Stato/Deneault

Alain Deneault – Governance. Il management totalitario – Neri Pozza (2018)

“GOVERNANCE”… termine apparentemente inoffensivo, ma  con conseguenze  nefaste. La governance cancella il nostro patrimonio di riferimenti politici per sostituirli con i termini tendenziosi del management. […]
Introdotta nell’ambito della vita pubblica da Margaret Thatcher all’inizio degli anni Ottanta, la governance dara’ cosi’ giustificazione a un mutamento del ruolo dello Stato […]
Col pretesto di riaffermare la necessita’ di una sana gestione delle istituzioni pubbliche, il termine designera’ non solo la messa in opera di meccanismi di sorveglianza e di controllo, ma anche la volonta’ di gestire lo Stato secondo modalita’ di efficienza aziendale.
I tecnocrati della prima ministra «affibbiarono percio’ il grazioso nome di governance alla gestione neoliberale dello Stato, che si tradusse in una deregulation e in una privatizzazione dei servizi pubblici, oltre che in un richiamo all’ordine delle organizzazioni sindacali» […]
Contrariamente ai termini “democrazia” o “politica” che essa tende a occultare, “governance” non definisce niente in modo netto e rigoroso. L’estrema malleabilita’ della parola elude il senso, e questo sembra precisamente il suo scopo. Tutto avviene come se si sapesse cio’ che si vuol dire proprio nel bel mezzo di una totale vanita’ semantica. Ci si convince.
A causa della sua indeterminatezza, l’espressione offre scarsi appigli alla discussione o alla disputa, pur rilasciando un messaggio fondamentale: si tratta di una politica “senza governo”, promossa a livello mondiale, che membri sociali isolati in rappresentanza di interessi diversi praticano secondo una modalita’ gestionale o commerciale I fattori che stanno alla base del miracolo economico dell’Asia orientale formano un modello cui sono stati dati vari nomi, il più diffuso tra i quali e’ quello di «developmental state». Questo modello e’ stato creato nel Giappone del dopoguerra ed e’ stato poi seguito nei decenni successivi, con diverse varianti ma senza modifiche sostanziali, dagli altri paesi della regione fino all’entrata in scena della Cina negli anni Novanta.
Il modello si fonda sulla centralita’ dello Stato come regista a tutto campo dello sviluppo, come attore di prima grandezza dell’economia e come responsabile del mutevole negoziato tra le forze della produzione e le varie componenti sociali.
Il developmental state ha un centro propulsore nei ministeri economici del governo centrale e in alcune agenzie specializzate dello sviluppo settoriale – come il celebre Miti giapponese – rette da una tecnocrazia indipendente e altamente qualificata che elabora i piani di crescita e ne controlla l’esecuzione. […]
Il developmental state non e’ uno Stato keynesiano che interviene a colmare le deficienze intrinseche dei mercati dal lato della creazione di domanda e del potere d’acquisto, ma un’istituzione che guida direttamente i mercati e si sostituisce a essi nell’offerta di lavoro, beni e capitali.
Non deve sfuggire l’anomalia di questa situazione rispetto alle condizioni operative del capitalismo occidentale, dove il rialzo delle retribuzioni e dei redditi finisce – come nell’eta’ d’oro del keynesismo – col deprimere i profitti, interrompere il ciclo di crescita e scatenare una controffensiva che ripristina la subordinazione della manodopera e la disuguaglianza sociale preesistente.

