Economia di mercato/Chomsky

Noam Chomsky – Le dieci leggi del potere. Requiem per il sogno americano – Ponte alle Grazie (2017)

In un’epoca come la nostra, in cui il denaro ha un peso maggiore nella politica e gli interessi privati sono piu’ strutturati, i gruppi economici e le classi facoltose hanno conquistato un potere spropositato rispetto al ceto medio.
Cio’ consente ai vincitori dell’economia di produrre e incrementare la crescita condizionando le politiche del governo invece che innovando all’interno del mercato.
Tali attivita’ impoveriscono gli americani e indeboliscono il nostro sistema politico […]
Le grosse societa’ fanno donazioni, assoldano costosi lobbisti (spesso ex funzionari pubblici con i loro staff) e organizzano dispendiose campagne fintamente popolari a sostegno delle politiche a loro gradite. Le porte girevoli, a Washington, si muovono piu’ veloci che mai, tra ambienti che sono sempre piu’ distanti dal resto della popolazione per prebende e privilegi […]
La spesa ufficiale per le attivita’ di lobby a livello federale – sicuramente inferiore a quella effettiva – e’ aumentata da 460 milioni a oltre tre miliardi di dollari.
Le aziende e i ricchi non investono soltanto nel settore privato per riceverne un tornaconto, ma anche nella politica; solo che quel tornaconto arriva a danno dell’economia in generale, dei contribuenti e della democrazia […]
Gli equilibri, a Washington, sono saltati. Stando a quanto risulta, le corporation oggi spendono circa 2,6 miliardi di dollari l’anno in attivita’ di lobby, piu’ dei due miliardi di dollari destinati alla Camera (1,18 miliardi) e al Senato (860 milioni) messi insieme […] ci sono oltre cento lobbisti in rappresentanza delle grosse societa’, che riescono cosi’ a essere presenti dovunque, in qualsiasi momento.
Per ogni dollaro speso in attivita’ di lobby dai sindacati e dai gruppi d’interesse pubblico messi insieme, le corporation e le loro consorterie ne spendono trentaquattro.

Info:
http://www.archiviostorico.info/libri-e-riviste/8738-le-dieci-leggi-del-potere
https://www.parliamodisocialismo.it/2021/12/08/le-dieci-leggi-del-potere-requiem-per-il-sogno-americano/
https://www.anobii.com/books/le-dieci-leggi-del-potere.-requiem-per-il-sogno-americano/9788833311272/0221bd0ebc7778df6c/reviews

Lavoro/Kurz

Robert Kurz – Il capitale mondo. Globalizzazione e limiti interni del moderno sistema produttore di merce – Meltemi (2022)

In una di quelle singolari inversioni generate dalla moderna societa’ della merce nel suo sviluppo sempre piu’ avanzato, con la sua scissione in polarita’ contrapposte e la sua lacerazione interna, lo Stato e l’economia aziendale, per certi versi, si scambiano i ruoli: le imprese che operano su di un livello immediatamente globale si atteggiano nei confronti dello Stato come se fossero un’istanza sovraordinata, universale, “sovrana”; di converso lo Stato si comporta, entro certi limiti, come un’impresa soggetta alla concorrenza, costretta ad attirare verso di se’ il capitale come se fosse una “clientela”, a ridurre nella maniera piu’ radicale possibile i suoi costi, a farsi pubblicita’ etc. […]
La cosiddetta “politica dell’attrattivita’ economica” (Standortpolitik) e’ proprio l’esatto contrario della competizione politico-militare del passato tra gli Stati per aggiudicarsi i territori e le economie aziendali in essi incluse, cosi’ da incorporarli nella propria “sovranita’”. Ora invece gli Stati competono per l’approvazione delle economie aziendali e per convincerle a venire da loro.
Il declino della politica e’ anche un declino della politica estera classica borghese: gli Stati non si fronteggiano piu’, in primo luogo, come entita’ sovrane, che intrattengono relazioni diplomatiche o si contrappongono sul piano politico-militare in nome delle loro ambizioni territoriali etc., ma come concorrenti economici sul “mercato degli Stati” (un fenomeno paragonabile sotto certi aspetti alla concorrenza dei salariati sul “mercato del lavoro”) […]
Nella misura in cui gli Stati sono costretti a mendicare il favore delle imprese e degli “investitori” transnazionali su di una specie di “mercato degli Stati”, nel contesto di una concorrenza addirittura grottesca per “garantire le migliori condizioni economiche”, la medesima logica si riproduce anche al livello delle regioni interne, delle citta’ e dei comuni. A tutti i livelli l’amministrazione, vincolata alla politica territoriale, assume la posa di chi si concede al migliore offerente tra i potenziali investitori. Tutte le strutture di controllo pubblico, fino al microlivello, si convertono in “aziende” territoriali con una propria offerta, che magnificano a gran voce i loro pregi, come fanno i pescivendoli con la loro merce avariata o i rigattieri con le loro carabattole di seconda mano. E tutte le regioni e i comuni si affidano come clienti agli specialisti del marketing e ai consulenti aziendali come un tempo erano solite fare solo le imprese di mercato.

