Societa’/Giacomini

Giacomini Gabriele, Alex Buriani – Il governo delle piattaforme. I media digitali visti dagli italiani – Giacomini Gabriele, Alex Buriani – Meltemi (2022)

La storia di Internet e delle tecnologie digitali ha vissuto finora due epoche.
Nella prima, il digitale era prevalentemente pubblico.
Il settore dell’informatica […] e’ nato in istituti di ricerca statali e nell’ambito di una fitta rete pubblico-privata, con il robusto sostegno di programmi di ricerca e appalti governativi. Si pensi al ruolo della Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA), agenzia del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti incaricata dello sviluppo di tecnologie per uso militare, nella “costruzione” di Internet.
Quest’ultima nasce dalla preoccupazione che le reti di comunicazione potessero collassare in seguito a un attacco militare: si penso’, quindi, a un sistema di comunicazioni decentralizzato, quindi meno vulnerabile. Negli anni DARPA creo’, insieme alle Poste britanniche, una rete di stazioni dislocate sia sulla costa occidentale sia su quella orientale degli Stati Uniti. Inoltre, fu sui computer del CERN di Ginevra (Organizzazione europea per la ricerca nucleare finanziata dai governi europei) che Tim Berners-Lee e Robert Cailliau implementarono il primo “http”, protocollo fondamentale per il trasferimento di ipertesti.
Infrastruttura e linguaggio di Internet nacquero, insomma, quasi interamente nel “ventre pubblico”.
Percorsi simili hanno avuto il GPS, Siri, lo schermo a cristalli liquidi, quello multitouch, il microprocessore, le batterie al litio, il micro hard disk, per fare alcuni esempi.
Sulla base di queste innovazioni e’ emersa, grossomodo negli ultimi trent’anni, la seconda epoca digitale, che vede come protagoniste Google, Apple, Amazon, Microsoft, Facebook, aziende che non a caso sono cresciute negli Stati Uniti, ovvero laddove, nella prima fase, e’ stata maggiore la spinta dello Stato (in particolare nel settore militare). Questa seconda epoca non e’ piu’ a trazione pubblica, bensi’ privata […]
L’innovazione e’ un processo nel quale il capitale privato e’ disposto a investire solo in una fase “finale”, o meglio quando sono visibili le potenzialita’ delle tecnologie in termini di ritorni finanziari.
Si spiega, in questo modo, il fatto che la gran parte delle grandi piattaforme, che ora dominano al vertice i mercati azionari, emergono dopo che lo Stato americano ha scelto di investire in determinati settori, implementando politiche industriali importanti, e basano il loro business su opportunita’ tecnologiche e di mercato associate all’intensita’ degli investimenti pubblici antecedenti.
La “capitalizzazione” privata degli investimenti pubblici nel settore digitale corrisponde, storicamente, all’ondata neoliberista.

Info:
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/roberto-manzocco-il-sole-24-ore-4-giugno-2023-italiani-preoccupati-per-il-diritto-alloblio-su-il-governo-delle-piattaforme-di-g.-giacomuni-e-a.-buriani-meltemi.pdf
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/02/05/finalmente-un-libro-non-apocalittico-su-internet-ecco-il-governo-delle-piattaforme/6955609/
https://www.carmillaonline.com/2023/01/18/il-governo-delle-piattaforme-digitali/
https://www.pandorarivista.it/articoli/il-governo-delle-piattaforme-di-gabriele-giacomini-e-alex-buriani/

Societa’/Banti

Alberto Mario Banti – La democrazia dei followers. Neoliberismo e cultura di massa – Laterza (2020)

