Lavoro/Ferrera

Maurizio Ferrera – La societa’ del Quinto stato – Laterza (2019)

I contemporanei mercati del lavoro possono essere suddivisi in quattro diversi comparti.
Il primo raggruppa i posti di lavoro a qualifiche medie e alte nei settori esposti alla concorrenza internazionale: caso tipico, l’industria manifatturiera. Nella misura in cui le imprese di un dato paese continuano a innovare e a penetrare i mercati esteri, i livelli di occupazione di questo primo comparto hanno la possibilita’ di rimanere stabili e persino di registrare qualche aumento.
A dispetto dei rivolgimenti interni, la manifattura italiana non ha ad esempio sofferto troppo durante la crisi e riesce ancora ad assorbire ogni anno una quota di giovani proporzionalmente piu’ alta rispetto alla Germania.
Il secondo comparto riguarda sempre i settori esposti, ma raggruppa i posti di lavoro a basse qualifiche. Sappiamo che la globalizzazione e soprattutto l’innovazione tecnologica non minacciano direttamente le qualifiche, ma le mansioni: vi sono dunque alcuni margini per riorganizzare i processi produttivi in modo da conservare almeno una parte dei posti di lavoro a rischio a causa dell’automazione e dei robot. Tuttavia simili riorganizzazioni consentono di rallentare, ma non di neutralizzare l’ineluttabile distruzione di posti di lavoro in questo secondo comparto […]
Gli altri due comparti riguardano i settori non (o scarsamente) esposti alla concorrenza estera e strettamente legati al contesto territoriale di riferimento.
Nel terzo troviamo le occupazioni ad alte e medie qualifiche nel settore pubblico (incluse sanita’ e istruzione) e in molti servizi privati rivolti sia direttamente alla popolazione residente (ad esempio banche e assicurazioni), sia alla valorizzazione e allo sfruttamento economico del territorio, in particolare tramite il turismo. Qui le prospettive di crescita occupazionale sono significative, ma dipendono dalle risorse disponibili per la pubblica amministrazione nonche’ dalla creazione di nuove filiere di servizi capaci di espandere la cosiddetta white economy (servizi sanitari e di cura) e la green economy (ambiente) […]
Nel quarto e ultimo comparto troviamo infine i rami bassi – in termini di qualifiche – della pubblica amministrazione e dei servizi non pubblici, inclusi quelli «di prossimita’» alle persone e alle famiglie.
Qui gli effetti delle nuove tecnologie saranno relativamente limitati (pensiamo all’assistenza sociale) e la globalizzazione non e’ una minaccia: si tratta infatti di servizi che non possono essere delocalizzati, esattamente come nel terzo comparto.
L’invecchiamento demografico e la crescente occupazione femminile, con le relative esigenze di conciliazione, alimenteranno la domanda di lavoro non particolarmente qualificato in vari settori: dalla ristorazione alla cura di anziani e bambini, dalla distribuzione commerciale alla fornitura di servizi a domicilio.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139790
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-societa-del-quinto-stato-di-maurizio-ferrera/
https://maurizioferrera.wordpress.com/2018/07/16/il-quinto-stato/
https://www.corriere.it/cultura/19_settembre_17/quinto-stato-serve-nuovo-welfare-proposte-maurizio-ferrera-585a6428-d96a-11e9-8812-2a1c8aa813a3.shtml

Capitalismo/Milanovic

Branko Milanovic – Capitalismo contro capitalismo. La sfida che decidera’ il nostro futuro – Laterza (2020)