Info:
https://www.doppiozero.com/materiali/dopo-la-democrazia-la-governance
https://ilmanifesto.it/il-prezzo-senza-volto-di-un-ingranaggio/

Populismo/Urbinati

Nadia Urbinati – Io, il popolo. Come il populismo trasforma la democrazia – Il Mulino (2020)

Abbiamo bisogno di comprendere il populismo al contempo come un movimento di opinione e contestazione e come un sistema di governo […]
E’ impreciso considerare il populismo alla stregua dei «movimenti popolari» o di protesta. Di per se’ i movimenti popolari possono fare uso di una retorica populista, ma non avere o non implicare un progetto di potere populista.
Esempi recenti di questa retorica sono i movimenti popolari di contestazione e di protesta che ricorrono al dualismo che contrappone «noi, il popolo» a «voi, l’establishment» – come i Girotondi in Italia nel 2002, Occupy Wall Street negli Stati Uniti nel 2011 e gli Indignados in Spagna nello stesso anno; in tempi ancora più recenti, i giletgialli francesi, la cui protesta, pur essendosi tradotta in manifestazioni anche violente di dissenso, non si e’ coagulata in una proposta politica che trovasse rappresentanza nelle istituzioni.
Senza una narrativa unificante, l’aspirazione a conquistare dei seggi in parlamento o al Congresso e un vertice dirigente che rivendichi di essere la «vera» espressione del popolo nella sua totalita’, i movimenti popolari rimangono cio’ che sono sempre stati: una sacrosanta espressione democratica di critica e contestazione.
Diverso e’ il caso dei tentativi populisti di conquistare le istituzioni rappresentative e la maggioranza di governo per poter modellare la societa’ sulla loro rappresentazione ideologica di popolo.
Esempi di questo tipo di attitudine sono le maggioranze populiste che si sono affermate in Ungheria (2012), Polonia (2014), StatiUniti (2016), Austria (2017) e Italia (2018).

Info:
http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/05/08/nadia-urbinati-e-il-populismo/
https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-03/la-verita-vi-prego-sul-populismo.html
https://www.fatamorganaweb.unical.it/index.php/2020/01/27/dal-populismo-al-popolo-democrazia-nadia-urbinati/

Capitalismo/Marsili

Lorenzo Marsili, Yanis Varoufakis – Il terzo spazio. Oltre establishnent e populismo – Laterza (2017)

0,005%. E’ questa la tassazione a cui sono stati soggetti buona parte dei profitti europei di Apple grazie a un accordo con il fisco irlandese. E non si tratta di un’eccezione.
In Europa si e’ generata una competizione al ribasso tra paesi che spinge i governi ad abbassare la tassazione per le grandi imprese in modo da ‘scipparle’ al vicino.
Alcuni, come il Lussemburgo, l’Olanda, l’Irlanda, il Regno Unito e Cipro, corteggiano esplicitamente l’elusione fiscale pur di attirare le multinazionali – e, non a caso, vengono considerati paradisi fiscali da molte ONG internazionali.
Di fatto, il sistema europeo legittima un doppio regime fiscale riservando alle multinazionali un trattamento di favore.
Danneggiando fortemente, allo stesso tempo, le capacita’ fiscali di tutti gli Stati europei. Anche l’Italia non e’ immune da questo fenomeno, tutt’altro […]
Ma come funziona tutto questo e chi lo consente?
Le procedure sono varie, ma le piu’ comuni hanno dei nomi evocativi: Double Irish e Dutch Sanwich. Nomi che rimandano ai responsabili di tutto questo: i governi nazionali.
Il Double Irish e’ usato da molte aziende oltre che dalla Apple, e fra queste Google, Pfizer, Adobe, Johnson & Johnson e Yahoo!. Si tratta – va ricordato, anche perche’ e’ precisamente questo il problema – di una procedura assolutamente legale.
Innanzitutto, bisogna registrare due compagnie separate in Irlanda. La prima servira’ a raccogliere tutti i profitti dalle vendite europee; la seconda sara’ invece titolare dei brevetti relativi ai prodotti venduti. La prima fara’ transitare la maggior parte dei profitti alla seconda, sotto forma di royalties, cioe’ di diritti per l’utilizzo del brevetto. La seconda compagnia, infatti, potra’ evitare qualsivoglia imposizione fiscale grazie a una legge speciale che stabilisce gli introiti da royalties per le aziende multinazionali con sede in Irlanda.
Cosa accade con tutto questo denaro? Riportarlo negli Stati Uniti significherebbe pagare la corporate tax americana – che, anche se molto bassa, e’ pur sempre piu’ di zero. Meglio trasferirli, invece, la’ dove e’ pari a zero: le Bermuda […]
Il Parlamento e la Commissione europea sono, va detto, ben consapevoli delle ingiustizie che questo sistema produce. Da molti anni stanno spingendo per una maggiore armonizzazione fiscale e per normative piu’ rigide contro l’evasione fiscale a livello comunitario: non sarebbe infatti cosi’ difficile attaccare alla radice il problema. Ma fino ad oggi non e’ stato concordato nulla se non riforme di facciata. […]
E’ lampante la responsabilita’ e la connivenza di una classe politica che silenziosa, gettando il sasso e nascondendo la mano, catturata da interessi oligarchici e attraversata da una tragica mediocrita’, persegue politiche controproducenti e contrarie agli interessi di una maggioranza.
Risultato? Calo drastico del gettito fiscale, aumento delle diseguaglianze e distorsione del mercato.

