Geoeconomia/Castagnoli

Adriana Castagnoli – Il lungo addio. La fine dell’alleanza tra Europa e Stati Uniti – Laterza (2019)

Il 2018 sara’ ricordato nei libri di storia per una lacerazione difficilmente sanabile fra Washington e i suoi alleati malgrado alcuni tentativi di ricucirla.
La guerra dei dazi voluta da Trump dapprima contro la Cina ma ben presto allargata a colpire l’UE (con tariffe al 25% sull’import di acciaio, al 15% sull’alluminio e quelli – al momento – annunciati al 25% sull’auto), nonche’ le sanzioni contro le imprese e le banche europee che continuano a fare affari con l’Iran dopo l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare sono decisioni che rivelano un esercizio unilaterale e arrogante del potere, innanzitutto nei confronti degli alleati. Sia nella decisione di trasferire l’ambasciata americana in Israele a Gerusalemme sia nel ritiro dall’accordo sul nucleare con Teheran, l’America ha agito senza i partner europei […]
L’aggressivo unilateralismo di Trump, a meno di improvvisi ripensamenti, sta scavando un solco incolmabile fra Washington e l’Europa, sospinta cosi’ anche a rafforzare i rapporti d’interesse con la Russia di Putin che, giocando sul tavolo occidentale e su quello asiatico, cerca di non farsi schiacciare dalla potenza cinese.
I costi di questa divisione, seppure non nell’immediato, saranno altresi’ elevati per gli USA perche’ l’allentamento dei legami con gli alleati, accelerando la frammentazione dell’Occidente, finira’ con indebolire le stesse basi del potere americano.
La riproposizione del progetto di un esercito europeo, che langue da decenni, rilanciata con forza da Macron e sostenuta da Merkel in novembre, e’ anche una presa d’atto della distanza che ormai separa Washington da Bruxelles.

Info:
https://www.letture.org/il-lungo-addio-la-fine-dell-alleanza-tra europa-e-stati-uniti-adriana-castagnoli
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135204

Finanziarizzazione/Canfora

Luciano Canfora, Gustavo Zagrebelsky – La maschera democratica dell’oligarchia – Laterza (2015)

Vorrei richiamare l’attenzione su questo punto, che secondo me e’ il segno piu’ caratteristico dell’epoca in cui viviamo.
In altri tempi, si poteva dire che potere e denaro fossero mezzi, non fini.
La politica serviva ad altre cose, per esempio a rovesciare i rapporti di classe o a equilibrarli, a promuovere la cultura, ad alleanze e guerre di espansione, alla conquista di altri paesi e alla «civilizzazione» del proprio o di altri popoli.
Il denaro, a sua volta, veniva considerato uno strumento, per cose buone o per cose cattive, ma in ogni caso era finalizzato a qualcos’altro; gli Stati drenavano denaro con il prelievo tributario per fare guerre, per espandere i confini, per la gloria delle case regnanti, per alimentare lo splendore delle corti regie, e cosi’ via.
Il denaro che produce denaro, come accade tipicamente nell’usura, e’ stato nei secoli oggetto di condanna o, almeno, di sospetto.
Ma con la finanziarizzazione dell’economia, per di piu’ in dimensione mondiale, il meccanismo del denaro che produce se stesso, il denaro investito al fine di produrre altro denaro, come nell’albero degli zecchini di Collodi, ha finito d’essere un mezzo ed e’ diventato un fine […]
C’e’ da osservare che – rispetto a tutte le altre possibili materie dell’esperienza umana – denaro e potere hanno questa caratteristica, in qualche modo diabolica: che non bastano mai. La tendenza e’ accumulare all’infinito: accumulare denaro, accumulare potere, finche’ ce n’e’. E quando non ce n’e’ piu’, produrlo per accumularlo.

