Green New Deal/Hickel

Jason Hickel – Siamo ancora in tempo! Come una nuova economia puo’ salvare il pianeta – il Saggiatore (2021)

I ricchi hanno un’impronta ecologica molto piu’ pesante di qualsiasi altra persona.
Il 10% piu’ ricco della popolazione mondiale e’ responsabile di quasi la meta’ delle emissioni complessive globali di anidride carbonica dovute allo stile di vita. Detto in altri termini, la crisi climatica mondiale e’ in gran parte alimentata dai ricchi del mondo.
La situazione risulta ancora piu’ sbilanciata se si salgono i gradini della scala del reddito. Le emissioni dell’1% piu’ ricco sono trenta volte superiori a quelle del 50% piu’ povero della popolazione umana. Perche’? Perche’, oltre a consumare piu’ di chiunque altro, i loro consumi sono a piu’ alta intensita’ di energia: case enormi, auto di grossa cilindrata, jet privati, voli frequenti, vacanze in luoghi remoti, importazione di prodotti di lusso e via dicendo.
E se i ricchi hanno piu’ soldi di quanti ne possano spendere, il che e’ praticamente sempre vero, investono il denaro in esubero in settori espansionistici che sono molto spesso rovinosi dal punto di vista ecologico.
Questo ci porta a una conclusione semplice ma radicale: qualsiasi politica che riduca i redditi dei molto ricchi produrra’ benefici ecologici concreti. Dato che il reddito in eccesso non offre ai ricchi alcun vantaggio in termini di benessere, e’ una scelta che si puo’ fare senza temere di compromettere i risultati sociali.

Info:
https://oggiscienza.it/2021/05/08/siamo-ancora-in-tempo-jason-hickel/
https://www.ilsaggiatore.com/wp-content/uploads/2021/04/2021_04_20-Manifesto-Hickel.pdf
https://www.linkiesta.it/2021/03/salvare-il-pianeta-rapporto-natura/

Green New Deal/Shafik

Minouche Shafik – Quello che ci unisce. Un nuovo contratto sociale per il XXI secolo – Mondadori (2021)

Allo stato attuale, in tutto il mondo gli Stati erogano sovvenzioni che incoraggiano attivamente lo sfruttamento dell’ambiente per l’agricoltura, l’uso dell’acqua, la pesca e i combustibili fossili, sovvenzioni che ammontano a 4000-6000 miliardi di dollari l’anno […]
L’attuale spesa pubblica e privata per la conservazione dell’ambiente si aggira sui 91 miliardi di dollari, meno dello 0,02 per cento di quanto viene speso in sovvenzioni per danneggiarlo.
Se aumentassimo 50 volte la spesa per la conservazione, resterebbe comunque a disposizione il 99 per cento dei risparmi realizzabili abolendo le sovvenzioni e potremmo destinarlo ad altri usi […]
Per valutare le cose correttamente, bisogna anche tenere conto di tutti i servizi forniti dalla natura. Consideriamo il contributo delle balene. Sono animali fantastici e chiaramente svolgono un ruolo importante nell’ecosistema marino, ma catturano anche un’enorme quantità di anidride carbonica. Esaminando la questione sotto questo profilo, il Fondo monetario internazionale stima che ogni balena vivente fornisca servizi ecosistemici per un valore di 2 milioni di dollari (e l’attivita’ di un elefante nella foresta vale 1,76 milioni di dollari). Il ripristino della popolazione globale di questi cetacei permetterebbe di assorbire lo stesso quantitativo di anidride carbonica catturato da 2 miliardi di alberi.
La natura e’ la migliore tecnologia di assorbimento di CO2 al mondo e, se includeremo nei nostri calcoli i servizi che fornisce, effettueremo investimenti migliori

Info:
https://www.avvenire.it/economiacivile/pagine/shafik-diseguaglianze-e-parita-di-genere
https://www.libreriavolare.it/recensioni-libri/saggistica/quello-che-ci-unisce-e-il-mercato-non-basta/

Green New Deal/Hickel

Jason Hickel – Siamo ancora in tempo! Come una nuova economia puo’ salvare il pianeta – il Saggiatore (2021)

