Finanziarizzazione/Formenti

Carlo Formenti – Utopie letali – Jaca Book (2013)

Le ricostruzioni storiche del processo di finanziarizzazione negli ultimi decenni del XX secolo distinguono due fasi: una prima finanziarizzazione, che coincide con il progressivo mutamento della concezione dell’impresa capitalistica, da dispositivo produttivo a portafoglio di attività, e una seconda finanziarizzazione, nel corso della quale l’interesse degli azionisti e’ venuto gradualmente occupando una posizione preminente nella determinazione degli obiettivi dell’impresa, i quali hanno finito per coincidere quasi esclusivamente con la massimizzazione del valore azionario della stessa […]
A conclusione delle due fasi appena descritte, ci si
e’ trovati di fronte a un’impresa che ha cessato di strutturare la propria organizzazione in relazione a considerazioni di tipo produttivo e/o commerciale, per adottare modelli funzionali alla valorizzazione specificamente finanziaria degli investimenti.

Info:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-prefazione-a-utopie-letali-di-carlo-formenti/
http://www.inchiestaonline.it/libri-e-librerie/valerio-romitelli-le-utopie-letali-che-si-aggirano-per-il-mondo-secondo-carlo-formenti/
http://www.inchiestaonline.it/libri-e-librerie/valerio-romitelli-le-utopie-letali-che-si-aggirano-per-il-mondo-secondo-carlo-formenti/

Populismo/Urbinati

Nadia Urbinati – Io il popolo. Come il populismo trasforma la democrazia – Il Mulino (2020)

Nella sua configurazione moderna, la categoria di popolo ha tre significati principali: a) persona ficta, ovvero la collettività sovrana che agisce come singola entita’ (il Popolo) e nel cui nome vengono fatte e applicate le leggi; b) il corpo sociale che storicamente vive in un determinato territorio ed e’ talora identificato con la nazione; c) la collettivita’ politica che agisce politicamente attraverso movimenti di opinione, partiti e rappresentanti.
Nel primo caso il popolo e’ cio’ che autorizza formalmente e legittima l’ordine giuridico e istituzionale dello stato («il Popolo sovrano»). In questo caso, il popolo comprende ciascuno e tutti indistintamente, e’ assolutamente inclusivo, ed e’ sinonimo di imparzialita’ della legge; e’ una finzione giuridica e politica fondamentale, norma generativa della legittimita’ della decisione politica […]
Nel secondo caso il popolo e’ una categoria sociologica, che gli studiosi, i politici e i cittadini spesso considerano alla stregua di un’entita’ organica, dotata di una soggettivita’ morale e di un valore etico.
Questa interpretazione e’ stata (ed e’) utilizzata da ideologie nazionaliste e sovraniste per giustificare la difesa degli interessi del popolo da e contro nemici esterni e/o interni (una dinamica che si ripresenta oggi in relazione, per esempio, all’ostilita’ nei confronti degli immigrati e del mercato globale delle merci e, come nel caso del vecchio continente, dell’Unione Europea).
Nel terzo caso il popolo e’ un soggetto collettivo retorico costruito dal discorso politico e in nome del quale si svolge la competizione tra partiti e/o movimenti.
In questo ambito puo’ prendere corpo l’interpretazione secondo la quale gli interessi della maggioranza dovrebbero avere la priorita’ su quelli dell’opposizione e su quelli delle minoranze in generale.
La nozione di popolo propria del populismo ricade nella seconda e soprattutto nella terza accezione; essa fa riferimento al popolo «vero», l’unico popolo del quale la politica democratica dovrebbe occuparsi e preoccuparsi. Peraltro, la sua richiesta di legittimita’ politica si fonda sulla pretesa di essere l’espressione piu’ inclusiva della volonta’ della gente comune (in opposizione agli interessi dei pochi o dell’establishment).

Info:
http://ilrasoiodioccam-micromega.blogautore.espresso.repubblica.it/2020/05/08/nadia-urbinati-e-il-populismo/
https://www.vaticannews.va/it/osservatoreromano/news/2020-03/la-verita-vi-prego-sul-populismo.html
https://www.fatamorganaweb.unical.it/index.php/2020/01/27/dal-populismo-al-popolo-democrazia-nadia-urbinati/

