Lavoro/Bauman

Zygmunt Bauman – Lavoro, consumismo e nuove poverta’ – Citta’ Aperta (2004)

Fin dall’avvento della societa’ industriale si diffuse la convinzione che il numero di lavoratori era destinato a crescere incessantemente e l’intero edificio sociale avrebbe assunto la fisionomia di una fabbrica gigantesca, dove ogni uomo valido avrebbe svolto un’utile funzione produttiva.
Il pieno impiego divenne pertanto la norma, il fine ultimo a cui tendere […]
Nella prima fase dell’epoca industriale, il lavoro era concepito dunque, al tempo stesso, come il fulcro della vita individuale e di quella collettiva, oltre a essere considerato l’indispensabile strumento di riproduzione dell’intero sistema sociale.
Sul piano individuale, esso garantiva la possibilita’ di sopravvivenza. Ma il “tipo” di attivita’ svolta definiva anche la posizione che si poteva raggiungere nell’ambito della propria comunita’ e del mondo esterno piu’ in generale.
Da questo punto di vista, era il principale fattore di identita’ sociale e di autostima […]
Per la maggior parte della popolazione maschile in crescita, il lavoro, nella moderna società industriale – che apprezzava soprattutto la capacita’ di scelta e di autoaffermazione degli individui – era la condizione indispensabile per sviluppare e difendere la propria identita’. I progetti di vita potevano derivare da molteplici ambizioni, tutte pero’ condizionate dal tipo di attivita’ professionale che si intendeva abbracciare o che si era costretti a svolgere. Quest’ultima, scandiva l’intera esistenza; determinava non solo i diritti e i doveri direttamente inerenti a essa, ma anche le aspettative riguardanti lo stile di vita, il modello di famiglia, la vita sociale e il tempo libero, il senso delle convenienze e la routine quotidiana.
Era, insomma, l’unica «variabile indipendente» che consentiva di organizzare e prevedere tutto il resto.

Info:
http://www.inattuale.paolocalabro.info/2009/04/z-bauman-lavoro-consumismo-nuove.html
https://sociologia.tesionline.it/sociologia/libro.jsp?id=1714

Finanziarizzazione/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

Il prezzo di mercato corrente, e’ ormai, per chi redige i bilanci come per chi li rivede, lo strumento standard di valutazione di un’impresa.
Questi sviluppi hanno profondamente modificato la concezione originaria della teoria economica classica, secondo cui il profitto e’ un elemento residuale, cio’ che rimane dei guadagni di una impresa dopo che questa ha pagato i fornitori, i lavoratori e gli altri soggetti che vantano diritti nei suoi confronti […]
Al posto del profitto ci sono ora i rendimenti attesi dagli azionisti: che non sono un semplice elemento residuale, ma devono raggiungere determinati livelli, su un orizzonte temporale molto breve. Realizzare questi obiettivi e’ oggi, di fatto, il primo dovere di una impresa, prima di qualsiasi considerazione sul prezzo, sulla ricerca e sviluppo o sugli interessi dei dipendenti.
Gli azionisti rimangono i principali soggetti che rischiano il proprio denaro.
Uno degli obiettivi chiave di questo nuovo corso nella corporate governance e’ stato l’allineamento del management agli interessi degli azionisti […] I manager sono incentivati soprattutto a creare un clima adatto a convincere gli azionisti attuali e potenziali che l’azienda loro affidata prendera’ iniziative di successo.
Dedicare risorse alla ricerca e sviluppo o ad altre attivita’ rischia, nel breve periodo, di ridurre l’apprezzamento del titolo, zavorrandone cosi’ la performance in borsa […]
L’effetto combinato delle misure di deregolamentazione e della centralita’ del valore per gli azionisti ha dato un ruolo prioritario ai mercati finanziari secondari, in cui i titoli di una azienda vengono acquistati con l’intenzione di rivenderli subito, e non di guadagnare dal fatto che quell’azienda vende con successo i propri prodotti. Chi acquista titoli li valuta in base al guadagno che ritiene di poter ricavare rivendendoli, e cosi’ via, all’infinito o quasi. Qualsiasi valutazione di una impresa finisce per basarsi su cio’ che di quell’impresa altri pensano che altri penseranno e cosi’ via; e a ogni passaggio le risorse finanziarie utilizzate per acquistare quei titoli si basano, a loro volta, sul valore futuro di quegli stessi titoli secondo chi finanzia le banche. Si deve a questo processo se le imprese che operano in settori che “vanno di moda” (come Internet) raggiungono valutazioni di borsa altissime prima ancora di aver venduto un solo prodotto.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139882
https://www.arci.it/il-libro-combattere-la-postdemocrazia-di-colin-crouch/
https://www.ilfoglio.it/cultura/2020/02/09/news/postdemocrazia-no-300300/

