Lavoro/Gorz

l filo rosso dell’ecologia – André Gorz – Mimesis (2017)

In tutti i paesi sviluppati, e’ il capitale che tende ad abolire il lavoro salariato perche’ questo si era nel frattempo trasformato, durante il periodo fordista, in una relazione sociale regolamentata, protetta dai diritti sociali.
Al suo posto, il capitale reintroduce relazioni di lavoro e di retribuzione individualizzate, precarie, che abbandonano il lavoratore di fronte al potere arbitrario del suo datore di lavoro.
Il capitalismo denuncia il contratto sociale che era alla base del regime fordista, il lavoro diventa un’attivita’ sempre piu’ discontinua. Periodi di iperattivita’ si alternano a periodi di disoccupazione, il tempo di lavoro e il livello di retribuzione diventa flessibile, imprevedibile.
Chiunque e’ un disoccupato in potenza.
E’ una rivoluzione irreversibile. La rivoluzione microelettronica economizza delle quantita’ di lavoro fino ad oggi inimmaginabili, ma e’ gestita in un modo tale che condanna gli uni all’inattivita’, mentre obbliga gli altri ad un’intensita’ di lavoro difficilmente sopportabile […]
Inoltre, sotto la pressione dei fondi pensione, le imprese riducono i salari e il personale, investono sempre meno sul lungo periodo e cercano ovunque di ottenere i mezzi di esenzione d’imposta.
E cosi’ il rendimento del capitale non smette di accrescersi, mentre la remunerazione del lavoro, la protezione sociale e gli investimenti in opere pubbliche non fanno che diminuire […]
Sarebbe necessario garantire a chiunque un reddito continuo per un lavoro discontinuo. Garantire, detto altrimenti, che la discontinuita’ del lavoro retribuito non sia imposta alle persone a seconda della convenienza dei datori di lavoro, e che questa discontinuita’ si trasformi in diritto di tutti a vivere le proprie attivita’ e a scegliere, senza perdere il proprio reddito, dei periodi in cui si possano fare cose che non abbiano valore mercantile.
Questa sarebbe la base della societa’ della multiattivita’.
Credo che questa idea sia piu’ che mai attuale.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/ecologia-politica-di-andre-gorz/
https://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Gorz

 

Stato/Gorz

Ecologia e libertà – André Gorz – Orthotes (2015)

Se le persone non cantano piu’ ma acquistano milioni di dischi in cui dei professionisti cantano per loro; se non sanno piu’ come mangiare ma pagano medici e industrie farmaceutiche per farsi curare dagli effetti di un’alimentazione malsana; se non sanno piu’ crescere i propri figli ma noleggiano educatrici munite di ‘diploma di Stato’; se non sanno aggiustare ne’ una radio ne’ un rubinetto, curare una slogatura o guarire senza medicinali da un’influenza, coltivare l’insalata ecc., tutto questo accade perchw’ la Scuola ha una missione inconfessata: fornire alle industrie, al commercio, alle professioni e allo Stato lavoratori, consumatori, clienti e utenti fatti su misura.
La funzione istituzionale della Scuola e’ quella di prolungare e avvalorare – non certo di contrastare o correggere – l’azione disintegratrice, regressiva, deculturizzante della societa’ e dello Stato […]
La ragione per cui essa e’ cio’ che e’ deriva dal fatto che la Scuola partecipa attivamente al processo generale di espulsione di sapere, cultura ed autonomia dal lavoro, dal rapporto che gli uomini intrattengono tra loro e con la natura, dallo spazio abitato e dal tempo di non-lavoro […]
La distruzione delle capacita’ autonome si inscrive dunque in un processo – pianificato o meno che sia – che tende ad assicurare al capitale (o allo Stato quando vi subentra) il dominio sul lavoratore sia nel lavoro che nel consumo. Mettendo i lavoratori nell’impossibilita’ di produrre alcunche’, sia in famiglia sia in gruppi allargati, di quel che consumano o desiderano, il capitale (o lo Stato) li costringe a soddisfare la totalita’ dei loro bisogni attraverso il consumo di merci (cioe’ tramite l’acquisto di beni e servizi prodotti istituzionalmente); allo stesso tempo, esso si assicura il controllo di questo consumo.Questa distruzione delle capacita’ autonome, cosi’ come la tendenza all’uniformita’ culturale che ne discende, si accompagna necessariamente ad una distruzione della societa’ civile da parte dello Stato.

