Capitalismo/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo: Una conversazione con Rahel Jaeggi – Meltemi (2019)

Ironia della sorte, lo stato e’ stato utilizzato in questo regime per costruire strutture di governance transnazionali che incoraggiassero il capitale a disciplinare i cittadini e le istituzioni di cui il potere pubblico dovrebbe essere responsabile!
Organizzazioni come il FMI, l’OMC e il TRIPS (regime di proprieta’ intellettuale legato al commercio) ora stabiliscono molte delle regole guida, globalizzando e liberalizzando l’economia mondiale negli interessi del capitale.
Inoltre, il debito ricopre un ruolo importante nella governance del capitalismo finanziarizzato. In questo regime, e’ in gran parte attraverso il debito che il capitale espropria le popolazioni nel centro e nella periferia e impone ai cittadini misure di austerita’, indipendentemente dalle preferenze politiche da loro espresse attraverso le elezioni.
Tuttavia, anche questo regime e’ altamente instabile. Dopo aver demolito lo stesso potere pubblico dal quale l’accumulazione dipende, il capitalismo finanziarizzato ha ormai raggiunto un punto di crisi: non solo la crisi del sistema economico segnata dal recente crollo dell’ordine finanziario globale nel 2007-2008, ma anche la crisi politico-egemonica segnata dalla Brexit, da Trump ecc.

Info:

https://kriticaeconomica.com/letture-kritiche/finalmente-siamo-tornati-a-parlare-di-capitalismo-nancy-fraser/
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/fazio-jaeggi-manifesto-capitalismo-fraser.pdf
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/fazi-manifesto-capitalismo-fraser.pdf
http://www.linterferenza.info/contributi/nancy-fraser-capitalismo-conversazione-rahel-jaeggi/
https://jacobinitalia.it/il-capitalismo-si-infiltra-nelle-nostre-vite-quotidiane/

 

Finanziarizzazione/Undiemi

Lidia Undiemi – Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Ponte alle Grazie (2014)

Nella societa’ della finanza la tecnologia industriale e’ sostituita dalla tecnica del contrattuale: i prodotti finanziari prendono corpo e vita solo in virtu’ dell’uso sapiente dei concetti giuridici.
Un tempo i contratti servivano solo per far circolare le cose, ma oggi servono anche per farle, per creare prodotti finanziari.
Un’accorta combinazione di parole, giacche’ di parole sono fatti i contratti, crea a questo modo ricchezza.
L’antica alchimia manco’ l’obiettivo di produrre da nulla l’oro; questa nuova alchimia giuridica lo realizza.
L’oro qui indica la ricchezza che si riesce a ottenere indipendentemente dalla creazione di valore «reale».
Tutti i nuovi strumenti finanziari sono stati creati sulla base di tali presupposti giuridici. Si pensi ad esempio ai CDS (Credit Default Swap), ossia i titoli attraverso cui il creditore assicura presso un terzo il proprio credito dal rischio che il debitore non paghi.
Teoricamente questi titoli avrebbero dovuto fungere da stabilizzatori del mercato finanziario, ma nella realta’ si sono tradotti in un trampolino di lancio per una ulteriore spinta in avanti dell’alta finanza, visto che lo stesso assicuratore puo’, a sua volta, riassicurarsi con un altro operatore e cosi’ via […]
Il nodo centrale della questione che si vuol fare emergere non e’ se il capitale debba liberamente circolare o meno, ovvero l’utilizzo dei derivati in se’ – questa tipologia di contratti ha infatti origini antichissime –, quanto piuttosto quella combinazione di elementi (matematica, tecnologia e diritto) che scardina uno dei principi fondamentali su cui dovrebbero reggersi le relazioni di mercato nelle moderne economie: la responsabilita’, e piu’ in particolare l’assunzione del rischio sulle attivita’ poste in essere.
Frammentare il rischio e sganciarlo dall’attivita’ da cui esso origina attraverso complessi strumenti finanziari significa consentire al capitalista di ottenere un guadagno senza preoccuparsi degli effetti sulle imprese non finanziarie che producono i beni e i servizi soggiacenti ai titoli negoziati.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