Info:
http://www.nuovomille.it/cultura-e-societa/la-maschera-democratica-delloligarchia
https://www.gruppolaico.it/2015/09/16/la-maschera-democratica-delloligarchia/
http://tempofertile.blogspot.com/2015/03/luciano-canfora-gustavo-zagrebelsky-la.html

Capitalismo/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Il movimento Occupy Wall Street, insomma, ha visto giusto: gli stessi processi che hanno portato la ricchezza a concentrarsi nelle mani dell’1 per cento piu’ ricco della societa’ sono alla base della crisi.
Un fenomeno non nuovo e che ha un precedente evidente anche nella crisi del 1929.
Cosa vuol dire cio’? Che se e’ vero che la crisi e’ stata originata dallo scoppio della bolla subprime negli Stati Uniti, le cause strutturali sono pero’ da individuare negli enormi squilibri economici causati da trent’anni di politiche neoliberiste, non certo negli eccessi del settore pubblico.
I dati mostrati fin qui dimostrano chiaramente che il problema in Europa non e’ certo il fatto che “mancano i soldi” – il PIL complessivo dell’UE e’ superiore a quello degli Stati Uniti, e l’Europa e’ da anni la regione con la maggiore quantita’ di ricchezza privata al mondo, insieme agli USA – quanto il fatto che il grosso di quella ricchezza e’ concentrato nelle mani di una frazione della popolazione.
L’Europa e’ infatti la regione con il maggiore rapporto ricchezza privata netta – PIL – al mondo in cima alla classifica dei paesi europei figura l’Italia, ed e’ la seconda regione al mondo, dopo gli USA, per numero di milionari, la maggior parte dei quali e’ concentrata in Francia, Regno Unito, Germania, Italia e Svizzera.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Europa/Salmon

Christian Salmon – Fake. Come la politica mondiale ha divorato se stessa – Laterza (2020)

La Grecia era alla bancarotta.
Il deficit di bilancio era esplosivo, cosi’ come il debito. Non era al 6% del PIL, ma all’8,3% (e sarebbe salito fino al 9%).
Di chi era la colpa?
Dei banchieri insensibili che avevano innaffiato la Grecia di liquidita’ per finanziare le esportazioni tedesche o francesi?
Dei beneficiari greci delle elargizioni europee che avevano organizzato la (loro) evasione fiscale?
Della banca Goldman Sachs che aveva truccato i conti pubblici greci per permettere al paese di entrare nella moneta unica?
O della popolazione greca, accusata di tutti i mali e spinta a riformarsi per espiare le sue colpe? […] 
La Grecia fu dichiarata colpevole, e unica colpevole, dei suoi debiti, il cui pagamento divenne un obbligo che non era piu’ una questione d’onore: il creditore doveva ottenere dal debitore tutto, assolutamente tutto cio’ che gli era dovuto, indiscriminatamente […]
Che cosa deve fare una famiglia sovraindebitata?
Negozia dilazioni di pagamento e stringe la cinghia per poter assolvere agli obblighi.
Questo dicono i sostenitori dell’austerita’.
Di qui a pensare che le nazioni sovraindebitate nel sistema degli scambi internazionali debbano fare la stessa cosa, il passo e’ breve. I fautori della “regola aurea”, sulla scia dei tedeschi, non la pensano diversamente […]
La metafora della famiglia indebitata fu una mistificazione che funzionava, aveva il colore dell’evidenza, rivolgendosi a tutti indiscriminatamente, chiamando in causa la gestione domestica.
Ma e’ falsa, perche’ in una famiglia le entrate sono indipendenti dalle spese, e quindi e’ possibile ridurre le spese mantenendo le entrate allo stesso livello, e pagare cosi’ i debiti scaglionando i termini di pagamento.
A livello di una nazione le cose non vanno affatto cosi’, poiche’ le spese degli uni sono le entrate degli altri. Se per far uscire un paese dall’indebitamento ci si limita a comprimere le spese, le entrate di alcuni diminuiscono perche’ altri spenderanno meno, e viceversa. Cosi’ la diminuzione degli introiti aggrava il problema del debito.
«Il momento buono per l’austerita’ sono i periodi di boom, non le fasi di crisi», affermava gia’ Keynes. E allora, perche’ continuare a predicare l’austerita’? […]
L’episodio greco non si limito’ quindi alle problematiche di una rinegoziazione del debito costellata di incidenti ben poco diplomatici, di umiliazioni e di minacce. Fu al tempo stesso un terremoto politico nel cuore dell’Europa, una crisi finanziaria dell’Eurozona, un fallimento morale dell’Unione Europea, incapace di adempiere la sua missione di solidarieta’ nei confronti di uno dei suoi Stati membri, e un colpo di Stato finanziario fomentato dalla troika, nella circostanza unico vero governo dell’Eurozona […]
La costruzione europea che si ammantava da anni delle sue intenzioni pacifiche, del suo “umanesimo” da secondo dopoguerra, dei suoi valori di liberta’ e di democrazia, era dunque stata, nella gestione della crisi greca, un mostro cieco, liberticida, animato da una volonta’ di potenza irrazionale e autodistruttiva.
Da non democratiche, le istituzioni dell’Unione Europea erano passate ad essere “dittatoriali”. Da impotente e approssimativa, l’Unione Europea si era trasformata in un’entita’ aggressiva ed egemonica. Non era solo la Grecia ad essere umiliata, era l’Europa solidale e democratica che si dimostrava pura fantasia. Nessuno avrebbe piu’ potuto ignorare che l’Unione Europea si comportava come un impero nei confronti dei suoi membri indeboliti, ridotti al rango di Stati vassalli.
Il momento greco dell’Europa fu storico […]
Veniva svelata la natura dell’Unione Europea, una camicia di forza per le nazioni del Sud dell’Europa.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2371:christian-salmon-fake-come-la-politica-mondiale-ha-divorato-se-stessa&catid=40:primopiano
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/fake-di-christian-salmon/

