Europa/Balibar

Étienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

Oggi in Europa la crisi della legittimita’ democratica e’ dovuta al tempo stesso al fatto che gli Stati nazionali non hanno piu’ né i mezzi ne’ la volonta’ di difendere o di rinnovare il «contratto sociale» e al fatto che le istanze dell’Unione europea non hanno nessuna predisposizione a cercare le forme e i contenuti di una cittadinanza sociale superiore – salvo esservi costrette un giorno o l’altro da un’insurrezione dei popoli o da una presa di coscienza dei rischi a cui espone l’Europa la congiunzione di una dittatura dall’alto dei mercati finanziari e di un malcontento politico nutrito dal basso dalla precarizzazione delle condizioni di vita, dal disprezzo per il lavoro e dall’assenza di futuro.
Dalla descrizione di questa impasse si possono comunque trarre alcune lezioni, per quanto molto aleatorie, sui mezzi per uscirne.
Per quanto duri siano i tempi e per quanto forte sia l’amarezza per le occasioni perdute, si puo’ sperare che il pessimismo che ci viene dall’esperienza vissuta non cancelli del tutto le risorse per immaginare un futuro, risorse che possono essere rafforzate da una migliore conoscenza dei fatti.
L’introduzione di elementi democratici nelle istituzioni comunitarie costituirebbe gia’ un contrappeso alla «rivoluzione conservatrice» in corso. Ma le condizioni politiche di questa democratizzazione non possono determinarsi spontaneamente. Possono essere il frutto soltanto di una spinta simultanea dell’opinione pubblica europea verso l’inversione delle priorita’ dell’Europa, che faccia prevalere l’occupazione, l’inserimento delle giovani generazioni nella societa’, la riduzione delle diseguaglianze, la ripartizione equa del carico fiscale, sul profitto finanziario.
E questa spinta ci sara’ soltanto se i movimenti sociali e l’indignazione morale, attraverso le frontiere, si rafforzeranno al punto di ricostituire una dialettica di potere e opposizione nell’insieme della societa’ europea.
La «controdemocrazia» deve venire in soccorso della democrazia.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.sinistrainrete.info/politica/9646-etienne-balibar-populismo-e-contro-populismo-nello-specchio-americano.html

Economia di mercato/Wagenknecht

Sahra Wagenknecht – Contro la sinistra neoliberale – Sahra Wagenknecht – Fazi (2022)

Lo strapotere del settore finanziario deriva dal fatto che da decenni debiti e patrimoni crescono molto piu’ in fretta dell’economia reale.
La crisi pandemica del coronavirus ha acuito ancor di piu’ questa stortura e trasformato in uno tsunami la crescita globale dei debiti, situazione resa possibile dalla politica monetaria delle banche centrali.
Un’economia produttiva e una meritocrazia genuina richiedono un ordinamento diverso del sistema finanziario. Mentre infuriava la pandemia, l’indebitamento crescente aveva motivi di tipo economico: i lockdown ripetuti, le catene di approvvigionamento fragili e le opportunita’ di vendita stroncate hanno messo in difficolta’ molte imprese.
Dato che pero’ queste continuavano ad avere i loro costi, dipendevano da una linea di credito piu’ alta.
La stessa cosa succedeva a molte famiglie, che improvvisamente si trovarono con introiti ridotti ma pur sempre con gli affitti da pagare.
Gli Stati si sono indebitati con cifre da record, per contrapporsi al crollo dell’economia. Nel loro caso si puo’ criticare l’utilizzo sbagliato di tanti soldi, ma era sicuramente giusto il fatto che approntassero pacchetti d’aiuto per salvare dalla crisi la sostanza delle preziose economie nazionali […]
Dunque, la politica che veniva perseguita dalle banche centrali quale misura anticrisi in una situazione economica eccezionale era giustificata.
Il problema sta altrove, e precisamente nel fatto che, almeno a partire dall’ultima grande crisi finanziaria del 2009, ci troviamo praticamente in una condizione di crisi senza soluzione di continuita’; nemmeno le misure attuate dalla BCE nella crisi dovuta al coronavirus sono state un’eccezione, bensi’ un prolungamento e una estensione di cio’ che fanno da molti anni le autorita’ monetarie di Francoforte.
La rapidita’ della crescita senza precedenti di debiti e patrimoni, che porta a rafforzare sempre piu’ un settore finanziario, non e’ un fenomeno nuovo.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/06/wagenknecht-domenica-il-sole-24-ore.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-il-fatto-quotidiano.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/11/wagenknecht-lindice-dei-libri-del-mese.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-avvenire.pdf
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-recensione_di_contro_la_sinistra_neoliberale_di_sahra_wagenknecht/39329_46608/

