Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa – Fazi (2016)

Il “miracolo” delle esportazioni tedesche non e’ tanto da imputare a una maggiore produttivita’ o efficienza del sistema tedesco, quanto piuttosto alla politica di compressione dei salari e della domanda interna perseguita dall’establishment politico-economico tedesco nei primi anni Duemila, nonche’ al fatto che gli altri paesi del continente non hanno seguito la stessa politica salariale, ma hanno invece mantenuto un livello di domanda tale da poter assorbire le esportazioni tedesche, accumulando cosi’ ampi disavanzi commerciali (anche in virtu’ di bolle speculative alimentate proprio dal settore finanziario tedesco, che hanno permesso ai consumatori di questi paesi di continuare a importare prodotti della Germania).
Da cui si evince quanto sia fallace l’idea che il “modello tedesco”, nel medio-lungo termine, possa rappresentare un modello per l’eurozona o per l’Europa nel loro complesso, poiche’ risulta evidente che esso puo’ funzionare solo se c’e’ qualcuno che si fa carico di trainare le esportazioni, stimolando la domanda interna e tollerando ampi deficit commerciali.
Eppure uno degli scopi, piu’ o meno espliciti, delle misure di austerita’ imposte ai paesi della periferia in questi anni – che non hanno agito solo sul fronte della domanda pubblica per mezzo di tagli alla spesa statale, ma anche sul fronte della domanda privata per mezzo di politiche di flessibilizzazione del lavoro e compressione/riduzione dei salari reali (-23 per cento in Grecia, -7 per cento in Spagna ecc.) –e’ stato proprio quello di imporre a tutta l’Unione, in particolare all’eurozona, un modello strettamente export-led in cui la crescita e’ trainata in primo luogo dalle esportazioni (imitando appunto il modello tedesco).

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Europa/Zielonka

Jan Zielonka – Contro-rivoluzione. La disfatta dell’Europa Liberale – Laterza (2018)

Poiche’ la concezione liberale della societa’ e’ universale e non legata a un determinato luogo o nazione, e’ del tutto naturale per i liberali abbracciare una politica e un’economia transnazionali.
Gli ideali liberali furono dietro alla creazione delle Nazioni Unite e delle Comunita’ europee. Il libero commercio, il multilateralismo e gli scambi culturali sono fra gli strumenti primari dell’avanzamento del progetto liberale.
In poche parole, i liberali appartengono al «partito della globalizzazione» e non al «partito della territorialita’». […]
La domanda e’: chi assicurera’ l’ordine liberale in un mondo dai confini vaghi e dalla multipla interdipendenza?
La sola autorita’ pubblica transnazionale di qualche rilevanza, l’Unione europea, si trova ora in un processo di decomposizione Organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite o la Banca mondiale difficilmente sono in grado di proteggere gli individui dai comportamenti predatorii in economia e in politica.
Esiste unautentico liberale che creda ancora che l’impero americano sia davvero un promotore della liberta’ in tutto il
mondo?
E un «impero» russo o tedesco puo’ far meglio per i rispettivi vicini europei?

Info:
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/
https://www.pandorarivista.it/articoli/contro-rivoluzione-jan-zielonka/3/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858129937
http://www.atlanticoquotidiano.it/recensioni/rivoluzione-la-disfatta-delleuropa-liberale-jan-zielonka/