https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139653

Populismo/Crouch

Colin Crouch – Identita’ perdute. Globalizzazione e nazionalismo – Laterza (2019)

La partecipazione democratica richiede un equilibrio tra ragione ed emozione.
Quando l’ambito emotivo e’ messo troppo da parte, la politica diventa un esercizio asciutto e tecnocratico, accessibile solo a chi e’ sufficientemente beninformato e interessato a dettagli noiosi.
Quando le emozioni – e soprattutto paura, rabbia e odio – dominano senza alcuna opposizione da parte della ragione, la politica diventa pericolosa, anche sul piano fisico. Il dibattito come scambio significativo di opinioni nel corso del quale le persone potrebbero modificare le proprie posizioni iniziali, o almeno comprendere le idee degli avversari, diventa impossibile.
I sentimenti, senza l’ausilio della ragione, non tollerano alcuna discussione: li si accetta o li si rifiuta.
Cio’ non puo’ essere d’aiuto alla democrazia.
Se in un mondo governato dalla sola ragione sono i tecnocrati a dettar legge, in un mondo guidato dalle emozioni regna chi sa manipolare sentimenti potenti.
Oggi questo puo’ esser fatto con facilita’ maggiore, per via negativa con la xenofobia e per via positiva con il nazionalismo.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica/14268-alessandro-visalli-colin-crouch-identita-perdute-globalizzazione-e-nazionalismo.html
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134061

Lavoro/Fana

Marta Fana, Simone Fana – Basta salari da fame – Laterza (2019)

Analizzando la struttura occupazionale italiana, tra il 1993 e il 2016, cosi’ come emerge dai dati dell’Indagine sui redditi e la ricchezza delle famiglie (Shiw, acronimo di Survey on Household Income and Wealth) a cura della Banca d’Italia, sono evidenti alcuni cambiamenti di fondo che aiutano a comprendere tanto la divisione del lavoro quanto l’evoluzione dei redditi da lavoro.
La prima, importante conferma e’ che la classe lavoratrice non e’ affatto scomparsa in questi decenni, ma anzi il numero di lavoratori inquadrati come operai o affini, ovvero con basse qualifiche professionali, che riflettono anche il livello dei salari, e’ cresciuto.
Sul totale dei lavoratori, gli operai aumentano dal 36,32 al 39,8% […]
In termini quantitativi e’ come se gli operai del settore manifatturiero si fossero spostati nei comparti del commercio, del magazzinaggio, del turismo e della ristorazione.
Modifiche che interessano notevolmente dal punto di vista qualitativo il tessuto produttivo del nostro paese: da un settore traino dello sviluppo economico, la manifattura – sebbene mai maggioritaria in termini occupazionali –, a settori del terziario a scarsissimo valore aggiunto.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858138878
http://www.leparoleelecose.it/?p=37065
https://www.pandorarivista.it/articoli/basta-salari-da-fame-marta-fana-simone-fana/

Capitalismo/Bauman

Zygmunt Bauman – Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone – Laterza (2007)

