clienti” […]
3) Il terzo e decisivo stravolgimento dell’idea di stato e’ che ora l’ente pubblico per eccellenza deve funzionare come una ditta privata: lo stato (proprio come ogni individuo proprietario di se stesso) deve comportarsi al pari di un’impresa, massimizzare il proprio valore presente, e accrescere quello futuro, attrarre investitori.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2020/11/recensione-marco-deramo-dominio/
https://www.internazionale.it/opinione/giuliano-milani/2020/11/10/marco-d-eramo-dominio
https://sbilanciamoci.info/i-meccanismi-del-dominio/
https://www.sinistrainrete.info/societa/17891-marco-d-eramo-la-bolla-dell-overtourism-si-e-sgonfiata-ma-tornera-presto-a-crescere.html

Finanziarizzazione/Galli

Giorgio Galli, Francesco Bordicchio – Arricchirsi impoverendo. Multinazionali e capitale finanziario nella crisi infinita – Mimesis (2018)

I fondi pensione sono il prodotto della finanziarizzazione del concetto di sicurezza sociale (“dalla culla alla tomba”), frutto della citata convergenza tra capitalismo e democrazia rappresentativa.
Ma il mandato iniziale di garantire […] che i soldi versati dai lavoratori siano in grado di ripagare in futuro chi va in pensione, si e’ trasferito da istituzioni pubbliche, statuali (come, per esempio, l’Inps, in Italia), a enti gestiti da professionisti della finanza (equivalenti sociali dei loro colleghi dei vertici delle multinazionali, anche i fondi sovrani comprendono gli stessi beni e sono gestiti, con gli stessi criteri, dall’identico ceto), in grado di investire efficacemente e di arricchirsi con le retribuzioni, tanto che il portafoglio complessivo dei trecento citati colossi e’ passato dai quattro miliardi e seicento milioni di dollari del 2008, all’inizio della crisi, a oltre settemila miliardi nel 2015.
Un processo che, agli albori del movimento operaio, era iniziato con modeste casse mutue di lavoratori, e’ assurto, con la globalizzazione, a tali dimensioni finanziarie e multinazionali da far pensare a un capitalismo spersonalizzato, allo sfumarsi delle categorizzazioni di ceto e classe in una sorta di “societa’ liquida”

Info:
https://www.unilibro.it/libro/galli-giorgio-bochicchio-francesco/arricchirsi-impoverendo-multinazionali-capitale-finanziario-crisi-infinita/9788857543932

Finanziarizzazione/Galli

Giorgio Galli, Francesco Bordicchio – Arricchirsi impoverendo – Mimesis (2018)

La classifica dei cento maggiori gruppi mostra l’evoluzione dal capitalismo manifatturiero a quello finanziario: al primo posto per fatturato (926.837 miliardi di euro) e’ Unicredit; al secondo Intesa Sanpaolo (673.4729); al terzo la pur in difficoltà Montepaschi (218.882); al quarto Ubibanca (132.433). Eni (energia) e’ solo al quinto posto (127.220), seguita da Enel, pure energia (84.889). La Fiat e’ solo settima, anche se al primo posto per numero di dipendenti (205.112), con Unicredit comunque seconda (con 164.938) […]
Un altro fenomeno che, insieme alla finanziarizzazione, caratterizza il capitalismo italiano nel corso della crisi, cioe’ la deindustrializzazione: dal 2007 al 2015, l’Italia perde quasi un quarto della propria produzione industriale, a seguito delle grandi aziende vendute o portate all’estero, dalla Pirelli (diventata cinese nel 2015), all’Alitalia (passata agli Emirati nel 2014), all’Ansaldo, a Indesit, Italcementi, Ferrari, Parmalat […] oltre a marchi di prestigio, dalla moda a Bulgari.
Insomma, le multinazionali italiane, al cui vertice si collocano i detentori di ricchezza per novemila miliardi di cui si è detto, si finanziarizzano e si delocalizzano, in un Paese che si sta impoverendo.

Info:
https://www.unilibro.it/libro/galli-giorgio-bochicchio-francesco/arricchirsi-impoverendo-multinazionali-capitale-finanziario-crisi-infinita/9788857543932

Economia di mercato/Reich

Robert B. Reich – Come salvare il capitalismo – Fazi (2015)

Detto in parole semplici, le grandi aziende, Wall Street e i ricchi hanno acquisito un potere fortissimo sulle regole del mercato che producono risultati a loro favore; un potere aumentato costantemente mentre l’accresciuta ricchezza gli dava una capacita’ sempre maggiore di influire sulle regole.
I ceti medi e i poveri hanno invece perso gran parte del potere di una volta in un processo che continua a peggiorare perche’ il declino delle loro condizioni economiche implica una capacita’ sempre piu’ scarsa di influenzare le regole […]
Il punto e’ che al posto di un astratto “libero mercato” c’e’ una concretissima economia politica in cui il potere economico produce influenza politica sulle regole del gioco […]
La sfida fondamentale e’ politica piu’ che economica.
E’ impossibile riformare un sistema economico le cui regole di base sono controllate da un’elite economica senza alterare la distribuzione del potere politico che si cela dietro questo controllo.

Info:
https://www.artapartofculture.net/2015/09/24/come-salvare-il-capitalismo-robert-reich-racconta-le-difficili-dinamiche-delleconomia/
https://www.criticaletteraria.org/2015/12/reich-come-salvare-il-capitalismo-fazi.html