Economia di mercato/Hickel

Jason Hickel – The divide. Guida per risolvere la disuguaglianza globale – il Saggiatore (2018)

Le multinazionali citano in giudizio uno stato a causa delle leggi nazionali che limitano i loro «profitti futuri attesi», anche quando tali leggi hanno lo scopo di tutelare i diritti umani, la salute pubblica o l’ambiente.
Vale la pena di fermarci a riflettere sulle implicazioni di questo sistema.
Di norma, gli stati godono dell’«immunita’ sovrana», cioe’ non possono essere citati in giudizio. Ma questo principio viene sospeso nel caso di controversie tra investitori e stati.
Il concetto di «protezione degli investitori» conferisce di fatto alle grandi aziende il potere di eludere il normale ordinamento giudiziario e di neutralizzare le leggi di nazioni sovrane. In altre parole, sono le grandi aziende che possono regolamentare gli stati democratici, anziche’ il contrario. E’ un assalto frontale alle nozioni di sovranita’ e democrazia, condotto ancora una volta, paradossalmente, in nome della libertà […]
L’aspetto forse piu’ inquietante di questi nuovi meccanismi di risoluzione delle controversie tra investitore e stato, tuttavia, e’ che sono intrinsecamente asimmetrici. Gli investitori possono citare in giudizio uno stato, ma agli stati non e’ riconosciuto il diritto corrispondente di citare in giudizio gli investitori esteri.
Il massimo che uno stato puo’ sperare di ottenere in sede di composizione e’ l’annullamento della causa: non puo’ richiedere il risarcimento dei danni da parte delle multinazionali straniere.
In sostanza, il sistema conferisce a grandi aziende private non democratiche nuovi poteri e liberta’ speciali, mentre erode quelli degli stati sovrani democratici […]
Come se non bastasse, gli stessi procedimenti di risoluzione delle controversie sono antidemocratici. Si svolgono in tribunali segreti, privi della trasparenza e delle garanzie costituzionali che caratterizzano i normali tribunali di diritto pubblico. In questi procedimenti i giudici sono legali di imprese private esperti in diritto societario, non funzionari nominati dallo Stato.

Info:
https://www.ibs.it/the-divide-guida-per-risolvere-libro-jason-hickel/e/9788842824961/recensioni
https://www.culturamente.it/libri/politica-economica-jason-hickel/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/the-divide/

Stato/Reich

Robert B. Reich – Supercapitalismo. Come cambia l’economia globale e i rischi per la democrazia – Fazi (2008)

Molte battaglie che in superficie sembrano essere di carattere meramente politico sono in realta’ semplici questioni di concorrenza aziendale, alla cui base c’e’ il desiderio di maggior profitto.
Praticamente qualsiasi legge o norma apparentemente neutrale varata da un Governo va a vantaggio o a svantaggio di qualche azienda, perche’ rispettarla ha costi che possono modificare gli equilibri di potere tra le aziende.
Di conseguenza, a Washington e nelle altri capitali, sono sempre piu’ le aziende o le industrie, la cui posizione competitiva rischia di essere influenzata dalle scelte di un Governo, che chiedono di essere consultate sulle leggi in via di approvazione, piuttosto che i gruppi non aziendali come i sindacati, gli ambientalisti […]
Quelle battaglie che sembrano essere di carattere sociale o “culturale” spesso nascondono altri interessi.
Nell’ottobre del 2006, il Congresso approvo’ una legge che vietava ogni forma di gioco d’azzardo online.
Ufficialmente fu giustificata con la necessita’ di proteggere la gente da quella che e’ considerata un’attivita’ immorale che crea dipendenza. Ma in realta’ l’iniziativa fu capeggiata proprio dai casino’, piu’ di 900 negli Stati Uniti, che vedevano nella rapida crescita del gioco d’azzardo online una potenziale minaccia per i loro profitti ma che a loro volta volevano rimanere liberi da qualsiasi restrizione.
Piu’ e’ facile giocare online, ovviamente, e meno qualcuno sara’ invogliato a guidare per centinaia di chilometri fino al casino’ piu’ vicino […]
E’ improbabile che la legge abbia una reale influenza sulle abitudini al gioco degli americani. Era un sotterfugio. Il suo vero scopo era quello di aumentare i profitti di alcuni settori del gioco d’azzardo, a scapito di altri.