Populismo/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

In molti paesi le popolazioni hanno abbandonato i partiti centristi al potere, promotori della finanziarizzazione, per delle nuove formazioni populiste che sostenevano di opporvisi.
Allo stesso tempo i populisti di destra hanno corteggiato con successo gli elettori dell’etnia maggioritaria appartenenti alla classe lavoratrice promettendo di «liberare» i loro paesi dal capitale globale, dagli immigrati «invasori» e dalle minoranze razziali o religiose.
Le loro controparti di sinistra, sebbene abbiano avuto meno successo sul piano elettorale (tranne che in America Latina e nell’Europa meridionale), hanno guadagnato consensi nella societa’ civile, militando per «il 99%» o per le «famiglie lavoratrici», definite in modo inclusivo, e contro un sistema «truccato» per favorire la «classe dei miliardari».
Certo, queste formazioni politiche differiscono notevolmente l’una dall’altra e le loro rispettive fortune hanno avuto alti e bassi nel corso degli anni. Ma nel complesso, la loro comparsa ha segnato un importante cambiamento del vento politico.
Avendo squarciato il velo del senso comune neoliberista e smontato la narrazione romantica del mercato, l’ondata populista ha incoraggiato molti a pensare fuori dagli schemi.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_rep.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_lalettura.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_corsera.pdf
https://jacobinitalia.it/#facebook
https://jacobinitalia.it/il-capitalismo-cannibale/

Stato/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

Il capitalismo finanziarizzato ha rivisto ancora una volta il rapporto tra economia e politica.
In questo regime, le banche centrali e le istituzioni finanziarie internazionali hanno sostituito gli Stati come arbitri di un’economia sempre piu’ globalizzata.
Attualmente sono loro, e non gli Stati, a stabilire molte delle regole piu’ importanti che governano le relazioni essenziali della societa’ capitalista: tra lavoro e capitale, tra cittadini e Stati, tra centro e periferia e tra debitori e creditori. Nel capitalismo finanziarizzato, quest’ultima relazione e’ cruciale e influenza tutte le altre.
E’ soprattutto attraverso il debito che il capitale cannibalizza il lavoro, disciplina gli Stati, trasferisce valore dalla periferia al centro e spilla ricchezza dalla societa’ e dalla natura. Il fluire del debito attraverso Stati, regioni, comunita’, famiglie e imprese ha determinato un drammatico cambiamento nel rapporto tra economia e sistema politico.
Il regime precedente aveva autorizzato gli Stati a subordinare gli interessi a breve termine delle imprese private all’obiettivo a lungo termine di un’accumulazione sostenuta. Al contrario, l’attuale consente al capitale finanziario di disciplinare gli Stati e le popolazioni nell’interesse immediato degli investitori privati.
L’effetto e’ un peculiare uno-due. Da un lato, le istituzioni statali che prima rispondevano (in qualche modo) ai cittadini sono sempre piu’ incapaci di risolvere i problemi di questi ultimi o di rispondere alle loro esigenze. Dall’altro, le banche centrali e le istituzioni finanziarie internazionali che hanno indebolito le capacita’ degli Stati sono diventate «politicamente indipendenti». Non dovendo rispondere ai cittadini, sono libere di agire per conto di investitori e creditori.
Nel frattempo, la portata dei problemi piu’ urgenti, come il riscaldamento globale, supera il raggio d’azione e la capacita’ di intervento dei poteri pubblici. Questi ultimi, in ogni caso, non hanno la forza di opporsi alle imprese transnazionali e ai flussi finanziari globali, che sfuggono al controllo di enti politici legati a territori delimitati. Il risultato generale e’ la crescente incapacita’ dei poteri pubblici di tenere a freno i poteri privati.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_rep.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_lalettura.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_corsera.pdf
https://jacobinitalia.it/#facebook

Finanziarizzazione/Patel

Raj Patel, Jason W. Moore – Una storia del mondo a buon mercato. Guida radicale agli inganni del capitalismo – Feltrinelli (2018)