Economia di mercato/Undiemi

Lidia Undiemi – Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Ponte alle Grazie (2014)

Le varie funzioni dell’impresa multinazionale verranno svolte nelle localita’ che consentono specifici vantaggi.
La funzione finanziaria, per esempio, verra’ svolta in un Paese che propone una normativa agevolata sugli aspetti finanziari connessi agli interessi della holding; la funzione «marketing e pubblicita’» sara’ affidata a un’altra societa’ controllata in una nazione diversa; le lavorazioni del prodotto verranno delocalizzate nei paesi che dispongono della manodopera al minor costo.
Tale fenomeno ha delle implicazioni economiche enormi: una quantita’ indefinita di scambi commerciali sono realizzati nell’ambito della stessa impresa e non, come ci si aspetterebbe, fra imprese differenti, dunque concorrenti. Venditore e compratore vengono molto spesso a coincidere, rendendo di fatto lo scambio una finzione economica.
L’illusoria concorrenza sarebbe in realta’ espressione di un mercato sostanzialmente oligopolistico.
La frammentazione «legale» e il trasferimento di quote rilevanti del rischio d’impresa a societa’ prive di una vera organizzazione imprenditoriale si traduce nella deresponsabilizzazione degli investitori internazionali, i quali, grazie al sostegno della finanza creativa, riescono a cartolarizzare le diverse parti dell’impresa. Alcune societa’ diventano veri e propri bacini di debiti, di responsabilita’ e di costi che la grande impresa riversa a cascata sui lavoratori. L’ampia diffusione di societa’ controllate e partecipate si traduce dunque in un moltiplicatore di instabilita’ finanziaria […]
Il capitale internazionale persegue degli interessi che vanno molto al di la’ dello stato di salute dell’economia delle singole nazioni a cui affida qualche anello della catena di produzione e di distribuzione globale.
Tuttavia, il mantenimento di un certo livello di domanda effettiva di beni e servizi e’ cio’ che consente alla globalizzazione finanziaria di restare in piedi. Fin quando i mercati finanziari garantiranno con le loro alchimie una certa quota di reddito alle famiglie dei paesi ricchi, e quindi consumatori, il deterioramento dell’economia dei rispettivi territori verra’ efficacemente celato.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

Capitalismo/Galli

Carlo Galli – Democrazia, ultimo atto? – Einaudi (2023)