Quando il trasporto delle merci era pericoloso e costoso, la produzione e il consumo dovevano coincidere geograficamente e le comunità consumavano cio’ che producevano […]
Poi venne la rivoluzione industriale, che abbasso’ i costi di trasporto delle merci. Questo rendeva possibile la spedizione di prodotti verso destinazioni lontane e diede origine alla prima globalizzazione, o primo «spacchettamento»(unbundling), come lo definisce Baldwin: le merci si producevano «qui» e si consumavano «la’». Questo fenomeno ha anche fornito all’economia praticamente tutti i concetti e gli strumenti intellettuali che usiamo ancora oggi.
Il primo spacchettamento creo’ una nuova preoccupazione per la bilancia commerciale nazionale, introducendo cosi’ il mercantilismo […]
Praticamente tutti gli strumenti dell’economia moderna sono ancora radicati nel modo in cui e’ avvenuto il primo spacchettamento, le cui principali caratteristiche sono state (a) il commercio di beni, (b) gli investimenti esteri diretti (che, in assenza di altri mezzi per garantire i diritti di proprieta’ in luoghi lontani, hanno portato al colonialismo) e (c) gli Stati-nazione […]
Oggi, in quello che Baldwin identifica come il secondo spacchettamento (e la seconda globalizzazione), tutti e tre gli attori principali sono cambiati. Ora, il controllo e il coordinamento della produzione si fanno «qui», ma la produzione effettiva delle merci avviene «la’».
Notiamo la differenza: prima si spacchettano la produzione e il consumo, poi la produzione stessa. Lo spacchettamento della produzione e’ stato reso possibile dalla rivoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che ha permesso alle aziende di progettare e controllare i processi dal centro e di estendere la produzione a centinaia di unita’ o a subappaltatori sparsi in tutto il mondo. I costi minimi del trasporto delle informazioni (in sostanza, la capacita’ di coordinare e controllare indipendentemente dalla distanza) hanno rappresentato per il secondo spacchettamento cio’ che il basso costo del trasporto marittimo ha significato per il primo. Ora, i principali attori sono (a) l’informazione e il controllo (invece dei beni), (b) le istituzioni coercitive globali (invece del colonialismo), e (c) le aziende (invece delle nazioni) […]
Lo spacchettamento definitivo (almeno dal punto
di vista odierno) arrivera’ con la capacita’ del lavoro di muoversi senza soluzione di continuita’. Cio’ avverra’ quando i costi di spostamento della manodopera o del telelavoro scenderanno. Per le operazioni che richiedono la presenza fisica di una persona, il costo del suo spostamento temporaneo in un luogo diverso e’ ancora elevato. Ma se la necessita’ della presenza fisica di un lavoratore viene risolta attraverso il controllo da postazione remota, come gia’ accade con i medici che eseguono interventi chirurgici a distanza utilizzando dei robot, allora anche il lavoro si potra’ globalizzare.
Il terzo spacchettamento, quello della manodopera (come fattore nel processo produttivo) dalla sua collocazione fisica, ci fara’ pensare alle migrazioni e ai mercati del lavoro in modo molto diverso: se compiti che oggi richiedono la presenza fisica di un lavoratore potranno essere svolti a distanza da una persona in un qualsiasi punto del globo, allora la migrazione dei lavoratori diventera’ molto meno importante.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135846
https://www.doppiozero.com/materiali/branko-milanovic-capitalismo-contro-capitalismo
https://sbilanciamoci.info/branko-milanovic-capitalismo-contro-capitalismo/

Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internezionali – Laterza (2020)

La globalizzazione ha percio’ smentito le previsioni iniziali di Washington e dei governi occidentali su un ulteriore ampliamento della propria sfera d’influenza e di penetrazione economica su scala planetaria.
Cina e India hanno preso il largo, mentre l’America e l’Europa sono state frattanto azzoppate da quella sorta di boomerang che e’ stata la grande crisi esplosa nel 2008.
L’assenza di norme adeguate che assicurassero una reale governance multilaterale della globalizzazione e gli effetti patologici di una straripante finanziarizzazione dell’economia hanno infatti agito da principali generatori del devastante cortocircuito avvenuto nel cuore del sistema capitalistico. Al punto da evocare i fantasmi del drammatico crollo nel 1929 di Wall Street e della Grande depressione perpetuatasi negli anni Trenta.
Quanto sia stato dirompente l’impatto sulle societa’ occidentali del sisma avvenuto fra il 2007 e il 2008, al culmine di una stagione di convulse speculazioni finanziarie, lo si seguita a constatare ai giorni nostri in forme e dimensioni sempre piu’ evidenti. Poiche’ s’e’ infranto non solo un insieme di certezze e garanzie di stabilita’ e sicurezza; ma perche’ si sono moltiplicate, in seguito a una dilatazione delle disuguaglianze sociali, le apprensioni e le angosce a tal punto che esse sono divenute una condizione esistenziale intrinseca per una parte crescente delle classi popolari.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858140710
http://www.economiaitaliana.it/it/articolo.php/Chi-vince-e-chi-perde-nella-grande-sfida-globale-per-la-egemonia-del-mondo?LT=CULT&ID=39848

Populismo/Levitsky

Steven Levitsky, Daniel Ziblatt – Come muoiono le democrazie – Laterza (2019)