Quando le occasioni di profitto si sono fatte piu’ rare nelle regioni solite di produzione ed estrazione, i capitalisti hanno preso i propri profitti e li hanno messi nella distribuzione del denaro.
E’ una ragione per cui dopo ogni grande boom nel capitalismo mondiale, quello olandese di meta’ Seicento, quello britannico a meta’ Ottocento e l’epoca d’oro americana del dopoguerra, e’ scattato un fenomeno che gli esperti chiamano finanziarizzazione.
In periodi del genere il capitalismo si allontanava dalle iniziative industriali e commerciali piu’ antiquate e meno profittevoli per passare a forme di distribuzione dei soldi.
Invece di assumere dipendenti che significano grattacapi, di costruire stabilimenti costosi, di comprare materie prime e produrre una merce, erano sempre piu’ numerosi i capitalisti che si dedicavano a qualcosa di piu’ semplice e (per un po’) piu’ attraente: prestare soldi e fare scommesse speculative sul futuro. In questo senso la finanziarizzazione e’ in pratica una scommessa su una futura, piu’ proficua, rivoluzione industriale.
Oggi viviamo in un’epoca del genere, e la storia non ci conforta riguardo il probabile epilogo: di solito questi cicli di accumulazione si concludono con una guerra, e con l’avvento di nuove potenze finanziarie.

Info:
https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/
https://www.perunaltracitta.org/2019/04/15/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/?print=pdf
https://www.unilibro.it/libro/patel-raj-moore-jason-w-/storia-mondo-buon-mercato-guida-radicale-inganni-capitalismo/9788807173417

Economia di mercato/Boitani

Andrea Boitani – L’illusione liberista. Critica dell’ideologia di mercato – Laterza (2021)

A riprova di quanto la rivoluzione liberista fosse penetrata nell’economia e nella politica della great moderation, basta ricordare che fu il democratico Bill Clinton a demolire gli ultimi baluardi regolatori, proprio sul finire del suo secondo mandato presidenziale.
Nel 1999 accetto’ di promulgare la nuova legge bancaria, con l’abolizione (voluta dal Congresso a maggioranza repubblicana) del Glass Steagall Act, risalente al 1933. Legge che aveva obbligato la separazione tra banche commerciali (quelle che raccolgono depositi a breve termine dei risparmiatori e fanno prestiti a medio-lungo termine a imprese e famiglie, cioe’ alla cosiddetta “economia reale”) e banche d’investimento, che operano attivamente sui mercati dei capitali, con qualche venatura speculativa e un profilo di rischio assai piu’ marcato. Nel dicembre 2000, un mese prima di lasciare la Casa Bianca, Clinton firmo’ il Commodity Futures Modernization Act, col quale venne deregolamentato il mercato dei derivati.
Con il che questi strumenti contrattuali, nati per coprirsi dal rischio insito in ogni operazione finanziaria, divennero il campo aperto della speculazione e un moltiplicatore del debito.
Nel 2019 il mercato mondiale dei derivati valeva circa 500 mila miliardi di dollari. Per avere un’idea delle dimensioni, basta ricordare che il Pil del mondo intero, nello stesso anno, era stimato in circa 88 mila miliardi di dollari. Una potenziale bomba finanziaria, specie se il mercato e’ molto deregolamentato e quindi comportamenti speculativi spregiudicati sono ammessi o, quantomeno, non contrastati

Info:
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21400-andrea-boitani-l-illusione-liberista.html
https://www.lavoce.info/archives/91181/l-illusione-liberista/
https://www.eticaeconomia.it/lillusione-liberista/

Finanziarizzazione/Patel

Raj Patel, Jason W. Moore – Una storia del mondo a buon mercato. Guida radicale agli inganni del capitalismo – Feltrinelli (2018)

Quando le occasioni di profitto si sono fatte piu’ rare nelle regioni solite di produzione ed estrazione, i capitalisti hanno preso i propri profitti e li hanno messi nella distribuzione del denaro.
E’ una ragione per cui dopo ogni grande boom nel capitalismo mondiale, quello olandese di meta’ Seicento, quello britannico a meta’ Ottocento e l’epoca d’oro americana del dopoguerra, e’ scattato un fenomeno che gli esperti chiamano finanziarizzazione. In periodi del genere il capitalismo si allontanava dalle iniziative industriali e commerciali piu’ antiquate e meno profittevoli per passare a forme di distribuzione dei soldi. Invece di assumere dipendenti che significano grattacapi, di costruire stabilimenti costosi, di comprare materie prime e produrre una merce, erano sempre piu’ numerosi i capitalisti che si dedicavano a qualcosa di piu’ semplice e (per un po’) piu’ attraente: prestare soldi e fare scommesse speculative sul futuro.
In questo senso la finanziarizzazione e’ in pratica una scommessa su una futura, piu’ proficua, rivoluzione industriale.
Oggi viviamo in un’epoca del genere, e la storia non ci conforta riguardo il probabile epilogo: di solito questi cicli di accumulazione si concludono con una guerra, e con l’avvento di nuove potenze finanziarie.

