Stato/Mattei

L’economia è politica – Clara E. Mattei – Fuoriscena (2023)

Una verita’ che e’ troppo scomoda da accettare ed e’ dunque nascosta in ogni modo possibile: l’incompatibilita’ tra capitalismo e democrazia.
E’ un’inconciliabilita’ da non intendere in senso superficiale, ma profondo. Anzi, a livello di superficie, la nostra economia si e’ sviluppata a braccetto con la democrazia elettorale. Quest’ultima costituisce un tratto caratteristico del capitalismo avanzato, che riguarda la peculiare separazione tra liberta’ politica e liberta’ economica.
La legittimita’ del sistema elettorale, accompagnato dal pluralismo dei partiti, e’ un mezzo fondamentale con cui lo Stato capitalista mantiene il consenso: ci fornisce l’illusione di avere ampia scelta di intervento sulla societa’.
Il suffragio universale da’ l’impressione di avere il potere collettivo di decidere del futuro del nostro Paese, di sostituire i governi al potere con altri che si prospettano migliori e soprattutto diversi.
L’affermazione delle differenze tra partiti e’ senza dubbio cruciale per la legittimazione del nostro sistema politico, poiche’ suggerisce che gli elettori, votando per le parti in competizione, stiano scegliendo tra alternative fondamentalmente incompatibili.
Eppure, gli strumenti che abbiamo sviluppato finora ci sono di aiuto per liberarci di questa visione mistificante della realta’ […]
Risulta evidente che tutti i partiti che ci governano, di qualsiasi colore siano, accettino quale presupposto indiscutibile il contesto capitalistico in cui operano […]
Il gioco istituzionale e’ dunque quello di elevare barriere piu’ alte possibili per evitare che le priorita’ economiche siano sopraffatte dalla volonta’ della maggioranza.
Le attuali politiche di austerita’ rimangono legate alla volonta’ di proteggere la governance economica dall’opinione popolare, cioe’ di impedire all’economia di diventare politica.
La spinta antidemocratica dell’austerita’ rivela pertanto una fondamentale verita’ del nostro sistema economico: perche’ esso funzioni al meglio, i cittadini devono essere esclusi dalle decisioni riguardo la distribuzione delle risorse nella societa’.
Questa vera e propria pulsione alla de-democratizzazione dell’economia e’ una costante nella storia del capitalismo e ci porta ad abbattere una delle illusioni che piu’ stanno a cuore all’establishment: il fatto che i «fascismi» e i regimi autoritari siano, se non un’aberrazione, almeno una deviazione dalla nostra norma liberale e democratica.

Info:
https://www.pde.it/un-libro-al-giorno/leconomia-e-politica-clara-mattei-fuoriscena/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/15/davvero-le-scelte-economiche-sono-neutrali-e-inevitabili-no-e-un-luogo-comune-il-libro-di-clara-mattei-spiega-che-in-realta-e-tutta-politica/7354313/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/11/13/leconomia-e-politica-parole-antiche-per-conflitti-del-futuro/7351420/
https://www.sinistrainrete.info/politica-economica/28826-francesco-tucci-ripoliticizzare-l-economia.html

Finanziarizzazione/Volpi

I padroni del mondo – Alessandro Volpi – Laterza (2024)


Sta modificandosi anche la natura delle banche centrali.
La Banca centrale europea, in particolare, e’ sempre piu’ responsabile della finanziarizzazione trionfante.
L’istituto di Francoforte, infatti, sembra non comprendere che la disponibilita’ di una liquidita’ enorme nelle mani di pochi fondi muta i tratti della politica monetaria. Con il progressivo aumento dei tassi la Bce riduce la liquidita’, che significa credito bancario, quindi un canale di finanziamento dell’economia reale.
Ridurla alzando i tassi non significa affatto abbattere la liquidita’ che incrementa la speculazione, perche’ ormai gran parte della speculazione si alimenta attraverso i fondi e attraverso quella che era definita shadow banking e che ora si chiama “intermediazione finanziaria non bancaria”
I grandi fondi sanno fare a meno delle banche centrali, mentre l’economia reale e i debiti pubblici sono strangolati dal rialzo dei tassi.