Info:
https://sinistrainrete.info/marxismo/22910-massimo-maggini-introduzione-a-il-capitale-mondo.html
https://anatradivaucanson.it/introduzioni/introduzione-a-il-capitale-mondo
https://www.ambienteweb.org/2022/05/21/sinistrainrete-joe-galaxy-il-capitale-mondo-sguardo-su-globalizzazione-complottismi-e-dintorni/
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe

 

Europa/Collier

Paul Collier – Il futuro del capitalismo. Fronteggiare le nuove ansie – Laterza (2020)

Le grandi aziende si sono globalizzate, trasformandosi in reti giuridicamente complesse di consociate che hanno reciproci rapporti commerciali ma sono controllate da una societa’ madre.
Per questo tipo di imprese, il pagamento delle imposte e’ diventato un’attivita’ volontaria.
In Gran Bretagna, l’esempio piu’ efficace e’ quello della Starbucks: nonostante abbia venduto miliardi di tazze di caffe’, nel corso di un intero decennio la sua consociata britannica non ha praticamente fatto registrare profitti tassabili. E’ trapelato che un’altra consociata, con sede legale nelle Antille olandesi, stava facendo profitti notevolmente elevati nonostante non vendesse affatto caffe’; vendeva invece i diritti di utilizzazione del marchio «Starbucks» alla consociata britannica. La compagnia ha annunciato con tono indignato di aver versato tutte le imposte dovute nelle Antille olandesi, sebbene abbia omesso di ricordare che li’ l’aliquota fiscale era pari a zero […]
Alla globalizzazione delle imprese non ha corrisposto la globalizzazione degli strumenti di regolamentazione.
I poteri fiscali e di regolamentazione sono rimasti saldamente ancorati al livello nazionale […]
I nostri meccanismi sovrannazionali di coordinamento – l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, il Fondo Monetario Internazionale, l’Unione Europea, il G7 e il G20 – hanno perso la capacita’ di creare obbligazioni reciproche vincolanti sostenute sull’interesse individuale illuminato.
Ogni nazione preferisce gareggiare in una corsa alla deregolamentazione fiscale. Questa sconfitta della governance e’ stata l’aspetto peggiore della globalizzazione contemporanea.

Info:
https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788858131060
https://www.pandorarivista.it/articoli/il-futuro-del-capitalismo-di-paul-collier/
https://www.anobii.com/it/books/il-futuro-del-capitalismo/9788858131060/015fc8fc1b8b48e476/reviews

Geoeconomia/Chomsky

Noam Chomsky – Precipizio. Il capitale all’attacco della democrazia e il dovere di cambiare rotta – Ponte alle Grazie (2021)