Info:
https://www.lastampa.it/economia/2008/07/05/news/il-supercapitalismo-1.37093927/
https://www.astrid-online.it/static/upload/protected/Reic/Reich_Gaggi_Corriere_22_6_08.pdf
https://espresso.repubblica.it/affari/2008/05/28/news/fra-supercapitalisti-e-nuovi-poveri-1.8591/
https://www.ilsecoloxix.it/mondo/2008/08/21/news/cosi-il-supercapitalismo-sta-uccidendo-la-democrazia-1.33385408

Lavoro/Undiemi

Lidia Undiemi – La lotta di classe nel XXI secolo. La nuova offensiva del capitale contro i lavoratori: il quadro mondiale del conflitto e la possibile reazione democratica – Ponte alle Grazie (2021)

I casi di lavoro di alcune delle piu’ importanti multinazionali al mondo […] mostrano una tendenza piuttosto evidente del ritorno al lavoro ripetitivo e standardizzato di stampo fordista dei primi del Novecento […]
Nell’illusione che sedere davanti a un monitor anziche’ davanti a un pezzo di carta avrebbe significato svolgere chissa’ quale funzione, i lavoratori pionieri di questa nuova realta’ hanno ben presto capito che si trattava di qualcosa di simile alle catene di montaggio delle grandi industrie che producono beni materiali.
Tempi di lavoro scanditi dai sistemi applicativi, modalita’ di esecuzione dei lavori rigidamente predeterminate e altamente standardizzate, e avanti cosi’ per tutta la giornata lavorativa e per quelle a seguire.
I lavoratori divengono dei meri esecutori di una macchina tecnologica che tiene per se’ le conoscenze del mestiere, e dietro la quale ovviamente si cela il team manageriale che da’ gli input al sistema.
L’euforia dell’ingresso nel nuovo mondo ha fatto credere che si trattasse di lavori professionalizzanti, e che per questo potessero rientrare nella categoria di lavori autonomi, come alternativa al lavoro subordinato. Essendo invece questi lavori assolutamente qualificabili come lavori dipendenti, ossia diretti e controllati dall’imprenditore con margini di autonomia irrisori, la conseguenza e’ stata il dilagare della precarieta’, poiche’, com’e’ noto, un contratto di lavoro autonomo fornisce minori garanzie e diritti retributivi rispetto a un lavoro dipendente […]
Essere produttivi oggi e’ sempre piu’ legato alla quantita’ di lavoro manuale che si riesce a svolgere, anche se si tratta di prestazioni che un tempo venivano considerate altamente o discretamente qualificate.
Le macchine processano il lavoro, i dirigenti detengono il know-how, che traducono in algoritmi all’interno delle macchine, e il lavoratore deve per lo piu’ eseguirlo nel minor tempo possibile. Questo spinge i mercati a concentrare la competitivita’ sul costo del lavoro […]
Ne deriva che il tempo di lavoro – e non la competenza – diventera’, o tornera’ a essere, il protagonista indiscusso delle dinamiche del lavoro, degradandone ancora di piu’ il valore umano.
La tecnologia non sta cambiando solo il lavoro, sta cambiando anche l’essere umano e il suo rapporto con il mondo esterno

Info:
https://www.lidiaundiemi.it/libri/la-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo
https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo
https://www.sinistrainrete.info/politica/23735-lidia-undiemi-reagire-e-non-aspettare-il-manifesto-della-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo.html
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lidia_undiemi__reagire_e_non_aspettare_il_manifesto_della_lotta_di_classe_nel_xxi_secolo/39130_47187/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/05/undiemi-la-pace-sociale-e-una-trappola-per-i-lavoratori-serve-una-ripresa-della-conflittualita-dal-governo-mi-attendo-nuova-riforma-lavoro/6120731/

Economia di mercato/Chomsky

Noam Chomsky – Le dieci leggi del potere. Requiem per il sogno americano – Ponte alle Grazie (2017)

