Economia di mercato/Tuccari

Francesco Tuccari – La rivolta della societa’. L’Italia dal 1989 ad oggi – Laterza (2020)

In lenta ma costante decrescita demografica ma almeno relativamente piu’ popolosa, sempre piu’ multiculturale e meno giovane, tra il 1989 e i nostri giorni l’Italia ha quasi del tutto cessato di crescere sul piano economico, perdendo diverse posizioni nelle classifiche dei paesi piu’ ricchi e avanzati del mondo […]
Se guardiamo ai dati grezzi del Pil a parita’ di potere d’acquisto rilevati dall’Ocse, nel 1989 essa era gia’ da due anni la quinta potenza del pianeta, dopo Stati Uniti, Giappone, Germania e Francia e davanti al Regno Unito.
Oggi e’ in dodicesima posizione, dopo gli Usa, la Cina, l’India, il Giappone, la Germania, la Russia, il Regno Unito, il Brasile, la Francia, la Corea del Sud e il Messico, con tassi di crescita annuali che dal 1989 (3,5%) solo quattro volte hanno superato la soglia del 2% […]
Gli storici dell’economia parlano dunque, con buone ragioni, di un vero e proprio «declino» dell’Italia nell’era della globalizzazione.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139844
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-rivolta-della-societa-di-francesco-tuccari/
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/quale-societa-si-rivoltadavvero

Stato/Fana

Marta Fana, Simone Fana – Basta salari da fame! – Laterza (2019)

Il teorema secondo cui il taglio del cuneo fiscale delle imprese favorirebbe la crescita dell’economia italiana e i salari dei lavoratori e’ falso.
Cosi’ come falsa e’ la relazione tra meno tasse alle imprese e maggiori investimenti.
I fatti presentati nell’ultimo rapporto Ocse sulle imposte sul lavoro raccontano una realta’ molto diversa da quella in auge nel dibattito pubblico nostrano. In primo luogo, non e’ vero che l’Italia e’ il paese con il cuneo fiscale piu’ alto tra i paesi Ocse.
Prima dell’Italia si posizionano, infatti, il Belgio con un cuneo fiscale del 53,3%, la Germania con un valore che si attesta al 49,7% e solo al terzo posto c’e’ l’Italia, dove esso raggiunge quota 47,7%, molto simile a quello registrato in Francia (47,6 %) e in Austria (47,4 %).
Insomma, l’Italia e’ in buona compagnia per quanto riguarda le imposte sul lavoro; peccato che il ritmo con cui crescono redditi e salari dei lavoratori francesi, austriaci, tedeschi
e belgi sia da due decenni ormai ben al di sopra di quelli registrati in Italia.
Inoltre, sempre l’Ocse afferma che in Italia dal 2016 al 2017 la componente non salariale del costo del lavoro e’ continuata a diminuire. Un trend che e’ iniziato proprio nel primo decennio del secolo con le manovre di taglio al costo del lavoro, portate avanti dai governi di diverso colore politico.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858138878
http://www.leparoleelecose.it/?p=37065
https://www.pandorarivista.it/articoli/basta-salari-da-fame-marta-fana-simone-fana/

Finanziarizzazione/Galli

Giorgio Galli, Francesco Bordicchio – Arricchirsi impoverendo – Mimesis (2018)

La classifica dei cento maggiori gruppi mostra l’evoluzione dal capitalismo manifatturiero a quello finanziario: al primo posto per fatturato (926.837 miliardi di euro) e’ Unicredit; al secondo Intesa Sanpaolo (673.4729); al terzo la pur in difficoltà Montepaschi (218.882); al quarto Ubibanca (132.433). Eni (energia) e’ solo al quinto posto (127.220), seguita da Enel, pure energia (84.889). La Fiat e’ solo settima, anche se al primo posto per numero di dipendenti (205.112), con Unicredit comunque seconda (con 164.938) […]
Un altro fenomeno che, insieme alla finanziarizzazione, caratterizza il capitalismo italiano nel corso della crisi, cioe’ la deindustrializzazione: dal 2007 al 2015, l’Italia perde quasi un quarto della propria produzione industriale, a seguito delle grandi aziende vendute o portate all’estero, dalla Pirelli (diventata cinese nel 2015), all’Alitalia (passata agli Emirati nel 2014), all’Ansaldo, a Indesit, Italcementi, Ferrari, Parmalat […] oltre a marchi di prestigio, dalla moda a Bulgari.
Insomma, le multinazionali italiane, al cui vertice si collocano i detentori di ricchezza per novemila miliardi di cui si è detto, si finanziarizzano e si delocalizzano, in un Paese che si sta impoverendo.

