Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa – Bollati Boringhieri (2016)

Da una parte, l’Europa neoliberista, cioe’ quella che il neoliberismo (che, non dimentichiamolo, e’ una politica e non una semplice teoria economica) sta modellando a marce forzate con lo smantellamento dei diritti sociali, delle politiche pubbliche, dei valori di solidarieta’, per renderla a immagine della globalizzazione finanziaria.
Dall’altra, l’Europa democratica, o meglio della democratizzazione, che implica una rivalorizzazione e una reinvenzione dell’Europa sociale, perche’ la negazione delle dimensioni sociali della cittadinanza e’ il cuore delle strategie di de-democratizzazione.
La prima, bisogna riconoscerlo, e’ piu’ reale della seconda, perche’ si concretizza in un enorme apparato di strutture, di istituzioni, di discorsi egemonici.
La seconda invece e’ largamente virtuale, in quanto esiste soltanto sotto forma di resistenze e di iniziative eterogenee, il che pero’ non vuol dire che sia utopistica o che rappresenti soltanto un vuoto ideale. Perche’ la sua esistenza rinvia alle contraddizioni quanto mai reali della prima.
Si puo’ dire che in questo momento l’Europa democratica sia “scomposta” dalle istituzioni e dalle politiche dell’Europa neoliberista, ma che la sua ricomposizione, o la sua “costituzione” nel corso dello sviluppo della crisi non sia impensabile.

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

Capitalismo/Alacevich

Michele Alacevich, Anna Soci – Breve storia della disuguaglianza – Laterza (2019)

L’obiettivo della teoria economica divenne l’allargamento delle opportunita’ di impiego e la promozione della crescita poiche’ si desiderava ingrandire la torta piuttosto che distribuire fette piu’ uguali per tutti, nella convinzione che con una torta piu’ grande a tutti sarebbero toccate fette piu’ grandi, e che fosse la dimensione assoluta delle fette a contare piuttosto che quella relativa.
Oggi, questa visione e’ messa fortemente in dubbio.
La ricerca economica si e’ interessata solo di recente alla distribuzione personale dei redditi, e uno dei motivi, se non il principale, e’ che i paesi economicamente sviluppati stanno attualmente vivendo un allarmante grado di disuguaglianza.
La disoccupazione prolungata, la riduzione dei salari, un crescente accumulo di ricchezza da parte di pochi individui associata ad una stagnazione dei redditi del resto della popolazione, una scala sociale piu’ ripida e un accesso all’istruzione ostacolato dalle piu’ difficili condizioni finanziarie sono tra i fattori principali che nel XXI secolo hanno portato la distribuzione del reddito al centro della scena.
Inoltre, la globalizzazione non ha prodotto cio’ che prometteva in termini di crescita e uguaglianza tra paesi, e sta influenzando in modo deciso – e non sempre positivo – i processi economici e distributivi all’interno delle singole nazioni. Dunque, la disuguaglianza economica e’ in prima linea nel dibattito politico odierno, probabilmente perche’ i movimenti sociali emersi hanno costretto gli economisti a rivolgervi lo sguardo.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858136249
https://www.letture.org/breve-storia-della-disuguaglianza-michele-alacevich-anna-soci

Geoeconomia/Formenti

Carlo Formenti – Oligarchi e plebei. Diario di un conflitto globale – Mimesis (2018)

Tutti hanno sentito parlare del fenomeno dei contractors, cioe’ dei professionisti della guerra (quasi sempre ex soldati di professione con esperienza nei corpi d’elite) che affiancano le
truppe americane, inglesi e di altre nazioni in varie operazioni sul campo.
Meno note sono le dimensioni del fenomeno: i contractors sono quasi 60.000 sui soli teatri del Medio Oriente (dal Libano all’Afghanistan) e circa 40.000 in Africa. Un vero e proprio esercito di mercenari che forse sono ancora piu’ numerosi, ove si tenga conto del fatto che il Pentagono e’ reticente nel dare cifre precise in merito, mentre agenzie come la Cia o la Nsa si guardano bene dal darne.
Un esercito che, alle imprese che ne vendono i servigi, garantisce un giro di affari che probabilmente si aggira intorno ai cento miliardi di dollari.
Perche’ stupirsi se nell’era in cui tutto viene privatizzato il fenomeno si estende anche alla guerra?
Prima c’erano gli eserciti di leva, poi i militari di mestiere al servizio di un determinato Paese, infine ecco i mercenari al servizio del miglior offerente.
Fra l’altro, cosi’ si evitano i contraccolpi dell’opinione pubblica quando il prezzo in vite umane di una guerra tende a farsi troppo alto […]
Ma gli imprevisti sono dietro l’angolo: in primo luogo perche’ questa gente e’ al servizio di imprese private e non di qualche Stato e, com’e’ noto, gli interessi delle multinazionali ignorano i confini geopolitici e le regole della guerra […]
Dopo la medievalizzazione dell’economia con il ritorno della lex mercatoria arriva la medievalizzazione della guerra con il ritorno di Lanzichenecchi e capitani di ventura.