Lavoro/Pilling

David Pilling – L’illusione della crescita. Perche’ le nazioni possono essere ricche senza rinunciare alla felicita’ – il Saggiatore (2019)

L’Ufficio per le statistiche nazionali del Regno Unito sta conducendo un esercizio analogo dal 2002, da quando cioe’ ha pubblicato il suo primo conto satellite per le attivita’ domestiche.
Ha scelto un approccio diverso rispetto a quello adottato dai ricercatori americani: invece di contare le ore di attivita’ e applicare un salario standard, ha cercato di attribuire un valore monetario alla «produzione» delle famiglie, come il numero di pasti preparati e il numero di bambini accuditi.
Alcuni studi hanno rilevato che le famiglie sono in grado di indicare con facilita’ la frequenza con cui utilizzano la lavatrice, il tipo e la quantita’ dei pasti preparati e cosi’ via […]
Il documento divide i lavori domestici in sei categorie: alloggio, compresi i lavori di manutenzione fai da te; trasporto (tutte quelle corse in auto alle lezioni di danza classica); nutrimento (i famosi spaghetti in scatola tiepidi); servizi di lavanderia; cura dei figli; assistenza a familiari anziani o disabili e attivita’ di volontariato […]
Dopo aver effettuato tutti questi calcoli complessi per il 2000, gli statistici britannici scoprirono che tutto il lavoro domestico non retribuito valeva 877 miliardi di sterline, cioe’ il 45 per cento circa dell’intera attivita’ economica di quell’anno.

Info:
https://www.ilsaggiatore.com/libro/lillusione-della-crescita/
https://www.linkiesta.it/it/article/2019/03/16/ecco-perche-il-pil-e-stupido-e-obsoleto-lo-ha-capito-pure-la-cina/41437/
https://www.che-fare.com/illusione-crescita-felicita-pilling/

Lavoro/Fagan

Pierluigi Fagan – Verso un mondo multipolare. Il gioco di tutti i giochi nell’era Trump – Fazi (2017)

Il primo modo di rivedere l’allineamento tra ben-avere e ben-essere sara’ l’orario di lavoro.
L’attuale convenzione sulle otto ore di lavoro al giorno risale ai primi del XX secolo; aggiornarla sara’ il primo segno di revisione del nostro adattamento a nuove condizioni generali.  Due forze, tra le altre, concorrono all’urgenza di questa revisione.
La prima e’ la scarsita’ di lavoro in Occidente, dettata da molti fattori, tra cui i costanti incrementi di produttivita’ e la sostituzione del lavoro umano con quello meccanico-informatico, oltreche’ dalla necessita’ di liberare ore lavoro da trasferire alle giovani generazioni per dotarle di reddito e considerando il fattore dell’allungamento delle stime di vita generali che impone un’eta’ pensionistica sempre piu’ avanzata.
La seconda spinta consiste nella stima che entro il 2030 l’Africa e l’Asia meridionale perderanno fino al 30 per cento dell’orario di lavoro per via delle proibitive condizioni climatiche che l’innalzamento delle temperature e’ destinato a provocare […]
Nei prossimi quindici anni, almeno due ore al giorno debbono essere tolte dallo standard internazionale, il lavoro va redistribuito […]
Il tempo guadagnato andra’ reinvestito anche in partecipazione politica e sociale per convenire a una redistribuzione della ricchezza piu’ proporzionata.