Info:
https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/
https://www.perunaltracitta.org/2019/04/15/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/?print=pdf
https://www.unilibro.it/libro/patel-raj-moore-jason-w-/storia-mondo-buon-mercato-guida-radicale-inganni-capitalismo/9788807173417

Finanziarizzazione/Patel

Raj Patel, Jason W. Moore – Una storia del mondo a buon mercato. Guida radicale agli inganni del capitalismo – Feltrinelli (2018)

Ci sono due movimenti che rendono attraente e persino utile per il capitalismo la finanziarizzazione una volta che la torta economica mondiale smette di crescere.
Il primo e’ la tendenza delle potenze dominanti a scendere in guerra o come minimo rafforzare l’arsenale bellico. E’ quanto e’ successo dopo la stagnazione economica degli anni settanta del secolo scorso, allorche’ gli Stati Uniti hanno avviato il piu’ poderoso riarmo militare in tempo di pace. Come vedremo, e’ raro che gli stati moderni autofinanzino le proprie guerre. Devono farsi prestare quattrini come chiunque altro.
L’altro fenomeno che pompa la finanziarizzazione e’ che il capitale inizia a defluire dalle parti centrali del sistema verso le frontiere. A fine Ottocento, per esempio, gigantesche somme di capitale britannico uscirono sotto forma di prestiti da Londra verso il resto del mondo, in particolare per costruire le strade ferrate, che a loro volta furono cruciali per la straordinaria economicita’ del cibo e delle materie prime nel secolo successivo.
Storicamente la scommessa sul futuro della finanziarizzazione ha funzionato finche’ ci sono state ricche frontiere in cui gli umani e le altre nature potessero essere messi al lavoro, o estratti, per poco o nulla. Quando il lungo boom reso in parte possibile dalla rete ferroviaria globale s’e’ sgonfiato negli anni settanta del Novecento, e’ cominciata una nuova epoca della finanziarizzazione. E anche se l’era neoliberista e’ nata da una crisi di denaro costoso (il “Volker Shock” del 1979, allorché i tassi d’interesse schizzarono sino al 20 per cento nel tentativo di controllare l’inflazione), e’ poi seguita una lunga era di denaro cheap. Come spiega Anwar Shaikh, il “boom” neoliberista iniziato negli anni ottanta, per quel che valeva, fu “spronato da un brusco crollo dei tassi d’interesse… Il calo dei tassi lubrifico’ anche la diffusione dei capitali nel pianeta, promosse un enorme aumento nel debito dei consumatori e servi’ a gonfiare le bolle internazionali nella finanza e nell’immobiliare”

Info:
https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/
https://www.perunaltracitta.org/2019/04/15/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/?print=pdf
https://www.unilibro.it/libro/patel-raj-moore-jason-w-/storia-mondo-buon-mercato-guida-radicale-inganni-capitalismo/9788807173417

Finanziarizzazione/Klein

Matthew C. Klein, Michael Pettis – Le guerre commerciali sono guerre di classe. Come la crescente disuguaglianza corrompe l’economia globale e minaccia la pace internazionale – Einaudi (2021)