In un’epoca come la nostra, in cui il denaro ha un peso maggiore nella politica e gli interessi privati sono piu’ strutturati, i gruppi economici e le classi facoltose hanno conquistato un potere spropositato rispetto al ceto medio.
Cio’ consente ai vincitori dell’economia di produrre e incrementare la crescita condizionando le politiche del governo invece che innovando all’interno del mercato.
Tali attivita’ impoveriscono gli americani e indeboliscono il nostro sistema politico […]
Le grosse societa’ fanno donazioni, assoldano costosi lobbisti (spesso ex funzionari pubblici con i loro staff) e organizzano dispendiose campagne fintamente popolari a sostegno delle politiche a loro gradite. Le porte girevoli, a Washington, si muovono piu’ veloci che mai, tra ambienti che sono sempre piu’ distanti dal resto della popolazione per prebende e privilegi […]
La spesa ufficiale per le attivita’ di lobby a livello federale – sicuramente inferiore a quella effettiva – e’ aumentata da 460 milioni a oltre tre miliardi di dollari.
Le aziende e i ricchi non investono soltanto nel settore privato per riceverne un tornaconto, ma anche nella politica; solo che quel tornaconto arriva a danno dell’economia in generale, dei contribuenti e della democrazia […]
Gli equilibri, a Washington, sono saltati. Stando a quanto risulta, le corporation oggi spendono circa 2,6 miliardi di dollari l’anno in attivita’ di lobby, piu’ dei due miliardi di dollari destinati alla Camera (1,18 miliardi) e al Senato (860 milioni) messi insieme […] ci sono oltre cento lobbisti in rappresentanza delle grosse societa’, che riescono cosi’ a essere presenti dovunque, in qualsiasi momento.
Per ogni dollaro speso in attivita’ di lobby dai sindacati e dai gruppi d’interesse pubblico messi insieme, le corporation e le loro consorterie ne spendono trentaquattro.

Info:
http://www.archiviostorico.info/libri-e-riviste/8738-le-dieci-leggi-del-potere
https://www.parliamodisocialismo.it/2021/12/08/le-dieci-leggi-del-potere-requiem-per-il-sogno-americano/
https://www.anobii.com/books/le-dieci-leggi-del-potere.-requiem-per-il-sogno-americano/9788833311272/0221bd0ebc7778df6c/reviews

Lavoro/Kurz

Robert Kurz – Il capitale mondo. Globalizzazione e limiti interni del moderno sistema produttore di merce – Meltemi (2022)

In una di quelle singolari inversioni generate dalla moderna societa’ della merce nel suo sviluppo sempre piu’ avanzato, con la sua scissione in polarita’ contrapposte e la sua lacerazione interna, lo Stato e l’economia aziendale, per certi versi, si scambiano i ruoli: le imprese che operano su di un livello immediatamente globale si atteggiano nei confronti dello Stato come se fossero un’istanza sovraordinata, universale, “sovrana”; di converso lo Stato si comporta, entro certi limiti, come un’impresa soggetta alla concorrenza, costretta ad attirare verso di se’ il capitale come se fosse una “clientela”, a ridurre nella maniera piu’ radicale possibile i suoi costi, a farsi pubblicita’ etc. […]
La cosiddetta “politica dell’attrattivita’ economica” (Standortpolitik) e’ proprio l’esatto contrario della competizione politico-militare del passato tra gli Stati per aggiudicarsi i territori e le economie aziendali in essi incluse, cosi’ da incorporarli nella propria “sovranita’”. Ora invece gli Stati competono per l’approvazione delle economie aziendali e per convincerle a venire da loro.
Il declino della politica e’ anche un declino della politica estera classica borghese: gli Stati non si fronteggiano piu’, in primo luogo, come entita’ sovrane, che intrattengono relazioni diplomatiche o si contrappongono sul piano politico-militare in nome delle loro ambizioni territoriali etc., ma come concorrenti economici sul “mercato degli Stati” (un fenomeno paragonabile sotto certi aspetti alla concorrenza dei salariati sul “mercato del lavoro”) […]
Nella misura in cui gli Stati sono costretti a mendicare il favore delle imprese e degli “investitori” transnazionali su di una specie di “mercato degli Stati”, nel contesto di una concorrenza addirittura grottesca per “garantire le migliori condizioni economiche”, la medesima logica si riproduce anche al livello delle regioni interne, delle citta’ e dei comuni. A tutti i livelli l’amministrazione, vincolata alla politica territoriale, assume la posa di chi si concede al migliore offerente tra i potenziali investitori. Tutte le strutture di controllo pubblico, fino al microlivello, si convertono in “aziende” territoriali con una propria offerta, che magnificano a gran voce i loro pregi, come fanno i pescivendoli con la loro merce avariata o i rigattieri con le loro carabattole di seconda mano. E tutte le regioni e i comuni si affidano come clienti agli specialisti del marketing e ai consulenti aziendali come un tempo erano solite fare solo le imprese di mercato.