Populismo/Urbinati

Nadia Urbinati – Io il popolo. Come il populismo trasforma la democrazia – Il Mulino (2020)

«Il populismo puo’ essere pensato come una politica per la gente ordinaria fatta da un leader straordinario che costruisce profili ordinari». Questo e’ esattamente il capopopolo di cui un movimento populista ha bisogno per diventare governo […]
I leader populisti non hanno bisogno di essere precisi nei loro programmi e nemmeno sovrumani. E’ importante che usino un linguaggio ordinario di condanna, dichiarando che i nemici del popolo sono corrotti e che il leader populista e’ determinato a portare il vero popolo al potere, a lavare l’onta della casta.
Questo e’ quello che fanno tutti i leader populisti, sebbene le loro caratteristiche sociali siano diverse […]
Tutti i leader populisti mettono in scena una performance rappresentativa che permette loro di essere visti e accettati
dal loro popolo come l’incarnazione di quello stesso popolo.
Questo e’ cio’ che distingue la loro leadership dalla rappresentanza come mandato […]
Le analogie con il fascismo e le differenze rispetto al fascismo diventano evidenti. Come il fascismo, il populismo diventa davvero influente quando passa da movimento di opposizione a forza di governo, ma a differenza del fascismo, questa transizione non si traduce in un cambio di regime, sebbene il mutamento istituzionale possa indebolire il potere legislativo e ad accrescere quello esecutivo. Come il fascismo, il populismo aspira a una forte coesione sociale e politica, ma, a differenza del fascismo, il leader che incarna questa coesione non si situa al di sopra della legge.
Il confine sfuocato tra il populismo e il fascismo e’ rintracciabile solo nel legame simbiotico tra leader e audience, ma anche nella forma assunta dal partito. Questa forma e’ forse uno degli aspetti piu’ intriganti del populismo e che lo rende eccentrico rispetto alla democrazia dei partiti in un modo che e’ al contempo simile e distante dal fascismo.
La modalita’ autoritaria del populismo si manifesta nella struttura leggera e movimentista del partito, la quale […] consente un facile allineamento della volonta’ tra chi governa e chi e’ governato […]
Due casi di rappresentanza diretta che hanno per protagonisti movimenti antipartito, i casi forse piu’ spettacolari o originali del nostro tempo:il Movimento Cinque Stelle (o M5S) e Podemos. Non mi propongo di condurre uno studio esaustivo di questi due movimenti, ma di illustrare, attraverso di essi, il processo di iperleaderismo innescato mediante dispositivi digitali da due movimenti nati all’insegna dell’orizzontalismo e della rappresentanza diretta.
Il M5S e Podemos, come altri movimenti simili sorti negli ultimi due decenni in Europa e nelle Americhe, si sono serviti sin dai loro esordi degli «strumenti partecipativi» offerti dal web – «applicazioni decisionali on-line che facilitano la partecipazione dei membri a varie discussioni, deliberazioni ed elezioni digitali» – e sono caratterizzati da una concezione e da una pratica flessibile di appartenenza che sfuma i confini del «partito» e unifica i cittadini attraverso una serie di strategie plebiscitarie imperniate sulla figura del leader e attraverso una retorica «reattiva» o opposizionale […]
I due movimenti sono molto diversi, non solo nei programmi, ma anche nei metodi e negli esiti. Entrambi inoltre stanno subendo un mutamento che probabilmente li portera’ a diventare sempre piu’ dei partiti che non dei semplici movimenti, quali erano quando si sono costituiti e quali aspiravano a rimanere.
Il M5S e’ riconducibile alla tradizione antipartitista del qualunquismo, radicata nella democrazia italiana sin dal suo esordio nel 1945 e riemersa con forza in concomitanza con Tangentopoli (ricordiamo che Forza Italia nacque come club antipartitico) […]
Podemos, al contrario, si riconosce in una forma leninista di volontarismo movimentista, che si fonda sull’opposizione del 99% dei cittadini all’1% e implica una concezione radicale del popolo come antiestablishment e della politica per il popolo non establishment.
Podemos e’ collocato decisamente a sinistra dello spettro ideologico e sembra non disdegnare di diventare un partito a tutti gli effetti; il suo antipartitismo delle origini e’
stato essenzialmente una critica alla reticenza e al centrismo del tradizionale partito socialista spagnolo (PSOE). Il M5S invece non ha mai affermato di essere o voler essere un movimento di sinistra (e probabilmente si esaurira’ senza diventare un partito); si e’ fin dalle origini presentato come espressivo dei cittadini comuni, allineato con i sentimenti e le rivendicazioni generiche di contestazione dell’establishment e della sua politica corrotta. Aspira ad essere molto piu’ inclusivo e generalista di un partito tradizionale ed e’ favorevole a politiche sociali basate sull’assistenza piu’ che sulla ridistribuzione, non avendo una cultura politica ascrivibile al riformismo socialista; possiamo collocare il M5S all’interno della galassia del centrismo, limitrofo piu’ al popolarismo democratico cristiano che al welfarismo di sinistra.
Podemos, invece, ha immediatamente dichiarato di patrocinare il superamento delle divisioni tradizionali tra vecchia destra e vecchia sinistra, nel nome di una politica piu’ progressista rispetto a quella della sinistra tradizionale, benche’ non classista, ma inclusiva e popolare.