Info:
https://www.carmillaonline.com/2018/05/15/le-nuove-pelbi-globali-dentro-la-crisi-sistemica/
https://www.sinistrainrete.info/libri/16175-carlo-formenti-oligarchi-e-plebei.html

Lavoro/Bauman

Zygmunt Bauman – Lavoro, consumismo e nuove poverta’ – Citta’ Aperta (2004)

Il lavoro non venne piu’ visto come la via verso l’elevazione morale, bensi’ come un mezzo per “guadagnare di piu’”.
E questa era la sola cosa che contava […]
La capacita’ di accaparrarsi una quantita’ maggiore di ricchezza fini’ per essere considerata come l’unico mezzo per riconquistare quella dignita’ umana perduta in seguito alla trasformazione degli artigiani in operai dell’industria. Col risultato di far cadere nel vuoto qualsiasi appello alla nobilta’ del lavoro. Il prestigio e la posizione sociale dipendevano ormai dal livello di reddito, non gia’ dall’operosita’ e dalla dedizione al proprio mestiere.
Questa metamorfosi del conflitto di potere per la qualita’ della vita sociale in mera competizione per una quantita’ maggiore di ricchezza, considerata come l’unica espressione del desiderio di autonomia e di autoaffermazione individuale, ha influenzato profondamente lo sviluppo della moderna societa’ industriale. […]
Ha inculcato nei lavoratori non tanto lo «spirito del capitalismo» quanto, piuttosto, la tendenza a considerare il valore e la dignita’ dell’uomo in termini puramente monetari. E ha proiettato irreversibilmente l’aspirazione alla liberta’ nella sfera del consumo, determinando in larga misura il passaggio a una societa’ imperniata su quest’ultima anziche’ su quella della produzione.

Info:
http://www.inattuale.paolocalabro.info/2009/04/z-bauman-lavoro-consumismo-nuove.html
https://sociologia.tesionline.it/sociologia/libro.jsp?id=1714

Economia di mercato/Deneault

Alain Deneault – La mediocrazia – Neri Pozza (2017)

Al marchio e all’azienda viene riservato un vero e proprio culto.
Del resto la religione – come suggerisce l’etimologia stessa della parola – lega, coalizza. Diventata imprenditrice, la religione unisce le pecorelle – non soltanto gli impiegati, ma anche i fornitori e i clienti della ditta – in una reale comunione, sotto forma di puntuali adunate, saloni pubblici o cerimonie.
Il motociclista che venera un determinato marchio fino al feticismo e socializza con i suoi simili in occasione di grandi raduni, ne e’ un esempio perfetto.
Insomma, la religione s’impone come una formidabile modalita’ di manipolazione […]
Questa teologia d’impresa si riassume con un grafico ascensionale che testimonia il passaggio della merce dal semplice status di «prodotto» a quello, salvifico, della «religione del marchio» (brand religion).
Secondo questo approccio, un «prodotto» smette di essere designato come tale – un dolciume, un maglione, una consolle per videogiochi, un tavolo… – e viene piuttosto assimilato al suo «concetto di marchio».
Una volta etichettato, il prodotto genera una sensazione o, in gergo tecnico, un «valore emozionale aggiunto». Non e’ piu’ un fazzoletto, non e’ piu’ un orologio, non e’ piu’ un semplice te’, perche’ il fazzoletto, l’orologio e il te’ – una volta associati ai marchi Kleenex, Rolex e Lipton –, irradiano calore, sicurezza familiare, garanzia di fiducia, persino sentimento materno.