Info:
https://sinistrainrete.info/marxismo/22910-massimo-maggini-introduzione-a-il-capitale-mondo.html
https://anatradivaucanson.it/introduzioni/introduzione-a-il-capitale-mondo
https://www.ambienteweb.org/2022/05/21/sinistrainrete-joe-galaxy-il-capitale-mondo-sguardo-su-globalizzazione-complottismi-e-dintorni/
https://ilmanifesto.it/se-la-critica-di-valore-e-denaro-conta-piu-della-lotta-di-classe

 

Europa/Collier

Paul Collier – Il futuro del capitalismo. Fronteggiare le nuove ansie – Laterza (2020)

Le grandi aziende si sono globalizzate, trasformandosi in reti giuridicamente complesse di consociate che hanno reciproci rapporti commerciali ma sono controllate da una societa’ madre.
Per questo tipo di imprese, il pagamento delle imposte e’ diventato un’attivita’ volontaria.
In Gran Bretagna, l’esempio piu’ efficace e’ quello della Starbucks: nonostante abbia venduto miliardi di tazze di caffe’, nel corso di un intero decennio la sua consociata britannica non ha praticamente fatto registrare profitti tassabili. E’ trapelato che un’altra consociata, con sede legale nelle Antille olandesi, stava facendo profitti notevolmente elevati nonostante non vendesse affatto caffe’; vendeva invece i diritti di utilizzazione del marchio «Starbucks» alla consociata britannica. La compagnia ha annunciato con tono indignato di aver versato tutte le imposte dovute nelle Antille olandesi, sebbene abbia omesso di ricordare che li’ l’aliquota fiscale era pari a zero […]
Alla globalizzazione delle imprese non ha corrisposto la globalizzazione degli strumenti di regolamentazione.
I poteri fiscali e di regolamentazione sono rimasti saldamente ancorati al livello nazionale […]
I nostri meccanismi sovrannazionali di coordinamento – l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, il Fondo Monetario Internazionale, l’Unione Europea, il G7 e il G20 – hanno perso la capacita’ di creare obbligazioni reciproche vincolanti sostenute sull’interesse individuale illuminato.
Ogni nazione preferisce gareggiare in una corsa alla deregolamentazione fiscale. Questa sconfitta della governance e’ stata l’aspetto peggiore della globalizzazione contemporanea.

Info:
https://www.laterza.it/scheda-libro/?isbn=9788858131060
https://www.pandorarivista.it/articoli/il-futuro-del-capitalismo-di-paul-collier/
https://www.anobii.com/it/books/il-futuro-del-capitalismo/9788858131060/015fc8fc1b8b48e476/reviews

Geoeconomia/Chomsky

Noam Chomsky – Precipizio. Il capitale all’attacco della democrazia e il dovere di cambiare rotta – Ponte alle Grazie (2021)

