Geoeconomia/Harvey

David Haevey – Cronache anticapitaliste. Guida alla lotta di classe per il XXI secolo – Feltrinelli (2021)

Quello pero’ che ha davvero caratterizzato il periodo della globalizzazione, dagli anni ottanta in poi, e’ stata la possibilita’ di assistere a un livellamento del saggio di profitto, il che significa che in questo periodo e’ piu’ facile vedere un maggiore trasferimento di valore dalle economie ad alta intensita’ di lavoro a quelle ad alta intensita’ di capitale.
In altre parole, la distinzione fra economie ad alta intensita’ di lavoro e ad alta intensita’ di capitale e’ passata in primo piano. Percio’ ora e’ diventata un punto focale di lotta, una lotta feroce per cercare di impedire che certe aree del mondo diventino ad alta intensita’ di capitale.
E’ quello che stanno cercando di fare gli Stati Uniti proprio in questo momento nei confronti della Cina.
Perche’ gli Stati Uniti sono cosi’ irritati dal fatto che Pechino voglia diventare un’economia ad alta intensita’ di capitale entro il 2025?
Perche’ sono cosi’ irritati per i trasferimenti tecnologici verso la Cina?
E perche’ quindi c’e’ questa grande lotta sui diritti di proprieta’ intellettuale, che e’ la controversia che ha creato i maggiori problemi nei negoziati fra Trump e i cinesi?

Info:
https://www.idiavoli.com/it/article/cronache-anticapitaliste https://www.kulturjam.it/editoria-narrazioni/david-harvey-cronache-anticapitaliste/
https://www.marxist.com/david-harvey-contro-la-rivoluzione-la-bancarotta-del-marxismo-accademico.htm
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21563-guido-maria-brera-cronache-anticapitaliste.html
https://www.doppiozero.com/materiali/david-harvey-laccumulazione-come-spoliazione

Geoeconomia/Frankopan

Peter Frankopan – Le nuove vie della seta. Presente e futuro del mondo – Mondadori (2019)

L’attenzione continua puntata sulla Casa Bianca, sulla Brexit e sulle notizie del giorno che arrivano dai soliti corridoi del potere in Occidente implica che ci sia poco interesse per cio’ che accade altrove nel mondo.
Tale cecita’ e’ particolarmente forte quando si ha a che fare con sviluppi di grande portata che hanno ricadute sia regionali che di fatto transcontinentali.
Seguire sempre le stesse vicende e gli stessi personaggi compromette la capacita’ di cogliere il quadro d’insieme.
I temi dell’isolamento e della frammentazione in Occidente si pongono in netto contrasto con quanto sta accadendo lungo le Vie della Seta sin dal 2015. Quella di vaste aree della regione che collega il Pacifico al Mediterraneo e’ una storia di consolidamento e di tentativi di trovare modalita’ di collaborazione piu’ efficaci; la tendenza e’ stata quella di smorzare le tensioni e stringere alleanze; le discussioni hanno riguardato soluzioni che portassero a reciproci vantaggi e delineassero una piattaforma di cooperazione e collaborazione a lungo termine […]
La portata e l’ambizione della Belt and Road Initiative sono emerse chiaramente in occasione di un importante forum che si e’ tenuto a Pechino nel maggio 2017. In gioco non c’erano solo soldi e investimenti.
In effetti, spiegava il presidente Xi, l’iniziativa aveva il potenziale per cambiare il mondo. «Lo scambio sostituira’ lo straniamento … L’apprendimento reciproco sostituira’ gli scontri, e la coesistenza sostituira’ il senso di superiorita’» aveva dichiarato. Il progetto avrebbe portato pace, perche’ avrebbe «accresciuto la comprensione reciproca, il rispetto reciproco e la fiducia reciproca tra i diversi paesi»

Info:
https://www.treccani.it/magazine/atlante/cultura/Un_viaggio_nel_mondo_nuovo.html
https://www.aprimopainters.net.au/qegas/le-nuove-vie-della-seta-presente-e-futuro-del-mondo622.php

 

Geoeconomia/Banos

Pedro Banos – Cosi’ si controlla il mondo. I meccanismi segreti del potere globale – Rizzoli (2020)

