Economia di mercato/Chang

Ha-Joon Chang – Economia commestibile. Comprendere la teoria economica attraverso il cibo – il Saggiatore (2023)

La Svizzera e’ in realta’ l’economia piu’ industrializzata del mondo, e detiene il record di produzione manifatturiera pro capite.
Non si vedono molti prodotti «Made in Switzerland», in parte perche’ il paese e’ piccolo (appena 9 milioni di persone circa), ma anche perche’ e’ specializzata in cio’ che gli economisti chiamano «beni di produzione» (macchine, attrezzature di precisione e prodotti chimici industriali) che consumatori comuni, come me e voi, non vedono.
E’ interessante notare che Singapore, un’altra presunta storia di successo post-industriale, e’ la seconda economia piu’ industrializzata del mondo […]
I sostenitori del postindustrialismo fraintendono fondamentalmente la natura dei recenti cambiamenti economici. Cio’ che sta guidando la deindustrializzazione sono principalmente i cambiamenti della produttivita’, non quelli della domanda […]
Mezzo secolo fa, l’industria manifatturiera occupava circa il 40 per cento della forza lavoro nei paesi ricchi ma oggi la stessa – e a volte anche maggiore – quantita’ di produzione e’ portata a termine dal 10-20 per cento della forza lavoro.
La dinamica della produzione e’ un po’ piu’ complicata.
E’ vero che l’importanza del settore manifatturiero nell’economia nazionale e’ diminuita, mentre quella dei servizi e’ aumentata in questi paesi. Tuttavia, cio’ e’ accaduto non perche’ le persone chiedano piu’ servizi di beni manifatturieri in termini assoluti, come i sostenitori della deindustrializzazione vorrebbero farci credere.
E’ successo principalmente perche’ i servizi sono diventati relativamente piu’ costosi, data la piu’ rapida crescita della produttivita’ nel settore manifatturiero rispetto a quello dei servizi. Basti pensare al fatto che i computer e i telefoni cellulari sono diventati molto piu’ economici negli ultimi due decenni, rispetto al taglio di capelli o di un pasto fuori casa […]
Contrariamente al mito postindustriale, la capacita’ di produrre beni manifatturieri in modo competitivo rimane la piu’ determinante del tenore di vita di un paese.
Molti dei servizi ad alta produttivita’ che si suppone stiano sostituendo l’industria manifatturiera, come finanza, trasporti e servizi alle imprese (per esempio consulenza manageriale, ingegneria, design) – non possono esistere senza il settore manifatturiero, perche’ e’ il loro cliente principale.
Questi servizi sembrano «nuovi» soltanto perche’ prima erano forniti da aziende manifatturiere (e quindi conteggiati come produzione del settore manifatturiero), mentre ora vengono forniti da imprese specializzate in tali servizi (e quindi conteggiati come output del settore manifatturiero).
Questo e’ il motivo per cui i paesi con una forte industria manifatturiera, come la Svizzera e Singapore, hanno anche un forte settore dei servizi (anche se non e’ necessariamente vero il contrario).
Inoltre, l’industria manifatturiera e’ ancora la principale fonte di innovazione tecnologica […] Secondo gli ultimi dati disponibili dell’unido (Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale), nel 2015, la Svizzera ha prodotto un mva (Valore aggiunto manifatturiero) pro capite di 14 404 dollari (a prezzi 2010) per persona, di gran lunga il più alto al mondo. Al secondo posto, con un certo margine, si trova Singapore, con 9537 dollari. Le cifre corrispondenti erano 9430 dollari per la Germania (al terzo posto), 5174 dollari per gli Stati Uniti e 2048 dollari per la Cina

Info:
https://www.criticaletteraria.org/2023/02/economia-commestibile-ha-joon-chang.html
https://saggiatore.s3.eu-south-1.amazonaws.com/media/rassegne/2023/2023-02-A/2023_02_04-Tuttolibri-Chang-1.pdf
https://ilfattoalimentare.it/economia-commestibile-dalla-storia-dellalimentazione-per-spiegare-leconomia.html

Finanziarizzazione/Galli

Giorgio Galli, Francesco Bordicchio – Arricchirsi impoverendo – Mimesis (2018)

La classifica dei cento maggiori gruppi mostra l’evoluzione dal capitalismo manifatturiero a quello finanziario: al primo posto per fatturato (926.837 miliardi di euro) e’ Unicredit; al secondo Intesa Sanpaolo (673.4729); al terzo la pur in difficoltà Montepaschi (218.882); al quarto Ubibanca (132.433). Eni (energia) e’ solo al quinto posto (127.220), seguita da Enel, pure energia (84.889). La Fiat e’ solo settima, anche se al primo posto per numero di dipendenti (205.112), con Unicredit comunque seconda (con 164.938) […]
Un altro fenomeno che, insieme alla finanziarizzazione, caratterizza il capitalismo italiano nel corso della crisi, cioe’ la deindustrializzazione: dal 2007 al 2015, l’Italia perde quasi un quarto della propria produzione industriale, a seguito delle grandi aziende vendute o portate all’estero, dalla Pirelli (diventata cinese nel 2015), all’Alitalia (passata agli Emirati nel 2014), all’Ansaldo, a Indesit, Italcementi, Ferrari, Parmalat […] oltre a marchi di prestigio, dalla moda a Bulgari.
Insomma, le multinazionali italiane, al cui vertice si collocano i detentori di ricchezza per novemila miliardi di cui si è detto, si finanziarizzano e si delocalizzano, in un Paese che si sta impoverendo.