Info:
https://pierluigifagan.wordpress.com/verso-un-mondo-multipolare-il-libro/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/mondo-multipolare/28857-verso-un-mondo-multipolare-il-gioco-di-tutti-i-giochi-nellera-trump

Finanziarizzazione/Harvey

David Harvey – L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza – Feltrinelli (2011)

L’efficace politica di compressione dei salari attuata a partire dal 1980 ha permesso ai ricchi di diventare molto piu’ ricchi.
Ci dicono che questo e’ un bene, perche’ i ricchi investiranno in nuove attivita’ imprenditoriali (ma soltanto dopo aver ceduto all’impulso competitivo di indulgere in un consumo vistoso, naturalmente).
Si’, certo, i ricchi investono, ma non sempre direttamente nella produzione; la maggior parte di loro preferisce investire in attivita’ finanziarie.
Per esempio, acquistano azioni e i corsi azionari salgono; percio’, investono nei mercati azionari somme ancora maggiori, indipendentemente dai risultati effettivamente ottenuti dalle societa’ in cui investono […]
La tendenza a investire in attivita’ finanziarie si e’ diffusa a macchia d’olio. Secondo quanto emerso periodicamente dagli anni ottanta in poi, molte grandi imprese industriali realizzavano maggiori guadagni dalle operazioni finanziarie che dalla produzione vera e propria, in particolar modo nel settore dell’auto.
Le grandi case automobilistiche erano ormai gestite da contabili invece che da ingegneri, e le divisioni finanziarie che offrivano prestiti ai consumatori erano diventate altamente redditizie […]
Ma, cosa ancora piu’ importante, grazie alle transazioni interne ai grandi gruppi industriali che producevano parti e componenti per auto in ogni parte del mondo, era possibile manipolare i prezzi e i prospetti contabili, sfruttando le differenze valutarie, in modo da dichiarare utili nei paesi dove le aliquote fiscali erano piu’ basse e sfruttare le fluttuazioni valutarie per realizzare guadagni monetari.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2012/05/recensione-david-harvey-l%E2%80%99enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-feltrinelli/
http://contropiano.org/contropianoorg/aerosol/vetrina-pubblicazioni/2011/07/05/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-02315
http://www.millepiani.org/recensioni/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza

Stato/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

L’esternalizzazione di servizi pubblici viene generalmente presentata come trasferimento di quel servizio dal monopolio statale al mondo della scelta del consumatore.
Ma la realta’ e’ che gli appalti vengono aggiudicati da istituzioni pubbliche: semmai, quindi, i clienti sono quelle istituzioni, non il pubblico degli utenti, che di fatto sono pseudoclienti e hanno interessi spesso non coincidenti con quelli dell’istituzione pubblica cui devono invece rispondere i concessionari […]
Le istituzioni pubbliche che subappaltano i propri servizi perdono le professionalita’ lentamente maturate al proprio interno attraverso la gestione di quei servizi, e ben presto si ritrovano del tutto incapaci di valutare le competenze e le prestazioni delle aziende cui li hanno affidati.
Cio’, oltre a ridurre quasi certamente la qualita’ del servizio offerto, aumenta la dipendenza dell’amministrazione da un ristretto numero di imprese private, che finiscono per diventare le uniche depositarie delle necessarie conoscenze professionali.
Queste attivita’ sono troppo politiche, e troppo oligopolistiche, per far parte di una vera economia di mercato; e si fondano su reti che appaiono del tutto impenetrabili per la democrazia. Ormai e’ chiaro da anni che, per quanto carenti possano essere a volte i servizi pubblici, affidarne la fornitura a privati non garantisce, in linea di principio, alcun vantaggio.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139882
https://www.arci.it/il-libro-combattere-la-postdemocrazia-di-colin-crouch/
https://www.ilfoglio.it/cultura/2020/02/09/news/postdemocrazia-no-300300/

