Economia di mercato/Reich

Robert B. Reich – Come salvare il capitalismo – Fazi (2015)

Il mercato e’ una creazione umana: si basa su regole concepite da esseri umani.
La domanda chiave e’ chi plasma queste regole e perche’.
Negli ultimi trent’anni la regole sono state dettate dalle grandi corporation, da Wall Street e dai superricchi per incanalare verso di se’ un’ampia fetta del reddito e della ricchezza totali del paese.
Se costoro continueranno ad avere un’influenza spropositata su tali regole, finendo per acquisire il controllo delle attivita’ al cuore della nuova ondata di innovazioni, si impadroniranno di quasi tutta la ricchezza, quasi tutto il reddito e quasi tutto il potere politico.
Il risultato non e’ nel loro interesse, almeno quanto non e’ nell’interesse del resto della popolazione, perche’ in queste condizioni un’economia e una societa’ non possono durare[…]
Il punto non e’ quanto togliere ai ricchi tramite le tasse per ridistribuirlo a chi ricco non e’, ma come concepire le regole del mercato affinche’ l’economia generi cio’ che la maggior parte delle persone consideri di per se’ un’equa distribuzione, senza la necessita’ di ampie ridistribuzioni a posteriori.

Info:
https://www.artapartofculture.net/2015/09/24/come-salvare-il-capitalismo-robert-reich-racconta-le-difficili-dinamiche-delleconomia/
https://www.criticaletteraria.org/2015/12/reich-come-salvare-il-capitalismo-fazi.html

Economia di mercato/Reich

Robert B. Reich – Come salvare il capitalismo – Fazi (2015)

Le regole non sono neutrali ne’ universali, e non sono permanenti. Societa’ diverse in tempi diversi hanno adottato versioni diverse.
Le regole rispecchiano in parte le norme e i valori del momento di una data societa’, ma riflettono anche chi in quella societa’ ha piu’ potere per dettarle o influenzarle.
Il dibattito interminabile se il “libero mercato” sia meglio del “governo” ci impedisce di esaminare chi eserciti tale potere, come ne tragga vantaggio e se queste regole vadano modificate affinche’ ne beneficino piu’ persone […]
I mercati sono fatti dagli esseri umani: come le nazioni, i governi, le leggi, le societa’ di capitali e il baseball, sono il prodotto di uomini e donne.
E come per questi altri sistemi, esistono molti modi alternativi di ordinare i mercati.
Comunque un mercato sia organizzato, le sue regole creano incentivi per le persone. Idealmente, le motivano a lavorare e collaborare, a essere produttive e inventive, aiutandole anche a raggiungere le vite che desiderano.
Le regole rifletteranno inoltre i loro valori e giudizi morali su che cosa sia buono e degno e che cosa sia equo. Le regole non sono statiche; cambiano con il tempo, possibilmente in modo da risultare alla maggioranza dei cittadini migliori e piu’ eque.
Ma non sempre e’ cosi’. Possono cambiare anche perche’ alcune persone hanno acquisito il potere di modificarle a proprio vantaggio.

Info:
https://www.artapartofculture.net/2015/09/24/come-salvare-il-capitalismo-robert-reich-racconta-le-difficili-dinamiche-delleconomia/
https://www.criticaletteraria.org/2015/12/reich-come-salvare-il-capitalismo-fazi.html

Economia di mercato/Reich

Robert B. Reich – Come salvare il capitalismo – Fazi (2015)