Info:
http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/05/08/nadia-urbinati-e-il-populismo/
https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-03/la-verita-vi-prego-sul-populismo.html
https://www.fatamorganaweb.unical.it/index.php/2020/01/27/dal-populismo-al-popolo-democrazia-nadia-urbinati/

Stato/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

Il XX secolo forse non ha cambiato il concetto di democrazia […]
Ma le istituzioni democratiche – non solo il Parlamento, la tutela dei diritti fondamentali e la separazione dei poteri, ma anche i partiti, la stampa, i media… –, quelle si’ sono profondamente cambiate e funzionano in modo del tutto diverso da quelle sette-ottocentesche.
Ci si e’ accorti del mutamento solo dopo che il populismo era ormai esploso, attribuendo il fenomeno a cause contingenti come globalizzazione, crisi economiche, migrazioni, risentimento, rivoluzione digitale. In realtà c’e’ una causa politico-istituzionale del populismo che viene da molto piu’ lontano e coincide appunto con i mutamenti che hanno interessato la democrazia parlamentare […]
Il primo mutamento, tanto consolidato da passare ormai inavvertito, e’ la concentrazione dei poteri nell’esecutivo. E si badi che non si parla delle democrazie illiberali, ma proprio delle democrazie liberali.
Intanto, gli studiosi si occupano prevalentemente dei due poteri normativi, legislativo e giudiziario, e ignorano non tanto l’esecutivo quanto l’amministrazione: l’unico potere statale che dura anche quando cambiano maggioranze e governi, e senza il quale gli altri poteri non potrebbero funzionare.
Poi, e di conseguenza, non si riflette mai abbastanza sulle conseguenze prodotte, sulle istituzioni democratiche stesse, da due guerre mondiali, una guerra fredda, apparentemente chiusa dalla caduta del Muro di Berlino (1989), e un numero imprecisato di guerre asimmetriche, dalla Corea al Vietnam, dall’Afghanistan all’Iraq, spesso mascherate da interventi umanitari, esportazioni della democrazia o guerra al terrore. Tutti conflitti non dichiarati dai parlamenti, e gestiti direttamente dagli esecutivi.
Tutte queste guerre, scatenate nonostante il, o forse addirittura grazie al, principio del rifiuto della guerra come soluzione dei conflitti internazionali, hanno comportato uno spostamento enorme di poteri dal legislativo all’esecutivo, e da questo all’amministrazione […]
Si governa per decreti governativi, e l’ultima parola non tocca affatto ai giudici, come qualcuno crede, ma all’amministrazione […]
Il secondo mutamento che ha interessato le istituzioni democratiche e’ chiamato costituzionalizzazione ma dovrebbe chiamarsi anche internazionalizzazione della democrazia […]
Si tratta della democrazia, detta appunto costituzionale, in cui il potere statale incontra limiti sia interni (costituzioni rigide, corti costituzionali, interpretazione costituzionale) sia esterni (trattati internazionali, corti internazionali).
La democrazia costituzionale, impostasi in Occidente con la giurisprudenza delle grandi corti costituzionali e internazionali, si era estesa ai paesi dell’Est dopo la caduta del Muro di Berlino […]
Infine, c’è un terzo mutamento istituzionale da registrare, molto differente dai precedenti: lo svuotamento neoliberista della democrazia.
Si comincia a parlare di crisi della democrazia nel 1975: gli Stati nazionali, si dice, non sono piu’ in grado di assicurare la «governabilita’», ossia di adempiere le promesse fatte negli anni del boom economico.
«Governabilita’», governance (governo pubblico- privato) e sovranita’ del consumatore (decide chi compra) sono poi divenuti i mantra del neoliberismo, di destra e di sinistra.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/mauro-barberis-come-internet-sta-uccidendo-la-democrazia-9788832962741/
https://www.lankenauta.it/?p=18988