Info:
https://www.thedotcultura.it/alessandro-volpi-ecco-chi-sono-i-padroni-del-mondo/
https://valori.it/fondi-padroni-mondo-libro-alessandro-volpi/

https://altreconomia.it/chi-controlla-i-padroni-del-mondo/
https://sbilanciamoci.info/i-fondi-dinvestimento-padroni-del-mondo/

Stato/Jappe

Le avventure della merce. Per una critica del valore – Anselm Jappe – Mimesis (2023)


La sinistra si sbaglia di grosso ad attribuire allo Stato dei poteri sovrani di intervento.
Innanzitutto, perche’ la politica e’ sempre di piu’ pura “politica economica”. Allo stesso modo in cui in certe societa’ precapitaliste tutto era motivato dalla religione, oggi tutte le discussioni politiche ruotano attorno al feticcio dell’economia.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, la differenza tra la destra e la sinistra consiste essenzialmente nelle loro ricette divergenti di politica economica. La politica non soltanto non e’ esterna o superiore alla sfera economica, ma si muove completamente all’interno di questa. Cio’ non e’ dovuto a una cattiva volonta’ degli attori politici, ma risale a una ragione strutturale: la politica non ha mezzi autonomi di intervento. Deve sempre servirsi di denaro, e ogni sua decisione deve essere “finanziata […]
Se ogni attivita’ umana diventa un problema di mercato, la lotta avviene tra due concezioni della societa’. Una e’ quella che consente al mercato, con le proprie regole, di organizzare la societa’ e integrare tutte le attivita’ umane – sanita’, cultura, educazione, ecc. – alla legge del denaro e come fase suprema […] la mercificazione della materia vivente. L’altra e’ quella dei cittadini, delle istituzioni politiche, secondo cui la vita e gli altri problemi come l’ambiente e la cultura devono essere al centro dell’organizzazione della societa’.

 

Europa/Parsi

Titanic. Il naufragio dell’ordine liberale – Vittorio Emanuele Parsi – il Mulino (2018)

[La] tensione tra una solidarieta’ necessariamente ancorata alla scala nazionale e l’integrazione economica di scala europea ha generato quattro specifiche «sottotensioni»: una tra dimensione sociale e dimensione economica del processo di integrazione, con una «governance programmaticamente sbilanciata a favore delle misure pro mercato e a sfavore di quelle pro welfare»; una seconda che corre all’interno dell’Eurozona, «e oppone Nord e Sud, paesi core (centrali dal punto di vista economico) e paesi periferici, “creditori” e “debitori”»; la terza che ha per tema la libera circolazione dei fattori di produzione nel mercato interno riguarda soprattutto la polemica tra «paesi con welfare consolidato (generoso e costoso) e paesi con welfare relativamente limitato, con basso costo del lavoro e bassa regolazione»; la quarta infine «e’ di natura verticale: Bruxelles (le istituzioni sovranazionali) contro Stati membri (i governi nazionali e le loro sovranita’ in ambiti ritenuti cruciali come le pensioni e il mercato del lavoro)».

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/titanic-naufragio-ordine-liberale-parsi/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/14/titanic-il-sistema-liberale-di-fronte-a-una-scelta-combattere-le-disuguaglianze-o-fallire-il-nuovo-libro-di-vittorio-emanuele-parsi/6590356/
https://www.idiavoli.com/it/article/titanic-naufragio-occidente-ordine-liberale
https://www.marxismo-oggi.it/recensioni/libri/253-stato-mercato-e-democrazia-note-a-margine-di-titanic-il-naufragio-dell-ordine-liberale
https://www.letture.org/titanic-il-naufragio-dell-ordine-liberale-vittorio-emanuele-parsi
https://www.arcipelagomilano.org/archives/51270

Geoeconomia/Parsi

Titanic. Naufragio o cambio di rotta per l’ordine liberale – Vittorio Emanuele Parsi – il Mulino (2022)