Dopo la Seconda guerra mondiale, quando godevano di una potenza impareggiabile, gli Stati Uniti promossero quell’«ordine mondiale liberale» che e’ stato una manna per le multinazionali statunitensi, le quali oggi possiedono circa la meta’ dell’economia globale.
Un incredibile successo strategico.
Ancora una volta seguendo il modello britannico, gli Stati Uniti hanno perseguito il «libero scambio» in maniera funzionale al potere privato interno. Il «libero scambio» di stampo britannico fece dell’India un protettorato chiuso. Quello statunitense impone un rigido sistema di brevetti («proprieta’ intellettuale») che garantisce un monopolio pressoche’ totale alle grosse industrie americane.
Il governo statunitense assicura inoltre sussidi incalcolabili alle industrie energetiche, all’agribusiness e agli istituti finanziari. Gli Stati Uniti si lamentano delle politiche industriali della Cina, ma intanto la moderna industria tecnologica ha potuto contare in larga misura sulla ricerca e sviluppo del settore economico sovvenzionato dallo Stato, a tal punto che l’intera economia puo’ considerarsi un sistema di sussidi pubblici e profitto privato.
Ma ci sono molti altri strumenti per sovvenzionare l’industria. L’approvvigionamento, per esempio, si e’ dimostrato un mezzo efficace. Di fatto, l’enorme apparato militare da solo fornisce, attraverso l’approvvigionamento, un generosissimo sussidio statale all’industria. E sfioriamo solo la superficie.

Info:
https://www.illibraio.it/news/saggistica/precipizio-libro-chomsky-1410524/

Finanziarizzazione/Klein

Matthew C. Klein, Michael Pettis – Le guerre commerciali sono guerre di classe. Come la crescente disuguaglianza corrompe l’economia globale e minaccia la pace internazionale – Einaudi (2021)

Ci sono molte ragioni legittime per cui le aziende americane operano in Irlanda: una forza lavoro anglofona e altamente istruita, un facile accesso al grande mercato di consumatori dell’Unione europea e brevi voli diretti verso molte delle piu’ importanti citta’ americane.
Fino agli anni novanta, pero’, la Repubblica d’Irlanda era un paese povero e sperduto alla periferia dell’Europa. E’ confinata su un’isola per lo piu’ rurale e ha un passato di rapporti complicati con il suo principale vicino.
Per superare questi svantaggi, il governo irlandese usa da tempo le agevolazioni fiscali per attrarre gli investimenti stranieri. L’aliquota tributaria ufficiale per le societa’ e’ di appena il 12,5 per cento. E’ una delle piu’ basse del mondo ed e’ da anni uno dei principali motivi per cui cosi’ tanti farmaci sono prodotti in Irlanda.
Ma le societa’ americane non sono interessate tanto alla bassa aliquota fiscale, quanto alla possibilita’ che le loro filiali «registrate» in Irlanda risultino «fiscalmente residenti» nelle Cayman o a Bermuda, dove l’aliquota tributaria per le societa’ e’ zero.
Mettete insieme un paio di queste controllate quasi irlandesi, spesso con una olandese in mezzo, poi spostate i profitti da giurisdizioni ad alta imposizione come la Germania a quelle a bassa imposizione come l’Irlanda, e la vostra multinazionale potra’ estrarre dal cilindro un’aliquota fiscale prossima allo zero sui suoi redditi internazionali.
Nel 2018, l’anno piu’ recente con dati completi, le controllate irlandesi delle corporation americane hanno generato profitti per circa 53 miliardi di dollari – piu’ o meno quanto i profitti generati complessivamente dalle controllate americane in Canada (31 miliardi di dollari), in Cina (13 miliardi di dollari) e in Giappone (13 miliardi di dollari) messe insieme.
Sempre nel 2018 le controllate olandesi delle societa’ americane hanno generato profitti per 87 miliardi di dollari – piu’ o meno pari ai profitti complessivi guadagnati in Australia (10 miliardi di dollari), Brasile (4 miliardi di dollari), Regno Unito (47 miliardi di dollari), Francia (2 miliardi di dollari), Germania (7 miliardi di dollari), Hong Kong (8 miliardi di dollari) e Messico (9 miliardi di dollari). Un simile risultato non puo’ essere spiegato dalle reali relazioni economiche; la spiegazione sta invece nel trasferimento dei profitti per pagare meno tasse. Insieme, quei sette paradisi fiscali sono stati responsabili nel 2018 di piú di 324 miliardi di dollari di reddito da investimenti diretti americani.