[I] partiti progressisti devono prendere atto che il lungo ciclo del secolo socialdemocratico e’ terminato, con la sua visione teleologica che il futuro sara’ necessariamente migliore del presente.
La globalizzazione, come l’integrazione europea, ha prodotto conseguenze positive, ma anche non poche conseguenze negative. Quei processi hanno creato ingiustizie economiche, insicurezze identitarie, imbarbarimenti culturali.
Conseguenze che vanno affrontate con riforme che facciano crescere l’economia ma anche la sicurezza delle persone e delle loro comunita’ locali e nazionali.
In secondo luogo, il populismo va combattuto rafforzando i guardrails della democrazia, cioe’ quelle istituzioni e quelle pratiche che impediscono ad una societa’ di uscire di strada.
Va riformata la democrazia rappresentativa per renderla piu’ efficiente e legittima, integrandola con le pratiche della democrazia diretta, ma senza concedere un millimetro al populismo della cuoca al potere.
E’ necessario difendere le istituzioni costituzionali di garanzia, a cominciare dall’indipendenza del potere giudiziario, nondimeno responsabilizzandolo nell’uso di quella indipendenza.
E’ necessario rilanciare il progetto politico dell’Europa integrata e le istituzioni internazionali multilaterali in quanto condizioni indispensabili per garantire la pace tra i paesi e la liberta’ al loro interno.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135280
https://www.stroncature.com/2019/10/08/come-muoiono-le-democrazie/
https://www.eunews.it/2019/09/20/muoiono-le-democrazie/120948

Populismo/Ardeni

Pier Giorgio Ardeni – Le radici del populismo. Disuguaglianze e consenso elettorale in Italia – Laterza (2020)

Molti degli studi e delle analisi sul populismo hanno finito per tratteggiarne i caratteri solo per imputargli l’attacco alla democrazia liberale.
Ma, se la democrazia e’ in crisi, non e’ a causa del populismo: affermare questo significa, in definitiva, oscurare le profonde ragioni economiche, sociali e politiche che hanno portato a mettere in discussione le forme stesse della partecipazione democratica […]
Cosa spinge i populismi?
Per rispondere a questa domanda, studiosi e ricercatori hanno adottato un approccio che guarda, per cosi’ dire, ai due lati della questione: il “lato dell’offerta”, ovvero l’offerta politica, cio’ che i partiti hanno proposto, come si sono posti, su quali messaggi e contenuti hanno fatto leva; e il “lato della domanda”, cioe’ cosa l’opinione pubblica e i cittadini sono venuti chiedendo, quali domande hanno espresso […]
Dal lato dell’offerta, studiosi e commentatori hanno recentemente dedicato la loro attenzione a questioni come le difficolta’ attraversate dalla democrazia, la scomparsa dei partiti politici, il declino dei tradizionali partiti di sinistra e socialdemocratici, l’indebolimento dello Stato sociale a seguito della crisi economica del 2008 e gli effetti delle politiche di risanamento del bilancio adottate dai partiti tradizionali […]
I populismi, secondo questi studi, sono il risultato della crisi della democrazia rappresentativa, dovuta alla scomparsa dei partiti politici tradizionali, particolarmente quelli di sinistra, alla caduta della partecipazione politica e a politiche sociali ed economiche rigoriste: tutti fattori che avrebbero alimentato un’offerta politica che ha potuto sostituirsi ai precedenti partiti di riferimento venuti meno.
Dal lato della domanda, le spiegazioni possono essere sostanzialmente ricondotte a due categorie: la prima e’ quella dell’insicurezza economica, che enfatizza le conseguenze dei profondi cambiamenti verificatisi negli ultimi decenni, derivanti dalla globalizzazione e dal progresso tecnologico che trasforma la forza lavoro e la societa’ nelle economie post-industriali (con esternalizzazione, aumento concorrenza dei paesi a basso salario, automazione) ma anche dalla crisi economica, dall’aumento della disoccupazione e dalla diminuzione del reddito; l’altra e’ la teoria della reazione culturale […] cioe’ una reazione contro valori progressisti, come il cosmopolitismo e il multiculturalismo, e lo spostamento verso valori “reazionari”, come quelli identitari e nazionalisti.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858141779
https://www.letture.org/le-radici-del-populismo-disuguaglianze-e-consenso-elettorale-in-italia-pier-giorgio-ardeni

Populismo/Levitsky

Steven Levitsky, Daniel Ziblatt – Come muoiono le democrazie – Laterza (2019)