Capitalismo/Deneault

Alain Deneault – La mediocrazia – Neri Pozza (2017)

Lungi dall’essere un medium di massa, la televisione e’ al contrario uno strumento di demassificazione: essa scinde e isola i soggetti che formano la collettivita’ per offrire loro, simultaneamente e con identiche modalita’, la stessa cosa.
Si coesiste socialmente per condividere un reale che, pero’, si consuma solo isolatamente.
La televisione genera dunque un essere sociologico nuovo, l’eremita di massa.
«Ora sono seduti di fronte alla televisione milioni d’individui, separati eppure identici, chiusi dentro la loro gabbia simili a eremiti – non per fuggire dal mondo, ma piuttosto per non perdersi mai neppure un piccolo frammento del mondo in effigie».
Questo reale affettato, frastagliato, inquadrato, formattato, la televisione ci dispensa dal viverlo e dal realizzarlo: ce lo consegna a domicilio come una merce qualsiasi […]
La tecnica televisiva trasforma cosi’ il potere che questo mezzo da’ a coloro che ne dispongono – poter seguire un avvenimento a distanza, poter conoscere il parere dei propri simili senza parlare con loro… – in un dovere: non recarsi piu’ agli eventi e tantomeno costituirli unendosi a quelli che li creano, non piu’ intavolare discussioni con i propri simili.
Gli «eventi» autorizzati restano quelli organizzati dalla televisione, con persone che all’occorrenza fungono da comparse.
Una simile frammentazione e’ ideale per il commercio, poiche’ permette ai commercianti di presentare attraverso la televisione dei prodotti che, dal punto di vista affettivo, diventeranno il surrogato del legame sociale interdetto dal dispositivo mediatico […]
La magia deleteria di questo medium dipende […] dal fatto che presenta un mondo sempre gia’ pensato, fa asserzioni sempre gia’ ponderate.
«La televisione fa dimenticare che essa e’ un giudizio gia’ formulato. […] Il giudizio trasformato in immagine rinuncia alla sua forma di giudizio per far credere al consumatore che non si cerca di fargli credere niente».
Sul piano del pensiero, lo schermo non pretende di trasmettere un’elaborazione intellettuale, ma la verita’ già interpretata, gia’ confezionata, consegnata come un risultato senza che si sia potuto passare attraverso le tappe che l’hanno cosi’ sviluppata.
Cibo per la mente? Si’, ma premasticato e predigerito.

Info:
https://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2017/01/25/news/il_trionfo_della_mediocrazia_spiegato_dal_filosofo_canadese_alain_deneault-156837500/
http://blog.ilgiornale.it/franza/2018/05/27/la-mediocrazia-un-libro-magistrale-del-canadese-alain-deneault-ne-traccia-il-pensiero-e-spiega-come-i-mediocri-hanno-preso-il-potere/
https://www.ilmerito.org/8-nel-merito/273-mediocrazia-una-rilettura-della-societa-contemporanea-attraverso-il-suo-declino-irreversibile-recensione-a-a-deneault-mediocrazia-neri-pozza-2017-di-giovanni-cossa
https://ilfoglietto.it/libri/5397-la-mediocrazia-un-libro-sulla-inadeguatezza-della-classe-dirigente

Geoeconomia/Zizek

Slavoi Zizek – Virus (14 ed.) – Ponte alle grazie (2020)