Per esempio Patagonia, una grande azienda di abbigliamento e attrezzature per attivita’ all’aperto con sede a Ventura, in California, si e’ organizzata come “benefit corporation”, cioe’ una societa’ a scopo di lucro il cui statuto prevede la necessita’ di tenere in considerazione gli interessi dei lavoratori, della comunita’ e dell’ambiente, oltre a quelli degli azionisti.
Le benefit corporation sono certificate e il loro andamento viene regolarmente monitorato da terze parti nonprofit, come B. Lab.
Nel 2014 ventisette Stati avevano approvato leggi che permettono alle societa’ di registrarsi sotto questa forma, dando percio’ ai consiglieri d’amministrazione un’esplicita tutela legale affinche’ considerino gli interessi di tutti i partecipanti anziche’ soltanto quelli degli azionisti […]
Questo potrebbe essere l’inizio del ritorno a una forma di quello stakeholder capitalism o ‘capitalismo dei partecipanti’ che sessant’anni fa era la norma.
Ma per alcuni economisti lo shareholder capitalism o ‘capitalismo degli azionisti’ sarebbe più efficiente.
Sostengono che sotto la pressione degli azionisti le societa’ indirizzano le risorse economiche la’ dove sono piu’ produttive, consentendo percio’ all’intera economia di crescere piu’
rapidamente […]
Esaminando con attenzione le conseguenze dello shareholder capitalism che ha preso piede negli anni Ottanta – un’eredita’ che include il calo o l’appiattimento dei salari della maggioranza degli americani, insieme alla crescente insicurezza economica, i lavori esternalizzati, le comunita’ abbandonate, le retribuzioni stratosferiche degli amministratori delegati, la fissazione miope per i risultati trimestrali e un settore finanziario simile a un casino’ il cui quasi collasso nel 2008 ha imposto danni collaterali alla maggior parte dei cittadini – si potrebbero nutrire dei dubbi su quanto abbia davvero funzionato nella pratica.
Solo alcuni di noi sono azionisti di qualche societa’, e un’esigua minoranza di ricchi americani possiede la maggior parte delle azioni scambiate sulle borse valori degli Stati Uniti. Ma tutti quanti siamo partecipanti, abbiamo un interesse nell’economia americana, e la maggioranza di questi stakeholder non se la passa particolarmente bene.
Forse ci vorrebbe piu’ capitalismo dei partecipanti e meno degli azionisti.

Info:
https://www.artapartofculture.net/2015/09/24/come-salvare-il-capitalismo-robert-reich-racconta-le-difficili-dinamiche-delleconomia/
https://www.criticaletteraria.org/2015/12/reich-come-salvare-il-capitalismo-fazi.html

Economia di mercato/Zielonka

Jan Zielonka – Contro-rivoluzione. La disfatta dell’Europa liberale – Laterza (2018)

Oggi, la maggior parte dei politici, giornalisti e banchieri mainstream insistono che non c’e’ alternativa al dogma del libero mercato, del libero commercio, della libera scelta, della libera concorrenza e della libera comunita’ […]
Il repertorio delle politiche neoliberiste e’ ben noto: privatizzazione o mercatizzazione di servizi pubblici come l’energia, l’acqua, i treni, la salute, l’educazione, le strade, le prigioni; rimozione o riduzione della regolamentazione statale di settori economici vitali come il commercio, la concorrenza industriale, i servizi finanziari, le comunicazioni, l’energia, la salute, l’ambiente; riduzione delle tasse, soprattutto per i grandi affari, e tolleranza per le scappatoie fiscali; contrazione del sostegno sociale e stringenti strumenti di verifica per i gruppi che ancora avrebbero titolo all’aiuto pubblico, come disoccupati, disabili, senza dimora, genitori single.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/contro-rivoluzione-jan-zielonka/
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858129937
http://www.atlanticoquotidiano.it/recensioni/rivoluzione-la-disfatta-delleuropa-liberale-jan-zielonka/
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/

Lavoro/Crouch

Colin Crouch – Identita’ perdute. Globalizzazione e nazionalismo – Laterza (2019)

Se ridurre l’offerta di lavoro fosse davvero una mossa positiva, allora le citta’ e le regioni che subiscono improvvise perdite di popolazione dovrebbero avere le economie locali piu’ vivaci.
In realta’ assistiamo alla situazione opposta.
La riduzione della forza lavoro comporta un calo dei consumi, dunque un calo della domanda, dunque salari piu’ bassi, una maggiore perdita di popolazione man mano che le persone emigrano e cosi’ via in una spirale ininterrotta.
L’immigrazione e’ solo una parte della questione complessiva del libero scambio in libero mercato: l’economia di mercato
e’ un gioco a somma positiva, ma crea problemi, momenti difficili in cui la velocita’ e le dimensioni del cambiamento generano insicurezza nella vita delle persone.
Questi problemi devono essere affrontati da politiche specifiche, non da un rifiuto complessivo del modello del libero scambio. Nel caso dell’immigrazione, le minacce ai livelli salariali (se esistono) possono essere affrontate mediante politiche che garantiscano un salario minimo.
Le inadeguatezze nella formazione possono essere risolte attraverso politiche di formazione pubblica.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/politica/14268-alessandro-visalli-colin-crouch-identita-perdute-globalizzazione-e-nazionalismo.html
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858134061

Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

In base alla logica del fiscal compact, il nostro paese avrebbe bisogno di mantenere ancora nei prossimi due decenni un avanzo primario pari o superiore agli interessi pagati sul debito, che all’inizio del 2016 equivalevano all’incirca al 4,2 per cento del PIL (pari all’incirca a 80 miliardi di euro l’anno): una politica insostenibile non solo da un punto di vista economico, per i motivi succitati, ma anche e soprattutto da un punto di vista politico e sociale, per l’entita’ dei tagli alla spesa pubblica o dell’imposizione fiscale che essa comporterebbe.
E non e’ un problema che riguarda solo l’Italia: in base al duplice obiettivo del nuovo patto di stabilità – pareggio di bilancio strutturale e riduzione del debito –, tutti i paesi della periferia dovrebbero mantenere da qui al 2030 avanzi primari da capogiro: 7 per cento in Grecia, 6,5 per cento in Italia,
5,5 per cento in Portogallo, 3,5 per cento in Spagna.[…]
In definitiva, possiamo concludere che non e’ esagerato affermare che il fiscal compact elimina definitivamente anche quell’esiguo margine di manovra fiscale previsto dal Trattato di Maastricht e dal patto di stabilita’ e crescita, condannando l’Europa – a meno che non avvenga un cambio di politica radicale – all’austerita’ permanente.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Stato/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

E’ impossibile rafforzare la capacita’ degli Stati (o delle coalizioni di Stati come l’Europa) di limitare i rischi sistemici e di aumentare il loro potere di regolazione del mercato finanziario senza sviluppare contemporaneamente da una parte una nuova capacita’ istituzionale di governo dell’economia e dall’altra un insieme di politiche di crescita anticicliche, il contrario dunque delle misure di riduzione del debito, di deflazione e di depressione misurata con le quali l’ortodossia liberista intenderebbe cancellare i debiti insolvibili che sono stati trasferiti dal privato al pubblico dall’inizio della crisi.
Ma e’ molto difficile, per non dire impossibile, realizzare queste due condizioni senza mettere in discussione radicalmente il regime attuale del potere politico-economico, che si e’ in buona misura allontanato dai suoi luoghi giuridici, amministrativi e parlamentari ufficiali, affidando le scelte cruciali a una governance-ombra, di cui il ruolo del Fondo monetario internazionale nell’ideazione del piano europeo di salvataggio delle finanze greche e’ un buon esempio.
Ed e’ tanto piu’ difficile se la tendenza all’aumento delle diseguaglianze di ricchezza […] continua ad accentuarsi.

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

Economia di mercato/Reich

Robert B. Reich – Come salvare il capitalismo – Fazi (2015)

Le donazioni filantropiche dei benestanti sono in aumento […] E’ affar loro come donano i propri soldi, naturalmente.
Ma non del tutto.
I benefattori possono dedurre queste donazioni dal loro reddito imponibile, e le fondazioni o i lasciti caritatevoli che le ricevono non devono pagare imposte sul reddito che generano.
In termini economici, queste deduzioni e queste entrate al netto delle imposte sono l’equivalente di sovvenzioni governative. Nel 2011, l’ultimo anno per cui sono disponibili dati affidabili, raggiunsero circa 54 miliardi di dollari. […]
Queste sovvenzioni pubbliche sono normalmente erogate sotto gli occhi vigili dei ricchi che fanno le donazioni, senza dover rendere conto ai cittadini […]
Inoltre, anche se viene chiamata “deduzione filantropica”, ben poco di questa sovvenzione pubblica finisce ai poveri. Un’analisi del 2005 del Center on Philanthropy della Indiana University mostro’ che anche nella migliore delle ipotesi solo un terzo delle donazioni “filantropiche” e’ destinato ad aiutare i poveri.
Una grossa fetta va a compagnie liriche, musei d’arte,
orchestre sinfoniche e teatri: tutte iniziative degne, certo, ma non “opere di carità” nell’accezione normale del termine […] Un’altra parte va alle scuole secondarie e alle universita’ d’elite che i benefattori a loro tempo frequentarono, o che adesso vogliono far frequentare ai loro figli.

