Geoeconomia/Armao

Capitalismo di sangue. A chi conviene la guerra – Fabio Armao – Laterza (2024)

A partire dagli anni Novanta si assiste, da un lato, a una serie di interventi militari sotto l’egida delle Nazioni Unite o della Nato, o promossi in prima persona dall’unica superpotenza rimasta, gli Stati Uniti d’America, e allargati alla partecipazione di una cerchia piu’ o meno ampia di suoi volenterosi alleati.
Il presupposto (la pretesa) e’ garantire al ricorso alla guerra un fondamento giuridico internazionale maggiore rispetto al passato, una legittimita’ che non si riduca alla volonta’ di potenza dei singoli stati coinvolti.
Si pensi alla guerra del Golfo del 1991 contro l’Iraq reo di aver invaso il Kuwait, o all’intervento in Somalia nel 1992-1995 nel tentativo (fallito) di porre fine al sanguinoso scontro tra signori della guerra, o ai bombardamenti della Nato in Kosovo nel 1999 per arrestare le azioni di pulizia etnica delle truppe serbe contro gli albanesi.
Poi tocchera’ all’Afghanistan (dal 2001) e di nuovo all’Iraq (dal 2003), ma a valle degli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001 su suolo americano, quando l’esigenza domestica di offrire ai cittadini statunitensi uno sfogo alla sindrome del rally ’round the flag suscitato da quella tragedia prende il sopravvento su qualunque residua aspirazione di fare appello al diritto internazionale.
Dall’altro lato, si assiste alla proliferazione di quelle che vengono qualificate come guerre civili perche’ interne agli stati e che tuttavia, il piu’ delle volte, si concretizzano nella spartizione cruenta di territori e risorse messa in atto da una serie di attori non statali della violenza a danno, sempre, della popolazione, costretta a migrazioni forzate: dalla disgregazione della Jugoslavia (1992-1995) alla gia’ citata Somalia e alla guerra in Congo (1998-2003), passando per il genocidio in Ruanda (1994) – per citare soltanto gli episodi piu’ noti.
Alcune di esse sono destinate a trasformarsi in arene in cui anche le medie potenze regionali possono rivendicare un proprio ruolo: la Libia del post-Gheddafi con due governi, ciascuno con i propri sponsor (Egitto ed Emirati Arabi Uniti contro Qatar e Turchia), e poi, ancora, la Siria dove concorrono la Russia, l’Iran, la Turchia. E, in entrambi i teatri, l’Isis, lo stato islamico, a sparigliare ulteriormente le carte – come nello Yemen dei bombardamenti sauditi contro i ribelli Huthi, del resto.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/IL_FATTO_QUOTIDIANO_27012024.pdf
https://www.globalist.it/culture/2024/03/25/capitalismo-di-sangue-analisi-su-conflitti-globali-e-crisi-economica/
https://www.micromega.net/author/fabio-armao/ 

Geoeconomia/Arrighi

Giovanni Arrighi – Adam Smith a Pechino. Genealogia del ventunesimo secolo – Mimesis (2021)

La vera cesura con gli anni Novanta si ha nel 2001, quando l’amministrazione Bush risponde agli attentati dell’11 settembre con l’adozione di un nuovo programma imperiale, il “progetto per un nuovo secolo americano” […]
Non sappiamo cosa abbia impetrato il presidente Bush negli otto mesi che separano il suo insediamento dall’11 settembre, ma sappiamo che i sostenitori del “progetto per un nuovo secolo americano” all’interno della sua amministrazione non aspettavano che l’occasione per cominciare a mettere in pratica la nuova strategia imperiale alla cui definizione lavoravano da tanto tempo.
Certo i primi mesi della presidenza non erano stati particolarmente propizi per loro, ma poi, […] e’ arrivato Osama bin Laden a salvarli, fornendo, […] “sia i mezzi della mobilitazione popolare che gli obiettivi” […]
Se il vero obiettivo della guerra al terrorismo non era catturare i terroristi, ma ridisegnare la geografia politica del Medio Oriente in funzione del lancio di un nuovo secolo americano, ecco che combattere al risparmio in Afghanistan senza rischiare perdite nella caccia a bin Laden diventa una scelta perfettamente razionale.
In questa prospettiva di piu’ ampio respiro, l’Afghanistan non era un obiettivo adatto a mettere alla prova la nuova disponibilita’ del popolo americano ad accettare perdite in guerre all’estero dopo l’11 settembre: era molto probabile che “finire il lavoro” in Afghanistan sarebbe costato agli Stati Uniti un numero maggiore di perdite e avrebbe portato un rendimento economico e politico per caduto assai inferiore rispetto all’invasione e alla conquista dell’Iraq

Info:
https://www.sinistrainrete.info/estero/22190-sandro-mezzadra-il-modello-cinese-e-lo-spazio-del-conflitto.html
http://effimera.org/il-modello-cinese-e-lo-spazio-del-conflitto-di-sandro-mezzadra/
https://www.mimesisedizioni.it/download/12739/e816dca0af4b/simone-pieranni-il-manifesto-4-febbraio-2022-sfide-e-quesiti-intorno-al-modello-cinese-su-adam-smith-a-pechino-di-arrighi.pdf
https://www.mimesisedizioni.it/download/12571/6eb5c7fab8b8/simone-pieranni-il-manifesto-29-dicembre-2021-lanno-della-tigre-nelle-mani-del-serpente-xi-su-adam-smith-a-pechino-di-arrighi.pdf
https://www.pandorarivista.it/articoli/adam-smith-a-pechino-giovanni-arrighi/
http://www.proteo.rdbcub.it/article.php3?id_article=747