Info:

https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-avallone-manitesto-29-09-2015.pdf
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-fadini-iride17-11-2016.pdf
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-musolino-commonware-12-10-2015.pdf
https://www.rivistadiscienzesociali.it/andre-gorz-ecologia-e-liberta-recensione-di-giovanni-coppolino-bille/
https://materialismostorico.blogspot.com/2015/09/ripubblicato-ecologia-e-liberta-di.html
https://ilmanifesto.it/dentro-i-limiti-naturali-del-profitto

Lavoro/Gorz

l filo rosso dell’ecologia – André Gorz – Mimesis (2017)

In tutti i paesi sviluppati, e’ il capitale che tende ad abolire il lavoro salariato perche’ questo si era nel frattempo trasformato, durante il periodo fordista, in una relazione sociale regolamentata, protetta dai diritti sociali.
Al suo posto, il capitale reintroduce relazioni di lavoro e di retribuzione individualizzate, precarie, che abbandonano il lavoratore di fronte al potere arbitrario del suo datore di lavoro.
Il capitalismo denuncia il contratto sociale che era alla base del regime fordista, il lavoro diventa un’attivita’ sempre piu’ discontinua. Periodi di iperattivita’ si alternano a periodi di disoccupazione, il tempo di lavoro e il livello di retribuzione diventa flessibile, imprevedibile.
Chiunque e’ un disoccupato in potenza.
E’ una rivoluzione irreversibile. La rivoluzione microelettronica economizza delle quantita’ di lavoro fino ad oggi inimmaginabili, ma e’ gestita in un modo tale che condanna gli uni all’inattivita’, mentre obbliga gli altri ad un’intensita’ di lavoro difficilmente sopportabile […]
Inoltre, sotto la pressione dei fondi pensione, le imprese riducono i salari e il personale, investono sempre meno sul lungo periodo e cercano ovunque di ottenere i mezzi di esenzione d’imposta.
E cosi’ il rendimento del capitale non smette di accrescersi, mentre la remunerazione del lavoro, la protezione sociale e gli investimenti in opere pubbliche non fanno che diminuire […]
Sarebbe necessario garantire a chiunque un reddito continuo per un lavoro discontinuo. Garantire, detto altrimenti, che la discontinuita’ del lavoro retribuito non sia imposta alle persone a seconda della convenienza dei datori di lavoro, e che questa discontinuita’ si trasformi in diritto di tutti a vivere le proprie attivita’ e a scegliere, senza perdere il proprio reddito, dei periodi in cui si possano fare cose che non abbiano valore mercantile.
Questa sarebbe la base della societa’ della multiattivita’.
Credo che questa idea sia piu’ che mai attuale. Perche’ la produttivita’ della forza lavoro postfordista non dipende piu’ dalla rapidita’ con cui i soggetti eseguono i compiti prescritti in un certo numero di ore lavorate. Ma dipende dalla coordinazione delle facolta’ cognitive, dei saperi intuitivi, dalle capacita’ di giudicare e reagire agli imprevisti: tutte cose che non si insegnano, ma che fanno parte della cultura comune e che sono acquisite soltanto grazie al libero sviluppo delle persone in quanto tali.

Lavoro/Gorz

André Gorz – Il filo rosso dell’ecologia – Mimesis (2017)

Puo’ sembrare paradossale il fatto che io continui a appoggiare questa rivendicazione dopo aver auspicato la prospettiva di una societa’ al di la’ del mercato, del denaro e delle relazioni di scambio. Ma non e’ cosi’ difficile dimostrare che la rivendicazione di un reddito di esistenza implichi un attacco frontale alla legge del valore e della societa’ del lavoro e della merce.
Questa rivendicazione sottolinea il fatto che il «lavoro» e’ sempre meno necessario alla creazione della ricchezza e che tra ricchezza e valore si crea ormai uno scarto sempre piu’ profondo.
E sottolinea, inoltre, come il senso e la qualita’ della vita dipendano in misura crescente dalle ricchezze intrinseche e primarie che non possono essere prodotte ne’ acquistate sotto forma di valore/merce e non diventano disponibili che tramite un’attivita’ libera che non abbia il denaro come fine; e come il reddito di esistenza non possa di conseguenza essere in denaro ordinario e non possa essere finanziato dal gettito fiscale prelevato sul plusvalore realizzato dalle imprese.
Un’economia che produce sempre piu’ merci con sempre meno lavoro produttivo di capitale; un’economia quindi che, a causa dell’accrescimento della produttivita’, distribuisce sempre meno mezzi di pagamento anche quando la produzione aumenta, non puo’ finanziare dei trasferimenti di reddito crescenti tramite prelievi fiscali sui salari e sul plusvalore […]
La rivendicazione di un reddito di esistenza rivela, in fondo, la necessita’ di un’altra economia, la fine del feticismo della moneta e della societa’ mercantile. Annuncia l’obsolescenza di un’economia fondata sul lavoro mercantile e ci prepara al suo crollo […]
La rivendicazione attuale di un reddito di esistenza non ha di conseguenza molte cose in comune con le sue forme anteriori che richiedevano, allo Stato sociale, una redistribuzione del plusvalore prodotto. I partigiani dell’attuale richiesta di reddito di esistenza sottolineano che questa rivendicazione puo’ unire un largo ventaglio di forze sociali in una prospettiva anticapitalista:
L’attrazione e il fascino della rivendicazione di un reddito di esistenza – scrive Reiner Hartel – consistono nel fatto che essa rende possibile le alleanze che vanno dalle associazioni quasi istituzionali di protezione dell’ambiente e della natura, dai sindacati, dal movimento delle donne e dai rappresentanti delle associazioni di carita’ fino ai gruppi dell’opposizione operaia nelle imprese, ai comitati di disoccupati, ai beneficiari dell’aiuto sociale e ai gruppi di immigrati.
Questo tipo di alleanza delle forze sociali «progressiste» e’ precisamente la condizione che permette di immaginare una prospettiva politica che trascende il capitalismo.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/ecologia-politica-di-andre-gorz/
https://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Gorz