Info:
https://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2017/01/25/news/il_trionfo_della_mediocrazia_spiegato_dal_filosofo_canadese_alain_deneault-156837500/
http://blog.ilgiornale.it/franza/2018/05/27/la-mediocrazia-un-libro-magistrale-del-canadese-alain-deneault-ne-traccia-il-pensiero-e-spiega-come-i-mediocri-hanno-preso-il-potere/
https://www.ilmerito.org/8-nel-merito/273-mediocrazia-una-rilettura-della-societa-contemporanea-attraverso-il-suo-declino-irreversibile-recensione-a-a-deneault-mediocrazia-neri-pozza-2017-di-giovanni-cossa
https://ilfoglietto.it/libri/5397-la-mediocrazia-un-libro-sulla-inadeguatezza-della-classe-dirigente

Stato/Fana

Marta Fana, Simone Fana – Basta salari da fame – Laterza (2019)

La diffusione del lavoro nero non e’ un fenomeno recente in Italia.
Dal dopoguerra ad oggi lo sviluppo dualistico dell’economia italiana e’ strettamente legato alla persistenza di ampi settori produttivi dediti all’elusione e all’evasione contributiva […]
L’evasione contributiva pesa sulle tasche dei lavoratori e delle lavoratrici, che vengono privati di quella quota del salario funzionale al calcolo della pensione. Si tratta di un fenomeno antico che continua ad essere rappresentato nel dibattito pubblico con formule caricaturali, che finiscono spesso e volentieri per relegarlo a un tratto caratteristico e specifico del Mezzogiorno.
Un tentativo volto a dipingere l’Italia come un paese attraversato da una divisione antropologica tra un Nord sviluppato e un Sud culturalmente avvezzo all’irregolarita’ e al malaffare.
Questa diffusa tendenza a rappresentare in forma stilizzata e folcloristica i problemi di fondo dello sviluppo economico e sociale del paese ha funzionato come strumento per sviare l’attenzione dagli intrecci tra economia formale ed economia informale. In breve, e’ servita come arma di distrazione di massa per spostare lo sguardo dalla direzione consapevole dello sviluppo del capitalismo italiano, che si nutre del rapporto opaco tra economia regolare e sfruttamento e lavoro nero.
Infatti il fenomeno del lavoro irregolare non e’ mai stato una prerogativa del Mezzogiorno […]
Una prassi che attraversa trasversalmente la penisola, dalle campagne pugliesi e siciliane sino alla “moderna” Emilia-Romagna […]
Un vero e proprio cancro che corrode l’economia e lo sviluppo del paese e genera effetti distributivi distorti, a vantaggio dei profitti e delle rendite e a discapito dei salari e del welfare.
Una dinamica che, come abbiamo gia’ visto, e’ stata fotografata dal “New York Times” nell’inchiesta che ha raccontato la diffusione del lavoro a domicilio nel settore del lusso delle aziende tessili pugliesi. Una storia di sfruttamento, in cui donne di ogni eta’ lavorano per i grandi marchi del Made in Italy per salari che si aggirano tra i 5 e i 6 euro orari. Un viaggio nel passato che non passa, che e’ presente e futuro per generazioni schiacciate dal peso della disoccupazione e della sottoccupazione, costrette a obbedire a condizioni lavorative paragonabili a quelle delle prime industrie tessili inglesi.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858138878
http://www.leparoleelecose.it/?p=37065
https://www.pandorarivista.it/articoli/basta-salari-da-fame-marta-fana-simone-fana/

Capitalismo/Salmon

Christian Salmon – Fake. Come la politica mondiale ha divorato se stessa – Laterza (2020)

Agli inizi degli anni Ottanta la rivoluzione neoliberale scatenata da Margaret Thatcher nel Regno Unito e da Ronald Reagan negli Stati Uniti costitui’ l’ultimo grande racconto “politico” del Novecento.
Adottata dalle classi dirigenti occidentali, ispiro’ le politiche applicate per diversi decenni in Europa e negli Stati Uniti.
Dal 2008 questo grande racconto non riesce piu’ ad illudere, e i governanti sono condannati a gestire e a tenere sotto controllo un’opinione pubblica ribelle e resa consapevole dagli effetti concreti della crisi finanziaria.
La deregulation del mondo, di cui quella finanziaria non e’ che un elemento, ha un suo prolungamento nel discredito delle istituzioni politiche. In risposta ai problemi che si moltiplicano in tutti i campi – terrorismo e mobilitazione antiterroristica, catastrofe climatica, crisi migratoria, crisi del modello della sovranita’ statale, rivoluzione digitale e comparsa di nuovi attori non statali con i GAFAM [Google, Apple, Facebook, Amazon, Microsoft] – si consolida uno storytelling della sfiducia e del discredito.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2371:christian-salmon-fake-come-la-politica-mondiale-ha-divorato-se-stessa&catid=40:primopiano
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/fake-di-christian-salmon/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139653