La nostra e’ una societa’ dei consumi.
Ma quando parliamo di societa’ dei consumi, abbiamo in mente qualcosa di piu’ che non la banale osservazione che tutti i membri della nostra societa’ consumano […]
Cio’ che abbiamo in mente e’ che la nostra «societa’ dei consumi» lo e’ nello stesso senso profondo e fondamentale in cui la societa’ dei nostri predecessori, la societa’ moderna nella sua fase di fondazione, industriale, era una «societa’ della produzione, dei produttori».
Quel tipo piu’ vecchio di societa’ moderna occupava i suoi membri principalmente come produttori e soldati; e allo svolgimento di quel ruolo forgiava i suoi membri, come un dovere che sottoponeva e imponeva loro quale «norma».
Per osservarla i cittadini dovevano esplicare tutta la loro capacita’ e volonta’ di fare i produttori e i soldati.
Ma nel suo attuale stadio tardomoderno (Giddens), secondo-moderno (Beck), surmoderno (Balandier) o postmoderno, la societa’ moderna ha scarso bisogno di una massa di manodopera industriale e di eserciti di leva; ha invece bisogno di impegnare i suoi membri nel ruolo di consumatori.
La societa’ attuale forma i propri membri al fine primario che essi svolgano il ruolo di consumatori.
Ai propri membri la nostra societa’ impone una norma: saper e voler consumare. […]
Il consumatore di una societa’ di consumatori e’ una creatura totalmente diversa dal consumatore di qualsiasi altra societa’ precedente. Se tra inostri antenati filosofi, poeti e predicatori si ponevano la questione se si lavorasse per vivere o si vivesse per lavorare, il dilemma che piu’ spesso si sente rimuginare oggi e’ se si abbia bisogno di consumare per vivere o se si viva perconsumare. Qualora si sia ancora capaci di separare il vivere
e il consumare, e se ne senta la necessita’ […]
La cultura della societa’ dei consumi riguarda piuttosto il dimenticare che non l’imparare. In effetti, quando l’attesa viene eliminata dal desiderio e il desiderio non vuole attese, la capacita’ di consumo dei consumatori puo’ venire ampliata ben al di la’ dei limiti determinati dalle necessita’ naturali o acquisite; non c’e’ neanche piu’ bisogno che gli oggetti del desiderio siano fisicamente durevoli. Il tradizionale rapporto tra i bisogni e il loro soddisfacimento viene invertito: la promessa e la speranza della soddisfazione precedono il bisogno che si promette di soddisfare, e saranno sempre piu’ intense e tentatrici di quanto lo siano i bisogni effettivi.
La promessa, in effetti, e’ tanto piu’ attraente quanto meno usuale e’ il bisogno che si dovrebbe soddisfare; e’ molto divertente vivere un’esperienza che non si sapeva nemmeno che esistesse, e un buon consumatore e’ un avventuriero che ama gli imprevisti.
Per i buoni consumatori, la promessa diventa tentatrice non tanto quando riguarda la soddisfazione di bisogni dai quali si e’ tormentati, bensi’ quando sollecita il tormento di desideri mai immaginati o sospettati prima.

Info:
http://www.nilalienum.it/Sezioni/Bibliografia/Sociologia/Bauman_Dentro_Globalizzazione.html
https://www.skuola.net/sociologia/dentro-globalizzazione.html

Stato/Boitani

Andrea Boitani – Sette luoghi comuni sull’economia – Laterza (2017)

Guardando all’Italia, le riforme forse piu’ importanti […] riguardano il codice di procedura civile (per migliorare la qualita’ oltre che la rapidita’ della giustizia); il sistema dell’istruzione e della formazione professionale.
Una seria e sistematica guerra alla corruzione e alla criminalita’ organizzata (molto piu’ intrecciate di quanto si pensi) farebbe, credo, piu’ di tante altre riforme strutturali nel ristabilire un clima di fiducia capace di spingere nuovamente le imprese a investire e di attrarre investimenti dall’estero.
Il tempo ci dira’ se il nuovo Codice degli appalti (varato nel 2016) ha dato i frutti sperati.
Con calma e rigore bisognerebbe cercare anche di affrontare alcuni tabu’, cominciando da alcune competenze attribuite alla Corte dei Conti e al Consiglio di Stato.
Quanto rallentano la pubblica amministrazione (e quindi l’economia) i loro pareri obbligatori, i loro controlli di legittimita’, le loro registrazioni di decreti?
E mettere sull’altro piatto della bilancia quali miglioramenti al processo legislativo e amministrativo essi garantiscano. Insomma pesare costi e benefici e poi tirare le somme e riformare in maniera chirurgica.
Sono, nel complesso, riforme il cui costo di carico sul bilancio pubblico e’ relativamente basso, ma alto e’ quello politico (in alcuni casi si richiedono anche modifiche costituzionali) e per questo non si fanno, o si fanno a spizzichi e bocconi.