Info:
https://www.artapartofculture.net/2015/09/24/come-salvare-il-capitalismo-robert-reich-racconta-le-difficili-dinamiche-delleconomia/
https://www.criticaletteraria.org/2015/12/reich-come-salvare-il-capitalismo-fazi.html

 

Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Euripa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Impazzimento collettivo o guerra di classe? […]
Il quadro si semplifica, almeno in parte, se, rinunciando alla chiave degli “errori” e dell’“impazzimento collettivo”, si suppone che quella che stiamo vivendo sia una transizione, e che le politiche adottate dai sovrani della troika e dai governi nazionali piu’ forti, Germania in testa, rientrino in un processo governato di ristrutturazione delle nostre societa’: in una distruzione creatrice, finalizzata alla sostituzione del modello sociale postbellico (il capitalismo democratico incentrato sul welfare pubblico e sulla riduzione delle sperequazioni in un’ottica inclusiva) con un modello oligarchico (postdemocratico) affidato alla «giustizia dei mercati globali» e caratterizzato dal binomio poverta’ pubblica-ricchezza privata. […]
La scelta, per esempio, di costringere gli Stati membri ad accumulare enormi avanzi primari per assicurare che questi siano in grado di garantire il servizio degli interessi sul debito pregresso – esemplificata dal fiscal compact – e’ molto piu’ di una semplice “stupidita’”. Secondo alcuni, si tratterebbe addirittura del «piu’ grande trasferimento di risorse dalle classi medio-basse a quelle alte nella storia».
Lo stesso vale per le misure di privatizzazione o di compressione salariale, che vanno tutte a beneficio dei grandi gruppi industriali, europei e non, che infatti hanno visto il loro margine di profitto tornare ai livelli pre-crisi.
L’austerita’, pero’, non produce solo un trasferimento di risorse da alcune classi sociali verso altre; produce anche un trasferimento di risorse da alcuni paesi verso altri, come vedremo piu’ avanti. E’ difatti sotto gli occhi di tutti come la scelta di ridurre gli squilibri commerciali intereuropei costringendo i paesi in deficit a tagliare i salari e a ridurre la domanda, senza perO’ chiedere ai paesi in surplus di fare la loro parte stimolando la domanda interna, abbia determinato enormi benefici per i secondi (Germania in primis) a scapito dei primi.
In definitiva, possiamo ragionevolmente ipotizzare che quello a cui stiamo assistendo non sia un incidente di percorso o il semplice prodotto di politiche “sbagliate”, ma piuttosto il risultato di un disegno preciso. Di una vera e propria “guerra di classe”.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Economia di mercato/Reich

Robert B. Rech – Come salvare il capitalismo – Fazi (2015)

Poche idee hanno cosi’ profondamente avvelenato la mente di tante persone quanto la nozione di un “libero mercato” esistente da qualche parte nell’universo e con il quale il governo “interferisce”.
In questa concezione, qualunque disuguaglianza o insicurezza generata dal mercato viene vista come la conseguenza naturale e inevitabile di “forze impersonali” del mercato […]
Secondo tale visione, qualunque cosa si faccia per ridurre la disuguaglianza o l’insicurezza economica – far funzionare l’economia per la maggior parte di noi – rischia di distorcere il mercato, rendendolo meno efficiente, o di produrre conseguenze involontarie che potrebbero finire per danneggiarci.
Anche se imperfezioni del mercato come l’inquinamento o la scarsa sicurezza dei posti di lavoro, o la necessita’ di beni pubblici come la ricerca di base o persino gli aiuti ai poveri, possono richiedere di quando in quando l’intervento del governo, si tratta di eccezioni alla regola generale per cui il mercato ne sa di piu’.
La visione prevalente e’ cosi’ dominante che oggi e’ data quasi per scontata. Viene insegnata pressoche’ in ogni corso di principi di economia. Ha fatto breccia nel discorso pubblico quotidiano. La si sente in bocca a politici di destra come di sinistra […]
Ma la visione prevalente, cosi’ come il dibattito che ha prodotto, e’ completamente fallace. Non ci puo’ essere alcun “libero mercato” senza un governo. Il “libero mercato” non esiste in natura, lontano dalla civilta’.
La competizione in natura e’ una lotta per la sopravvivenza in cui di solito vince il piu’ grande e il piu’ forte. La civilta’, al contrario, e’ definita da regole; sono le regole a creare i mercati, e i governi a generare queste regole.

Info:
https://www.artapartofculture.net/2015/09/24/come-salvare-il-capitalismo-robert-reich-racconta-le-difficili-dinamiche-delleconomia/
https://www.criticaletteraria.org/2015/12/reich-come-salvare-il-capitalismo-fazi.html