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

In sostanza la tesi di Habermas e’ che la crisi dell’euro non abbia niente a che vedere con le «colpe» degli Stati «prodighi» che faticano ad allinearsi con gli Stati «parsimoniosi» (in tedesco Schuld vuol dire sia «colpa» sia «debito»), ma e’ dovuta all’incapacita’ degli Stati nazionali, messi in concorrenza tra di loro dagli speculatori, di neutralizzare il gioco dei mercati e di fare il necessario per una regolamentazione mondiale della finanza.
Di conseguenza, non si uscira’ dalla crisi se l’Europa non si decide a «fare il passo» verso un’integrazione politica, che le permetterebbe al tempo stesso di difendere la moneta e di attuare le politiche sociali e di riduzione delle diseguaglianze che giustificano la sua stessa esistenza.
Il luogo naturale di questa evoluzione e’ il «nocciolo duro del- l’Europa»(Kerneuropa), cioe’ l’eurozona allargata agli Stati che dovrebbero aderirvi prossimamente (in particolare la Polonia).
Ma la conditio sine qua non di questa evoluzione e’ una democratizzazione reale delle istituzioni europee: con il che Habermas intende essenzialmente la creazione di una rappresentanza parlamentare delle popolazioni che sia effettiva (con un sistema a due gradi, che Habermas distingue dal federalismo alla tedesca), dotata di poteri di controllo politico a livello europeo, in particolare sul volume e l’utilizzo delle tasse che sosterrebbero la moneta comune, secondo il principio degli insorti americani del 1776: no taxation without representation. […]
Quantomeno Habermas avrebbe dovuto sviluppare la proposta […] di una imposizione fiscale comune e del controllo del suo utilizzo.
In effetti, in Europa come altrove, non ci sara’ uscita dalla crisi senza una rivoluzione fiscale, che significhi non solo il prelievo di tasse europee e il controllo della loro equa ripartizione, ma anche il loro utilizzo per una politica di ripristino dell’occupazione devastata dalla crisi, di riconversione delle attivita’ produttive e di salvaguardia del territorio europeo.

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

Europa/Zielonka

Jan Zielonka – Contro-rivoluzione. La disfatta dell’Europa liberale – Laterza (2018)

I liberali hanno abbracciato forse con troppo entusiasmo la globalizzazione e l’integrazione europea, con profonde ripercussioni sulla politica democratica degli Stati-nazione.
La cosa piu’ importante e’ che i mercati sono attualmente perlopiu’ sottratti a ogni controllo democratico. Al contempo, impongono proprie restrizioni alle democrazie.
Se non c’e’ modo di monitorare il movimento dei capitali attraverso le frontiere, e ancor piu’ di frenarlo e tassarlo, la democrazia rimane praticamente senza potere.
Se la spesa pubblica non puo’ essere sostenuta anche con misure opportunistiche come l’inflazione e il debito pubblico, la maggior parte degli impegni elettorali e’ vuota per definizione.
[…] Per essere efficiente, la democrazia deve avere i mezzi per poter influenzare, se non controllare, i mercati transnazionali. E ha anche bisogno di operare in uno spazio corrispondente alla scala dei mercati. In altre parole, dovrebbe esserci un’autorità pubblica transnazionale capace di regolamentare i mercati transnazionali. Su questo appunto verteva l’integrazione europea, o sbaglio? […]
Si pensava che l’Unione europea aiutasse gli europei a fronteggiare le pressioni transnazionali. Si auspicava che, con l’allargamento territoriale e l’imposizione istituzionale di un sistema di governance, l’Unione europea facesse nascere dei cittadini europei. Purtroppo questo, a quanto pare, non e’ accaduto. L’Unione europea si e’ dimostrata piu’ capace di rispondere alle esigenze degli uomini d’affari e delle lobby che a quelle dei cittadini comuni.
Si e’ rivelata il «cavallo di Troia» che ha rafforzato il continuo predominio dei mercati sulla democrazia.

