Lavoro/Aloisi

Il tuo capo e’ un algoritmo. Contro il lavoro disumano – Antonio Aloisi, Valerio De Stefano – Laterza (2020)

La tecnologia ha un ruolo tutt’altro che neutrale poiche’ puo’ determinare un logoramento lento, profondo e pressoche’ invisibile a danno dei salari.
Puo’ succedere che, proprio agendo come forza che immiserisce il contenuto delle attivita’ umane (accrescendo le potenzialita’ invasive dei sistemi di sorveglianza, parcellizzando le mansioni per favorirne l’esternalizzazione, adottando selvaggiamente processi decisionali automatizzati), lo sviluppo digitale finisca per accelerare il processo di sostituzione robotica di ruoli e mansioni e, alla lunga, segni l’estinzione definitiva di un particolare tipo di lavoro: quello di qualita’.
Il guaio, tra l’altro, e’ che la trasformazione assunta a piccole dosi sembra avere effetti paralizzanti sulle risposte dei governi e delle parti sociali nei confronti di ultimi, penultimi e vulnerabili.
Precarizzazione, ribasso e automazione rischiano cosi’ di diventare le tappe forzate di un viaggio lento al termine del lavoro dignitoso.
Contemporaneamente, l’impoverimento contrattuale, il caos normativo e la debolezza dei meccanismi di controllo stanno spianando la strada alla non convenienza del lavoro sicuro, dignitoso e distintivo, e quindi alla sua potenziale sostituzione con infinite opzioni low cost.

Info:
https://www.laterza.it/images/stories/pdf/9788858141298_ALOISI%202.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-8.pdf

https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-10.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-10.pdf
https://www.pandorarivista.it/articoli/il-tuo-capo-e-un-algoritmo-di-antonio-aloisi-e-valerio-de-stefano/

Lavoro/Aloisi

Antonio Aloisi, Valerio De Stefano – Il tuo capo e’ un algoritmo. Contro il lavoro disumano – Laterza (2020)

I programmi contro la poverta’ o quelli di attivazione al lavoro finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro di chi e’ disoccupato o inattivo devono essere finalmente affrancati dal retropensiero, radicatissimo, che esser poveri o senza lavoro sia una colpa.
Va preso atto, in primo luogo, che il lavoro oggi non e’ piu’, per troppe persone, un modo di uscire dalla poverta’.
Il Bureau of Labour Statistics, l’unita’ statistica del ministero del lavoro statunitense, riporta che nel 2017 quasi 7 milioni di persone negli USA erano working poors, vale a dire persone che, pur avendo lavorato o cercato attivamente lavoro per piu’ di sei mesi durante l’anno, si collocavano al di sotto della soglia di poverta’. Quasi il 3% di chi aveva lavorato full-time e oltre il 10% di chi aveva lavorato part-time negli USA era da considerarsi working poor nel 2017.
Uno studio preparato per la Commissione europea rivela che in Italia il tasso di persone a rischio di in-work poverty era, nello stesso anno, il 12,3%, contro una media europea del 9,6%. Non e’ una sorpresa che i lavoratori non-standard registrino rischi molto piu’ elevati dei lavoratori standard.
Sono numeri sottovalutati nel dibattito sugli andamenti del mercato del lavoro. Troppo spesso, come detto, si bada alle sole cifre che riportano il dato degli occupati. Non ci si chiede, invece, se chi ha un lavoro riesce a garantirsi uno stile di vita indipendente e dignitoso.
Uno degli articoli piu’ pregnanti della nostra Costituzione, il 36, sancisce che il lavoratore abbia diritto a una «retribuzione proporzionata alla quantita’ e qualita’ del suo lavoro» e «in ogni caso sufficiente ad assicurare a se’ e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa»

Info:
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https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-8.pdf
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https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-10.pdf
https://www.pandorarivista.it/articoli/il-tuo-capo-e-un-algoritmo-di-antonio-aloisi-e-valerio-de-stefano/