I media tendono a concentrarsi sulle emissioni territoriali attuali di ciascun paese.
In base a questo parametro, la Cina e’ di gran lunga il maggiore trasgressore: emette 10,3 gigatonnellate di anidride carbonica l’anno, quasi il doppio degli Stati Uniti, che figurano al secondo posto tra i principali paesi incriminati. L’Unione europea si colloca al terzo posto, ma l’India non e’ molto piu’ indietro e produce piu’ emissioni di importanti nazioni industriali come la Russia e il Giappone.
Esaminando i dati da questo punto di vista, potremmo essere tentati di concludere che la responsabilita’ della crisi climatica sia condivisa da tutte le nazioni.
Questo metodo pero’ presenta vari problemi.
Innanzitutto, non tiene conto della dimensione della popolazione.
Se esaminiamo la situazione a livello pro capite, la storia che emerge e’ completamente diversa. L’India emette soltanto 1,9 tonnellate di CO2 a persona, la Cina 8. Gli americani invece emettono piu’ di 16 tonnellate a persona, il doppio dei cinesi e otto volte piu’ degli indiani. Inoltre, dobbiamo anche tenere in considerazione il fatto che, a partire dagli anni ottanta del secolo scorso, le nazioni ad alto reddito hanno trasferito gran parte della loro produzione industriale nei paesi poveri del Sud del mondo, spostando cosi’ una grossa fetta delle loro emissioni al di fuori della contabilità nazionale […]
Ma il difetto maggiore della storia abitualmente raccontata dai media e’ che, per quanto riguarda il dissesto climatico, a contare sono gli stock di CO2 accumulata nell’atmosfera, non i flussi annuali.
Dobbiamo quindi esaminare le emissioni storiche di ciascun paese. Se affrontiamo la questione in questi termini, diventa chiaro che la responsabilita’ del problema ricade in larghissima parte sulle nazioni altamente industrializzate del Nord del mondo (in particolare, gli Stati Uniti e l’Europa occidentale) […]
Gli Stati Uniti sono responsabili da soli del 40% dello sforamento globale. L’Unione Europea e’ responsabile del 29%. Insieme al resto dell’Europa, piu’ il Canada, il Giappone e l’Australia, le nazioni del Nord del mondo (che rappresentano soltanto il 19% della popolazione mondiale) hanno prodotto il 92% delle emissioni al di sopra del limite di sicurezza. Cio’ significa che sono responsabili del 92% dei danni provocati dal dissesto climatico. Viceversa, l’intero continente dell’America Latina, l’Africa e il Medio Oriente sono responsabili soltanto dell’8% dello sforamento, che va peraltro attribuito a un numero esiguo di paesi in quelle regioni.

Info:
https://oggiscienza.it/2021/05/08/siamo-ancora-in-tempo-jason-hickel/
https://www.ilsaggiatore.com/wp-content/uploads/2021/04/2021_04_20-Manifesto-Hickel.pdf
https://www.linkiesta.it/2021/03/salvare-il-pianeta-rapporto-natura/

 

Societa’/Patel

Raj Patel, Jason W. Moore – Una storia del mondo a buon mercato. Guida radicale agli inganni del capitalismo – Feltrinelli (2018)

Affinche’ il profitto governasse la vita, doveva accadere una significativa transizione di stato intellettuale: la separazione concettuale tra Natura e Societa’ […]
E’ importante chiarire che questo e’ sempre stato opera di alcuni umani, quelli incaricati di conquistare e commercializzare un mondo che valuta solo i dollari.
Potremo anche essere tutti sulla stessa barca quando si arriva al cambiamento climatico, pero’ solo certuni ne sono al timone. Questa precisazione e’ importante per due grosse ragioni.
Primo, ci aiuta ad attribuire la responsabilita’ e a individuare le classi e i rapporti che ci guadagnano da questa separazione.
Secondo e piu’ significativo, la “separazione dalla natura” degli umani ha preso corpo attorno a un’esclusione realmente immensa.
L’ascesa del capitalismo non ci ha regalato solo l’idea che la societa’ fosse relativamente indipendente dalla rete della vita ma anche che quasi tutte le donne, le Popolazioni indigene, gli schiavi e i popoli colonizzati di qualsiasi terra non fossero totalmente umani e pertanto non fossero membri in pieno della societa’.
Non erano umani, o lo erano appena appena.
Facevano parte della Natura ed erano trattati come emarginati dalla societa’, erano deprezzati, resi economici.