Info:
https://www.unilibro.it/libro/galli-giorgio-bochicchio-francesco/arricchirsi-impoverendo-multinazionali-capitale-finanziario-crisi-infinita/9788857543932

Economia di mercato/Magatti

Mauro Magatti – Cambio di paradigma. Uscire dalla crisi pensando il futuro – Feltrinelli (2017)

Il contrasto alla tendenziale stagnazione della domanda interna, che, come abbiamo visto, e’ stata una conseguenza della crescente irrilevanza economica dei salari, ha portato a due principali modelli di crescita compensativa: quello debt-lead [trainato dal debito] tipico di Stati Uniti e Gran Bretagna e quello export-lead [trainato dalle esportazioni], seguito da Germania e Cina.
Nel primo modello, la domanda e’ stata direttamente sostenuta dal consumo a debito e dal boom immobiliare: in questo modo la finanza ha annullato temporaneamente l’effetto della crescente disuguaglianza sulla domanda.
Nel secondo caso – in qualche modo speculare al primo – la crescita dei consumi globali e’ stata vista come un’opportunita’ economica conquistata attraverso l’aumento della produttivita’ e il contenimento salariale […]
Il caso dell’Italia, simile a quello di altri paesi del Sud Europa, si pone in modo originale in questo contesto.
Il momento in cui il sistema finanziario comincia la sua espansione, negli anni ottanta, coincide con il decennio in cui il debito pubblico passa dal 60 per cento al 110 per cento del Pil.
Si tratta dell’esito della lotta di potere che si scatena nel sistema politico italiano, dove Dc e Psi, alleati di governo, cercano di sottrarsi reciprocamente il consenso mediante l’aumento della spesa pubblica, spesso inefficiente e clientelare, garantendo peraltro in modo consociativo una quota di risorse anche al Pci.
Mentre i mercati finanziari cominciavano la loro stagione espansiva, come una specie di buco nero, i bot pubblici hanno finito per assorbire i risparmi degli italiani accumulati nei decenni precedenti, assicurando cosi’ ai politici risorse illimitate per la conquista del consenso elettorale (e purtroppo, come mostrato da Tangentopoli, dell’arricchimento personale), alle imprese mercati protetti ad alta profittabilita’ e alle famiglie una rendita finanziaria sicura per sostenere i consumi.
Un’interpretazione dello scambio finanziario-consumerista molto provinciale che, garantendo nel breve periodo un’ampia convergenza di interessi attorno a forme diverse di rendita, ha minato le basi della crescita di mediolungo periodo.
Da li’, il paese non e’ piu’ riuscito a riprendersi, rimanendo per i vent’anni successivi – e fino a oggi – intrappolato nella spirale del debito accumulato.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/cambio-di-paradigma/
http://www.culturaesviluppo.it/wordpress/wp-content/uploads/2018/01/Magatti.pdf
https://www.corriere.it/cultura/17_ottobre_13/magatti-mauro-sociologo-insicurezza-risentimento-nuovo-paradigma-societa-feltrinelli-23fb8884-b044-11e7-9acf-3e6278e701f3.shtml?refresh_ce-cp

Capitalismo/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Il movimento Occupy Wall Street, insomma, ha visto giusto: gli stessi processi che hanno portato la ricchezza a concentrarsi nelle mani dell’1 per cento piu’ ricco della societa’ sono alla base della crisi.
Un fenomeno non nuovo e che ha un precedente evidente anche nella crisi del 1929.
Cosa vuol dire cio’? Che se e’ vero che la crisi e’ stata originata dallo scoppio della bolla subprime negli Stati Uniti, le cause strutturali sono pero’ da individuare negli enormi squilibri economici causati da trent’anni di politiche neoliberiste, non certo negli eccessi del settore pubblico.
I dati mostrati fin qui dimostrano chiaramente che il problema in Europa non e’ certo il fatto che “mancano i soldi” – il PIL complessivo dell’UE e’ superiore a quello degli Stati Uniti, e l’Europa e’ da anni la regione con la maggiore quantita’ di ricchezza privata al mondo, insieme agli USA – quanto il fatto che il grosso di quella ricchezza e’ concentrato nelle mani di una frazione della popolazione.
L’Europa e’ infatti la regione con il maggiore rapporto ricchezza privata netta – PIL – al mondo in cima alla classifica dei paesi europei figura l’Italia, ed e’ la seconda regione al mondo, dopo gli USA, per numero di milionari, la maggior parte dei quali e’ concentrata in Francia, Regno Unito, Germania, Italia e Svizzera.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Stato/Boitani