 

Lavoro/Gorz

Andre Gorz – Il filo rosso dell’ecologia – Mimesis (2017)

Nella cosiddetta economia della conoscenza, ogni lavoro, sia nell’industria manifatturiera che nei servizi, ha una componente cognitiva sempre piu’ determinante.
Le «conoscenze» di cui si parla qui non sono quelle che si possono apprendere nelle scuole professionali. Al contrario: l’informatizzazione ha rivalutato le conoscenze e i saperi non formalizzabili e non sostituibili […]
Il modo in cui questi saperi vengono messi in opera e inquadrati in un lavoro non e’ mai ne’ predeterminato ne’ dominabile. E’ un fatto che dipende dall’investimento di se stessi nel lavoro: cio’ che il linguaggio manageriale chiama «la motivazione»[…] Non e’ piu’ il numero delle ore lavorate ma sono il «comportamento» e la «motivazione» che vengono considerati come sorgenti determinanti del valore prodotto. La ditta li considera come il proprio «capitale umano».
La questione di sapere come il capitale possa impadronirsi della persona nella sua integralita’ e mobilitarla totalmente e’ stata risolta con la tendenziale abolizione delle clausole contrattuali del rapporto salariale: i «collaboratori» dell’impresa sono chiamati a diventare essi stessi degli «imprenditori» responsabili, anche nella grande industria, della redditivita’ del loro lavoro.
La loro messa in concorrenza, cosi’ come la preoccupazione della «competitivita’» dell’impresa, serve a costringerli ad interiorizzare l’imperativo del profitto. Alla figura del salariato deve sostituirsi quella dell’imprenditore di se stesso, in grado di pensare da se’ alla propria formazione continua, alla cassa malattia, ecc. «La persona e’ un’impresa». Lo sfruttamento e’ stato rimpiazzato dall’autosfruttamento e dall’automercificazione di cui approfittano le grandi ditte alle quali gli imprenditori di se stessi vendono i propri servizi.

 

 

Capitalismo/Gorz

André Gorz – Ecologia e libertà – André Gorz – Orthotes (2015)