Info:
https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/
https://www.perunaltracitta.org/2019/04/15/una-storia-del-mondo-a-buon-mercato/?print=pdf
https://www.unilibro.it/libro/patel-raj-moore-jason-w-/storia-mondo-buon-mercato-guida-radicale-inganni-capitalismo/9788807173417

Green New Deal/Piketty

Thomas Piketty – Una breve storia dell’uguaglianza – La nave di Teseo (2021)

“Non sara’ inutile ricordare che i paesi del Nord del mondo, malgrado la percentuale limitata di popolazione (circa il 15% della popolazione mondiale, per l’insieme di Stati Uniti, Canada, Europa, Russia, Giappone), sono responsabili di quasi l’80% delle emissioni di CO2 accumulate dall’inizio dell’epoca industriale.
Un 80% spiegabile con il fatto che le emissioni annue pro capite hanno raggiunto nei paesi occidentali, tra il 1950 e il 2000, livelli estremamente elevati: tra 25 e 30 tonnellate pro capite negli Stati Uniti, attorno alle 15 in Europa.
Sono livelli che attualmente, a inizio anni venti del Duemila, hanno comunque iniziato a ridursi, a circa 20 tonnellate negli Stati Uniti e a 10 in Europa.
Il punto, invece, e’ che la Cina fino al 2000 era al di sotto delle 5 tonnellate, mentre tra il 2000 e il 2020 ha emesso tra 5 e 10 tonnellate annue pro capite.
Considerata la traiettoria osservata fin qui, arrivera’ a raggiungere i livelli di vita occidentale senza essere mai passata attraverso emissione pro capite elevate come quelle dell’Occidente.

Info:
http://www.lanavediteseo.eu/item/una-breve-storia-delluguaglianza/
https://www.criticaletteraria.org/2021/11/thomas-piketty-una-breve-storia-dell-uguaglianza.html
https://www.doppiozero.com/materiali/thomas-piketty-la-storia-maestra-di-uguaglianza
https://www.repubblica.it/cultura/2021/11/17/news/l_anticipazione_cosi_il_clima_cambiera_la_nostra_vita-326752782/

 

Economia di mercato/Hickel

Jason Hickel – The divide. Guida per risolvere la disuguaglianza globale – il Saggiatore (2018)

La tendenza recente piu’ inquietante e’ probabilmente il fatto che il land grabbing oggi viene fatto anche in nome della causa piu’ progressista del secolo: la mitigazione dei cambiamenti climatici.
Nel 2005 le Nazioni Unite e la Banca mondiale iniziarono a elaborare una nuova strategia volta a ridurre le emissioni di gas a effetto serra, nota con l’acronimo Redd (che sta per Reducing Emissions from Deforestation and Forest Degradation, Riduzione delle emissioni da deforestazione e degrado delle foreste).
La strategia Redd permette alle imprese dei paesi ricchi di acquistare crediti di emissioni per aggirare i limiti da cui sono gravati, e utilizza il ricavato per proteggere le foreste nei paesi in via di sviluppo ed evitare che vengano abbattute a fini commerciali.
In sostanza, l’innovazione di questa strategia sta nel riconoscere che il nostro attuale modello economico attribuisce valore alle foreste soltanto quando gli alberi vengono abbattuti e trasformati in merce; […] ma quando vengono distrutte rilasciano nell’atmosfera enormi quantita’ di questo gas: la deforestazione e’ responsabile del 20 per cento delle emissioni mondiali di gas serra.
La strategia Redd tenta di rimediare a questo segnale di prezzo errato consentendo ai proprietari delle foreste di realizzare profitti non abbattendo gli alberi, riconoscendo che la foresta fornisce un importante «servizio ambientale» a tutta l’umanita’ e che di conseguenza bisogna attribuirle un valore economico […]
La strategia Redd sta anche incoraggiando una nuova ondata di accaparramenti di terre: multinazionali e stati si precipitano ad acquistare foreste nei paesi in via di sviluppo al fine di incassare compensazioni, una pratica ormai nota come carbon colonialism.
Alcuni sfruttano le lacune presenti nella strategia Redd, che in pratica consentono l’abbattimento delle foreste originarie purche’ ne vengano piantate di nuove altrove, anche se le nuove foreste sono in realta’ piantagioni […]
l’intera idea alla base dei crediti di emissioni e’ quella di consentire a chi inquina di evitare di ridurre le proprie emissioni pagando.