Le compagnie militari e di sicurezza private, i cui membri sono chiamati «contractor», vengono ingaggiate per compiere azioni che uno Stato non puo’ o non vuole attuare direttamente con le proprie risorse […]
A esse si fa ricorso piu’ spesso negli ultimi due decenni, in seguito alla riduzione dei contingenti militari dopo la fine della Guerra fredda, a causa della moltiplicazione dei conflitti asimmetrici e a bassa intensita’, e anche per il rifiuto di coinvolgere le proprie forze armate da parte di molti Paesi occidentali, preoccupati delle ripercussioni che l’eventuale perdita di militari possa avere sulla popolazione.
Oltre che negli scenari di guerra, il loro impiego si e’ ampliato ad altri settori, come quelli della lotta al narcotraffico o alla pirateria, per proteggere la consegna degli aiuti umanitari da parte delle ONG e dell’ONU, oppure per far fronte al terrorismo in Afghanistan, Pakistan e Iraq (dove, per esempio, nel 2007, i contractor erano piu’ numerosi dei militari regolari).
Di solito queste societa’ appartengono, o sono collegate, a gruppi di potere politico ed economico, hanno sede legale in paradisi fiscali e la cambiano di frequente per evitare i controlli.
Le attivita’ delle compagnie private generano migliaia di milioni di dollari l’anno ed esse sono acquirenti di armi e tecnologie militari d’avanguardia, una vera e propria benedizione per le multinazionali del settore. I contractor di solito provengono da esercito, servizi di intelligence e forze di polizia, ma ci sono anche i membri di alcune bande. L’età media va dai trentacinque ai quarant’anni.
I vantaggi che queste compagnie offrono agli Stati rispetto alle forze regolari sono numerosi: maggiore redditivita’ economica (essendo, quello che offrono, un servizio «in appalto», e’ possibile rescindere il contratto appena non risulti piu’ necessario; non richiedono alcuna forma di assistenza sociale (sanita’, aiuti alle famiglie, pensioni e cosi’ via) ne’ investimenti per la loro formazione; sono affidabili perche’ composte da professionisti di comprovata esperienza. Inoltre, garantiscono una maggiore efficienza (per capacita’, preparazione e mezzi), assoluta riservatezza, distacco totale rispetto alle reazioni dell’opinione pubblica, grande disponibilita’, flessibilita’ ed estrema specializzazione. Infine, ma non meno importante, permettono di eludere restrizioni e responsabilita’.
Queste organizzazioni hanno pero’ anche i loro svantaggi, tra cui la completa inosservanza del diritto internazionale, soprattutto nei conflitti armati […]
L’attuale inimicizia dei Paesi occidentali – rappresentati militarmente dalla NATO – verso la Russia e’ stata favorita dall’America per un doppio scopo: da una parte quello di contenere la Russia, emergente potenza rivale, e dall’altra quello di creare un nemico ad alleati e amici – i Paesi europei – affinche’ questi chiedessero protezione agli Stati Uniti, riconoscendo in qualche modo la loro superiorita’, e acquistassero armi.
A parte il fatto che la Russia, come qualsiasi altra nazione con le sue caratteristiche, ha le proprie aspirazioni geopolitiche, l’obiettivo geostrategico degli Stati Uniti nell’inimicare la Russia al resto dei Paesi europei e’ impedire, a qualsiasi costo, un’unione tra Russia e UE perche’, come dice George Friedman, una simile coalizione creerebbe una potenza difficile da contenere. Come si e’ gia’ visto, un’unione russo-europea decreterebbe la nascita di una superpotenza altamente competitiva (quanto a tecnologia, risorse naturali, energia, popolazione, mercato, cultura, mezzi militari e nucleari eccetera), capace di minacciare seriamente la leadership degli Stati Uniti

Info:
https://dasapere.it/2020/11/22/pedro-banos-racconta-come-si-controlla-il-mondo/
https://www.startmag.it/mondo/come-la-cina-prova-a-fare-la-parte-del-dragone/

Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internazionali – Laterza (2020)