Andrea Boitani – Sette luoghi comuni sull’economia – Laterza (2017)

Guardando all’Italia, le riforme forse piu’ importanti […] riguardano il codice di procedura civile (per migliorare la qualita’ oltre che la rapidita’ della giustizia); il sistema dell’istruzione e della formazione professionale.
Una seria e sistematica guerra alla corruzione e alla criminalita’ organizzata (molto piu’ intrecciate di quanto si pensi) farebbe, credo, piu’ di tante altre riforme strutturali nel ristabilire un clima di fiducia capace di spingere nuovamente le imprese a investire e di attrarre investimenti dall’estero.
Il tempo ci dira’ se il nuovo Codice degli appalti (varato nel 2016) ha dato i frutti sperati.
Con calma e rigore bisognerebbe cercare anche di affrontare alcuni tabu’, cominciando da alcune competenze attribuite alla Corte dei Conti e al Consiglio di Stato.
Quanto rallentano la pubblica amministrazione (e quindi l’economia) i loro pareri obbligatori, i loro controlli di legittimita’, le loro registrazioni di decreti?
E mettere sull’altro piatto della bilancia quali miglioramenti al processo legislativo e amministrativo essi garantiscano. Insomma pesare costi e benefici e poi tirare le somme e riformare in maniera chirurgica.
Sono, nel complesso, riforme il cui costo di carico sul bilancio pubblico e’ relativamente basso, ma alto e’ quello politico (in alcuni casi si richiedono anche modifiche costituzionali) e per questo non si fanno, o si fanno a spizzichi e bocconi.

Info:
https://www.anobii.com/books/Sette_luoghi_comuni_sull%27economia/9788858124581/012e4b7607f103e80f
https://www.lavoce.info/archives/tag/i-sette-luoghi-comuni-sulleconomia/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858124581

Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

In base alla logica del fiscal compact, il nostro paese avrebbe bisogno di mantenere ancora nei prossimi due decenni un avanzo primario pari o superiore agli interessi pagati sul debito, che all’inizio del 2016 equivalevano all’incirca al 4,2 per cento del PIL (pari all’incirca a 80 miliardi di euro l’anno): una politica insostenibile non solo da un punto di vista economico, per i motivi succitati, ma anche e soprattutto da un punto di vista politico e sociale, per l’entita’ dei tagli alla spesa pubblica o dell’imposizione fiscale che essa comporterebbe.
E non e’ un problema che riguarda solo l’Italia: in base al duplice obiettivo del nuovo patto di stabilità – pareggio di bilancio strutturale e riduzione del debito –, tutti i paesi della periferia dovrebbero mantenere da qui al 2030 avanzi primari da capogiro: 7 per cento in Grecia, 6,5 per cento in Italia,
5,5 per cento in Portogallo, 3,5 per cento in Spagna.[…]
In definitiva, possiamo concludere che non e’ esagerato affermare che il fiscal compact elimina definitivamente anche quell’esiguo margine di manovra fiscale previsto dal Trattato di Maastricht e dal patto di stabilita’ e crescita, condannando l’Europa – a meno che non avvenga un cambio di politica radicale – all’austerita’ permanente.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Lavoro/Fazi

Thomas Fazi – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Il rallentamento della crescita della produttivita’ in Italia e’ associato all’aumento dei contratti temporanei, oltre che all’invecchiamento della classe manageriale.
Secondo gli autori l’abbondanza di lavoro deregolato e a basso costo ha permesso alle imprese italiane di posticipare le innovazioni che tendono a risparmiare lavoro […]
L’Europa, con le riforme del mercato del lavoro, ha si’ recuperato in termini di occupazione, ma ha perso in termini di produttivita’, sostituendo il lavoro al capitale.
Questo processo e’ stato particolarmente evidente dopo le riforme introdotte dal cosiddetto “pacchetto Treu” (1997), che ha profondamente deregolamentato il mercato del lavoro italiano, peraltro senza introdurre alcuna previsione di welfare, in barba alla retorica sulla flexsecurity e all’idea di “proteggere il lavoratore, non il posto di lavoro”.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/