Ci sono molte ragioni legittime per cui le aziende americane operano in Irlanda: una forza lavoro anglofona e altamente istruita, un facile accesso al grande mercato di consumatori dell’Unione europea e brevi voli diretti verso molte delle piu’ importanti citta’ americane.
Fino agli anni novanta, pero’, la Repubblica d’Irlanda era un paese povero e sperduto alla periferia dell’Europa. E’ confinata su un’isola per lo piu’ rurale e ha un passato di rapporti complicati con il suo principale vicino.
Per superare questi svantaggi, il governo irlandese usa da tempo le agevolazioni fiscali per attrarre gli investimenti stranieri. L’aliquota tributaria ufficiale per le societa’ e’ di appena il 12,5 per cento. E’ una delle piu’ basse del mondo ed e’ da anni uno dei principali motivi per cui cosi’ tanti farmaci sono prodotti in Irlanda.
Ma le societa’ americane non sono interessate tanto alla bassa aliquota fiscale, quanto alla possibilita’ che le loro filiali «registrate» in Irlanda risultino «fiscalmente residenti» nelle Cayman o a Bermuda, dove l’aliquota tributaria per le societa’ e’ zero.
Mettete insieme un paio di queste controllate quasi irlandesi, spesso con una olandese in mezzo, poi spostate i profitti da giurisdizioni ad alta imposizione come la Germania a quelle a bassa imposizione come l’Irlanda, e la vostra multinazionale potra’ estrarre dal cilindro un’aliquota fiscale prossima allo zero sui suoi redditi internazionali.
Nel 2018, l’anno piu’ recente con dati completi, le controllate irlandesi delle corporation americane hanno generato profitti per circa 53 miliardi di dollari – piu’ o meno quanto i profitti generati complessivamente dalle controllate americane in Canada (31 miliardi di dollari), in Cina (13 miliardi di dollari) e in Giappone (13 miliardi di dollari) messe insieme.
Sempre nel 2018 le controllate olandesi delle societa’ americane hanno generato profitti per 87 miliardi di dollari – piu’ o meno pari ai profitti complessivi guadagnati in Australia (10 miliardi di dollari), Brasile (4 miliardi di dollari), Regno Unito (47 miliardi di dollari), Francia (2 miliardi di dollari), Germania (7 miliardi di dollari), Hong Kong (8 miliardi di dollari) e Messico (9 miliardi di dollari). Un simile risultato non puo’ essere spiegato dalle reali relazioni economiche; la spiegazione sta invece nel trasferimento dei profitti per pagare meno tasse. Insieme, quei sette paradisi fiscali sono stati responsabili nel 2018 di piú di 324 miliardi di dollari di reddito da investimenti diretti americani.

Info:
https://www.lavoce.info/archives/68783/guerre-commerciali-e-disuguaglianze/
https://www.repubblica.it/robinson/2020/08/18/news/bentornata_cara_vecchia_lotta_di_classe-300827708/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/12/11/i-super-ricchi-alla-base-delle-crisi-come-evitarlo-misure-fiscali-parla-lautore-del-libro-che-lega-guerre-commerciali-e-lotta-di-classe/6009245/

 

Finanziarizzazione/Chomsky

Noam Chomsky – Precipizio. Il capitale all’attacco della democrazia e il dovere di cambiare rotta – Ponte alle Grazie (2021)

Esistono altri focolai del male che affligge la popolazione.
La finanziarizzazione estrema dell’economia e la priorita’ data al valore per gli azionisti negli anni neoliberisti, accelerate dai «Chicago Boys» di Reagan, hanno determinato l’allontanamento del mondo aziendale dal modello di risparmio e investimento degli anni di grande crescita del capitalismo regolamentato.
William Lazonick ha analizzato molto bene l’«economia del riacquisto di azioni proprie (buyback)» tipica della reazione neoliberista. Secondo Lazonick, «bilioni di dollari che si sarebbero potuti spendere in investimenti produttivi sono stati invece usati per riacquistare azioni proprie in modo da aumentare il prezzo delle azioni», arricchendo i ricchi ma senza garantire un’attivita’ significativa o costante ne’ beni utili.
La Apple, la maggiore societa’ del mondo per valore di mercato, in passato produceva innovazione e sviluppo. Con il suo nuovo amministratore delegato Tim Cook e’ diventata la «regina del riacquisto», arricchendo gli azionisti (e il management).
Anche altre aziende si comportano allo stesso modo.
L’imbroglio fiscale repubblicano del 2018 sta sortendo gli stessi effetti, a tutto svantaggio dei lavoratori e dei cittadini in generale. Il rapido incremento delle speculazioni ha avuto conseguenze simili. E lo stesso vale per le ripetute crisi finanziarie seguite alla deregolamentazione, che penalizzano fortemente i poveri e i lavoratori ma non i veri colpevoli del settore finanziario, che vengono anzi salvati con i danari pubblici e ne escono piu’ ricchi di prima.