Capitalismo/Marsili

Lorenzo Marsili, Yanis Varoufakis – Il terzo spazio. Oltre establishnent e populismo – Laterza (2017)

0,005%. E’ questa la tassazione a cui sono stati soggetti buona parte dei profitti europei di Apple grazie a un accordo con il fisco irlandese. E non si tratta di un’eccezione.
In Europa si e’ generata una competizione al ribasso tra paesi che spinge i governi ad abbassare la tassazione per le grandi imprese in modo da ‘scipparle’ al vicino.
Alcuni, come il Lussemburgo, l’Olanda, l’Irlanda, il Regno Unito e Cipro, corteggiano esplicitamente l’elusione fiscale pur di attirare le multinazionali – e, non a caso, vengono considerati paradisi fiscali da molte ONG internazionali.
Di fatto, il sistema europeo legittima un doppio regime fiscale riservando alle multinazionali un trattamento di favore.
Danneggiando fortemente, allo stesso tempo, le capacita’ fiscali di tutti gli Stati europei. Anche l’Italia non e’ immune da questo fenomeno, tutt’altro […]
Ma come funziona tutto questo e chi lo consente?
Le procedure sono varie, ma le piu’ comuni hanno dei nomi evocativi: Double Irish e Dutch Sanwich. Nomi che rimandano ai responsabili di tutto questo: i governi nazionali.
Il Double Irish e’ usato da molte aziende oltre che dalla Apple, e fra queste Google, Pfizer, Adobe, Johnson & Johnson e Yahoo!. Si tratta – va ricordato, anche perche’ e’ precisamente questo il problema – di una procedura assolutamente legale.
Innanzitutto, bisogna registrare due compagnie separate in Irlanda. La prima servira’ a raccogliere tutti i profitti dalle vendite europee; la seconda sara’ invece titolare dei brevetti relativi ai prodotti venduti. La prima fara’ transitare la maggior parte dei profitti alla seconda, sotto forma di royalties, cioe’ di diritti per l’utilizzo del brevetto. La seconda compagnia, infatti, potra’ evitare qualsivoglia imposizione fiscale grazie a una legge speciale che stabilisce gli introiti da royalties per le aziende multinazionali con sede in Irlanda.
Cosa accade con tutto questo denaro? Riportarlo negli Stati Uniti significherebbe pagare la corporate tax americana – che, anche se molto bassa, e’ pur sempre piu’ di zero. Meglio trasferirli, invece, la’ dove e’ pari a zero: le Bermuda […]
Il Parlamento e la Commissione europea sono, va detto, ben consapevoli delle ingiustizie che questo sistema produce. Da molti anni stanno spingendo per una maggiore armonizzazione fiscale e per normative piu’ rigide contro l’evasione fiscale a livello comunitario: non sarebbe infatti cosi’ difficile attaccare alla radice il problema. Ma fino ad oggi non e’ stato concordato nulla se non riforme di facciata. […]
E’ lampante la responsabilita’ e la connivenza di una classe politica che silenziosa, gettando il sasso e nascondendo la mano, catturata da interessi oligarchici e attraversata da una tragica mediocrita’, persegue politiche controproducenti e contrarie agli interessi di una maggioranza.
Risultato? Calo drastico del gettito fiscale, aumento delle diseguaglianze e distorsione del mercato.

Stato/Barberis

Mauro Barberis – Come internet sta uccidendo la democrazia. Populismo digitale – Chiarelettere (2020)

Il XX secolo forse non ha cambiato il concetto di democrazia […]
Ma le istituzioni democratiche – non solo il Parlamento, la tutela dei diritti fondamentali e la separazione dei poteri, ma anche i partiti, la stampa, i media… –, quelle si’ sono profondamente cambiate e funzionano in modo del tutto diverso da quelle sette-ottocentesche.
Ci si e’ accorti del mutamento solo dopo che il populismo era ormai esploso, attribuendo il fenomeno a cause contingenti come globalizzazione, crisi economiche, migrazioni, risentimento, rivoluzione digitale. In realtà c’e’ una causa politico-istituzionale del populismo che viene da molto piu’ lontano e coincide appunto con i mutamenti che hanno interessato la democrazia parlamentare […]
Il primo mutamento, tanto consolidato da passare ormai inavvertito, e’ la concentrazione dei poteri nell’esecutivo. E si badi che non si parla delle democrazie illiberali, ma proprio delle democrazie liberali.
Intanto, gli studiosi si occupano prevalentemente dei due poteri normativi, legislativo e giudiziario, e ignorano non tanto l’esecutivo quanto l’amministrazione: l’unico potere statale che dura anche quando cambiano maggioranze e governi, e senza il quale gli altri poteri non potrebbero funzionare.
Poi, e di conseguenza, non si riflette mai abbastanza sulle conseguenze prodotte, sulle istituzioni democratiche stesse, da due guerre mondiali, una guerra fredda, apparentemente chiusa dalla caduta del Muro di Berlino (1989), e un numero imprecisato di guerre asimmetriche, dalla Corea al Vietnam, dall’Afghanistan all’Iraq, spesso mascherate da interventi umanitari, esportazioni della democrazia o guerra al terrore. Tutti conflitti non dichiarati dai parlamenti, e gestiti direttamente dagli esecutivi.
Tutte queste guerre, scatenate nonostante il, o forse addirittura grazie al, principio del rifiuto della guerra come soluzione dei conflitti internazionali, hanno comportato uno spostamento enorme di poteri dal legislativo all’esecutivo, e da questo all’amministrazione […]
Si governa per decreti governativi, e l’ultima parola non tocca affatto ai giudici, come qualcuno crede, ma all’amministrazione […]
Il secondo mutamento che ha interessato le istituzioni democratiche e’ chiamato costituzionalizzazione ma dovrebbe chiamarsi anche internazionalizzazione della democrazia […]
Si tratta della democrazia, detta appunto costituzionale, in cui il potere statale incontra limiti sia interni (costituzioni rigide, corti costituzionali, interpretazione costituzionale) sia esterni (trattati internazionali, corti internazionali).
La democrazia costituzionale, impostasi in Occidente con la giurisprudenza delle grandi corti costituzionali e internazionali, si era estesa ai paesi dell’Est dopo la caduta del Muro di Berlino […]
Infine, c’è un terzo mutamento istituzionale da registrare, molto differente dai precedenti: lo svuotamento neoliberista della democrazia.
Si comincia a parlare di crisi della democrazia nel 1975: gli Stati nazionali, si dice, non sono piu’ in grado di assicurare la «governabilita’», ossia di adempiere le promesse fatte negli anni del boom economico.
«Governabilita’», governance (governo pubblico- privato) e sovranita’ del consumatore (decide chi compra) sono poi divenuti i mantra del neoliberismo, di destra e di sinistra.

Info:
https://www.illibraio.it/libri/mauro-barberis-come-internet-sta-uccidendo-la-democrazia-9788832962741/
https://www.lankenauta.it/?p=18988