Info:
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/
https://www.pandorarivista.it/articoli/contro-rivoluzione-jan-zielonka/3/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858129937
http://www.atlanticoquotidiano.it/recensioni/rivoluzione-la-disfatta-delleuropa-liberale-jan-zielonka/

Lavoro/Crouch

Colin Crouch – Identita’ perdute. Globalizzazione e nazionalismo – Laterza (2019)

Uno scontro epico tra globalizzazione e un risuscitato nazionalismo sta trasformando le identita’ e i conflitti politici in tutto il mondo […]
Mentre in un primo momento la globalizzazione sembrava destinata semplicemente a offrire piu’ a buon mercato prodotti dall’estero e nuove opportunita’ per le esportazioni, la globalizzazione ha significato per molti la perdita non solo del proprio lavoro individuale ma di intere fabbriche di lunga tradizione e delle comunita’ e degli stili di vita a esse associati, con un’ulteriore spirale di disorientamento dovuta alle tradizioni straniere e al gran numero di persone provenienti da altre culture, che hanno invaso e oscurato gli abituali punti di riferimento.
L’inquietudine e la preoccupazione che ne conseguono sono avvertite parimenti
– dagli italiani, arrabbiati con l’Unione Europea (UE) che non fa abbastanza per convincere gli Stati dell’Europa centrale ad accogliere una parte dei rifugiati arrivati sulle coste del paese, e allo stesso tempo dai cittadini dell’Europa centrale, furiosi con l’UE perche’ chiede loro di farlo;
– dagli ex operai dell’industria siderurgica americana e francese, che hanno visto dissolvere le loro fabbriche e le comunita’ locali;
– dai tedeschi, che parlano della loro Heimat e hanno la sensazione che sia qualcosa che ormai hanno perduto;
– da russi, britannici e austriaci, presi dalla nostalgia per i loro imperi del passato e infastiditi dal fatto che in un mondo globalizzato la «sovranita’» debba essere condivisa;
– da appartenenti alle societa’ islamiche, che si sentono invasi tanto dagli aerei militari americani e britannici quanto dalla cultura e dai costumi sessuali occidentali;
– e da persone di tutta Europa e Nord America, sconvolte e inorridite dal terrorismo islamico e che non gradiscono la presenza tra le loro strade di donne che indossano l’hijab.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica/14268-alessandro-visalli-colin-crouch-identita-perdute-globalizzazione-e-nazionalismo.html
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134061