L’effetto moderatamente livellante della liberaldemocrazia – la creazione della vasta platea del ceto medio, che andava dall’operaio specializzato al piccolo professionista – e’ vanificata: tutti sono esposti alla durezza del mercato, e ben presto davanti a tutti si spalanca il baratro, o il rischio, della perdita delle sicurezze, della precarizzazione e della retrocessione sociale.
Gran parte del lavoro – direttamente o indirettamente – e’ dipendente dalle piattaforme elettroniche di Big Tech o da anonimi poteri finanziari sovranazionali: anche la tradizionale indipendenza economica e intellettuale del lavoro autonomo e professionale deve essere limitata, azzerata; piu’ in generale, la relativa sicurezza economica che e’ necessaria alla partecipazione democratica viene meno.
Il lavoro non costruisce la societa’, e non apre alla partecipazione politica democratica: troppo impegnati nelle difficolta’ economiche, o troppo pressati dalle logiche di mercato e dalla competizione, nella «societa’ del rischio» i lavoratori non sono piu’ ipso facto cittadini – e l’astensione elettorale, il disinteresse per la politica, interrotto da fiammate populiste, o da innamoramenti leaderistici, lo dimostrano […]
Sotto il profilo politico interno (con tutte le differenze dovute alle peculiarita’ di ciascun Paese) la democrazia liberista relega partiti e parlamento a un ruolo minore. I partiti come strutture di potere continuano, certo, a occupare le istituzioni, ma il loro corpo e’ cambiato: sono macchine elettorali, al servizio di un leader che si rivolge direttamente al popolo e che usa il partito come strumento personale […]
Alle mediazioni partitiche e istituzionali, e a quella del lavoro, si sostituisce dunque quella dei media, il cui ruolo principale e’ trasformare le questioni e i processi strutturali in «casi umani» particolari, capaci di coinvolgere emotivamente il «pubblico». La comunicazione prevale sui contenuti; alla rappresentanza subentra la rappresentazione, la politica-spettacolo, che si manifesta nei luoghi dello sport, del divertimento, dell’intrattenimento televisivo, nelle reti dei social e nelle aule dei Palazzi.

Info:
https://www.doppiozero.com/democrazia-ultimo-atto
https://www.pandorarivista.it/event_listing/democrazia-ultimo-atto-con-carlo-galli-flavia-giacobbe-e-damiano-palano/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/09/24/news/tramonto_democrazia_libro_di_carlo_galli-415666570/
https://www.youtube.com/watch?v=bMsOzzZ6B1o
https://www.raicultura.it/filosofia/articoli/2019/01/Carlo-Galli-la-crisi-della-democrazia-bdeb1652-b914-416a-871f-e0478803be64.html

Economia di mercato/Undiemi

Lidia Undiemi – Il ricatto dei mercati. Difendere la democrazia, l’economia reale e il lavoro dall’assalto della finanza internazionale – Ponte alle Grazie (2014)

Nel discutere di neoliberismo, bisogna anche chiarire qual e’ il ruolo degli stati dominanti in questo quadro politico globale, che vede quelli piu’ deboli soggetti al dominio delle organizzazioni internazionali.
L’FMI rappresenta l’egemonia statunitense, e il potere che i mercati assumono tramite esso e’ espressione dell’idea di Stato e di modello economico che le forze politiche americane hanno deciso di far prevalere nel proprio territorio e di esportare nel resto del mondo.
Alla stessa maniera, l’organizzazione speculare, il MES, e’ stata realizzata in maniera tale che il piu’ forte, ossia la Germania con la diretta collaborazione dell’FMI, potesse imporre ai PIGS il prezzo del riequilibrio finanziario internazionale, vale a dire i salvataggi delle banche verso le quali quelle tedesche vantavano dei crediti; queste ultime, a loro volta, erano rimaste coinvolte nella grande crisi del 2007 in quanto avevano investito il proprio surplus commerciale (guarda caso) sui titoli subprime statunitensi, nonche’ nei paesi periferici dell’area euro, gonfiando la bolla del debito privato.
L’attuale struttura della globalizzazione economica e finanziaria presuppone, quindi, che dietro l’affermazione del potere del capitale ci sia pur sempre la legittimazione da parte di uno o piu’ stati forti che seguono una determinata linea di politica economica costruita sulla possibilita’ di esercitare pressioni su quelli piu’ deboli […]
La supremazia delle politiche neoliberiste sull’economia generale si regge sulla capacita’ degli americani di finanziare il proprio disavanzo di conto corrente senza i limiti a cui devono invece sottostare i paesi che non emettono moneta di riserva mondiale.
In questo senso, l’economia del debito fondata sul ruolo centrale degli Stati Uniti nel mondo rappresenta il sistema economico-giuridico attraverso cui i costi del sovraconsumo americano, ovvero il deficit pubblico, vengono scaricati sul resto del mondo. Potremmo chiamarla «la tassa dell’Impero».
Nonostante la stabilita’ del dollaro, la decadenza dell’industria americana, ossia dell’economia reale, e l’alto livello dei consumi interni hanno determinato l’aggravarsi del deficit della bilancia commerciale, finanziato dall’afflusso di capitali dall’estero.
Secondo l’FMI infatti dal 1988 gli Stati Uniti hanno assorbito circa la meta’ della domanda mondiale totale […] Il risultato di tutto questo e’ un indebitamento interno colossale e disavanzi record nella bilancia commerciale […]
Il declino del dollaro avrebbe risvolti enormi sul piano della governance globale improntata sull’economia del debito e sulle funzioni di governo dell’FMI, al punto che tale organizzazione internazionale potrebbe essere messa all’angolo nella gestione delle crisi internazionali; cio’ comporterebbe necessariamente un indebolimento del potere politico ed economico che gli Stati Uniti – e conseguentemente le lobby americane – esercitano nel resto del mondo.