Capitalismo/Denault

Alain Deneault – La mediocrazia – Neri Pozza (2017)

La crisi ecologica in continuo aggravamento, le disuguaglianze dei redditi che portano a esclusioni su scala nazionale e mondiale, la dipendenza dai combustibili fossili, il consumo eccessivo e l’obsolescenza programmata, la trasformazione della cultura nell’industria del divertimento, la colonizzazione della mente da parte della pubblicita’, la predominanza del sistema finanziario internazionale sull’economia cosi’ come la sua instabilit’, per fare alcuni esempi, sono tutti aspetti sociali che, insieme a diversi altri, incarnano problemi che trovano origine nella formazione e nelle ricerche sviluppate dagli istituti universitari […]
L’universita’ e’ diventata ne’ più ne’ meno che una componente del dispositivo industriale, finanziario e ideologico contemporaneo.
E’ in tal senso che si fa forte dell’appoggio della cosiddetta «economia del sapere», alla quale si vanta di partecipare. L’imprenditoria vede dunque l’universita’ trasmetterle il sapere piu’ avanzato e il personale che essa richiede, e tutto cio’ grazie al denaro pubblico […]
Oggi gli studenti non sono piu’ quei consumatori dell’insegnamento e dei diplomi offerti nei campus, sono diventati loro stessi dei prodotti.
L’universita’ vende cio’ in cui li trasforma alle imprese private e ad altri istituti che la finanziano, che sono dunque i suoi nuovi clienti […]
Agganciandosi senza riserve alle grandi aziende cosi’ come alle istituzioni del potere, gli istituti di ricerca non si sono limitati a vendere il sapere ai loro clienti, sono anche diventati partner di imprese di manipolazione. Le universita’ restano una delle carte migliori per le aziende lobbistiche, sebbene le loro relazioni si rivelino alquanto problematiche. A torto si riduce l’attivita’ delle lobby alla sola “vendita a domicilio” presso i parlamentari per spingerli a votare in un senso o in un altro.
Questi specialisti dell’opinione si dedicano molto di piu’ a generare le congiunture che costringeranno i parlamentari, senza nemmeno la necessita’ d’interpellarli, a orientare le loro scelte nell’uno o nell’altro senso.
Per manovrare la realta’ stessa, i lobbisti cercano di costruire un clima favorevole ai loro interessi, per esempio mobilitando pubblicamente gli esperti finanziati dall’industria.
Un vero spettacolo.

Info:
https://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2017/01/25/news/il_trionfo_della_mediocrazia_spiegato_dal_filosofo_canadese_alain_deneault-156837500/
http://blog.ilgiornale.it/franza/2018/05/27/la-mediocrazia-un-libro-magistrale-del-canadese-alain-deneault-ne-traccia-il-pensiero-e-spiega-come-i-mediocri-hanno-preso-il-potere/

Lavoro/Bauman

Zygmunt Bauman – Lavoro, consumismo e nuove poverta’ – Citta’ Aperta (2004)