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

Come si puo’ governare, in modo civile (per non dire civilizzato), lo stato di eccezione permanente in cui le frontiere che abbiamo ereditato dal passato, o aggiunto noi stessi, vengono continuamente fortificate e militarizzate, ma sono destinate a cedere?
Bisogna ripetere quello che e’ in gioco nei fatti: degli uomini «di troppo» e il loro «diritto di avere dei diritti», che e’ imprescrittibile, e non va a detrimento di coloro che i diritti li hanno gia’, ma si pone accanto a loro e tra di loro.
Nessuno puo’ sostenere che una governance del genere sia facile, ma quel che e’ certo e’ che non puo’ basarsi su discriminazioni ormai obsolete (migranti e rifugiati) o su equiparazioni criminali (rifugiati e terroristi) che alimentano i fantasmi razzisti, incoraggiano la violenza e disorganizzano le politiche di sorveglianza di cui gli Stati hanno bisogno per proteggere veramente i loro cittadini […]
Parte della soluzione e’ a portata di mano.
Il minimo sarebbe: 1) la dichiarazione ufficiale, da parte della Commissione europea, di uno «stato di emergenza umanitaria» su tutto il territorio di sua competenza, e 2) l’impegno vincolante, da parte dei Paesi membri dell’Unione europea, a trattare i rifugiati con dignita’ ed equita’ nella misura delle loro capacita’, oggettivamente calcolabili.
E’ indubbio che le conseguenze di questo minimo sarebbero potenzialmente considerevoli: rivalutazione dei poteri dell’istanza comunitaria, istituzione di norme umanitarie con pari forza di quelle di bilancio o commerciali, mobilitazione di risorse per una politica di assistenza e di integrazione (di cui si dovrebbe controllare democraticamente l’impiego), programmi educativi concertati contro il razzismo.

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

Economia di mercato/Giacche’

Vladimiro Giacche’ – Titanic Europa. La crisi che non ci hanno raccontato – Aliberti (2012)

A marzo 2008 il governatore della Federal Reserve, Ben Bernanke, e’ costretto a fornire alla banca J.P. Morgan Chase ingenti garanzie pubbliche per consentirle il salvataggio della banca d’investimento Bear Stearns, per timore che il fallimento di questa scateni un effetto domino dalle conseguenze imprevedibili.
La cosa fa molto rumore, in quanto crea un pericoloso precedente, quantomeno agli occhi dei molti nemici dell’intervento pubblico sui mercati e nell’economia.
In questa occasione Bernanke si giustifica dicendo che non si tratta del salvataggio di una banca, ma – queste le sue precise parole – del “salvataggio dei mercati”.
E il mondo intero apprende che lo slogan reso famoso da Ronald Reagan, secondo cui «lo Stato e’ il problema, il mercato la soluzione», va rovesciato. E che lo Stato, da fastidioso e ingombrante rompiscatole buono soltanto a intralciare l’attivita’ economica, e’ diventato qualcosa di necessario alla sopravvivenza stessa delle principali imprese finanziarie (e non solo) del mondo […]
Tra l’autunno del 2008 e i primi mesi del 2009, delle 20 principali banche mondiali, almeno la meta’ ricevette un sostegno governativo diretto. Nel giugno 2009 il Financial Stability Report della Bank of England rivelo’ che i sussidi e le garanzie offerti dalle banche centrali e dai governi degli Stati Uniti, della Gran Bretagna e dei Paesi dell’Eurozona a sostegno del sistema bancario ammontavano alla cifra spaventosa di 14.000 miliardi di dollari. Si trattava – precisava lo stesso rapporto – di una cifra equivalente a circa il 50% del prodotto interno lordo di quei Paesi.
Vale la pena di ricordare queste cifre oggi, mentre in tutto il mondo si decurtano le prestazioni sociali fornite dagli Stati «per tenere in ordine i conti pubblici» e «perche’ abbiamo tutti vissuto al di sopra delle nostre possibilita’».
In quei mesi avvenne l’impensabile: tutt’a un tratto la “mano visibile” dello Stato torno’ a essere piu’ popolare della mano invisibile del mercato, cara ad Adam Smith e soprattutto ai suoi epigoni […]
Nell’estate del 2009 il recupero degli indici borsistici iniziato a marzo sembrava ormai consolidato e l’intera finanza internazionale poteva tirare un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo. Autori di questo miracolo, che per il momento aveva impedito al mondo di precipitare in una seconda Grande Depressione, erano, a giudizio di tutti, gli Stati e le banche centrali […]
Questo neointerventismo statale fu in parte frainteso come “keynesiano”, mentre non si trattava di investimenti pubblici per rilanciare la domanda di beni e servizi, ma di semplice socializzazione delle perdite.
Vi fu anche qualche polemica sui presunti rischi di un ritorno in grande stile dell’intervento pubblico nell’economia.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/crisi-mondiale/2034-vladimiro-giacche-titanic-europa.html
https://www.uninfonews.it/il-titanic-europa-affonda-e-lorchestra-suona-ancora/
https://www.italianieuropei.it/it/italianieuropei-1-2014/item/3232-titanic-europa.html