Il populismo e’ la reazione all’impatto della globalizzazione (e della rivoluzione tecnologica da essa favorita) su ceti sociali privi degli strumenti cognitivi per riqualificare la propria capacita’ lavorativa.
Con la globalizzazione, merci e beni prodotti a costi bassi nelle economie non occidentali sono entrati nei mercati occidentali, mettendo in crisi le tradizionali attivita’ produttive di questi ultimi. Il populismo si e’ proposto come lo strumento politico con il quale i lavoratori bianchi negli Stati Uniti o la classe operaia poco qualificata in Europa hanno cercato di arrestare il declino della loro condizione economica, spingendo verso politiche protezionistiche e redistributive.
Per alcuni scienziati politici, invece, il populismo riflette una crisi di identita’ dei ceti sociali che hanno subito il processo di globalizzazione. Secondo questa interpretazione, il sostegno al populismo nasce da una perdita di senso della vita di milioni di cittadini occidentali. Le diseguaglianze sociali sono rilevanti ma in quanto accentuano la percezione di marginalizzazione sociale di importanti settori delle societa’ occidentali. […]
Vi e’ infine una terza interpretazione del populismo, elaborata da sociologi e scienziati della comunicazione. Secondo questa interpretazione, il populismo e’ il risultato di una trasformazione epocale della comunicazione politica,dovuta alla diffusione di social media che hanno superato i tradizionali canali informativi tra cittadini e potere, accentuando un processo gia’ in corso di disintermediazione sociale e culturale.
Le societa’ disintermediate non hanno bisogno di passare attraverso la mediazione dei giornalisti per rapportarsi con il potere. Cosi’ come non hanno bisogno della mediazione dei rappresentanti di partiti o di associazioni di interesse per comunicare con il potere.
Secondo questa interpretazione, e’ stata la rivoluzione dell’informazione a creare le condizioni per collegare direttamente il popolo ai leader populisti.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135280
https://www.stroncature.com/2019/10/08/come-muoiono-le-democrazie/
https://www.eunews.it/2019/09/20/muoiono-le-democrazie/120948

Geoeconomia/Comin

Gialuca Comin, Donato Speroni – 2030 la tempesta perfetta. Come sopravvivere alla grande crisi – Rizzoli (2012)

E’ un dato di fatto che la globalizzazione, i nuovi assetti geopolitici ed economici, l’emergere delle grandi economie dei Paesi asiatici e latinoamericani, i problemi posti dal climate change e, non ultima, la crisi dei mercati finanziari del 2008 abbiano gia’ trasformato per sempre il ruolo delle imprese.
La ragione e’ chiara per tutti gli attori sociali: in un mondo che ha accelerato la sua trasformazione, non prepararsi ai rischi porta al disastro e, in primo luogo, mette a repentaglio rendimenti e bilanci fino alla stessa esistenza delle imprese.
A tutti e’ posta la sfida di gestire le vulnerabilita’ e le opportunita’ di quella che il sociologo polacco Zygmunt Bauman chiama la «società liquida».
In questa sfida le imprese sono le prime a essere chiamate in causa e a dover rispondere nei confronti di tutti i loro stakeholder, cioe’ di tutti i soggetti (azionisti, dipendenti, consumatori, ma anche cittadini in qualche modo coinvolti dalla presenza delle unita’ produttive sul territorio) che sono portatori di un qualche interesse rispetto all’impresa.

Info:
https://www.vogue.it/people-are-talking-about/vogue-arts/2012/02/tempesta-perfetta-comin-speroni

Populismo/Crouch

Colin Crouch – Identita’ perdute. Globalizzazione e nazionalismo – Laterza (2019)