Data la natura della gara oggi in corso, la miseria di chi viene espulso, considerata un tempo come un male prodotto dalla societa’, alleviabile con mezzi collettivi, puo’ essere ridefinita soltanto come la conseguenza di un crimine individuale.
Le «classi pericolose» vengono pertanto stigmatizzate come classi criminali. Le prigioni divengono cosi’, nel senso vero e pieno del termine, un surrogato delle istituzioni del welfare state. E con tutta probabilita’ continueranno a esserlo in misura crescente man mano che l’assistenza pubblica andra’ riducendosi […]
E cio’ lo si vede, molto piu’ chiaramente che altrove, negli Stati Uniti dove, negli anni del “laissez faire” di Reagan e Bush, l’assoluto predominio del mercato ha raggiunto un’estensione ineguagliata rispetto a qualsiasi altro paese.
L’epoca della “deregulation” e dello smantellamento del welfare state ha coinciso con l’aumento della criminalita’, il rafforzamento della polizia e la crescita della popolazione carceraria […]
Da oggetto della politica sociale, la poverta’ si trasforma cosi’ in un problema della criminologia e del diritto penale.
Gli emarginati non sono piu’ i rifiuti della societa’ dei consumi, i perdenti esclusi da ogni feroce competizione, ma diventano i nemici giurati della societa’. Vi e’ soltanto un sottile confine, facilmente travalicabile, fra chi campa a spese dello Stato e gli spacciatori di droga, i rapinatori e gli assassini. La popolazione assistita e’ il serbatoio naturale delle bande criminali, e continuare ad assisterla significa allargare l’area di reclutamento dei delinquenti […]
Se la moralita’ consiste essenzialmente nel sentirsi responsabili dell’integrita’ e del benessere delle persone piu’ deboli, svantaggiate e sofferenti, la criminalizzazione della poverta’ tende a estinguere questo impulso. Quando i poveri vengono considerati criminali, in potenza o in atto, cessano di costituire un problema morale e ci esimono dalle nostre responsabilita’ sociali.
Non si pone piu’, cosi’, la questione morale di difenderli contro il loro crudele destino, bensi’ quella di difendere la vita e i beni delle persone normali dalle minacce che possono provenire dai quartieri degradati, dai ghetti e dalle zone malfamate […]
Come abbiamo già osservato, poiche’ nella societa’ attuale i poveri disoccupati non costituiscono piu’ un «esercito industriale di riserva», non ha alcun senso, dal punto di vista “economico”, mantenerli in buona forma nel caso in cui dovessero essere richiamati in servizio attivo come produttori.

Info:
http://www.inattuale.paolocalabro.info/2009/04/z-bauman-lavoro-consumismo-nuove.html
https://sociologia.tesionline.it/sociologia/libro.jsp?id=1714

Europa/Gallino

Luciano Gallino – L’attacco allo stato sociale. Lo smantellamento del welfare nell’Unione Europea- Einaudi (2013)

L’Unione Europea e’ un progetto politico, economico, sociale, culturale che presenta elementi unici al mondo.
Uno di questi elementi, forse quello che potrebbe avere la maggior forza unificante per i cittadini Ue, e’ a mio avviso il modello sociale che si ritrova nella Ue e, in tutto il mondo, solamente in essa […]
L’espressione modello sociale europeo suona un po’ astratta, ma e’ ricca di significati concreti. Essa designa un’invenzione politica senza precedenti, forse la piu’ importante del xx secolo.
Essa significa che la societa’ intera si assume la responsabilita’ di produrre sicurezza economica e sociale per ciascun singolo individuo, quale che sia la sua posizione sociale e i mezzi che possiede.
Produrre sicurezza economica richiede la costruzione di sistemi di protezione sociale avendo in vista una serie di eventi che possono sconvolgere in qualsiasi momento la vita di ciascuno.
Sono la malattia, l’incidente, la disoccupazione, la poverta’, la vecchiaia […]
Sin dagli anni Novanta del secolo scorso si parlava di almeno tre modelli differenti: il tipo socialdemocratico o nordico o scandinavo; il tipo liberale o anglosassone; il tipo socialconservatore o continentale.
Piu’ tardi i modelli individuati diventarono almeno quattro, con l’aggiunta ai precedenti del tipo mediterraneo […]
Appare pertanto arduo comprendere come si possa individuare nella eccessiva generosita’ dello stato sociale il fattore che rende non solo indispensabile, ma altresi’ urgente, una sua marcata riduzione, a causa del peso insostenibile che e'[…] giunto a far gravare sui bilanci pubblici.
Una lettura piu’ realistica della crisi porterebbe piuttosto a dire che, essendo i bilanci pubblici stremati dal menzionato sostegno al sistema finanziario, in presenza di una crisi che appare tutt’altro che risolta, gli stati sono costretti,volenti o nolenti, a ridurre la spesa della voce piu’ importante del
loro bilancio – la spesa sociale.