Info:
https://www.ibs.it/the-divide-guida-per-risolvere-libro-jason-hickel/e/9788842824961/recensioni
https://www.culturamente.it/libri/politica-economica-jason-hickel/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/the-divide/

 

Societa’/Brancaccio

Emiliano Brancaccio – Democrazia sotto assedio. La politica economica del nuovo capitalismo oligarchico – Piemme (2022)

Uno spettro si aggira per il mondo.
E’ la generazione degli ultimi “millennials” e dei cosiddetti “Z”, ovvero dei giovani che hanno raggiunto la maggiore eta’ nell’epoca tumultuosa che va dalla grande recessione cominciata nel 2008 alla crisi pandemica iniziata nel 2020.
Sono lontani dai media tradizionali che si occupano di politica, nutrono scarso interesse per il dibattito tra i partiti e disertano le elezioni piu’ delle altre classi di eta’.
Eppure, quando si trovano coinvolti nei movimenti e vengono interrogati su questioni politiche sensibili, rivelano preferenze che non sembra azzardato definire rivoluzionarie. […]
Le periodiche inchieste sui giovani evidenziano una maggiore sensibilita’ verso i rischi di una catastrofe climatica e una connessa volonta’ di cambiamento del sistema produttivo in senso ecologista.
Gli stessi sondaggi mostrano anche un grande sostegno dei giovani verso la lotta alle discriminazioni razziali e sessuali, in concomitanza con una serie di cambiamenti rilevanti nei costumi, una notevole fluidita’ nella visione delle identita’ e degli orientamenti sessuali, e una concezione delle relazioni affettive sempre piu’ difficile da inquadrare nei canoni della famiglia nucleare tradizionale […]
A questi interessanti segni di cambiamento, infatti, si aggiunge una novita’ ancor piu’ sorprendente. A quanto pare, le generazioni piu’ giovani risultano sempre piu’ critiche verso l’odierno capitalismo e sembrano preferire un sistema alternativo di tipo socialista o addirittura comunista.

Info:
https://www.emilianobrancaccio.it/2022/01/03/democrazia-sotto-assedio/
https://www.ilponterivista.com/blog/2021/06/24/democrazia-sotto-assedio/
https://www.micromega.net/brancaccio-capitalismo/
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/22123-sandor-kopacsi-su-democrazia-sotto-assedio-di-brancaccio.html
https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/democrazia-sotto-assedio-29606
https://www.sinistrainrete.info/teoria/23943-monica-quirico-democrazia-sotto-assedio.html

Green New Deal/Hickel

Jason Hickel – Siamo ancora in tempo! Come una nuova economia puo’ salvare il pianeta – il Saggiatore (2021)

Siamo tutti consapevoli dei danni che il Nord del mondo subisce a causa del cambiamento del clima: gli uragani che si abbattono sugli Stati Uniti, le inondazioni che ogni inverno sommergono il Regno Unito, le ondate di calore che arroventano l’Europa e gli incendi indomabili che hanno devastato l’Australia.
Questi eventi catastrofici dominano i nostri notiziari e i giornalisti fanno bene a parlarne. Ma si riducono a ben poca cosa se paragonati ai disastri che colpiscono il Sud: notizie che appaiono solo di sfuggita sui nostri schermi, se mai compaiono, come le violente tempeste che hanno flagellato buona parte dei Caraibi e del Sudest asiatico e le frequenti siccita’ che hanno colpito il Centro America, l’Africa orientale e il Medio Oriente facendo precipitare la popolazione nella fame e costringendola a lasciare la propria casa.
In termini comparativi, il Nord America, l’Europa e l’Australia sono tra le regioni meno vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici.
I danni reali vengono inflitti all’Africa, all’Asia e all’America Latina, e la situazione sta assumendo proporzioni davvero distopiche. Per farci un’idea di questi squilibri, possiamo esaminare la distribuzione dei costi monetari. Secondo i dati forniti dal Climate Vulnerability Monitor, il Sud sostiene l’82% dei costi totali del dissesto climatico, che nel 2010 ammontava a 571 miliardi di dollari in danni dovuti a siccita’, inondazioni, frane, uragani e incendi.
I ricercatori prevedono che questi costi continueranno ad aumentare. Nel 2030 il Sud sosterra’ il 92% dei costi complessivi globali, per un ammontare di 954 miliardi di dollari.