Info:
https://www.anobii.com/books/Sette_luoghi_comuni_sull%27economia/9788858124581/012e4b7607f103e80f
https://www.lavoce.info/archives/tag/i-sette-luoghi-comuni-sulleconomia/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858124581

Geoeconomia/Fagan

Pierluigi Fagan – Verso un mondo multipolare. Il gioco di tutti i giochi nell’era Trump – Fazi (2017)

Sono in media solo cinquant’anni che gli africani hanno a che fare con l’autogoverno e pur con le strambe forme di Stati non esattamente frutto di processi geostorici spontanei. Autogoverno e’ una parola impegnativa; ancora oggi molti sono sotto supervisione francese, hanno amicizie britanniche, americane, cinesi, arabe che non si limitano certo a rendersi di conforto quando servono gli amici […]
Accanto a perduranti conflitti prettamente tribali o interstatali (ad esempio Etiopia ed Eritrea) e la lotta per l’egemonia del radicalismo islamico targato Isis e affiliati (Somalia, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica Centrafricana,  Nigeria, Mali, Niger, Mauritania, Libia, Algeria, Tunisia, i
due Sudan), e’ assai diffuso lo stile politico centrato su nepotismo, familismo, corruzione, mancanza dei requisiti minimi infrastrutturali, concessioni di favore al capitalismo multinazionale estrattivo, i cui proventi non vanno certo al popolo o all’economia locale.
Molte elite africane, cooptate da giovani appartenenti al giro che conta dei college e delle universita’ franco-anglosassoni, riportano poi negli offshore o nei santuari della finanza o nei poderosi e continui acquisti dei prodotti della nostra industria bellica, i proventi delle loro rapine organizzate: cosi’ fanno ministri, concessionari, intermediari.
Gli investimenti esteri sono perlopiu’ estrattivi, non produttivi o infrastrutturali (a parte quelli cinesi); l’Africa rimane terra di rapina e saccheggio […]
L’Africa e’ una miniera di materie prime nonche’ il campo da coltivare per l’intero pianeta. Ha petrolio (forse anche ben di piu’ di quanto si pensi) e sta realizzando imponenti dighe (Etiopia, Congo) che possono trarre enormi quantita’ di energia elettrica dall’impeto dei suoi poderosi fiumi. Ha evidente abbondanza di popolazione giovane da impiegare e, tolte le nuove assurde megalopoli (Lagos, Kinshasa, Cairo, Luanda), e’ forse l’ultimo posto del pianeta dove la natura e’ ancora vastamente padrona.
Se gli europei non stessero vivendo il loro triste autunno, si potrebbe pensare di investire nello sviluppo africano, creando il piu’ poderoso sistema di crescita mondiale con benefici per tutti, non ultimo ridurre sensibilmente il fenomeno migratorio.

Info:
https://pierluigifagan.wordpress.com/verso-un-mondo-multipolare-il-libro/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/mondo-multipolare/28857-verso-un-mondo-multipolare-il-gioco-di-tutti-i-giochi-nellera-trump

Finanziarizzazione/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

Nel 2004 la divisione finanziaria della General Motors ha generato da sola l’80 per cento del reddito totale dell’azienda madre, mentre le divisioni produttive realizzavano grandi perdite.
Non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa e nel resto dell’Occidente capitalistico, a partire dagli anni Ottanta le imprese industriali si sono arrese al capitale-denaro perche’ si sono rese conto che […] produrre denaro per mezzo di denaro rende di piu’ rispetto ad applicare […] il non trascurabile passaggio dal mondo delle merci.
E’ per questo che le imprese, soprattutto le piu’ grandi, si sono convertite in banche, che non finanziano solo l’acquisto o il leasing dei beni che producono, ma forniscono la stessa serie disparata di prestiti che viene offerta dalle banche vere e proprie: dai prestiti per la ristrutturazione delle case ai mutui immobiliari, alle carte di credito, alla consulenza per investire minimizzando le tasse e passare per i paradisi fiscali.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/