Quasi nessuno dei grandi eventi storici che hanno avuto luogo in questo periodo (dall’imperialismo alla Grande Guerra, al fascismo, al nazismo) puo’ essere davvero compreso senza osservare l’impatto comunicativo travolgente (e profondamente divisivo) del discorso nazionalista, che sul piano europeo si strutturava intorno a tre semplici ed efficaci figure profonde.
La prima e’ l’immagine della parentela.
Ed e’ proprio attraverso il riferimento a un’immagine cosi’ semplice e facilmente comprensibile che prende forma una delle fondamentali matrici del discorso nazionale. Descrivere la nazione come un sistema parentale, cioe’ come un reticolo di relazioni che si estende verso le generazioni passate, agisce nel presente per i membri della comunita’, e si proietta verso le generazioni future, significa essenzialmente due cose. Intanto vuol dire immaginare la nazione come una comunita’ genealogica dotata di un suo specifico passato storico. Inoltre vuol dire enfatizzare molto l’importanza dei legami biologici come cemento della comunita’ nazionale, il che spiega l’ampio ricorso a termini come «razza», «stirpe», «sangue», «ius sanguinis» per illustrare il tipo di relazioni che legano tra loro i membri della medesima comunita’ nazionale.
Cio’ detto, si capisce anche perche’ il discorso nazionale sia espresso attraverso l’utilizzazione sistematica di un lessico che rimanda all’universo della famiglia: la terra nazionale e’ la «madre-patria»; i leader del movimento sono i «padri della patria»; la comunita’ nazionale e’ composta da «fratelli» e da «sorelle» […]
Questa operazione acquista una forza ancora maggiore perche’ si collega a una seconda figura profonda, quella del sacrificio che, introducendo nell’universo simbolico della nazione i temi della sofferenza e della morte, trasforma l’ideologia nazionale in un sistema discorsivo «quasi-religioso». Il dovere morale di sacrificarsi per la patria, fino alla morte, acquista risonanze particolari attraverso l’ampio uso del termine «martirio», un concetto estratto di peso dalla tradizione simbolica cristiana […]
Il senso fondamentale del nesso sta nel significato della parola «martirio», che vuole dire «testimonianza della propria fede, attraverso il proprio sacrificio» […]
E’ proprio questo modo di affrontare il dolore e la morte che conferisce un tono para-religioso al discorso nazionalista. Ed e’ in questo modo che si spiega il frequentissimo ricorso che gli speaker nazionalisti fanno a termini di derivazione religiosa come «fede», «missione», «rigenerazione», «Risorgimento» (parola che in origine significa solo «resurrezione»), «guerra santa», «crociata».
I valori etici incorporati in questo sistema simbolico sono completati da una terza figura profonda costruita intorno al concetto di «onore». Nelle narrative nazionaliste otto-novecentesche si incontra una sorprendente quantita’ di storie di stupri che vengono tentati dai nemici (o dai traditori) a danno delle caste e pure eroine nazionali. Queste storie si risolvono essenzialmente in tre modi: se l’eroina nazionale viene violata, muore a causa di un irresistibile breakdown psicofisico; oppure si suicida prima di essere violata; o ancora, viene salvata prima di essere stuprata, grazie al tempestivo intervento degli eroi nazionali.
Al di la’ delle ossessioni maschili che evidentemente animano queste fantasie, cio’ che e’ importante, nel funzionamento del discorso nazionale, e’ l’evocazione della necessita’ di difendere l’onore collettivo attraverso la difesa dell’integrita’ delle donne della nazione. Cio’ che si deve proteggere, in questo caso, e’ l’incorruttibilita’ della linea genealogica, che e’ l’asse essenziale della nazione come comunita’ di discendenza. E che le storie di stupro si concludano o col salvataggio della donna o con la sua morte, e’ una soluzione narrativa che deve rassicurare la comunita’ nazionale, dicendo essenzialmente che nessun ceppo meticcio potra’ mai corrompere la purezza della discendenza genealogica.

Info:
https://www.editorialedomani.it/idee/commenti/la-fragile-democrazia-dei-follower-il-like-al-posto-del-voto-atxsrm5k
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/banti-5.pdf
https://www.letture.org/la-democrazia-dei-followers-neoliberismo-e-cultura-di-massa-alberto-mario-banti
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-democrazia-dei-followers-di-alberto-mario-banti/
https://www.lacittafutura.it/recensioni/la-democrazia-dei-followers

Geoeconomia/Banos

Pedro Banos -Cosi’ si controlla il mondo. I meccanismi segreti del potere globale – BUR (2020)

L’evidenza porta a ipotizzare che ci siano forze molto potenti che convogliano i mezzi di comunicazione verso un’unica direzione di pensiero, e lo fanno in modo cosi’ efficace da riuscire a far sembrare perverso chiunque osi denunciare tale manovra di controllo sociale.
Negli ultimi anni, i media piu’ influenti del mondo si sono concentrati nelle mani di pochi, cosa che conferisce loro un ascendente smisurato, in grado di far traballare – quando non crollare rovinosamente – governi, aziende e persone.
Secondo alcuni studi, attualmente sarebbero sei sole compagnie a possedere, direttamente o indirettamente, il 95 per cento dei principali mezzi di comunicazione del mondo (televisione, radio, stampa, produzione cinematografica eccetera), per un totale 1.500 giornali, 1.100 riviste, 2.400 case editrici, 1.500 reti televisive e 9.000 emittenti radio.
Secondo altre fonti, che forniscono maggiori dettagli, i principali gruppi mediatici, cinema compreso, sono i seguenti (in ordine relativo, poiche’, considerata la rete di aziende e societa’, e’ praticamente impossibile conoscere l’effettivo potenziale economico di ciascuno). “Comcast”
“The Walt Disney Company, statunitense”
“Time Warner (rinominata Warner Media nel 2018), statunitense”
“CBS Corporation, statunitense”
“Viacom, statunitense”
“Bertelsmann, tedesca”
“Grupo Globo, brasiliano”
“Hearst Corporation, conglomerato mediatico statunitense con partecipazione francese”
” News Corp, statunitense”
“Grupo Televisa, messicano”
” Sony Corporation, giapponese”
“Vivendi SA, francese”
Come si puo’ notare, la gran parte di queste compagnie e’ americana (comprese la brasiliana e la messicana); un paio europee e soltanto una asiatica, ma con il dipartimento di comunicazione negli Stati Uniti

Info:
https://dasapere.it/2020/11/22/pedro-banos-racconta-come-si-controlla-il-mondo/
https://www.startmag.it/mondo/come-la-cina-prova-a-fare-la-parte-del-dragone/