Info:
https://oggiscienza.it/2021/05/08/siamo-ancora-in-tempo-jason-hickel/
https://www.ilsaggiatore.com/wp-content/uploads/2021/04/2021_04_20-Manifesto-Hickel.pdf
https://www.linkiesta.it/2021/03/salvare-il-pianeta-rapporto-natura/

Green New Deal/Boitani

Andrea Boitani – L’illusione liberista. Critica dell’ideologia di mercato – Laterza (2021)

Per la grande maggioranza degli scienziati seri il riscaldamento globale e la sua origine antropica sono fuori discussione da moltissimi anni.
Perche’, viene allora da domandarsi, le posizioni variamente negazioniste, per quanto minoritarie, hanno avuto e ancora hanno spazio?
La risposta va cercata nella solita convergenza tra i consistenti interessi dell’industria (sia quella produttrice che quella consumatrice di energia prodotta bruciando carburanti di origine fossile) e la destra politica americana ed europea.
Fino a un certo punto anche la sinistra tradizionale ha in fondo avuto il retropensiero che la stabilita’ del clima e l’aria pulita, dopotutto, siano un “lusso” e che le vere priorita’ sono la difesa del welfare, dell’occupazione e dei diritti dei lavoratori.
Alcuni ancora non capiscono che le questioni ambientali, invece, sono parte di un nuovo e piu’ equilibrato rapporto dell’umanita’ con la natura e tra l’umanita’ di oggi e quella di domani, con importanti implicazioni in termini di eguaglianza dei diritti e delle opportunita’.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21400-andrea-boitani-l-illusione-liberista.html
https://www.lavoce.info/archives/91181/l-illusione-liberista/
https://www.eticaeconomia.it/lillusione-liberista/

Societa’/Shafik

Minouche Shafik – Quello che ci unisce – Mondadori (2021)

Le obiezioni a un’imposta sulle emissioni di CO2 sono che va ad appesantire l’onere fiscale e che potrebbe ripercuotersi negativamente sulle persone povere.
I gilets jaunes hanno paralizzato la Francia per protestare contro l’introduzione di imposte piu’ elevate sul carburante diesel. Non erano infuriati per le misure volte a contrastare i cambiamenti climatici, ma per chi avrebbe pagato i costi dell’adeguamento a un futuro a basse emissioni.
Tuttavia e’ possibile istituire un’imposta sulle emissioni di CO2 che non appesantisca l’onere fiscale e non vada a scapito dei poveri.
Come funzionerebbe un regime di questo tipo?
Innanzitutto, l’aliquota sarebbe fissata a un livello basso e poi aumentata gradualmente in modo da consentire a tutti di adeguarsi. In secondo luogo, il gettito di tale imposta sarebbe restituito ai cittadini, in denaro contante oppure riducendo altre imposte. Se fosse restituito il 100 per cento del gettito, l’imposta lascerebbe le entrate dello Stato invariate, ma avrebbe comunque un grosso impatto in termini di riduzione delle emissioni; se fosse restituito meno del 100 per cento, l’imposta genererebbe introiti per lo Stato […]
Per i paesi che hanno bisogno di incrementare le entrate pubbliche e che, quindi, sceglierebbero di non rimborsare l’intero gettito, l’imposta potrebbe generare considerevoli risorse da destinare al finanziamento del contratto sociale. Per esempio, secondo una stima, un’imposta sulla CO2 di 115 dollari a tonnellata negli Stati Uniti genererebbe un gettito considerevole, pari al 3 per cento del reddito nazionale.

Info:
https://www.avvenire.it/economiacivile/pagine/shafik-diseguaglianze-e-parita-di-genere
https://www.libreriavolare.it/recensioni-libri/saggistica/quello-che-ci-unisce-e-il-mercato-non-basta/