E’ stata spesso evocata l’ipotesi di una «nuova Guerra Fredda», un’immagine che potrebbe catturare anche una possibile prospettiva dell’involuzione dei rapporti sino-americani.
Fermo restando che ogni analogia storica e’ sempre forzatamente ingannevole, dobbiamo aggiungere che la divaricazione tra la politica americana e quella di Russia e Cina apre uno scenario diverso da quello della Guerra Fredda.
Fino al 1989, infatti, il confronto tra USA e URSS concentrava al suo interno tanto la dimensione politico-ideologica quanto quella strategico-militare. L’intesa o la non intesa tra Washington e Mosca determinavano lo stato di maggiore o minore tensione dell’intero sistema internazionale. Per contro, la dimensione economica ne era in gran parte esclusa, perche’ i sistemi economici capitalista e collettivista avevano pochi punti di contatto e interscambio, per lo piu’ concentrati nei settori cerealicolo ed energetico.
Oggi la partita vede impegnati tre giocatori di cui uno considerato e «atteso» in costante crescita – la Cina – e gli altri due declinanti, sia pure con modalita’ e forme differenti e comunque in grado di produrre sussulti in controtendenza anche molto significativi: ovvero l’egemone in ripiegamento strategico, gli Stati Uniti, e la seconda superpotenza nucleare del sistema, la Russia, della quale sembra di stare assistendo al canto del cigno, perche’ al di la’ degli indubbi successi conseguiti sul piano politicomilitare in questi anni, tutti gli altri indicatori (economici, demografici, politici interni) ci parlano di un paese avviato a un inesorabile declino. 

Geoeconomia/Barca

Disuguaglianze e conflitto, un anno dopo. Dialogo con Fulvio Lorefice, Fabrizio Barca – Donzelli (2023)

Ed ecco che nel febbraio 2022 arriva anche la crisi bellica, con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
Non che sia la prima guerra di invasione da parte di uno Stato nazionale con vocazione imperiale; di guerre di invasione sono stati tempestati gli ultimi ottanta anni.
Non che sia, come pure si e’ scritto, la prima guerra in Europa dopo l’ultimo conflitto mondiale, vista quella terribile che per un decennio ha sconvolto l’ex Jugoslavia.
Ma questa e’ una guerra speciale e micidiale negli effetti presenti e incombenti sul futuro: per la devastazione che sta producendo; perche’ l’invasore, come gia’ in Iraq, e’ una potenza nucleare; perche’, come ci ricorda papa Francesco, gli interessi imperiali coinvolti e contrapposti sono plurimi e sono alcuni fra i piu’ grandi blocchi militari del mondo; perche’, nell’attuale fase di evoluzione tecnologica dei sistemi militari, di rarefazione dei dispositivi e dei luoghi di dialogo fra gli avversari, di potenza nella propagazione di «menzogne di guerra», i rischi di degenerazione incontrollata sono grandemente cresciuti, superando persino quelli del cinicamente ordinato mondo di guerra fredda dello scorso secolo.
Di nuovo, di fronte a tutto questo, non c’e’ nelle classi dirigenti un sussulto di consapevolezza. Anzi non c’e’ piu’ neanche la narrazione del cambiamento.
Piuttosto, ci si riarma. Si arma chi armato non era.
Si alimenta la filiera dell’industria militare, con l’inconfessato pensiero di sostenere il ciclo economico.
Si frena o si inverte l’uscita dalle fonti energetiche piu’ dannose per il clima.
Insomma, si guarda dichiaratamente indietro.

Info:
https://www.forumdisuguaglianzediversita.org/in-libreria-disuguaglianze-e-conflitto-un-anno-dopo-un-dialogo-tra-fabrizio-barca-e-fulvio-lorefice/
https://www.donzelli.it/download/6436/fcf04502efaf/avvenire.pdf
https://www.donzelli.it/download/6446/282f97300b3e/la-stampa.pdf
https://www.donzelli.it/download/6437/ee21401587c1/domani.pdf
https://www.donzelli.it/download/6434/09ce7acc9da3/fatto.pdf
https://www.sintesidialettica.it/fabrizio-barca-su-guerra-e-disuguaglianze/

Economia di mercato/Rodrik

Dirla tutta sul mercato globale. Idee per una economia mondiale assennata – Dany Rodrik – Einaudi (2019)