Info:
https://www.amazon.it/Lattacco-allo-stato-sociale-smantellamento-ebook/product-reviews/B00BUE9NRG

Geoeconomia/Fagan

Pierluigi Fagan – Verso un mondo multipolare. Il gioco di tutti i giochi nell’era Trump – Fazi (2017)

Dalla fine del XIX secolo, si sono registrati tre tipi di ordine.
Il primo fu quello dell’Impero Britannico che giunse a controllare direttamente un quarto della superficie globale e un quinto della sua popolazione che complessivamente era meno di 1,5 miliardi di individui.
Dopo le due guerre mondiali, si e’ formato un ordine bipolare centrato su Stati Uniti e Unione Sovietica con una popolazione che nel 1950 superava di poco i 2,5 miliardi.
Dopo il 1989-1991, gli Stati Uniti sono rimasti l’unico polo dominante e intanto il sistema-mondo e’ esploso fino ai 6 miliardi a cavallo tra il XX e il XXI secolo. L’ordine statunitense ha quindi vissuto una breve fase monopolare, simile a quella dell’Impero Britannico.
La situazione attuale, e quella verso la quale andremo sempre piu’ incontro, si presenta come un sistema sempre piu’ esteso che si divide naturalmente in piu’ poli prefigurando un tipo di ordine nuovo – l’ordine multipolare – che alcuni temono sara’ un disordine […]
All’interno del nuovo ribollire di multipolarita’, sta emergendo un contendente credibile alla posizione di leadership solitaria degli USA: la Cina. Ma la Cina non si propone come un alter ego dell’URSS, non si propone cioe’ come un secondo polo col quale spartirsi il mondo, ne’ tantomeno come un candidato a sostituire gli USA secondo lo schema basato sul centro di gravita’ del sistema capitalistico: “il secolo britannico”, “il secolo americano”, “il secolo cinese”. […] ma piuttosto proporsi come capofila del nuovo ordine multipolare, promotore di un asse infrastrutturale che prefigurerebbe una grande innovazione geopolitica a lungo temuta da tutte le potenze insulari (UK, USA, Giappone), il “sistema euro-asiatico”.
Tre entita’ principali coprono le parti del continente eurasiatico, Europa a ovest, Russia al centro, Cina a est. Se queste forze e le loro aree satellite si saldassero in un unico sistema di scambi e relazioni multidimensionali, con il 70% della popolazione mondiale sarebbe il sistema centrale del nuovo ordine mondiale.

Info:
https://pierluigifagan.wordpress.com/verso-un-mondo-multipolare-il-libro/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/mondo-multipolare/28857-verso-un-mondo-multipolare-il-gioco-di-tutti-i-giochi-nellera-trump

Finanziarizzazione/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale – Chiarelettere (2018)

L’espansione finanziaria di questi decenni e’ strettamente connessa all’aumento della disuguaglianza e all’abnorme rigonfiamento delle fortune personali.
La ricchezza liquida – originata dai dividendi azionari, dai guadagni di capitale, dalle transazioni e dagli investimenti finanziari – che si e’ accumulata nelle centrali di gestione della liquidita’ globale e’ passata dalla cifra quasi insignificante di 100 miliardi di dollari nel 1990 a 6 trilioni alla fine del 2013.
E non bisogna illudersi sul fatto che la crisi del 2008-2010 abbia dato un colpo devastante al tesoro dei Paperoni mondiali.
Il colpo c’è stato si’ nel 2008, ma e’ durato solo un anno e nel 2013 i patrimoni dei super ricchi erano tornati a superare del
30 per cento i valori del 2007.
Se poi si considerano i beni degli ultra super ricchi, quelli dello 0,5 per cento, il loro recupero e’ stato ancora piu’ cospicuo, poiche’ nel 2014 i loro patrimoni erano dell’85 per cento piu’ consistenti rispetto al 2007.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Capitalismo/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Popolo, potere e profitti. Un capitalismo progressista in un’epoca di malcontento – Einaudi (2020)