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

L’Europa ha creduto di costruire delle frontiere europee, ma in realta’ non ha frontiere, e’ essa stessa, in quanto tale, una frontiera complessa: contemporaneamente una e molteplice, fissa e mobile, rivolta verso l’esterno e l’interno.
Per usare un termine inglese, in questo caso piu’ pregnante, e’ una Borderland, una «terra di frontiera».
Cio’ significa, a mio parere, due cose di portata fondamentale e paradossale, le cui conseguenze continueranno a sfuggirci se continueremo a ragionare in termini di sovranita’ nazionale e di controlli in senso tradizionale: in primo luogo, che l’Europa non e’ uno spazio dove le frontiere si giustappongono, ma dove si sovrappongono senza riuscire veramente a fondersi; in secondo luogo, che l’Europa e’ uno spazio dove le frontiere si moltiplicano e si spostano costantemente […]
Riguardo al primo punto […] l’Europa non ha un’unica identificazione in termini di «territorio».
Siamo portati a credere che i confini esterni dell’Europa siano le frontiere reali dell’Europa, ma non e’ vero. Perche’ questi confini non coincidono né con quelli del Consiglio d’Europa (che include la Russia, l’Ucraina, la Turchia e tutti gli Stati balcanici e rientra nelle competenze della Corte europea dei diritti dell’uomo), né con quelli della NATO (che include gli Stati Uniti, la Norvegia, la Turchia ecc. ed e’ responsabile della protezione del territorio europeo, in particolare contro gli avversari dell’Est, e di una parte delle operazioni militari sulla sponda meridionale del Mediterraneo), né con la spazio Schengen (che include la Svizzera ma non il Regno Unito), né con l’eurozona, dove regnano la moneta unica e l’unione bancaria sotto il controllo della Banca centrale europea (e che include ancora la Grecia ma non il Regno Unito, la Svezia, e la Polonia).
Visti gli avvenimenti recenti, credo sia d’obbligo ammettere che queste diverse aree non arriveranno mai a fondersi. E che, di conseguenza, l’Europa non sia definibile come un territorio se non in modo riduttivo e di fatto contraddittorio. […]
Ritorniamo comunque al triste spettacolo che ci offre in questo momento l’Europa di fronte alla sfida migratoria e tentiamo di definire più precisamente il senso delle moltiplicazioni, degli spostamenti delle frontiere.
E’ il nostro secondo punto […]
L’appartenenza formale all’Unione europea e’ diventata un criterio secondario: i Balcani sono in Europa, come vogliono d’altronde la geografia e la storia, di modo che, ad esempio, il «muro» ungherese taglia l’Europa e riproduce il tipo di segregazione che pretende di escludere (come ha fatto osservare a mezza voce il portavoce della Commissione). D’altra parte, alcuni Paesi europei da altri Paesi sono considerati non europei, ma piuttosto delle zone tampone.
Ma questa definizione non è assoluta, funziona in senso relativo, secondo un gradiente, come direbbero i fisici, che acquista un significato politico, sociologico, ideologico e anche antropologico.
Il Sud, l’altra Europa che non e’ del tutto europea ma mantiene un piede nel Terzo Mondo o gli serve da porta di accesso, per la Francia e’ l’Italia, ma per l’Inghilterra e’ la Francia; per la Germania e’ l’Ungheria e tutto quello che si trova al di la’, ma per l’Ungheria e’ la Serbia, la Macedonia, la Grecia e la Turchia…
Quindi ci chiediamo: chi ferma chi? Chi e’ la guardia di frontiera dell’altro? Risposta: l’altro Stato, quello che sta piu’ a sud (o a sud- est) […]
Possiamo dunque arrivare alla doppia conclusione che si impone: nei fatti la frontiera esterna dell’Europa passa dovunque al suo interno, la taglia in parti sovrapposte; e di conseguenza l’Europa stessa – pur facendo parte del Nord – non e’ altro che una delle zone dove si gioca la grande e impossibile demarcazione del mondo attuale tra Nord e Sud. Una demarcazione che in realta’ non e’ piu’ localizzabile.
Se a questo si aggiungono le demarcazioni economiche (a volte percepite come culturali) che si stanno scavando tra il Nord e il
Sud del continente, all’interno dell’Unione europea stessa, per effetto del liberismo economico e dei rapporti tra Paesi creditori e debitori, si capisce come alcuni Paesi membri siano tentati di amputarne altri per proteggersi meglio contro quello che rappresentano o che portano in Europa.
Salvo che un atteggiamento del genere pragmaticamente
non ha senso, perche’ dove si fara’ passare la superfrontiera? Come la si definirà sotto il profilo giuridico?

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

Europa/Formenti

Carlo Formenti – La variante populista – Derive Approdi (2016)

Che l’Unione europea non sia un’istituzione democratica e’ ormai un’idea condivisa non solo dagli ambienti «euroscettici» ma anche da molti convinti europeisti.
Del resto e’ difficile negare una serie di evidenze:
1) la Commissione europea e’ un comitato di funzionari politici non eletti che rispondono ai «mercati», cioe’ alle lobby finanziarie e industriali, piuttosto che ai cittadini europei;
2) il Parlamento europeo e’ l’unico organo eletto, ma e’ dotato di limitati poteri decisionali;
3) le decisioni della Banca centrale europea in materia di politica monetaria ed economica tengono conto dei suggerimenti della Banca mondiale, del Fondo monetario internazionale (e della banca centrale tedesca, l’unica banca nazionale ad avere voce in capitolo) piuttosto che delle esigenze degli Stati membri, e l’elenco potrebbe proseguire.