La storia dell’economia e’ in larga misura la lotta tra due scuole di pensiero opposte, il liberismo e il mercantilismo.
Il liberismo economico, che pone l’accento su impresa privata e liberi mercati, rimane tuttora la dottrina dominante.
La sua vittoria sul fronte intellettuale, pero’, ci ha reso ciechi al grande fascino – e ai frequenti successi – delle pratiche mercantiliste. In realta’ il mercantilismo e’ assolutamente vivo e vegeto e ci sono buone probabilita’ che il suo costante conflitto con il liberismo si trasformi in una forza determinante per plasmare il futuro dell’economia globale […]
Il modello liberista concepisce lo Stato come un’entita’ dall’indole inevitabilmente predatoria e il settore privato come qualcosa votato per natura alla ricerca di rendite (rent-seeking). Dunque invoca una netta separazione fra Stato e impresa privata.
Il mercantilismo, invece, propone una visione corporativa in cui Stato e impresa privata sono alleati e collaborano per raggiungere obiettivi comuni, come la crescita economica interna o il potere nazionale […]
Una seconda differenza tra i due modelli dipende dal fatto che venga data la priorita’ agli interessi del consumatore o del produttore.
Per i liberisti i consumatori sono sacri. L’obiettivo finale della politica economica e’ quello di accrescere i consumi potenziali dei nuclei familiari, e questo richiede di offrir loro un accesso privo di vincoli ai beni e ai servizi meno costosi possibili.
I mercantilisti, invece, si concentrano sulla parte produttiva dell’economia. Per loro un’economia solida richiede una solida struttura produttiva, percio’ il consumo deve essere sostenuto da un alto livello di occupazione e salari adeguati.
Questi due modelli hanno implicazioni prevedibili per le politiche economiche internazionali.
La logica dell’approccio liberista e’ che i benefici economici del commercio nascano dalle importazioni: piu’ a buon mercato saranno meglio e’, anche se il risultato fosse un deficit commerciale.
I mercantilisti, invece, vedono nel commercio un mezzo per sostenere la produzione e l’occupazione nazionale, e preferiscono incentivare le esportazioni piu’ che le importazioni.

Info:
https://ilmanifesto.it/la-vocazione-globale-del-capitalismo/
https://www.ilsole24ore.com/art/cultura/2019-02-04/temperare-l-iperglobalizzazione-162827.shtml?uuid=AFhMOTC&refresh_ce=1
https://www.arcipelagomilano.org/archives/51755

Capitalismo/AA. VV.

AA. VV. – Rapporto sulle disuguaglianze nel mondo – La Nave di Teseo (2019)

Negli ultimi decenni, in quasi tutti in paesi si e’ osservato un generale aumento del rapporto fra ricchezza netta privata e reddito nazionale.
E’ sorprendente vedere come questa situazione consolidata non sia stata praticamente toccata dalla crisi finanziaria del 2008 e nemmeno dalle bolle speculative nei mercati finanziari di paesi come il Giappone e la Spagna.
Ci sono stati aumenti eccezionali dei coefficienti ricchezza/reddito in Cina e in Russia che, in seguito alla transizione da un’economia a orientamento comunista a una a orientamento capitalista, sono rispettivamente quadruplicati e quintuplicati. I coefficienti ricchezza/reddito in Russia e in Cina si stanno avvicinando ai valori registrati in Francia, nel Regno Unito e negli Stati Uniti.
A partire dagli anni ottanta, la ricchezza pubblica e’ diminuita nella maggior parte dei paesi. La ricchezza pubblica netta (patrimonio pubblico meno debito pubblico) e’ recentemente diventata addirittura negativa negli Stati Uniti e nel Regno Unito ed e’ appena positiva in Giappone, Germania e Francia.
Si tratta di una condizione che indubbiamente limita la capacita’ dei governi di controllare l’economia, ridistribuire i redditi e attenuare la crescente disuguaglianza.
In Cina la proprieta’ pubblica e’ molto diminuita, ma resta ancor oggi alta: dal 2008, la ricchezza pubblica netta si e’ stabilizzata al 30% circa della ricchezza nazionale (rispetto al 15-25% in Occidente durante il periodo dell’economia mista, tra il 1950 e il 1980.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/teoria-economica/18217-nicolo-bellanca-l-ideologia-del-capitalismo-ideologico-sull-ultimo-libro-di-piketty.html