Dopo la Seconda guerra mondiale, quando godevano di una potenza impareggiabile, gli Stati Uniti promossero quell’«ordine mondiale liberale» che e’ stato una manna per le multinazionali statunitensi, le quali oggi possiedono circa la meta’ dell’economia globale.
Un incredibile successo strategico.
Ancora una volta seguendo il modello britannico, gli Stati Uniti hanno perseguito il «libero scambio» in maniera funzionale al potere privato interno. Il «libero scambio» di stampo britannico fece dell’India un protettorato chiuso. Quello statunitense impone un rigido sistema di brevetti («proprieta’ intellettuale») che garantisce un monopolio pressoche’ totale alle grosse industrie americane.
Il governo statunitense assicura inoltre sussidi incalcolabili alle industrie energetiche, all’agribusiness e agli istituti finanziari. Gli Stati Uniti si lamentano delle politiche industriali della Cina, ma intanto la moderna industria tecnologica ha potuto contare in larga misura sulla ricerca e sviluppo del settore economico sovvenzionato dallo Stato, a tal punto che l’intera economia puo’ considerarsi un sistema di sussidi pubblici e profitto privato.
Ma ci sono molti altri strumenti per sovvenzionare l’industria. L’approvvigionamento, per esempio, si e’ dimostrato un mezzo efficace. Di fatto, l’enorme apparato militare da solo fornisce, attraverso l’approvvigionamento, un generosissimo sussidio statale all’industria. E sfioriamo solo la superficie.

Info:
https://www.illibraio.it/news/saggistica/precipizio-libro-chomsky-1410524/

Finanziarizzazione/Klein

Matthew C. Klein, Michael Pettis – Le guerre commerciali sono guerre di classe. Come la crescente disuguaglianza corrompe l’economia globale e minaccia la pace internazionale – Einaudi (2021)

Ci sono molte ragioni legittime per cui le aziende americane operano in Irlanda: una forza lavoro anglofona e altamente istruita, un facile accesso al grande mercato di consumatori dell’Unione europea e brevi voli diretti verso molte delle piu’ importanti citta’ americane.
Fino agli anni novanta, pero’, la Repubblica d’Irlanda era un paese povero e sperduto alla periferia dell’Europa. E’ confinata su un’isola per lo piu’ rurale e ha un passato di rapporti complicati con il suo principale vicino.
Per superare questi svantaggi, il governo irlandese usa da tempo le agevolazioni fiscali per attrarre gli investimenti stranieri. L’aliquota tributaria ufficiale per le societa’ e’ di appena il 12,5 per cento. E’ una delle piu’ basse del mondo ed e’ da anni uno dei principali motivi per cui cosi’ tanti farmaci sono prodotti in Irlanda.
Ma le societa’ americane non sono interessate tanto alla bassa aliquota fiscale, quanto alla possibilita’ che le loro filiali «registrate» in Irlanda risultino «fiscalmente residenti» nelle Cayman o a Bermuda, dove l’aliquota tributaria per le societa’ e’ zero.
Mettete insieme un paio di queste controllate quasi irlandesi, spesso con una olandese in mezzo, poi spostate i profitti da giurisdizioni ad alta imposizione come la Germania a quelle a bassa imposizione come l’Irlanda, e la vostra multinazionale potra’ estrarre dal cilindro un’aliquota fiscale prossima allo zero sui suoi redditi internazionali.
Nel 2018, l’anno piu’ recente con dati completi, le controllate irlandesi delle corporation americane hanno generato profitti per circa 53 miliardi di dollari – piu’ o meno quanto i profitti generati complessivamente dalle controllate americane in Canada (31 miliardi di dollari), in Cina (13 miliardi di dollari) e in Giappone (13 miliardi di dollari) messe insieme.
Sempre nel 2018 le controllate olandesi delle societa’ americane hanno generato profitti per 87 miliardi di dollari – piu’ o meno pari ai profitti complessivi guadagnati in Australia (10 miliardi di dollari), Brasile (4 miliardi di dollari), Regno Unito (47 miliardi di dollari), Francia (2 miliardi di dollari), Germania (7 miliardi di dollari), Hong Kong (8 miliardi di dollari) e Messico (9 miliardi di dollari). Un simile risultato non puo’ essere spiegato dalle reali relazioni economiche; la spiegazione sta invece nel trasferimento dei profitti per pagare meno tasse. Insieme, quei sette paradisi fiscali sono stati responsabili nel 2018 di piú di 324 miliardi di dollari di reddito da investimenti diretti americani.