Info:
https://sinistrainrete.info/teoria/9639-alessandro-visalli-la-variante-populista-di-formenti.html
https://www.lacittafutura.it/cultura/la-variante-populista-secondo-formenti

Stato/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

E’ impossibile rafforzare la capacita’ degli Stati (o delle coalizioni di Stati come l’Europa) di limitare i rischi sistemici e di aumentare il loro potere di regolazione del mercato finanziario senza sviluppare contemporaneamente da una parte una nuova capacita’ istituzionale di governo dell’economia e dall’altra un insieme di politiche di crescita anticicliche, il contrario dunque delle misure di riduzione del debito, di deflazione e di depressione misurata con le quali l’ortodossia liberista intenderebbe cancellare i debiti insolvibili che sono stati trasferiti dal privato al pubblico dall’inizio della crisi.
Ma e’ molto difficile, per non dire impossibile, realizzare queste due condizioni senza mettere in discussione radicalmente il regime attuale del potere politico-economico, che si e’ in buona misura allontanato dai suoi luoghi giuridici, amministrativi e parlamentari ufficiali, affidando le scelte cruciali a una governance-ombra, di cui il ruolo del Fondo monetario internazionale nell’ideazione del piano europeo di salvataggio delle finanze greche e’ un buon esempio.
Ed e’ tanto piu’ difficile se la tendenza all’aumento delle diseguaglianze di ricchezza […] continua ad accentuarsi.

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

Populismo/De Benoist

Alain De Benoist – Populismo.Lafine della destra e della sinistra – Arianna (2017)

Da diversi decenni il popolo constata che la sua vita quotidiana e’ stata sconvolta in profondita’ da evoluzioni sulle quali non e’ mai stato consultato e che la classe politica, di tutte le tendenze, non ha mai cercato di modificare o frenare […]
In primo luogo, l’immigrazione.
Nello spazio di due generazioni, tramite il meccanismo del ricongiungimento familiare e dell’afflusso migratorio, la vecchia immigrazione temporanea ha assunto il carattere di un’immigrazione di popolamento.
Massiccia, rapida, malaccolta e mal controllata, essa ha generato in tutti i campi (scuola, vita quotidiana, mondo del lavoro, sicurezza, delinquenza) una serie di patologie sociali, creato o esacerbato fratture culturali o confessionali, minato i costumi e trasformato in profondita’ la composizione della popolazione […]
In secondo luogo, l’Unione europea.
Dall’inizio degli anni Ottanta la costruzione europea si e’ saldata con la scomparsa di interi pezzi di sovranita’ degli Stati, senza che quest’ultima fosse riportata a un livello superiore. L’aumento vertiginoso del debito pubblico, causato inizialmente dalla volonta’ di salvare le banche minacciate
dalla crisi finanziaria del 2008, ha posto gli Stati in una posizione di dipendenza dai mercati finanziari nel momento stesso in cui la creazione dell’euro li privava della possibilita’ di decidere sovranamente sulla loro politica monetaria.
Gia’ dipendenti dalla NATO sul piano militare, sottomessi ai vincoli di bilancio decretati dall’Unione europea, gli Stati sono titolari di una sovranita’ di pura facciata.
Le istituzioni europee, inoltre, sono state realizzate procedendo dall’alto verso il basso.
I popoli non sono stati associati alla costruzione europea, e le poche volte in cui sono stati consultati la loro opinione non e’ stata tenuta in alcuna considerazione […]
Infine, la globalizzazione.
Resa possibile dal crollo del sistema sovietico, che simboleggiava la divisione del mondo in due sistemi, ha rappresentato una rivoluzione simbolica fondamentale che ha cambiato il nostro rapporto con il mondo ponendo fine alla lenta ascesa delle classi medie e rendendo insostenibili le conquiste sociali concesse al mondo del lavoro, all’epoca del
“trentennio glorioso” di crescita economica successivo al secondo dopoguerra (1945-1975).
Attraverso il gioco delle delocalizzazioni e della messa in
concorrenza, in condizioni di dumping, con il monte salari sottopagato del Terzo Mondo, ha distrutto il potere di contrattazione collettiva dei lavoratori e contemporaneamente ha attentato alla sovranita’ degli Stati, cui si e’ ingiunto di non fare piu’ uso della loro volonta’ politica.
E’ stato cosi’ costruito un mondo senza esterno, senza alternativa, ordinato alla sola legge del profitto.