Se l’Africa era afflitta, in numerose sue contrade, da fenomeni di estrema indigenza e da gravi condizioni climatiche, possedeva peraltro notevoli risorse naturali, a cominciare dal 60 per cento della terra arabile non ancora sfruttata di tutto il pianeta, e da numerosi giacimenti di idrocarburi, materie prime e metalli preziosi.
Inoltre costituiva l’ultimo grande mercato emergente del globo.
Si spiega pertanto come quello africano fosse rimasto lo scenario di un complesso gioco di manovre geopolitiche ed economiche che coinvolgeva diversi attori in lizza fra loro.
Al confronto di taluni ex imperi coloniali europei (dalla Francia alla Gran Bretagna, dal Belgio al Portogallo) e di varie multinazionali d’Oltreatlantico, era cresciuta negli ultimi tempi la presenza della Russia e della Turchia.
Ma era un player globale come la Cina ad aver assunto un ruolo preminente, in quanto artefice di una strategia a tutto campo in cui il business si associava a obiettivi di ordine politico che, invece, Washington tendeva a dismettere

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858140710

Geoeconomia/Mason

Paul Mason – Il futuro migliore. In difesa dell’essere umano – il Saggiatore (2019)

Alcune domande inquietanti.
Primo: se una democrazia liberista di successo come gli Stati Uniti e’ in grado di produrre un Trump, non e’ il segnale che oggi siamo messi peggio che negli anni trenta?
Hitler e Stalin erano i prodotti di economie controllate dallo Stato e colpite dalla crisi; governavano popolazioni sottomesse e scarsamente istruite, che erano state addestrate a obbedire ai loro superiori da generazioni di lavoro in fabbrica e leva militare […]
Al contrario, l’America di inizio XXI secolo e’ una societa’ piena di gente istruita e con una tradizione democratica ininterrotta che risale fino al 1776 […]
Secondo: nel loro tentativo di offuscare la distinzione tra verita’ e menzogne, i dittatori degli anni trenta erano enormemente aiutati dal monopolio assoluto che detenevano sull’informazione, anzi, per meglio dire, sulla disinformazione: l’elite controllava la stampa e lo Stato controllava le stazioni radio. Perfino il possesso di una macchina da scrivere era soggetto a rigorosi controlli, sia nel Terzo Reich che nell’Unione Sovietica.
Oggi non esiste un simile monopolio sull’informazione: e allora come mai tantissime persone hanno abboccato alla strategia delle fake news?
Terzo: Hitler fu distrutto da Stalin.
L’intero universo postbellico in cui la Arendt, Orwell, Koestler e Levi scrissero le loro analisi sul totalitarismo fu creato dalla vittoria di uno Stato totalitario su un altro.
Se oggi l’Occidente e’ minacciato da un rinnovato impulso totalitario, dov’e’ la forza esterna in grado di distruggerlo, come fecero gli eserciti alleati e sovietici nel 1944-1945? Ci siamo solo noi.

Info:
https://www.ilsaggiatore.com/libro/il-futuro-migliore/
https://ilmanifesto.it/la-rivolta-dei-fiocchi-di-neve/
https://www.pulplibri.it/manifesto-ottimista-per-ripartire-oggi/

Geoeconomia/Milanovic

Branko Milanovic – Capitalismo contro capitalismo. La sfida che decidera’ il nostro futuro – Laterza (2020)

Penso che la pandemia cambiera’ il mondo sotto tre aspetti importanti […]
Innanzitutto, questa emergenza sanitaria e’ destinata ad alimentare la rivalita’ fra Stati Uniti e Cina o, piu’ in generale, fra capitalismo liberale e capitalismo politico. In secondo luogo, influenzera’ la diffusione della globalizzazione poiche’ ha messo in evidenza la fragilita’ dei presupposti su cui si costruiscono le
catene globali del valore.
Terzo, rivalutera’ il ruolo dello Stato nella vita economica […]
Il dominio del mondo da parte del capitalismo si esprime […] in due diverse versioni di questo sistema economico-sociale: il capitalismo liberalmeritocratico che si e’ sviluppato gradualmente in Occidente negli ultimi duecento anni […], e il capitalismo politico, o autoritario, guidato dallo Stato che e’ esemplificato dalla Cina, ma esiste anche in altre parti dell’Asia (Singapore, Vietnam, Myanmar), dell’Europa e dell’Africa (Russia e paesi del Caucaso, Asia centrale, Etiopia, Algeria, Ruanda) […]
Come spesso e’ accaduto nella storia dell’umanita’, all’ascesa e all’apparente trionfo di un sistema o di una religione segue presto una sorta di scisma tra varianti dello stesso credo. Dopo essersi imposto nel Mediterraneo e nel Vicino Oriente, il cristianesimo visse feroci dispute ideologiche e divisioni (la maggiore quella fra ortodossia e arianesimo) per approdare infine al primo Grande Scisma