Info:
https://www.lavoce.info/archives/68783/guerre-commerciali-e-disuguaglianze/
https://www.repubblica.it/robinson/2020/08/18/news/bentornata_cara_vecchia_lotta_di_classe-300827708/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/11/i-super-ricchi-alla-base-delle-crisi-come-evitarlo-misure-fiscali-parla-lautore-del-libro-che-lega-guerre-commerciali-e-lotta-di-classe/6009245/

 

Capitalismo/Piketty

Thomas Piketty – Una breve storia dell’uguaglianza – La nave di Teseo (2021)

Va posto l’accento anche sull’estrema ipocrisia che avvolge la nozione stessa di aiuto internazionale.
Tanto per cominciare, il sostegno pubblico allo sviluppo e’ molto piu’ limitato di quanto a volte si pensi: rappresenta un totale inferiore allo 0,2% del PIL mondiale (e appena lo 0,03% del PIL mondiale per l’aiuto umanitario d’emergenza).
In confronto, i danni climatici causati ai paesi poveri dalle emissioni dei paesi ricchi rappresentano da soli parecchi punti di PIL mondiale.
Il secondo problema, che non e’ un dettaglio, e’ che, nella maggioranza dei paesi virtualmente “aiutati” in Africa, Asia del Sud e altrove, l’ammontare dei flussi in uscita sotto forma di profitti delle multinazionali e di fuga di capitali e’ in realta’ varie volte superiore al flusso d’entrata del sostegno pubblico (anche se ci si limita ai flussi in uscita registrati nei conti nazionali ufficiali, a proposito dei quali tutto fa pensare che sottovalutino i flussi reali).
Si tratta di un punto essenziale dei rapporti centro-periferia su scala mondiale, che continua a stupire gli osservatori: i paesi ricchi dicono di aiutare quelli che in effetti li fanno arricchire.

Info:
https://www.criticaletteraria.org/2021/11/thomas-piketty-una-breve-storia-dell-uguaglianza.html
https://www.doppiozero.com/materiali/thomas-piketty-la-storia-maestra-di-uguaglianza
https://www.repubblica.it/cultura/2021/11/17/news/l_anticipazione_cosi_il_clima_cambiera_la_nostra_vita-326752782/

GreenNewDeal/Chomsky

Noam Chomski – Crisi di civilta’. Pandemia e capitalismo – Ponte alle Grazie (2020)

Il governo e’ il problema, non la soluzione […]
Vale la pena soffermarci un momento sul significato di quel precetto. In pratica, significa che il governo non e’ la soluzione quando e’ in gioco il benessere della popolazione, mentre invece e’ certamente la soluzione quando il problema coinvolge la ricchezza privata e il potere delle grosse societa’.
Gli esempi sono innumerevoli, da Reagan in poi, e non c’e’ bisogno di elencarli.
Il mantra del «governo malvagio» e’ affine a quello del tanto decantato «libero mercato», che viene puntualmente distorto per adeguarlo alle pretese del capitale. Le dottrine neoliberiste sono penetrate anche nel settore imprenditoriale privato.
Il modello aziendale esige «efficienza», ossia la massimizzazione del profitto, e al diavolo le conseguenze.
Per quanto riguarda la sanita’ privata, cio’ implica non avere nessuna capacita’ di scorta: appena quel tanto che basta per tirare avanti in condizioni normali, e anche in quel caso giusto l’essenziale, con costi ingenti per i pazienti ma con il bilancio in ordine (e lauti compensi per il management).
E se accade qualcosa di inaspettato, che sfortuna! […]
Le multinazionali dei carburanti fossili sono sul mercato per massimizzare i profitti, non per fare in modo che la societa’ umana sopravviva, un fatto di secondaria importanza. Cercano costantemente nuovi giacimenti petroliferi da sfruttare. Non sprecano certo le loro risorse in energie sostenibili e anzi demoliscono i progetti di energia sostenibile, per quanto redditizi, perche’ possono fare piu’ soldi accelerando la distruzione di massa

Info:
https://www.illibraio.it/news/ebook-e-digitale/chomsky-virus-ebook-1380886/
https://ilmanifesto.it/lo-stato-di-gravita-permanente-secondo-noam-chomsky/