Info:
https://www.lavoce.info/archives/68783/guerre-commerciali-e-disuguaglianze/
https://www.repubblica.it/robinson/2020/08/18/news/bentornata_cara_vecchia_lotta_di_classe-300827708/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/11/i-super-ricchi-alla-base-delle-crisi-come-evitarlo-misure-fiscali-parla-lautore-del-libro-che-lega-guerre-commerciali-e-lotta-di-classe/6009245/

 

Capitalismo/Piketty

Thomas Piketty – Una breve storia dell’uguaglianza – La nave di Teseo (2021)

Va posto l’accento anche sull’estrema ipocrisia che avvolge la nozione stessa di aiuto internazionale.
Tanto per cominciare, il sostegno pubblico allo sviluppo e’ molto piu’ limitato di quanto a volte si pensi: rappresenta un totale inferiore allo 0,2% del PIL mondiale (e appena lo 0,03% del PIL mondiale per l’aiuto umanitario d’emergenza).
In confronto, i danni climatici causati ai paesi poveri dalle emissioni dei paesi ricchi rappresentano da soli parecchi punti di PIL mondiale.
Il secondo problema, che non e’ un dettaglio, e’ che, nella maggioranza dei paesi virtualmente “aiutati” in Africa, Asia del Sud e altrove, l’ammontare dei flussi in uscita sotto forma di profitti delle multinazionali e di fuga di capitali e’ in realta’ varie volte superiore al flusso d’entrata del sostegno pubblico (anche se ci si limita ai flussi in uscita registrati nei conti nazionali ufficiali, a proposito dei quali tutto fa pensare che sottovalutino i flussi reali).
Si tratta di un punto essenziale dei rapporti centro-periferia su scala mondiale, che continua a stupire gli osservatori: i paesi ricchi dicono di aiutare quelli che in effetti li fanno arricchire.

Info:
https://www.criticaletteraria.org/2021/11/thomas-piketty-una-breve-storia-dell-uguaglianza.html
https://www.doppiozero.com/materiali/thomas-piketty-la-storia-maestra-di-uguaglianza
https://www.repubblica.it/cultura/2021/11/17/news/l_anticipazione_cosi_il_clima_cambiera_la_nostra_vita-326752782/

GreenNewDeal/Chomsky

Noam Chomski – Crisi di civilta’. Pandemia e capitalismo – Ponte alle Grazie (2020)

Il governo e’ il problema, non la soluzione […]
Vale la pena soffermarci un momento sul significato di quel precetto. In pratica, significa che il governo non e’ la soluzione quando e’ in gioco il benessere della popolazione, mentre invece e’ certamente la soluzione quando il problema coinvolge la ricchezza privata e il potere delle grosse societa’.
Gli esempi sono innumerevoli, da Reagan in poi, e non c’e’ bisogno di elencarli.
Il mantra del «governo malvagio» e’ affine a quello del tanto decantato «libero mercato», che viene puntualmente distorto per adeguarlo alle pretese del capitale. Le dottrine neoliberiste sono penetrate anche nel settore imprenditoriale privato.
Il modello aziendale esige «efficienza», ossia la massimizzazione del profitto, e al diavolo le conseguenze.
Per quanto riguarda la sanita’ privata, cio’ implica non avere nessuna capacita’ di scorta: appena quel tanto che basta per tirare avanti in condizioni normali, e anche in quel caso giusto l’essenziale, con costi ingenti per i pazienti ma con il bilancio in ordine (e lauti compensi per il management).
E se accade qualcosa di inaspettato, che sfortuna! […]
Le multinazionali dei carburanti fossili sono sul mercato per massimizzare i profitti, non per fare in modo che la societa’ umana sopravviva, un fatto di secondaria importanza. Cercano costantemente nuovi giacimenti petroliferi da sfruttare. Non sprecano certo le loro risorse in energie sostenibili e anzi demoliscono i progetti di energia sostenibile, per quanto redditizi, perche’ possono fare piu’ soldi accelerando la distruzione di massa