Info:
https://www.antimafiaduemila.com/libri/economia/930-il-ricatto-dei-mercati.html
https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/10/20/libri-lidia-undiemi-vi-racconto-il-ricatto-dei-mercati-e-quello-sulleuro/303203/
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-spread_intervista_a_lidia_undiemi_autrice_del_libro_profetico_il_ricatto_dei_mercati/5496_24172/

Economia di mercato/Undiemi

Lidia Undiemi – La lotta di classe nel XXI secolo. La nuova offensiva del capitale contro i lavoratori: il quadro mondiale del conflitto e la possibile reazione democratica – Ponte alle Grazie (2021)

Le multinazionali operano mediante una sofisticata ingegneria istituzionale e finanziaria che affonda le sue radici nell’utilizzo di un particolare strumento giuridico: il «gruppo di societa’».
I gruppi di societa’ sono le istituzioni dominanti dell’economia mondiale, e rappresentano il modello organizzativo delle multinazionali.
Gruppi e multinazionali sono due facce della stessa medaglia.
Le statistiche mostrano come il commercio internazionale sia sempre piu’ caratterizzato dagli scambi che vengono realizzati tra consociate della stessa impresa multinazionale […]
Il nuovo sistema economico mondiale tende quindi a svilupparsi non sul commercio fra imprese indipendenti ma sulla concatenazione di societa’ – controllanti e controllate – che operano in uno spazio sovranazionale, tutte riferite a un’unica impresa «globale», il cui centro direttivo viene individuato nella capogruppo (societa’ «madre»).
Ciascuna singola relazione fra le societa’ legate da rapporti di controllo – o anche solamente partecipate – non esclude di per se’ i flussi commerciali di beni e servizi poiche’, in ogni caso, la relazione fra entita’ societarie anche solo formalmente distinte richiede comunque la stipulazione di accordi commerciali che ne giustifichino legalmente lo scambio, cosi’ come avviene tra imprese indipendenti […]
L’outsourcing e la proliferazione dei gruppi di societa’ sono quindi fenomeni fortemente interdipendenti, poiche’ alla frammentazione societaria deve quindi corrispondere una formale relazione commerciale – un contratto di fornitura – che possa giustificare lo scambio fra societa’ appartenenti alla medesima impresa multinazionale […]
L’uso su larga scala delle transazioni commerciali intra-gruppo e’ un fenomeno che ha delle implicazioni economiche enormi, in quanto significherebbe ammettere che una buona parte di scambi commerciali, nazionali e internazionali, viene realizzata nell’ambito della stessa impresa – ancorche’ formalmente distinta in piu’ societa’ – e non, come ci si aspetterebbe, fra imprese concorrenti.
Venditore e compratore verrebbero a coincidere, lo scambio in se’ diverrebbe una «finzione» economica e l’apparente concorrenza sarebbe in realta’ espressione di un mercato sostanzialmente oligopolistico, strutturato su un modello di «scambio a contraente unico»: le condizioni dello scambio commerciale – del prezzo ovvero di qualsiasi altra scelta rilevante inerente alla vita interna della societa’ eterodiretta – verrebbero dettate dalla societa’ controllante, sia essa formalmente acquirente o venditrice del bene o del servizio prodotto la cui controparte e’ la controllata.