Nei paesi industrialmente sviluppati, la causa della poverta’ non risiede nell’insufficienza della produzione ma nella modalita’ produttiva e nella natura dei prodotti.
L’eliminazione della poverta’ non richiede la produzione di un maggior volume di beni ma semplicemente che si produca altro ed in altro modo.
La persistenza della poverta’ nei paesi industrialmente sviluppati non puo’ essere attribuita alle stesse cause che comportano l’esistenza della poverta’ nei paesi cosiddetti poveri. Mentre quest’ultima puo’ essere eventualmente attribuita ad uno stato materiale di penuria che potrebbe essere eliminato dallo sviluppo (in certe condizioni) delle forze produttive, la persistenza della poverta’ nei paesi ricchi deve essere ascritta ad un sistema sociale che produce contemporaneamente un surplus di ricchezza e penuria: la poverta’ e’ prodotta e riprodotta man mano che cresce il livello dei consumi.
Per meglio comprendere il meccanismo di questa riproduzione, e’ utile distinguere tre cause della poverta’ […]
1. L’accaparramento […] e’ la causa piu’ comune della poverta’: i ricchi accaparrano a loro esclusivo vantaggio risorse che sarebbero altrimenti disponibili in quantita’ sufficienti. […]
2. Accesso esclusivo […] Si parla di accesso esclusivo quando una minoranza privilegiata si arroga il diritto di godere di risorse naturali che, a causa sia della loro scarsita’ che delle loro caratteristiche, non potrebbero essere ripartite tra tutti ne’ divenire accessibili nello stesso periodo di tempo […] L’accesso esclusivo non crea la scarsita’: quest’ultima infatti la precede. La limitazione non si oppone all’equa distribuzione: essa preserva qualcosa che, se egualmente ripartito, semplicemente scomparirebbe […]
3. Consumo distintivo. Si definiscono distintivi i consumi di beni e servizi il cui valore d’uso e’ dubbio ma che, per prezzo e rarita’, esprimono il privilegio chi puo’ goderne. I consumi distintivi non implicano necessariamente un accaparramento, ma i due fenomeni possono coesistere […] Predisporre il lancio di un nuovo oggetto – inizialmente raro e costoso soltanto in ragione della sua novita’ – affinche’, a prescindere dalla sua effettiva superiorita’, il ricco possa trovare nel suo possesso l’occasione di affermarsi in quanto ricco e di ristabilire la poverta’ del povero. E’ quello che Ivan Illich ha chiamato “modernizzazione della povertà […]
Non sara’ dunque possibile eliminare la poverta’ nei paesi industrializzati attraverso un aumento della produzione. Occorre al contrario ri-calibrare la produzione secondo i seguenti criteri: – i beni prodotti socialmente devono essere accessibili a tutti; – la loro produzione non deve dissipare risorse abbondanti in natura; – essi devono essere concepiti in modo tale che la loro diffusione generalizzata non ne distrugga il valore d’uso a causa delle controproduttivita’ che potrebbe provocare.

Info:
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-avallone-manitesto-29-09-2015.pdf
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-fadini-iride17-11-2016.pdf
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-musolino-commonware-12-10-2015.pdf
https://www.rivistadiscienzesociali.it/andre-gorz-ecologia-e-liberta-recensione-di-giovanni-coppolino-bille/
https://materialismostorico.blogspot.com/2015/09/ripubblicato-ecologia-e-liberta-di.html
https://ilmanifesto.it/dentro-i-limiti-naturali-del-profitto

Economia di mercato/ Gorz

Andre’ Gorz – Ecologia e libertà – Orthotes (2015)

E’ questo il consumo ‘opulento’: un consumo che assicura la crescita capitalistica senza per questo comportare ne’ l’incremento del benessere ne’ la moltiplicazione degli oggetti realmente utili (‘valori d’uso’) a disposizione delle persone in un determinato momento. Al contrario, diviene necessaria una crescente quantita’ di prodotti per assicurare un medesimo livello di soddisfazione dei bisogni.
Quantita’ crescenti di materia ed energia, lavoro e capitale sono cosi’ ‘consumate’ senza che per questo le persone vivano significativamente meglio.
La produzione, quindi, si muta sempre piu’ in distruzione e spreco: la progettazione dei prodotti ne include l’obsolescenza, la loro usura e’ programmata.
E’ cosi’ che abbiamo assistito alla sostituzione della latta con l’alluminio, la cui produzione richiede un quantitativo di energia quindici volte superiore; alla sostituzione dei trasporti ferroviari con quelli stradali, che consumano sei o sette volte di piu’ pur usurandosi ben piu’ rapidamente; alla scomparsa di oggetti con viti o bulloni in favore di oggetti saldati o incastonati e dunque non riparabili; alla riduzione della durata di vita delle cucine e dei frigoriferi attorno ad un limite di sei o sette anni; alla sostituzione delle fibre naturali e del cuoio con materiali sintetici poco resistenti; alla diffusione del vuoto a perdere, tanto costoso in termini energetici quanto i recipienti in vetro; all’introduzione di tessuti e vasellame usa-e-getta; alla costruzione di edifici in alluminio e vetro, la cui refrigerazione estiva richiede tanta energia quanto il riscaldamento invernale, ecc.
Questo tipo di crescita e’ stato una fuga in avanti, non una soluzione sostenibile: esso cercava di aggirare il blocco della caduta del saggio di profitto e la saturazione del mercato per mezzo di un’accelerazione sia della circolazione del capitale che dell’usura dei prodotti.

Info:
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-avallone-manitesto-29-09-2015.pdf
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-fadini-iride17-11-2016.pdf
https://www.orthotes.com/wp-content/uploads/2020/03/gorz-musolino-commonware-12-10-2015.pdf
https://ilmanifesto.it/dentro-i-limiti-naturali-del-profitto
https://materialismostorico.blogspot.com/2015/09/ripubblicato-ecologia-e-liberta-di.html