Capitalismo/Mason

Paul Mason – Postcapitalismo. Una guida al nostro futuro – il Saggiatore (2016)

Scoprire che il capitalismo non e’ sempre esistito puo’ essere uno shock.
Gli economisti presentano «il mercato» come la condizione naturale dell’umanita’. In televisione i documentari ricreano in modo incredibilmente dettagliato le piramidi egizie o la Pechino imperiale, ma glissano sull’assoluta diversita’ dei sistemi economici che le hanno costruite […]
Realizzato che il capitalismo un tempo non esisteva – sia come economia che come sistema di valori – sorge un pensiero ancora piu’ scioccante: non e’ detto che duri per sempre […]
Tutto questo rende possibile il postcapitalismo, ma non abbiamo un modello per la transizione.
Stalin ce ne ha lasciato uno che porta dritto al disastro; il movimento Occupy ha tirato fuori buone idee, ma frammentarie; il cosiddetto movimento p2p (peer-to-peer) ha elaborato modelli collaborativi su piccola scala; gli ambientalisti hanno sviluppato percorsi di transizione verso un’economia a emissioni zero, ma senza quasi mai collegarli al destino del capitalismo.
Insomma, quando si tratta di pianificare la transizione da un tipo di economia a un altro, la nostra esperienza si limita esclusivamente a due eventi molto diversi tra loro: l’ascesa del capitalismo e il collasso dell’Unione Sovietica.

Info:
https://www.eunews.it/2017/05/13/il-postcapitalismo-secondo-paul-mason/85281
https://ilmanifesto.it/paul-mason-nelle-spire-del-postcapitalismo/
https://24ilmagazine.ilsole24ore.com/2015/09/postcapitalismo/
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/postcapitalismo-di-paul-mason/

Lavoro/Harvey

David Harvey – L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza – Feltrinelli (2011)

Uno dei maggiori ostacoli all’accumulazione sostenuta del capitale e al consolidamento della classe capitalista negli anni sessanta e’ stato il lavoro.
In Europa come negli Stati Uniti c’era penuria di manodopera; i lavoratori erano ben organizzati, ragionevolmente ben retribuiti e avevano peso politico. Il capitale aveva bisogno di attingere a bacini di manodopera meno cara e piu’ docile, e c’erano vari espedienti per farlo.
Uno era incoraggiare l’immigrazione […]
Alla fine degli anni sessanta il governo francese sovvenzionava l’importazione di manodopera dal Nord Africa, i tedeschi accoglievano i turchi, gli svedesi incoraggiavano l’immigrazione degli iugoslavi e i britannici attingevano agli abitanti del loro antico impero.
Un altro modo per accedere a bacini di manodopera a basso costo era quello di sviluppare tecnologie a bassa intensita’ di lavoro, come la robotizzazione nella fabbricazione di automobili, che creavano disoccupazione […]
Se tutto cio’ non avesse sortito gli effetti desiderati, c’erano comunque persone come Ronald Reagan, Margaret Thatcher e il generale Augusto Pinochet pronte a intervenire, armate della dottrina neoliberista, determinate a ricorrere al potere dello Stato per schiacciare le organizzazioni dei lavoratori.
Pinochet e i generali argentini lo fecero con la forza militare; Reagan e la Thatcher ingaggiarono uno scontro frontale con i grandi sindacati, sia direttamente – come quando Reagan mise in atto una prova di forza con i controllori del traffico aereo e la Thatcher si scontro’ violentemente con i sindacati dei minatori e dei lavoratori editoriali –, sia indirettamente, attraverso la creazione di disoccupazione […]
Il capitale aveva anche la possibilita’ di recarsi direttamente la’ dove si trovava l’eccedenza di manodopera […]
Inondate di un’eccedenza di capitale, le grandi imprese statunitensi avevano cominciato a trasferire la produzione all’estero gia’ alla meta’ degli anni sessanta, ma questo movimento ha preso slancio soltanto un decennio piu’ tardi […]
Il capitale aveva ormai accesso ai bacini di manodopera a basso costo del mondo intero. Quel che e’ peggio, il crollo del comunismo, avvenuto bruscamente nell’ex blocco sovietico e gradualmente in Cina, ha poi aggiunto circa due miliardi di persone alla forza lavoro salariata globale.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2012/05/recensione-david-harvey-l%E2%80%99enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-feltrinelli/
http://contropiano.org/contropianoorg/aerosol/vetrina-pubblicazioni/2011/07/05/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-02315
http://www.millepiani.org/recensioni/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza

Stato/Salmon

Christian Salmon – Fake. Come la politica mondiale ha divorato se stessa – Laterza (2020)

Che cosa ne e’ dell’esercizio del potere statale ad opera dei governanti quando lo Stato viene messo “sotto vuoto” dalla globalizzazione dei mercati finanziari, dal carattere sovranazionale dei “rischi” – dall’ecologia al terrorismo – e dalla governance delle organizzazioni internazionali e delle reti transgovernative?
Tutti questi livelli – infrastatali e sovrastatali – prendono decisioni politiche, giuridiche, strategiche, economiche fuori dal quadro dello Stato, e queste entita’ si infischiano assolutamente delle sue competenze e prerogative.
Deregolamentando la finanza e facendo sparire lo Stato dall’attenzione generale, la rivoluzione neoliberale degli anni Ottanta ha precipitato il mondo in un universo di avvenimenti automatici; ha contribuito a far si’ che lo spazio della politica fosse assorbito da una grande varieta’ di istanze, e in primo luogo dalle maggiori imprese, dalle istituzioni e autorita’ indipendenti, condannando l’uomo politico, senza piu’ terra sotto i piedi, a simulare cio’ che avrebbe dovuto essere e fare,
a riprogrammarsi continuamente […]
A partire dagli anni Novanta la congiunzione fra un nuovo idealtipo politico ispirato ai valori manageriali del neoliberalismo e la telepresenza permanente esplicitata nell’offerta mediatica h24 spiega la comparsa di una nuova generazione di uomini politici portatori di un’identita’ partitica vaga e di parole d’ordine ormai centrate, piu’ che su un programma, su un’identita’ di marchio: gli slogan “Forza Italia” di Silvio Berlusconi, “Cool Britannia” di Tony Blair o “A better Spain”di Zapatero, quando non ci si limita a una semplice lettera, a delle iniziali, a un logo, come la O di Obama, la “Z con Zapatero”, oppure l’EM (En Marche!) di Macron.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2371:christian-salmon-fake-come-la-politica-mondiale-ha-divorato-se-stessa&catid=40:primopiano
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/fake-di-christian-salmon/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139653

Capitalismo/Deneault

Alain Deneault – La mediocrazia – Neri Pozza (2017)

Il sindacalismo e’ e rimane un soggetto politico, oppure ormai si confonde con le regole flessibili e strettamente manageriali di quel che e’ racchiuso oggi nella parola «governance»?
La politica definisce la capacita’ di deliberare sui principi che regolano la vita in societa’, capacita’ che i membri di una comunita’ istituita si riconoscono.
Agire politicamente implica dunque il fatto di sostenere la propria posizione e la propria azione al di la’ delle coordinate sociali entro le quali ci restringono alcune forme del potere costituito, per deliberare sull’insieme delle disposizioni che fanno si’ che ci si trovi a questo punto.
Dunque, piu’ che stare al gioco della logica manageriale, borsistica, capitalista e ultraliberale che prevale storicamente, nella speranza di trarne un tornaconto, si dovrebbe agire per instaurare nuove regole formali.
Quanto alla governance, essa include i rappresentanti sindacali in una partnership che mette l’uno accanto all’altro attori dei quali si prevede apertamente la disparita’. Sottomessi all’imperativo del «consenso», i sindacati sono invitati a questi processi piu’ per portare il concorso del movimento dei lavoratori verso prospettive di sviluppo industriale e progetti motivati dall’alta finanza, che per definire davvero alla base le regole che riguardano la vita nella societa’.
Pertanto, per il movimento dei lavoratori, come per la rappresentanza ecologista, autoctona e locale, si tratta di provare a inserire nel progetto piu’ ampio del capitalismo degli interessi minori che possano apparire ai suoi membri come una serie di «passi nella giusta direzione», «concessioni ottenute», «vittorie morali», «partenariati strategici» e altre simili arguzie.
La «governance» si presenta ancora una volta come un’arte della gestione privata innalzata al rango della politica; di conseguenza, non puo’ che puntare a impadronirsi della politica stessa.[…]
La questione poggia sulla scelta tra la politica e la governance, ovvero se il movimento sindacale deve continuare a integrarsi nel capitalismo partecipandovi in modo fattivo – per esempio costituendo dei fondi sindacali messi a disposizione di aziende quotate in Borsa – e rendendolo dunque accettabile da parte dei membri delle sue organizzazioni, o se invece deve portare avanti una lotta concertata contro i suoi effetti iniqui, deleteri e fatalmente distruttivi.
Questa problematica, che ha drammaticamente segnato l’inizio del XX secolo […], e’ tutt’ora molto presente.

