Stato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

La nuova gestione pubblica ha due dimensioni: da una parte, introduce modalita’ di controllo piu’ fini, che rientrano in una razionalizzazione burocratica piu’ sofisticata; dall’altra, confonde gli obiettivi propri del servizio pubblico allineandoli formalmente sulla produzione del settore privato […]
La tensione tra la centralizzazione degli organismi di auditing e di regolamentazione e la presunta autonomia dei servizi sottomessi alla concorrenza, provoca effetti perversi non trascurabili, spingendo i servizi a concentrarsi ossessivamente sui meccanismi di prestazione senza preoccuparsi troppo del contenuto reale dei loro compiti: un tasso di riuscita per un esame, un tasso di occupazione di letti di ospedale, un rapporto casi trasmessi/casi risolti possono corrispondere a risultati effettivi molto diversi se non a deviazioni molto sensibili quanto alla realta’ del servizio erogato.
Il feticismo della cifra porta l’iperrazionalizzazione alla «fabbricazione di risultati» che sono lungi dal rappresentare miglioramenti reali, tanto piu’ che i dirigenti e i loro sottoposti sono tutti costretti a «fare buon viso a cattivo gioco» e a contribuire alla produzione collettiva di cifre.
Nulla prova che la realta’ coincida sempre con la retorica manageriale e commerciale.
I criteri di valutazione quantitativa non sono quasi mai in accordo con i criteri qualitativi di attenzione ai clienti […]
L’importazione di logiche contabili venute dal mondo economico-commerciale non solo tende ad allontanare dalla realta’ le attivita’ e i loro risultati, ma priva anche del loro contenuto politico i rapporti tra lo Stato e i cittadini. Questi ultimi sono considerati acquirenti di servizi, preoccupati che i loro soldi siano «ben spesi».

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Economia di mercato/Mazzucato

Mariana Mazzucato, Rosie Collington – Il grande imbroglio – Laterza (2023)

La teoria dominante sulle ragioni dell’esistenza delle societa’ di consulenza nelle economie capitalistiche e’ che assolvono a uno scopo «funzionale», consentendo ad altre organizzazioni di aumentare i loro profitti o raggiungere altri obiettivi.
Secondo questa visione, i consulenti sono esperti il cui ruolo e’ trasferire conoscenze tra le organizzazioni, utilizzare determinati approcci gestionali per aiutare i clienti a raggiungere i loro obiettivi o fornire competenze qualificate addizionali. In altre parole, sono «esperti, risorse aggiuntive e facilitatori» che creano valore sfruttando le proprie competenze e vendendo conoscenze tecniche o manageriali.
In termini economici, il corollario sarebbe che le societa’ di consulenza esistono perche’ creano «economie di scala» in certe tipologie di conoscenze manageriali, settoriali o tecniche che altri chiamano «economie di conoscenza».
L’industria della consulenza – l’«offerta» – e’ una risposta a una «domanda» da parte di altre organizzazioni economiche, che scelgono di assumere consulenti con l’obiettivo di migliorare i processi e aumentare l’efficienza, riducendo cosi’ i propri «costi di transazione».

Info:
https://www.officinadeisaperi.it/agora/dizionario-per-la-sinistra/governi-infantili-il-grande-imbroglio-da-il-fatto/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/11/09/news/mariana_mazzucato_libro_grande_imbroglio-419897163/
https://www.infoimpresa.info/societa-di-consulenza-un-inganno-che-minaccia-i-governi/
https://www.cityrumors.it/politica/mazzucato-i-governi-si-sono-infantilizzati-affidando-tutto-a-societa-di-consulenza.html

Stato/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

I fattori che stanno alla base del miracolo economico dell’Asia orientale formano un modello cui sono stati dati vari nomi, il più diffuso tra i quali e’ quello di «developmental state». Questo modello e’ stato creato nel Giappone del dopoguerra ed e’ stato poi seguito nei decenni successivi, con diverse varianti ma senza modifiche sostanziali, dagli altri paesi della regione fino all’entrata in scena della Cina negli anni Novanta.
Il modello si fonda sulla centralita’ dello Stato come regista a tutto campo dello sviluppo, come attore di prima grandezza dell’economia e come responsabile del mutevole negoziato tra le forze della produzione e le varie componenti sociali.
Il developmental state ha un centro propulsore nei ministeri economici del governo centrale e in alcune agenzie specializzate dello sviluppo settoriale – come il celebre Miti giapponese – rette da una tecnocrazia indipendente e altamente qualificata che elabora i piani di crescita e ne controlla l’esecuzione. […]
Il developmental state non e’ uno Stato keynesiano che interviene a colmare le deficienze intrinseche dei mercati dal lato della creazione di domanda e del potere d’acquisto, ma un’istituzione che guida direttamente i mercati e si sostituisce a essi nell’offerta di lavoro, beni e capitali.
Non deve sfuggire l’anomalia di questa situazione rispetto alle condizioni operative del capitalismo occidentale, dove il rialzo delle retribuzioni e dei redditi finisce – come nell’eta’ d’oro del keynesismo – col deprimere i profitti, interrompere il ciclo di crescita e scatenare una controffensiva che ripristina la subordinazione della manodopera e la disuguaglianza sociale preesistente.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Economia di mercato/Judt