Con l’evoluzione del sistema bancario, l’intermediazione si e’ via via allontanata dall’obiettivo di mettere in rapporto tra loro i risparmiatori e le imprese desiderose di espandersi e di creare
nuovi posti di lavoro.
Le banche hanno iniziato a concentrarsi piuttosto su quei risparmiatori e quelle famiglie che volevano spendere piu’ di quanto guadagnavano, per esempio tramite le carte di credito.
Gli anticipi sulle carte di credito si dimostrarono in particolare molto redditizi, perche’ era facilissimo sfruttare i consumatori imponendo tassi di interesse da usurai, oneri sulle dilazioni (anche quando non erano dilazioni) o sugli scoperti e vari tipi di commissioni. E tutto cio’ divenne sempre piu’ facile a mano a mano che si procedette con la deregolamentazione, che eliminava i vincoli al comportamento predatorio.
In tal modo le banche furono libere di rastrellare denaro da tutte le parti, usando il proprio potere di mercato per imporre tariffe elevate ai consumatori e contemporaneamente ai commercianti.
Inoltre, per quanto riguardava le attivita’ di prestito, per le banche era piu’ facile sfruttare i consumatori che le imprese: era cioe’ piu’ facile far soldi con i consumatori che prestando denaro alle piccole e medie imprese (Pmi). Cosi’ per queste ultime divenne sempre piu’ difficile ottenere denaro […]
Le banche hanno intrapreso anche attivita’ molto piu’ redditizie dell’intermediazione, per esempio puntando su immense scommesse.
Quella che a Las Vegas puo’ essere definita semplicemente una scommessa, a Wall Street ha un nome piu’ fantasioso e si chiama «derivato» (e scommette, per esempio, su che cosa succedera’ ai tassi di interesse, ai tassi di cambio o ai prezzi del petrolio) o credit default swap, una scommessa sul possibile fallimento o quasi di un’impresa o di un’altra banca.
Ma tutto cio’ non e’ come giocare alle slotmachine del bar sotto casa; qui sono in gioco svariati miliardi di dollari. Questo e’ un vero e proprio mercato d’azzardo, che puo’ esistere perche’, di fatto, e’ in parte assicurato dal governo. Se la perdita si rivelasse troppo alta, il governo salvera’ la banca.
E’ dunque un altro modo di scommettere senza rischiare: se le cose vanno come vogliono le banche, le banche si intascano i profitti; altrimenti, c’e’ il governo che le sostiene.
Ed e’ soltanto perche’ il governo fa da rete di protezione che l’altra parte e’ disposta a partecipare alla scommessa, perche’ sa che il contratto verra’ onorato in qualunque caso […]
Esiste ancora una terza fonte di lucrosi guadagni per le banche, particolarmente improduttiva per la societa’: gli aiuti che esse forniscono alle grandi multinazionali e ai ricchi per eludere il fisco, per spostare il denaro dalle giurisdizioni dove le tasse sono elevate a quelle dove sono basse, in modo da aggirare la legge, se non violarla.
Anche qui, le banche hanno resistito agli sforzi di riforma del sistema fiscale e finanziario globale. Ben diecimiliardi di dollari sfuggono ogni anno al fisco […]
Oltre a non svolgere il suo tradizionale ruolo di intermediazione, cioe’ portare il denaro dalle famiglie alle imprese, il settore finanziario oggi sta facendo l’esatto contrario, sottraendo denaro alle imprese per portarlo ad alcune famiglie, in modo che i ricchi possano godersi di piu’ il loro denaro.
Grazie a significative facilitazioni fiscali, uno dei modi in cui le banche possono farlo e’ aiutare le imprese a ricomprare le proprie azioni sul mercato prestando loro il denaro necessario, come mostra l’esempio di Apple.
I soldi cosi’ escono dalle imprese. E l’impresa avra’ meno capitale da investire nel futuro, nella creazione di nuovi posti di lavoro. Chi ci guadagna, naturalmente, sono i proprietari delle azioni, gia’ ricchi oltre misura. Negli ultimi anni queste operazioni di buy-back hanno raggiunto dimensioni tali da superare di gran lunga gli investimenti (il capitale fisso) delle imprese non finanziarie.

Info:
https://www.lacittafutura.it/economia-e-lavoro/capitalismo-progressista-un-ossimoro
https://www.italypost.it/popolo-potere-profitti-joseph-stiglitz/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/06/15/neoliberismo-stiglitz-per-superarlo-serve-un-capitalismo-progressista-che-recida-legami-tra-potere-economico-e-politica/5257897/