Info:
https://www.anobii.com/books/Populismo/9788865881897/01e2818c0646349dc7
http://www.opinione.it/cultura/2017/09/13/teodoro-klitsche-de-la-grande_de-benoist-populismo/

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

Vorrei [..] ricavare tre lezioni strutturali relative all’articolazione capitalistica dello Stato e del mercato […]
Prima lezione: la crisi delle finanze pubbliche non e’ un
fenomeno contabile al quale si possa attribuire una grandezza assoluta, ma e’ relativa alle decisioni momentanee dei mercati finanziari, alla loro valutazione delle capacita’ degli Stati di pagare gli interessi dei debiti e al tasso di interesse richiesto sui nuovi prestiti di cui gli Stati debitori hanno bisogno per far fronte alle scadenze.
Dunque il grado di indebitamento degli Stati, il loro grado di autonomia o di sovranita’ economica fluttuano in base al modo in cui sono costantemente valutati dai mercati, allo stesso modo di societa’ quotate in borsa.
Ma chi dice «mercato» dice un sistema di scambio e di valorizzazione i cui protagonisti principali (dominanti se non onnipotenti) sono le grandi banche e i principali fondi speculativi. Questi di conseguenza sono diventati, in senso forte, dei protagonisti politici, in quanto dettano a tutta una serie di Stati e anche alle banche centrali la loro politica sociale, economica e monetaria.
La situazione ha un impatto enorme sulla capacita’ dei corpi politici tradizionali (popoli o nazioni di cittadini) di determinare il proprio sviluppo. Oggi forse soltanto la Cina, grazie alla posizione virtualmente egemonica che sta conquistando nell’economia mondiale, sfugge a questo rovesciamento del rapporto tra la capacita’ politica degli Stati e quella degli attori finanziari deterritorializzati […]
Seconda lezione: […] nel caso dei mercati finanziari la concorrenza non porta a un equilibrio tra domanda e offerta, ma al contrario a una fuga in avanti nella capitalizzazione degli attivi, il cui valore aumenta indefinitamente con l’estensione del credito… finche’ non crolla.
O il potere pubblico impone alle operazioni speculative regole di prudenza e di trasparenza, oppure il bisogno illimitato di capitali liquidi, destinati alle speculazioni piu’ redditizie a breve termine, costringe a una deregolazione sempre piu’ totale: le due cose non possono andare insieme.
Anche qui ci si trova di fronte a un’alternativa politica nel campo dell’economia (prodotta dalla finanza), che si avvicina a un conflitto di sovranita’. […]
La difficolta’, contro cui evidentemente l’Europa va a cozzare, sta nel fatto che gli Stati (anche quelli ricchi) non sono piu’ in grado di costituire da soli delle autorita’ di regolazione efficace dei mercati finanziari, senza che d’altra parte si riesca a istituire politicamente un’autorita’ e dei poteri pubblici sovrastatali o transtatali. […]
Un terza lezione […] e’ che a lungo termine esiste una correlazione fondamentale tra il modo in cui si distribuiscono le diseguaglianze sociali tra i territori nazionali o all’interno di questi territori (diseguaglianze di reddito – salari diretti o indiretti – e dunque, date le condizioni storiche e culturali, diseguaglianze di livello e di qualita’ della vita) e le politiche attuate per aumentare la competitivita’ dal punto di vista dell’attrazione di capitali internazionali (con la pressione sul livello salariale – grazie all’immigrazione o ad accordi Stato-sindacati, o a entrambi – e la diminuzione dei prelievi fiscali, destinata inevitabilmente a minacciare le politiche di protezione sociale).
In questo quadro, gli Stati riconquistano almeno una parte della loro capacita’ di determinare politicamente le condizioni economiche della politica, che, come si e’ detto, tendono a sfuggire loro a vantaggio degli attori finanziari nel gioco del credito.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/