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135846
https://www.doppiozero.com/materiali/branko-milanovic-capitalismo-contro-capitalismo
https://sbilanciamoci.info/branko-milanovic-capitalismo-contro-capitalismo/

Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internazionali – Laterza (2020)

A fare uno po’ di conti, la Cina si trovava ancora lontana, con i suoi 12 trilioni di dollari di Pil, dagli Stati Uniti, che vantavano un Pil di 20 trilioni di dollari, e doveva compiere parecchia strada per raggiungere l’Unione Europea, che annoverava in complesso un Pil tra i 16 e i 18 trilioni potenziali di dollari.
Senza contare il fatto che la valuta statunitense costituiva pur sempre la moneta preminente sul mercato mondiale e quella piu’ consistente nel totale delle riserve valutarie.
D’altro canto, un Paese come la Cina, la cui struttura economica si basava soprattutto sulle esportazioni, aveva molto piu’ da perdere, rispetto agli Stati Uniti, da una guerra dei dazi.
Tuttavia la leva destinata ad assumere un peso crescente nella competizione globale era costituita dal potenziale di crescita tecnologico, a giudizio non solo degli economisti ma di autorevoli esperti di questioni militari […]
Non a caso, la guerra commerciale fra Usa e Cina aveva preso avvio da quando Pechino aveva cominciato a compiere, un passo dopo l’altro, notevoli progressi nel settore delle tecnologie avanzate, chiave di volta di un’economia sempre piu’ dinamica e competitiva. Al punto che la Cina era giunta nel 2018 a sopravanzare gli Stati Uniti nella tecnologia della rete 5G. Cio’ aveva anche considerevoli valenze di natura militare.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858140710

Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internezionali – Laterza (2020)

La globalizzazione ha percio’ smentito le previsioni iniziali di Washington e dei governi occidentali su un ulteriore ampliamento della propria sfera d’influenza e di penetrazione economica su scala planetaria.
Cina e India hanno preso il largo, mentre l’America e l’Europa sono state frattanto azzoppate da quella sorta di boomerang che e’ stata la grande crisi esplosa nel 2008.
L’assenza di norme adeguate che assicurassero una reale governance multilaterale della globalizzazione e gli effetti patologici di una straripante finanziarizzazione dell’economia hanno infatti agito da principali generatori del devastante cortocircuito avvenuto nel cuore del sistema capitalistico. Al punto da evocare i fantasmi del drammatico crollo nel 1929 di Wall Street e della Grande depressione perpetuatasi negli anni Trenta.
Quanto sia stato dirompente l’impatto sulle societa’ occidentali del sisma avvenuto fra il 2007 e il 2008, al culmine di una stagione di convulse speculazioni finanziarie, lo si seguita a constatare ai giorni nostri in forme e dimensioni sempre piu’ evidenti. Poiche’ s’e’ infranto non solo un insieme di certezze e garanzie di stabilita’ e sicurezza; ma perche’ si sono moltiplicate, in seguito a una dilatazione delle disuguaglianze sociali, le apprensioni e le angosce a tal punto che esse sono divenute una condizione esistenziale intrinseca per una parte crescente delle classi popolari.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858140710
http://www.economiaitaliana.it/it/articolo.php/Chi-vince-e-chi-perde-nella-grande-sfida-globale-per-la-egemonia-del-mondo?LT=CULT&ID=39848

Geoeconomia/Levitsky

Steven Levitsky, Daniel Ziblatt – Laterza (2019)

