Per quanto le frontiere possano essere abbassate e i capitali e le merci possano circolare liberamente, avverte Aresu, rimane sempre anche nelle relazioni commerciali il caveat della “sicurezza nazionale”.
Non bisogna sottovalutare “il peso della sicurezza nella costruzione dell’economia” e di conseguenza non puo’ essere minimizzato “lo spazio politico di chi decide cos’e’ sicurezza e cosa non lo e’”, quel livello che da’ “forma alla decisione” e che, anzitutto “attraverso provvedimenti giuridici”, disegna le possibilita’ ma anche i limiti del commercio stesso.
Anche in un mondo aperto esiste un “primato della difesa sulla ricchezza” e questo assioma “accompagna anche i capitalismi contemporanei come un’ombra”, obbligandoli secondo le circostanze a un pragmatico “pendolo tra Stati e mercati”. […]
Questo fa si’ che rimanga centrale il ruolo “dello Stato” ma rende particolarmente rilevanti anche “le modalita’ con cui il potere statuale si declina in apparati burocratici, nei confini del politico e dell’economico”, oltre che “gli ordini giuridici con cui i mercati interagiscono” e dunque “la storia dello spazio in cui viene codificato il capitalismo” […]
Le relazioni economiche, all’esterno ancor piu’ che all’interno delle nazioni, “non sono estranee ai rapporti di potere” ma anzi “determinano le distinzioni tra soggetto e oggetto”. Commercio e societa’ commerciale mondiale, dunque, ripropongono a un diverso livello l’eterna questione della politica e cioe’ quella della sicurezza: con l’allargamento della sfera dei traffici, “la societa’ commerciale di Smith porta a una progressiva estensione della sicurezza” e non a un suo dissolvimento nello scambio, perche’ in essa rimane vivo il problema di un “impiego efficiente del capitale”, la cui espansione ha bisogno di “spazi in cui esiste una ‘tollerabile sicurezza’”.
E’ chiaro che tutto questo suscita immensi problemi di ordine politico e anche giuridico, ai quali le esigenze del commercio rimangono inevitabilmente subordinate […]
Bisogna prendere atto che “il mondo in cui viviamo è quello della ‘ambigua e inquieta continuita’ degli Stati nazionali’”, ciascuno con le proprie peculiarita’ sistemiche, i propri interessi e la propria strategia.
Nonostante tutti gli accordi transnazionali, dunque, “il presidio militare dei confini e’ tutt’altro che sparito”. E di questo deve sempre tener conto il mercato, il quale e’ una “creazione giuridica” che dagli Stati dipende e dunque “non e’ onnipotente ma subordinato rispetto alle esigenze della sicurezza nazionale”.
Sulla base della propria esigenza di sopravvivenza o rafforzamento, la grande potenza puo’ manipolare le forme dei mercati, i quali sono sempre “creazioni politiche scomposte e ricomposte dai conflitti e la cui stessa definizione determina “vincitori e vinti, ferite e tregue”.
E allora “fino a che punto vale, anche nella nostra epoca, una distinzione chiara tra Stati e mercati”?
Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/il-manifesto-virus-occidentali-e-le-aspre-contese-delle-due-destre-su-il-virus-delloccidente-di-stefano-g.-azzara-.pdf
https://www.lacittafutura.it/recensioni/il-virus-dell%e2%80%99occidente
https://sinistrainrete.info/societa/18241-stefano-g-azzara-il-virus-dell-occidente.html