Info:
https://www.lidiaundiemi.it/libri/la-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo
https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo
https://www.sinistrainrete.info/politica/23735-lidia-undiemi-reagire-e-non-aspettare-il-manifesto-della-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo.html
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lidia_undiemi__reagire_e_non_aspettare_il_manifesto_della_lotta_di_classe_nel_xxi_secolo/39130_47187/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/05/undiemi-la-pace-sociale-e-una-trappola-per-i-lavoratori-serve-una-ripresa-della-conflittualita-dal-governo-mi-attendo-nuova-riforma-lavoro/6120731/

Economia di mercato/Hickel

Jason Hickel – The divide. Guida per risolvere la disuguaglianza globale – il Saggiatore (2018)

In questo momento, una delle ragioni per cui le nostre economie devono crescere e’ il debito.
Il debito si porta dietro gli interessi, e gli interessi fanno crescere il debito in modo esponenziale.
Per poter rimborsare il proprio debito nel lungo periodo, un paese deve far crescere l’economia abbastanza da uguagliare la crescita del debito. Lo stesso vale per un’azienda: se volete avviare un’impresa, probabilmente dovete accendere un mutuo.
Poi, avendo contratto quel debito, non potete accontentarvi di guadagnare abbastanza da pagare i vostri dipendenti e sfamare la vostra famiglia: dovete anche realizzare abbastanza profitti da riuscire a rimborsare il prestito piu’ gli interessi composti.
Che siate un paese o un’impresa (o anche un singolo individuo), scoprirete che senza crescita il debito si accumula e alla fine provoca una crisi finanziaria.
Insomma, se non cresci, crolli.

Capitalismo/Chomsky

Noam Chomsky – Così va il mondo – Piemme (2017)

Nel 1970 circa il 90% del capitale internazionale era destinato al commercio e a investimenti a lungo termine, mentre il restante 10% veniva investito in speculazioni.
Entro il 1990 questi dati si erano completamente invertiti: il 90% era destinato alla speculazione e il 10% al commercio e agli investimenti a lungo termine.
Non solo questo cambiamento radicale ha influenzato la natura del capitale finanziario, privo di ogni controllo, ma anche il volume di questo tipo di transazioni si e’ accresciuto a dismisura.
Secondo una recente stima della Banca Mondiale, circa 14 trilioni di dollari vengono spostati nel mondo, e di questi un trilione si muove ogni giorno. Questo enorme volume di capitali di natura principalmente speculativa crea pressioni che si traducono in politiche economiche deflazionistiche, perche’ quel che il capitale speculativo vuole e’ una crescita bassa e una bassa inflazione.
Questo sta spingendo gran parte del mondo verso un nuovo equilibrio economico fatto di bassa crescita e bassi salari.
Cio’ rappresenta un attacco micidiale agli sforzi dei governi di stimolare l’economia.

Info:
https://www.lapoesiaelospirito.it/2017/09/15/noam-chomsky-cosi-va-il-mondo/
https://www.ibs.it/cosi-va-mondo-libro-vari/e/9788856626674

Lavoro/ Undiemi

Lidia Undiemi – La lotta di classe nel XXI secolo. La nuova offensiva del capitale contro i lavoratori: il quadro mondiale del conflitto e la possibile reazione democratica – Ponte alle Grazie (2021)