Info:
https://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2017/01/25/news/il_trionfo_della_mediocrazia_spiegato_dal_filosofo_canadese_alain_deneault-156837500/
http://blog.ilgiornale.it/franza/2018/05/27/la-mediocrazia-un-libro-magistrale-del-canadese-alain-deneault-ne-traccia-il-pensiero-e-spiega-come-i-mediocri-hanno-preso-il-potere/
https://www.ilmerito.org/8-nel-merito/273-mediocrazia-una-rilettura-della-societa-contemporanea-attraverso-il-suo-declino-irreversibile-recensione-a-a-deneault-mediocrazia-neri-pozza-2017-di-giovanni-cossa

https://ilfoglietto.it/libri/5397-la-mediocrazia-un-libro-sulla-inadeguatezza-della-classe-dirigente

Stato/Tuccari

Francesco Tuccari – La rivolta della societa’. L’Italia dal 1989 ad oggi – Laterza (2020)

A prescindere dalla sua mesta conclusione, il bilancio di questo lungo anno di «governo di contratto», densissimo di cronaca e di retroscena, e’ stato in gran parte fallimentare, quanto meno se guardiamo alle strepitose attese che molti avevano coltivato e che i «difensori della societa’» hanno continuato ad alimentare, pur essendo al governo, in un irresponsabile gioco al rialzo da campagna elettorale permanente.
Concentrandoci sull’essenziale, le loro luccicanti promesse di benessere, equita’, dignita’, sviluppo e sicurezza si sono tradotte in tre modeste, aggrovigliatissime, costose e talora molto contestate riforme, approvate in Parlamento con il voto di fiducia: il «reddito di cittadinanza», che stenta ancora a decollare tra mille difficolta’, nel tentativo forse impossibile di tenere insieme politiche di welfare e del lavoro; la cosiddetta «quota cento», una riforma sperimentale e temporanea dell’odiatissima legge Fornero in materia di pensioni, che – spacciata per la sua abolizione – in parte e’ stata ignorata da moltissimi che pure ne avevano diritto e in parte sta creando
pericolosi vuoti di personale in settori cruciali quali la scuola e la sanita’, mettendo forse anche a rischio i conti dell’Inps; e infine le leggi sulla sicurezza e l’immigrazione, fortemente volute da Salvini, che – oltre a fornire maggiori garanzie in tema di legittima difesa – hanno drammatizzato ulteriormente il grande e serissimo tema dell’immigrazione senza produrre sul piano pratico soluzioni di ampio respiro. A meno che non si vogliano considerare tali la politica dei «porti chiusi» e il duello estenuante con le Ong di mezzo mondo impegnate nel salvataggio di migranti nel Mediterraneo.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139844
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-rivolta-della-societa-di-francesco-tuccari/
https://www.avvenire.it/rubriche/pagine/quale-societa-si-rivoltadavvero

Finanziarizzazione/Galli

Giorgio Galli, Francesco Bordicchio – Arricchirsi impoverendo. Multinazionali e capitale finanziario nella crisi infinita – Mimesis (2018)

I fondi pensione sono il prodotto della finanziarizzazione del concetto di sicurezza sociale (“dalla culla alla tomba”), frutto della citata convergenza tra capitalismo e democrazia rappresentativa.
Ma il mandato iniziale di garantire […] che i soldi versati dai lavoratori siano in grado di ripagare in futuro chi va in pensione, si e’ trasferito da istituzioni pubbliche, statuali (come, per esempio, l’Inps, in Italia), a enti gestiti da professionisti della finanza (equivalenti sociali dei loro colleghi dei vertici delle multinazionali, anche i fondi sovrani comprendono gli stessi beni e sono gestiti, con gli stessi criteri, dall’identico ceto), in grado di investire efficacemente e di arricchirsi con le retribuzioni, tanto che il portafoglio complessivo dei trecento citati colossi e’ passato dai quattro miliardi e seicento milioni di dollari del 2008, all’inizio della crisi, a oltre settemila miliardi nel 2015.
Un processo che, agli albori del movimento operaio, era iniziato con modeste casse mutue di lavoratori, e’ assurto, con la globalizzazione, a tali dimensioni finanziarie e multinazionali da far pensare a un capitalismo spersonalizzato, allo sfumarsi delle categorizzazioni di ceto e classe in una sorta di “societa’ liquida”

Info:
https://www.unilibro.it/libro/galli-giorgio-bochicchio-francesco/arricchirsi-impoverendo-multinazionali-capitale-finanziario-crisi-infinita/9788857543932