Stato/Mattei

Clara E. Mattei – L’economia è politica – Fuoriscena (2023)

Una verità che e’ troppo scomoda da accettare ed e’ dunque nascosta in ogni modo possibile: l’incompatibilita’ tra capitalismo e democrazia.
E’ un’inconciliabilita’ da non intendere in senso superficiale, ma profondo. Anzi, a livello di superficie, la nostra economia si e’ sviluppata a braccetto con la democrazia elettorale. Quest’ultima costituisce un tratto caratteristico del capitalismo avanzato, che riguarda la peculiare separazione tra liberta’ politica e liberta’ economica.
La legittimita’ del sistema elettorale, accompagnato dal pluralismo dei partiti, e’ un mezzo fondamentale con cui lo Stato capitalista mantiene il consenso: ci fornisce l’illusione di avere ampia scelta di intervento sulla societa’. Il suffragio universale da’ l’impressione di avere il potere collettivo di decidere del futuro del nostro Paese, di sostituire i governi al potere con altri che si prospettano migliori e soprattutto diversi.
L’affermazione delle differenze tra partiti e’ senza dubbio cruciale per la legittimazione del nostro sistema politico, poiche’ suggerisce che gli elettori, votando per le parti in competizione, stiano scegliendo tra alternative fondamentalmente incompatibili. Eppure, gli strumenti che abbiamo sviluppato finora ci sono di aiuto per liberarci di questa visione mistificante della realta’ […]
Risulta evidente che tutti i partiti che ci governano, di qualsiasi colore siano, accettino quale presupposto indiscutibile il contesto capitalistico in cui operano […]
Il gioco istituzionale e’ dunque quello di elevare barriere piu’ alte possibili per evitare che le priorita’ economiche siano sopraffatte dalla volonta’ della maggioranza. Le attuali politiche di austerita’ rimangono legate alla volonta’ di proteggere la governance economica dall’opinione popolare, cioe’ di impedire all’economia di diventare politica.
La spinta antidemocratica dell’austerita’ rivela pertanto una fondamentale verita’ del nostro sistema economico: perche’ esso funzioni al meglio, i cittadini devono essere esclusi dalle decisioni riguardo la distribuzione delle risorse nella societa’.
Questa vera e propria pulsione alla de-democratizzazione dell’economia e’ una costante nella storia del capitalismo e ci porta ad abbattere una delle illusioni che piu’ stanno a cuore all’establishment: il fatto che i «fascismi» e i regimi autoritari siano, se non un’aberrazione, almeno una deviazione dalla nostra norma liberale e democratica […]
Ma lo studio dei forti parallelismi tra il fascismo di Benito Mussolini e il governo liberale inglese negli anni Venti, con particolare riguardo alle politiche economiche, ci permette di sgretolare la distinzione – per noi rassicurante – tra i governi autoritari di destra e la presunta democrazia liberale. Il legame tra protezione dell’ordine del capitale e repressione politica fu soltanto piu’ palese sotto il fascismo, ma fu altrettanto feroce nella culla del liberalismo. Anche se l’attuazione dell’austerita’ ebbe modalita’ differenti, i tecnocrati italiani e britannici condivisero un obiettivo comune: imporre sacrifici alla maggioranza della popolazione per stabilizzare l’economia.

Info:
https://www.pde.it/un-libro-al-giorno/leconomia-e-politica-clara-mattei-fuoriscena/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/15/davvero-le-scelte-economiche-sono-neutrali-e-inevitabili-no-e-un-luogo-comune-il-libro-di-clara-mattei-spiega-che-in-realta-e-tutta-politica/7354313/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/11/13/leconomia-e-politica-parole-antiche-per-conflitti-del-futuro/7351420/

Finanziarizzazione/Marcon

Giulio Marcon – Se la classe inferiore sapesse. Ricchi e ricchezze in Italia – People (2023)