Quando si discute di occupazione, tutte le attenzioni sono concentrate sui numeri.
L’obiettivo primario e’ quello di aumentare il numero degli occupati e diminuire quello dei disoccupati. Grafici e tabelle statistiche vengono sventolate da ogni parte per giudicare se i governi hanno agito bene oppure male […]
E’ sorprendente come il valore umano e sociale del lavoro sia stato mortificato sino al punto da non essere piu’ oggetto di interesse in ambito politico. Eppure il decadimento della qualita’ del lavoro e’ sotto gli occhi di tutti. In Germania hanno inventato i mini-jobs a 450 euro al mese, una miseria. In Gran Bretagna i contratti a «zero ore»: non e’ previsto un minimo di ore settimanali e il lavoratore potrebbe ritrovarsi con un pugno di mosche in mano a fine mese. In Italia la furbata delle collaborazioni per meta’ autonome e per meta’ subordinate: l’importante e’ avere lavoro a basso costo. In Spagna le riforme del governo Rajoy hanno precarizzato il lavoro di milioni di spagnoli […]
L’occupazione dei numeri e’ sostenibile solo dal lato del capitale, che dal suo canto trae il massimo vantaggio dall’appoggio di governi che valutano positivamente l’offerta di lavoro a basso costo, purche’ aumenti la disponibilita’ di posti di lavoro.
Questa e’ la mentalità del capitale, questa e’ la logica che applicano le aziende per generare il massimo del profitto possibile, per cui i lavoratori sono numeri, sono costi.
Cosi’ come gli esperti di finanza cercano di vendere i titoli in borsa, i partiti cercano di piazzare i posti di lavoro in politica. Anche in questo caso, la societa’ non fa altro che interiorizzare il linguaggio e gli obiettivi del capitale.
Accettare passivamente questo stato di cose e’ sottomissione, prima culturale e poi politica.
La supremazia dei numeri, del valore meramente oggettivo del lavoro, non e’ compatibile con i valori costituzionali, e ancor prima con quei valori che hanno consentito all’umanita’ di evolversi dalla schiavitu’. L’aumento dell’occupazione precaria e malpagata e’ il peggior fallimento della politica degli ultimi decenni.

Info:
https://www.lidiaundiemi.it/libri/la-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo
https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo
https://www.sinistrainrete.info/politica/23735-lidia-undiemi-reagire-e-non-aspettare-il-manifesto-della-lotta-di-classe-nel-xxi-secolo.html
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-lidia_undiemi__reagire_e_non_aspettare_il_manifesto_della_lotta_di_classe_nel_xxi_secolo/39130_47187/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/03/05/undiemi-la-pace-sociale-e-una-trappola-per-i-lavoratori-serve-una-ripresa-della-conflittualita-dal-governo-mi-attendo-nuova-riforma-lavoro/6120731/

Finanziarizzazione/Patel

Raj Patel, Jason W. Moore – Una storia del mondo a buon mercato. Guida radicale agli inganni del capitalismo – Feltrinelli (2018)

Quando le occasioni di profitto si sono fatte piu’ rare nelle regioni solite di produzione ed estrazione, i capitalisti hanno preso i propri profitti e li hanno messi nella distribuzione del denaro.
E’ una ragione per cui dopo ogni grande boom nel capitalismo mondiale, quello olandese di meta’ Seicento, quello britannico a meta’ Ottocento e l’epoca d’oro americana del dopoguerra, e’ scattato un fenomeno che gli esperti chiamano finanziarizzazione.
In periodi del genere il capitalismo si allontanava dalle iniziative industriali e commerciali piu’ antiquate e meno profittevoli per passare a forme di distribuzione dei soldi.
Invece di assumere dipendenti che significano grattacapi, di costruire stabilimenti costosi, di comprare materie prime e produrre una merce, erano sempre piu’ numerosi i capitalisti che si dedicavano a qualcosa di piu’ semplice e (per un po’) piu’ attraente: prestare soldi e fare scommesse speculative sul futuro. In questo senso la finanziarizzazione e’ in pratica una scommessa su una futura, piu’ proficua, rivoluzione industriale.
Oggi viviamo in un’epoca del genere, e la storia non ci conforta riguardo il probabile epilogo: di solito questi cicli di accumulazione si concludono con una guerra, e con l’avvento di nuove potenze finanziarie.

Info:
https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/
https://www.perunaltracitta.org/2019/04/15/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/?print=pdf
https://www.unilibro.it/libro/patel-raj-moore-jason-w-/storia-mondo-buon-mercato-guida-radicale-inganni-capitalismo/9788807173417