Info:
https://www.unilibro.it/libro/galli-giorgio-bochicchio-francesco/arricchirsi-impoverendo-multinazionali-capitale-finanziario-crisi-infinita/9788857543932

Lavoro/Fana

Marta Fana, Simone Fana – Basta salari da fame – Laterza (2019)

Analizzando la struttura occupazionale italiana, tra il 1993 e il 2016, cosi’ come emerge dai dati dell’Indagine sui redditi e la ricchezza delle famiglie (Shiw, acronimo di Survey on Household Income and Wealth) a cura della Banca d’Italia, sono evidenti alcuni cambiamenti di fondo che aiutano a comprendere tanto la divisione del lavoro quanto l’evoluzione dei redditi da lavoro.
La prima, importante conferma e’ che la classe lavoratrice non e’ affatto scomparsa in questi decenni, ma anzi il numero di lavoratori inquadrati come operai o affini, ovvero con basse qualifiche professionali, che riflettono anche il livello dei salari, e’ cresciuto.
Sul totale dei lavoratori, gli operai aumentano dal 36,32 al 39,8% […]
In termini quantitativi e’ come se gli operai del settore manifatturiero si fossero spostati nei comparti del commercio, del magazzinaggio, del turismo e della ristorazione.
Modifiche che interessano notevolmente dal punto di vista qualitativo il tessuto produttivo del nostro paese: da un settore traino dello sviluppo economico, la manifattura – sebbene mai maggioritaria in termini occupazionali –, a settori del terziario a scarsissimo valore aggiunto.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858138878
http://www.leparoleelecose.it/?p=37065
https://www.pandorarivista.it/articoli/basta-salari-da-fame-marta-fana-simone-fana/

Lavoro/Formenti

Carlo Formenti – La variante populista. Lotta di classe nel liberismo – Derive Approdi (2016)

Le tesi sulla deindustrializzazione italiana e sulla «smaterializzazione» del lavoro non reggono all’analisi
empirica.
E’ vero che i dati ci dicono che il Pil italiano e’ prodotto per il 2% dall’agricoltura, per il 6% dalle costruzioni, per il 18,6% dall’industria e per il 73,4% dai servizi ma, a un piu’ attento esame, cio’ che appare come un radicale processo di terziarizzazione del lavoro non coincide affatto con un processo di deindustrializzazione perche’ […]:
1) a crescere sono soprattutto i servizi legati all’industria in settori come le comunicazioni, l’informatica, la Ricerca e Sviluppo, i trasporti e la logistica mentre altre tipologie di servizi, come il turismo e la distribuzione, non hanno subito variazioni significative;
2) le fasi del processo produttivo industriale che sono state esternalizzate in seguito ai processi di finanziarizzazione delle imprese, vengono attualmente contabilizzate come servizi, ma in realta’ sono integrate nella produzione industriale, per cui gli operai vengono descritti «operatori dei servizi» anche se il loro lavoro non e’ affatto cambiato;
3) il «terziario» che e’ cresciuto in misura maggiore non e’ quello dei lavoratori «cognitivi», bensi’ quello legato alla manifattura.

Info:
https://sinistrainrete.info/teoria/9639-alessandro-visalli-la-variante-populista-di-formenti.html
https://www.lacittafutura.it/cultura/la-variante-populista-secondo-formenti

Lavoro/Castronovo

Valerio Castronovo – Le rivoluzioni del capitalismo – Laterza (2007)

[È] innegabile che l’automazione, man mano che ai reparti d’officina s’e’ estesa agli uffici, abbia finito – combinandosi con altri fattori interni ed esterni alle imprese – per spezzare il circolo virtuoso fra crescita economica e aumento dei posti di lavoro, che da due secoli, dalla prima rivoluzione industriale, era una sorta di equazione che si riproduceva costantemente nei periodi di alta congiuntura.
Gia’ da due decenni l’elevazione degli indici di produttivita’ non ha dato piu’ luogo come in passato a un aumento proporzionale dell’occupazione nell’industria manifatturiera. Da quando il sistema informatico a rete ha sostituito quello a catena, agevolando l’adozione di tecnologie  risparmiatrici di lavoro, si e’ reso inutile l’impiego di tante braccia […] Naturalmente non in tutti i settori di attivita’ il saldo occupazionale risulta negativo.
Giacche’ le innovazioni, se hanno distrutto posti di lavoro nelle aziende che fabbricano manufatti, ne hanno invece creato di nuovi nelle imprese che progettano e producono attrezzature o beni e servizi destinati a rimpiazzare quelli obsoleti.
D’altra parte, se l’occupazione e’ andata riducendosi in termini quantitativi, essa e’ migliorata invece sotto il profilo qualitativo in quanto l’introduzione delle tecnologie elettroniche e dell’automazione ricorsiva hanno eliminato i carichi e i ritmi piu’ spossanti della precedente organizzazione del lavoro.

Info:
https://www.anobii.com/books/Le_rivoluzioni_del_capitalismo/9788842047797/01e9a8dbdfb75d1edf