Info:
https://www.illibraio.it/news/ebook-e-digitale/chomsky-virus-ebook-1380886/
https://ilmanifesto.it/lo-stato-di-gravita-permanente-secondo-noam-chomsky/

Geoeconomia/Chomsky

Noam Chomsky, Emran Feroz – Lotta e declino. Perche’ dobbiamo ribellarci contro i padroni dell’umanita’ – Ponte alle Grazie (2021)

In passato l’imperialismo esercitava la violenza diretta per assoggettare quanti piu’ paesi possibile.
Non e’ certo un segreto; e’ cosi’ che sono andate le cose.
I predatori, ossia i colonialisti, ripartirono il mondo mediante trattati internazionali sempre a loro vantaggio, riservando ai popoli conquistati un trattamento brutale e razzista.
Un’altra caratteristica del vecchio imperialismo fu il colonialismo insediativo, che porto’ al massacro o all’espulsione delle popolazioni indigene e alla loro sostituzione con il popolo prediletto, la «razza migliore». Era una specialita’ britannica, che fu poi adottata anche dagli americani.
L’attuale politica estera statunitense non persegue tali ambiziosi obiettivi.
Prima della Seconda guerra mondiale, gli Stati Uniti non erano la prima potenza globale. A quel tempo questo primato era riservato alla Gran Bretagna e, in misura minore, alla Francia. Le cose cambiarono con la guerra, che garanti’ agli Stati Uniti un potere enorme, un livello di sicurezza senza precedenti e numerosi altri vantaggi.
Il sistema globale emerso a quell’epoca era l’ideale per gli Stati Uniti perche’ rappresentava uno strumento indiretto con cui destabilizzare l’economia ed esercitare il controllo politico […]
Le direttive politiche erano dunque molto precise e in linea con le circostanze dell’epoca – e furono vincenti.
Una conseguenza, spesso sottaciuta, di tutto questo e’ che le societa’ con sede statunitense possiedono oggi circa la meta’ della ricchezza mondiale e figurano al primo posto in quasi ogni settore dell’economia internazionale.
E’ stata questa la piu’ grande impresa di quelli che Adam Smith chiamava i «padroni dell’umanita’».
Ai suoi tempi erano i mercanti e gli industriali inglesi; ai giorni nostri sono le multinazionali con complesse catene produttive globali

Info:
https://www.ponteallegrazie.it/libro/lotta-o-declino-noam-chomsky-9788833313702.html
https://www.ibs.it/lotta-o-declino-perche-dobbiamo-ebook-noam-chomsky-emran-feroz/e/9788833317083?gclid=Cj0KCQiA4b2MBhD2ARIsAIrcB-T6LTxkHyOZ7PhIqesdLQ8CpBrHiapLocGukQwOMx77OWBPG3WDuCsaAv64EALw_wcB

Economia di mercato/Zakaria

Fareed Zakaria – Il mercato non basta. Dieci lezioni per il mondo dopo la pandemia – Feltrinelli (2021)

