Lavoro/De Biase

Luca De Biase – Il lavoro del futuro – Codice (2018)

La tecnologia crea posti di lavoro o li distrugge?
Entrambe le risposte sono plausibili, perche’ il salto innovativo e’ enorme: e anche se internet, fissa e mobile, ha gia’ generato cambiamenti dirompenti in molti settori industriali, dall’editoria al commercio, dal turismo alle banche, la prossima ondata innovativa guidata dall’intelligenza artificiale e dalla robotica sembra destinata ad avere conseguenze ancora piu’ drastiche e ambigue.
Da un lato, la Commissione Europea fonda la propria policy sulla convinzione che il miglioramento nelle infrastrutture digitali e’ motivo di crescita: la modernizzazione delle connessioni internet e’ un investimento gigantesco che produrra’ quasi 1000 miliardi di euro di PIL in piu’ e 1,3 milioni di posti di lavoro entro il 2025.
D’altro lato, pero’, non manca chi vede proprio nelle tecnologie digitali una causa della distruzione di posti di lavoro, preoccupazione alimentata per esempio da una ricerca – di notorieta’ superiore alla sua ambizione analitica – condotta da Carl Benedikt Frey e Michael A. Osborne, dell’Universita’ di Oxford, che nel 2013 annunciava la probabile scomparsa del 47 per cento dei posti di lavoro statunitensi nei prossimi dieci-vent’anni […]
Ma vale la pena di ricordare che per Keynes le nazioni in cui la tecnologia distrugge piu’ posti di lavoro di quanti ne crea sono quelle non all’avanguardia del progresso tecnologico. Puo’ esserci una «disoccupazione tecnologica», sosteneva l’economista, ma a causa delle dinamiche competitive questa finisce per affliggere soprattutto chi innova di meno, perche’ crea meno posti.
L’Italia e’ costretta a riflettere su questo punto.
A dieci anni dall’inizio della crisi finanziaria la disoccupazione nei Paesi OCSE e’ tornata ai livelli pre-2007-2008, ma in alcune economie resta sensibilmente peggiore. E tra queste economie c’e’ anche quella italiana.
L’Italia, peraltro, come registra lo “scoreboard” dell’agenda digitale europea, resta tra i Paesi meno avanzati in termini di digitalizzazione, e quindi di innovazione, dei processi amministrativi e imprenditoriali, sia per l’arretratezza delle infrastrutture sia per l’immaturita’ culturale e l’analfabetismo funzionale che la pervade, con uno stravolgente 47 per cento di persone che sanno leggere ma non capiscono bene quello che leggono.

Info:
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