Tre tempeste sono sul punto di congiungersi e scatenare le loro forze combinate sull’Europa.
Le prime due non riguardano in maniera specifica l’Europa: l’epidemia di coronavirus con l’impatto fisico diretto che comporta (quarantene, sofferenza e morte) e le ripercussioni sull’economia, piu’ gravi in Europa che altrove perche’ l’Europa e’ gia’ stagnante e piu’ delle altre regioni del mondo dipende dalle importazioni e dalle esportazioni (l’industria automobilistica costituisce il pilastro dell’economia tedesca, e l’esportazione di macchine di lusso verso la Cina ha gia’ raggiunto lo stallo ecc.).
A queste due tempeste dobbiamo aggiungere ora la terza che chiameremo il virus di Putogan: la nuova esplosione di violenza in Siria fra la Turchia e il regime di Assad (sostenuto apertamente dalla Russia). Entrambi i fronti sfruttano gelidamente le sofferenze di milioni di richiedenti asilo per i propri interessi politici […]
La Russia e la Turchia conservano una posizione ideale per esercitare pressioni sull’Europa: i due Paesi controllano la fornitura di petrolio, come pure il flusso di rifugiati in Europa, sicche’ possono sfruttare questi due aspetti per tenerla sotto scacco.
La danza demoniaca che vede alternarsi conflitti e alleanze e di nuovo conflitti tra Erdogan e Putin non dovrebbe ingannarci: entrambi gli estremi fanno parte dello stesso gioco geopolitico a scapito dei siriani. Non solo nessuna delle due parti si cura delle loro sofferenze, ma entrambe si affaccendano a sfruttarle. Non puo’ che saltare all’occhio la somiglianza fra Putin ed Erdogan: rappresentano sempre di piu’ due varianti di uno stesso regime politico – sono le due incarnazioni della stessa figura che possiamo chiamare Putogan.

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/slavoj-zizek/2020/07/11/virus-capitalismo
https://www.illibraio.it/news/dautore/libri-virus-zizek-1372415/
https://www.huffingtonpost.it/entry/il-virus-dellavvenire_it_5e8d7c80c5b6e1a2e0fc234d
https://www.lastampa.it/vatica-insider/it/2020/05/20/news/coronavirus-slavoi-zizek-non-esiste-un-ritorno-alla-normalita-1.38867522

Europa/Judt

Tony Judt – Quando i fatti (ci) cambiano – Laterza (2020)

L’Europa di oggi presenta un’altra caratteristica curiosa. E’ piu’ facile descrivere i vincitori, le persone e i luoghi che hanno compiuto progressi nell’Unione e associano la loro prosperita’ a un’identita’ marcatamente europea, facendo riferimento alle regioni, non agli Stati nazionali.
Gli esempi di grande successo nell’Europa contemporanea sono il Baden-Wurttemberg, nel sud- ovest della Germania, il Rodano-Alpi in Francia, la Lombardia e la Catalogna […]
Il livello di prosperita’ e di potere economico di queste regioni e’ sbalorditivo.
Il Rodano-Alpi, assieme all’area metropolitana di Parigi, rappresenta circa un terzo del prodotto interno lordo francese.
Nel 1993 la Catalogna rappresentava il 19 per cento del Pil della Spagna, il 23 per cento delle esportazioni e attirava un quarto degli investimenti esteri; il reddito pro capite superava del 20 per cento la media nazionale […]
Se l’«Europa» sta dalla parte dei vincitori, chi parlera’ a nome dei perdenti: il «Sud», i poveri, gli europei svantaggiati in termini di lingua, cultura e istruzione, disagiati, disprezzati, che non vivono in triangoli d’oro lungo frontiere svanite?
Il rischio e’ che a questi europei resti soltanto «la nazione» o, piu’ precisamente, il nazionalismo: non il separatismo nazionale dei catalani ne’ l’arrivismo regionale dei lombardi, ma la conservazione dello Stato del diciannovesimo secolo come baluardo contro il cambiamento.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858126479
https://ilmanifesto.it/tony-judt-e-la-responsabilita-della-storia/