Il venir meno della certezza di una prosperita’ sempre crescente, l’incertezza della globalizzazione, l’immigrazione di massa e lo scontro con l’Islam radicale hanno messo a nudo i nervi scoperti della diffidenza verso gli stranieri, che siano alle porte della nazione o si tratti di paesi stranieri.
Evidentemente, la nazione fornisce a molte persone una fonte politicamente potente e storicamente radicata d’identita’ «solo qui».
Di recente e’ emerso qualcosa che somiglia a un movimento internazionale che collega i vari gruppi nazionalisti e conservatori, una sorta di «internazionale xenofoba» […]
C’e’ tuttavia qualcosa di distintamente ossessivo nell’idea di un’internazionale xenofoba. Questi gruppi sono preoccupati di porre l’accento sull’autonomia e la sovranita’ nazionale e non sulla cooperazione.
Nonostante la personale vicinanza di Trump e Putin, il primo ha dichiarato che le relazioni tra i loro paesi sono dopo molti anni ai loro minimi; e, nonostante il suo sostegno alla Brexit, Trump non esonera il Regno Unito dalle sanzioni commerciali che ha imposto ai paesi europei.
Anche se Orban e la Lega si considerano in qualche modo alleati, Orban catalizza il sostegno in Ungheria rifiutando le richieste dell’UE di aiutare l’Italia nell’affrontare la questione dei rifugiati, mentre la Lega critica l’UE per non aver fatto in modo che l’Ungheria e i suoi vicini offrissero quell’aiuto.
Entrambe le parti sfuggono all’evidente contraddizione implicita nel rivolgere le loro ire contro l’Unione Europea […]
L’internazionale xenofoba e’ il prodotto dei tentativi da parte di vari imprenditori politici di plasmare, politicizzare e brandire le identita’ sociali per riempire il vuoto lasciato dal declino di quelle che hanno forgiato la democrazia del XX secolo.
Cio’ puo’ essere fatto sia persuadendo gruppi di persone a ritenere la loro identita’ assolutamente prioritaria, sia imponendo la propria identita’ sugli altri, che vanno trattati come estranei, nemici dell’identita’ protetta. Nazione ed etnia sono le armi piu’ potenti dal punto di vista emotivo per questo scopo, e sono usate sia dai gruppi conservatori predominanti sia dagli aspiranti leader delle stesse minoranze etniche radicali.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica/14268-alessandro-visalli-colin-crouch-identita-perdute-globalizzazione-e-nazionalismo.html
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134061

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa – Bollati Boringhieri (2016)

Da una parte, l’Europa neoliberista, cioe’ quella che il neoliberismo (che, non dimentichiamolo, e’ una politica e non una semplice teoria economica) sta modellando a marce forzate con lo smantellamento dei diritti sociali, delle politiche pubbliche, dei valori di solidarieta’, per renderla a immagine della globalizzazione finanziaria.
Dall’altra, l’Europa democratica, o meglio della democratizzazione, che implica una rivalorizzazione e una reinvenzione dell’Europa sociale, perche’ la negazione delle dimensioni sociali della cittadinanza e’ il cuore delle strategie di de-democratizzazione.
La prima, bisogna riconoscerlo, e’ piu’ reale della seconda, perche’ si concretizza in un enorme apparato di strutture, di istituzioni, di discorsi egemonici.
La seconda invece e’ largamente virtuale, in quanto esiste soltanto sotto forma di resistenze e di iniziative eterogenee, il che pero’ non vuol dire che sia utopistica o che rappresenti soltanto un vuoto ideale. Perche’ la sua esistenza rinvia alle contraddizioni quanto mai reali della prima.
Si puo’ dire che in questo momento l’Europa democratica sia “scomposta” dalle istituzioni e dalle politiche dell’Europa neoliberista, ma che la sua ricomposizione, o la sua “costituzione” nel corso dello sviluppo della crisi non sia impensabile.

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

Capitalismo/Alacevich

Michele Alacevich, Anna Soci – Breve storia della disuguaglianza – Laterza (2019)

L’obiettivo della teoria economica divenne l’allargamento delle opportunita’ di impiego e la promozione della crescita poiche’ si desiderava ingrandire la torta piuttosto che distribuire fette piu’ uguali per tutti, nella convinzione che con una torta piu’ grande a tutti sarebbero toccate fette piu’ grandi, e che fosse la dimensione assoluta delle fette a contare piuttosto che quella relativa.
Oggi, questa visione e’ messa fortemente in dubbio.
La ricerca economica si e’ interessata solo di recente alla distribuzione personale dei redditi, e uno dei motivi, se non il principale, e’ che i paesi economicamente sviluppati stanno attualmente vivendo un allarmante grado di disuguaglianza.
La disoccupazione prolungata, la riduzione dei salari, un crescente accumulo di ricchezza da parte di pochi individui associata ad una stagnazione dei redditi del resto della popolazione, una scala sociale piu’ ripida e un accesso all’istruzione ostacolato dalle piu’ difficili condizioni finanziarie sono tra i fattori principali che nel XXI secolo hanno portato la distribuzione del reddito al centro della scena.
Inoltre, la globalizzazione non ha prodotto cio’ che prometteva in termini di crescita e uguaglianza tra paesi, e sta influenzando in modo deciso – e non sempre positivo – i processi economici e distributivi all’interno delle singole nazioni. Dunque, la disuguaglianza economica e’ in prima linea nel dibattito politico odierno, probabilmente perche’ i movimenti sociali emersi hanno costretto gli economisti a rivolgervi lo sguardo.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858136249
https://www.letture.org/breve-storia-della-disuguaglianza-michele-alacevich-anna-soci