La storia della disuguaglianza non riguarda solo le nazioni ma anche le imprese.
La ricerca della sicurezza si fara’ sentire anche nel settore aziendale, dove i grandi diventeranno ancora piu’ grandi. Pure qui assistiamo all’accelerazione di una tendenza gia’ in corso.
Negli ultimi anni gli esperti hanno osservato che in un settore dopo l’altro, in Occidente e non solo, le grandi imprese hanno accresciuto profitti e quote di mercato, facendo mangiare la polvere ai concorrenti piu’ piccoli.
Basti pensare ad Amazon, Google, Walmart, Cvs e Home Depot in America, o Volskwagen, Carrefour e Siemens in Europa.
In Cina quasi tutte le aziende maggiori sono dello stato e quindi godono di vantaggi intrinseci, ma perfino i giganti del settore privato come Alibaba e Tencent guadagnano terreno ogni anno che passa […]
Uno studio dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico dimostra che tra il 2001 e il 2013 in tutto il mondo industrializzato il 5 per cento piu’ produttivo delle industrie ha aumentato del 33 per cento la propria produttivita’, e il primo 5 per cento delle strutture di servizio ha aumentato la propria del 44. Tutte le altre industrie hanno guadagnato solo il 7 per cento nella produttivita’ e tutte le altre strutture di servizio hanno registrato un aumento appena del 5.
Altre ricerche dimostrano che questa tendenza va acuendosi negli ultimi decenni. Perche’?
Nell’economia odierna grande e’ bello.
Le dimensioni regalano alle aziende un vantaggio nelle due tendenze economiche predominanti della nostra epoca, la globalizzazione e la Rivoluzione informatica.
Ora e’ piu’ facile per la Volkswagen e l’Ikea entrare nei mercati cinese e indonesiano di quanto non lo sia per i marchi piu’ piccoli. Le grandi banche possono trovare nuovi clienti dall’altra parte del globo, quelle regionali no […]
Il Covid-19 rendera’ ancor piu’ conveniente l’essere piu’ grande.
Tra pandemia e lockdown, le grandi compagnie digitali sono state attivissime e hanno registrato un boom degli affari, e continueranno a prosperare a mano a mano che la gente si trovera’ piu’ a suo agio a vivere una vita digitale.
Ma i vantaggi delle dimensioni vanno oltre le imprese legate a Internet. Le grandi aziende tendono ad avere maggiore facilita’ di credito e possono superare la nottata. Hanno marchi regionali o globali e piu’ ampie reti di domanda e offerta.
Se alcune economie recuperano in fretta mentre altre rimangono al palo, le grandi aziende possono avvantaggiarsi concentrandosi nelle aree in crescita in un modo che le piccole non possono fare.
Le mega-multinazionali hanno eserciti di lobbisti per far si’ che, quando vengono stanziati soldi pubblici in sussidi o stimoli, siano loro a incamerare la piu’ grande iniezione di soldi

Info:
https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/il-mercato-non-basta/
https://www.sivempveneto.it/la-lezione-della-pandemia-esce-anche-in-italia-lultimo-libro-di-fareed-zakaria-esperto-di-geopolitica-e-analista-della-cnn-ecco-perche-il-mercato-non-basta-a-risollevarci/

GreenNewDeal/Pettifor

Ann Pettifor – Il Green New Deal. Cos’e’ e come possiamo finanziarlo – Fazi (2020)

Il Climate Disclosure Project ha stilato un elenco delle principali imprese inquinanti dal 1998 a oggi.
Queste includono: Exxon Mobil, Shell, BP, Chevron, Peabody, Total e BHP Billiton.
Le principali imprese statali includono: l’Arabia Saudita, la Gazprom, la National Iranian Oil, la Coal India, la Pemex e la CNPC (Petro China).
Le emissioni di carbone della Cina sono rappresentate dallo Stato, i cui principali produttori statali includono il gruppo Shenhua, la Datong Coal Mine Group e la China National Coal Group.
Sono queste imprese che dovrebbero farsi carico del costo della transizione energetica globale, non i comuni cittadini […]
Uno dei settori piu’ inquinanti e’ il settore aereo, ed e’ sbagliato che non vengano pagate le accise sul carburante aereo in tutta l’Unione Europea (a differenza degli Stati Uniti, dell’Australia, del Giappone, del Canada e dell’Arabia Saudita) e che non venga addebitata l’IVA sulla vendita dei biglietti aerei.
Ridurre l’attivita’ sia delle compagnie aeree che dell’industria marittima – tra i principali responsabili dell’aumento dei livelli di carbonio – rappresenta dunque una priorita’ assoluta per il Green New Deal.

Info:
https://www.money.it/Green-New-Deal-cos-e-significato-cosa-prevede
https://www.iconaclima.it/sostenibilita/vivere-green/consigli-di-lettura-il-green-new-deal-di-ann-pettifor/
https://www.alliancesud.ch/it/politica/politica-fiscale-e-finanziaria/il-green-new-deal-secondo-pettifor