Tony Judt – Quando i fatti (ci) cambiano. Saggi 1995-2010 – Laterza (2020)

L’esempio più significativo del tipo di problema con cui ci confrontiamo oggi si presenta in una forma che molti potrebbero considerare un semplice tecnicismo: il processo di privatizzazione.
Negli ultimi trent’anni, il culto della privatizzazione ha estasiato i governi occidentali (e molti governi non occidentali).
Perché? La risposta piu’ breve e’ che, in un periodo di vincoli di bilancio, la privatizzazione apparentemente permette di risparmiare denaro.
Se lo Stato possiede e gestisce un programma pubblico inefficiente o un servizio pubblico costoso (un acquedotto, una fabbrica automobilistica o una ferrovia), cerca di scaricarlo su acquirenti privati. La cessione permette allo Stato di incassare denaro e, al contempo, il servizio o l’attività in questione, entrando a far parte del settore privato, diventa piu’ efficiente grazie all’incentivo del profitto. Tutti ci guadagnano: il servizio migliora,lo Stato si libera di una responsabilita’ inopportuna e mal gestita, gli investitori realizzano profitti e il settore pubblico ricava un guadagno una tantum dalla vendita.
Questa e’ la teoria.
La pratica e’ ben diversa […] Quasi tutte le cose che i governi hanno ritenuto opportuno trasferire al settore privato operavano in perdita: che siano compagnie ferroviarie, miniere di carbone, servizi postali o societa’ elettriche, i costi di esercizio e di manutenzione sono superiori agli introiti che possano mai sperare di ottenere.
Proprio per questo motivo, tali beni pubblici risultavano poco interessanti per gli acquirenti privati, a meno di offrirli a prezzi fortemente scontati. Ma quando lo Stato svende i propri beni, e’ la collettivita’ a subire una perdita […]
In secondo luogo, si presenta il problema dell’azzardo morale. L’unico motivo per cui gli investitori privati sono disposti ad acquistare beni pubblici chiaramente inefficienti e’ che lo Stato riduce o elimina la loro esposizione al rischio […] facendo cosi’ venire meno la giustificazione economica classica della privatizzazione, cioe’ che l’incentivo del profitto favorisce l’efficienza.
L’«azzardo» in questione e’ che il settore privato, in queste condizioni privilegiate, si dimostri almeno altrettanto inefficiente della sua controparte pubblica e intanto intaschi gli eventuali profitti realizzati e addebiti le perdite allo Stato.
Il terzo argomento, e forse il piu’ efficace, contro la privatizzazione e’ il seguente.
Non ci sono dubbi sul fatto che molti beni e servizi che lo Stato cerca di dismettere siano stati gestiti male: in maniera incompetente, senza investimenti adeguati e cosi’ via. Ciononostante, per quanto mal gestiti, i servizi postali, le reti ferroviarie, le case di riposo, le carceri e altre attivita’ destinate alla privatizzazione restano sotto la responsabilita’ delle autorità pubbliche. Anche dopo essere state cedute, non possono essere totalmente abbandonate ai capricci del mercato. Sono, per loro stessa natura, un tipo di attivita’ che qualcuno deve regolamentare. […] Con ogni probabilita’ la verifica vera e propria sara’ eseguita da una societa’ privata, che ha vinto l’appalto per svolgere il servizio per conto dello Stato […]
I governi, in breve, affidano le loro responsabilita’ ad aziende private che promettono di amministrarle meglio dello Stato e a costi inferiori […]
Svuotando lo Stato delle sue responsabilita’ e capacita’, ne abbiamo indebolito l’immagine pubblica […]
Se operiamo esclusivamente o in misura preponderante con organismi privati, nel corso del tempo allentiamo i nostri rapporti con un settore pubblico del quale apparentemente non sappiamo cosa farcene.
Non e’ molto importante che il settore privato faccia le stesse cose meglio o peggio, a un costo maggiore o minore. In ogni caso, la nostra lealta’ verso lo Stato si attenua e perdiamo qualcosa di vitale che dovremmo condividere – e che in molti casi un tempo condividevamo – con i nostri concittadini.
Questo processo e’ stato ben descritto da una grande esperta moderna in materia: Margaret Thatcher, la quale, stando a quel che si dice, avrebbe affermato che «non esiste una cosa chiamata societa’. Esistono solo singoli uomini e donne e le famiglie». Ma se non esiste una cosa chiamata societa’, soltanto gli individui e lo Stato in veste di «custode notturno», che controlla a distanza attivita’ nelle quali non svolge alcun ruolo, che cosa ci legherà gli uni agli altri?

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858126479
https://ilmanifesto.it/tony-judt-e-la-responsabilita-della-storia/