«La classe dirigente che ha fatto l’Italia era una classe dirigente che viveva molto del prestigio locale. Aveva rapporti con le casse di risparmio locali, con i dirigenti dell’economia della comunita’, o la chiesa, la politica locale […]
Questo da’ il senso che sei classe dirigente e che ti legittimi nella comunita’ locale di riferimento.
Oggi tutto questo non c’e’ piu’. In un’epoca in cui si fa impresa facendo produrre gli abiti in Cina, si usano gli ingegneri dell’India (in India) per la gestione di un centro di calcolo e si fa gestire il proprio portafoglio finanziario da una societa’ di Londra, i Marzotto e gli Olivetti non sarebbero piu’ possibili».
I ricchi globali, senza rapporto con il territorio e la societa’, si sentono in qualche modo deresponsabilizzati […]
La seconda novita’ e’ che la finanza ha sopravanzato l’economia reale. Si diventa sempre di piu’ ricchi con la finanza che, giorno dopo giorno, ha invaso anche il territorio dell’impresa tradizionale. La finanza è globalizzazione in se’ […]
«Non c’e’ piu’ lavoro, non c’e’ piu’ industria, c’e’ solo finanza. Anche dove c’e’, i manager, i presidenti, i membri dei Consigli di amministrazione badano a portare a casa utili e non a creare posti di occupazione.
E’ molto piu’ facile fare soldi con la finanza che con un’azienda dove, su 100 milioni di fatturato, maturo 5, al massimo 10 di utile: con la finanza, se ne metto 100 in Borsa, ne porto a casa 6-7 senza battere ciglio, senza fare niente […]
La terza trasformazione – la distruzione dei valori pubblici, della collettivita’ – e’ stata causata dal modello neoliberista impostosi nelle nostre societa’ dagli anni Ottanta a oggi.
Con la riduzione del ruolo dello Stato, la svalorizzazione del lavoro (precario e senza diritti) e la privatizzazione di tutto quello che puo’ essere privatizzato, il modello neoliberista ha distrutto l’idea di pubblico, di bene comune, di istituzione, di fiscalita’, di collettivita’ in nome di un’ideologia che ha declinato nel modo piu’ efficace l’assunto di Margaret Thatcher: «Non esiste la societa’, esistono gli individui», con i loro interessi e i loro egoismi […]
Accanto a queste trasformazioni di carattere strutturale (globalizzazione e finanziarizzazione della ricchezza, distruzione dei beni pubblici), vi sono altre cause di cui tener conto e che hanno colpito in pieno anche la classe imprenditoriale: la degenerazione dell’etica, dello spirito civile e della politica come bene comune; la decadenza dell’istruzione e della formazione; l’imbarbarimento della comunicazione pubblica, prima con la tv e oggi – ancora peggio – con il web e i social; la mutazione antropologica delle societa’ del consumo (da economia di mercato a societa’ di mercato), in cui “cittadino” e’ diventato sinonimo di consumatore e “persona” sinonimo di cliente, nel trionfo di un narcisismo di massa, che da malattia individuale e’ diventata patologia sociale […]
L’eredita’ e’ sempre di piu’ la motivazione principale non solo dell’accumulazione e della conservazione della ricchezza, ma anche della crescita delle diseguaglianze. Il rendimento del capitale accumulato (ed ereditato) sale a un tasso sensibilmente superiore a quello della bassissima crescita degli ultimi decenni […]
Il che significa che chi ha ingenti patrimoni vedra’ crescere la propria ricchezza molto di piu’ non solo di chi ha unicamente redditi (che difficilmente crescono oltre il tasso di crescita dell’economia), ma anche di quella diffusa classe media proprietaria che possiede solo la casa (spesso, di modesto valore) in cui vive.
Questo implica una «gravissima diseguaglianza nella distribuzione a lungo termine…

Info:
https://altreconomia.it/se-la-classe-inferiore-sapesse-chi-sono-i-ricchi-e-perche-continuano-a-essere-ammirati/
https://www.lafionda.org/2024/01/09/se-la-classe-inferiore-sapesse/
https://www.ossigeno.net/post/se-la-classe-inferiore-sapesse
https://altreconomia.it/perche-sappiamo-cosi-poco-dei-ricchi/