Oggi le condizioni internazionali sono chiaramente meno favorevoli alla democrazia rispetto agli anni dopo la fine della Guerra Fredda.
Negli anni Novanta le democrazie liberali occidentali non avevano rivali quanto a potere militare, economico e ideologico, e la democrazia all’occidentale era generalmente vista come «l’unica scelta sulla piazza». A vent’anni di distanza, tuttavia, l’equilibrio del potere a livello mondiale e’ mutato. L’influenza mondiale dell’UnioneEuropea e degli Stati Uniti e’ diminuita, mentre la Cina e la Russia sembrano in costante ascesa.
E con l’affermazione di nuovi modelli autoritari in Russia, Turchia, Venezuela e altri paesi, la democrazia non appare piu’ inattaccabile come un tempo […] l’ascesa di Trump, gia’ in se’, puo’ rappresentare un problema per la democrazia mondiale.
Tra la caduta del Muro di Berlino e la presidenza Obama, le varie amministrazioni americane hanno mantenuto in generale una politica estera favorevole alla democrazia.
Le eccezioni non sono mancate: laddove erano in gioco gli interessi strategici dell’America, come in Cina, in Russia e in Medio Oriente, la democrazia e’ sparita dall’agenda. Ma in gran parte dell’Africa, dell’Asia, dell’Europa orientale e dell’America Latina, le amministrazioni statunitensi hanno usato la pressione diplomatica, l’assistenza economica e altri strumenti di politica estera per combattere l’autoritarismo e favorire la democratizzazione durante l’era post-Guerra Fredda.
Il periodo 1990-2015 molto probabilmente e’ stato il quarto di secolo piu’ democratico nella storia del pianeta, e una delle ragioni e’ che le potenze occidentali, in linea di massima, hanno sostenuto la democrazia.
Tutto questo ora potrebbe cambiare.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135280
https://www.stroncature.com/2019/10/08/come-muoiono-le-democrazie/
https://www.eunews.it/2019/09/20/muoiono-le-democrazie/120948

Geoeconomia/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

Tra il 2010 e il 2016, nei vari paesi dell’Europa orientale i conti nazionali indicano che i flussi in uscita (profitti e altri redditi da capitale: interessi, dividendi ecc.) al netto dei flussi in entrata,
in media hanno inciso per una percentuale compresa tra il 4 e il 7% del PIL: un livello notevolmente superiore a quello dei trasferimenti provenienti dall’Unione Europea, sia per la Polonia e l’Ungheria sia per la Repubblica Ceca e la Slovacchia […]
Il confronto tra i due flussi non significa che l’integrazione europea sia stata un cattivo affare per l’Europa orientale (al contrario di quanto vogliono far credere alcuni dirigenti nazionalisti). I flussi di profitto in uscita infatti costituiscono la contropartita degli investimenti realizzati in questi paesi (a volte anche per privatizzazioni vantaggiose), che di fatto hanno contribuito al miglioramento della produttivita’ globale e, conseguentemente, del livello dei salari […]
E’ innegabile che i paesi dell’Europa occidentale
abbiano tratto notevoli vantaggi commerciali e finanziari dall’integrazione dei paesi orientali nell’Unione Europea (e questo vale soprattutto per la Germania, data la sua collocazione geografica e la peculiarita’ del suo sistema industriale).
Percio’, la questione della ripartizione dei benefici che ne sono derivati e’ legittima e di fondamentale importanza, anche alla luce della conseguente eccedenza commerciale tedesca, che ha assunto una portata senza precedenti.
Tuttavia, le potenze economiche che in questo momento dominano il continente europeo – in particolare Germania e Francia – tendono a ignorare del tutto il problema dei flussi dei profitti privati provenienti dall’Europa orientale.
In modo implicito, sembra che si accetti il principio che il “mercato” e la “libera concorrenza” conducano a una giusta ripartizione delle ricchezze, e che i trasferimenti realizzati – a partire da questo equilibrio “naturale” – sono un atto di generosita’ da parte di chi trae vantaggio da questo sistema (da cui deriva una politica comunitaria incentrata esclusivamente sui trasferimenti pubblici).
In realta’, i rapporti di proprieta’ e di produzione sono sempre complessi, soprattutto in comunita’ di grandi dimensioni come l’UE, e non possono essere regolati unicamente dal “mercato”.
L’equilibrio dei mercati non ha nulla di “naturale”.
Dipende sempre dalle istituzioni e dalle regole in vigore

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/