Geoeconomia/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

Nell’agosto del 1971 il governo americano dichiaro’ la fine della convertibilita’ del dollaro in oro e inauguro’ un’era della politica e dell’economia mondiale destinata a durare fino ai nostri giorni.
La resurrezione del capitalismo finanziario sotto l’egida del dollaro e della potenza americana […] e’ in buona parte dovuta alla fine di Bretton Woods e del gold dollar standard in favore della nascita di un sistema fondato unicamente sul dollaro, il dollar standard attuale.
Essendo fondato sul fiat money prodotto dalla Federal Reserve, imposto al resto del mondo tramite l’acquisto piu’ o meno forzato di buoni del Tesoro Usa, i T-bond, e garantito da null’altro che dalla potenza americana, questo sistema e’ stato chiamato «Us Treasury standard» […]
La fine della convertibilita’ del dollaro in oro concentrava nelle mani di un unico paese la politica monetaria mondiale, e lo rendeva percio’ arbitro del destino economico delle altre realta’.
O meglio, consentiva agli Stati Uniti di confiscare il denaro delle altre nazioni, attraverso il potere di signoraggio sul dollaro e la manipolazione del suo valore.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Lavoro/Harvey

David Harvey – L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza – Feltrinelli (2011)

Bisogna riconoscere che i capitalisti impiegano abilmente un’ampia gamma di tattiche nel processo lavorativo; e’ in questo ambito, in modo particolare, che fanno leva sul potere delle differenze sociali a proprio esclusivo vantaggio.
Le questioni di genere spesso assumono un ruolo di primo piano nei luoghi di produzione, al pari di quelle di etnia, religione, colore della pelle e persino di orientamento sessuale.
Negli sweatshop dei cosiddetti paesi in via di sviluppo l’onere dello sfruttamento capitalistico ricade sulle spalle delle donne; i loro talenti e le loro capacita’ vengono utilizzati fino allo stremo, in condizioni spesso assimilabili a una dominazione patriarcale.
Se cio’ accade e’ perche’, nel tentativo disperato di esercitare e mantenere il controllo sul processo lavorativo, il capitalista deve approfittare di ogni relazione di differenza sociale, di ogni distinzione all’interno della divisione sociale del lavoro, di
ogni consuetudine o preferenza culturale particolare, sia per impedire che i lavoratori, trovandosi inevitabilmente in una posizione comune nel luogo di lavoro, si aggreghino in un movimento di solidarieta’ sociale, sia per mantenere una forza-lavoro frammentata e divisa […]
Recatevi in un qualsiasi luogo di lavoro – come un ospedale o un ristorante – e osservate il genere, il colore e l’etnia di coloro che svolgono le diverse mansioni; vedrete cosi’ come le relazioni di potere nel processo lavorativo collettivo sono
distribuite tra i diversi gruppi sociali. La resistenza al cambiamento di questi rapporti sociali e’ ascrivibile tanto alle tattiche del capitale quanto al carattere conservatore dei rapporti sociali stessi e al desiderio dei diversi gruppi di difendere i loro piccoli privilegi (incluso persino l’accesso ai lavori mal pagati.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2012/05/recensione-david-harvey-l%E2%80%99enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-feltrinelli/
http://contropiano.org/contropianoorg/aerosol/vetrina-pubblicazioni/2011/07/05/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-02315
http://www.millepiani.org/recensioni/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza

Finanziarizzazione/Formenti

Carlo Formenti – Utopie letali – Jaca Book (2013)

Analizzando le politiche economiche condotte da tutti i governi occidentali negli ultimi decenni, se ne ricava un’impressione di incredibile uniformita’, a partire dai continui sgravi fiscali per i ricchi, motivati dal fatto che, in questo modo, si sarebbero promossi gli investimenti e, di conseguenza, sarebbero aumentati i livelli di occupazione e i redditi […]
I capitali «liberati» dagli sgravi fiscali [pero’] non venivano reinvestiti in attivita’ produttive ma alimentavano solo le speculazioni finanziarie.
Passiamo a un secondo Leitmotiv delle politiche liberiste, vale a dire le massicce privatizzazioni di beni comuni e servizi pubblici: restituire la produzione di servizi sociali al mercato, si sostiene, significa sottoporli alle leggi della concorrenza, contribuendo a migliorarne la qualita’ e ridurne i costi, ma soprattutto significa ridurre la spesa pubblica combattendo sprechi e inefficienze.
La realta’ ha al contrario dimostrato che a migliorare sono solo i profitti privati, mentre i costi aumentano e la qualita’ dei servizi peggiora.

Info:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-prefazione-a-utopie-letali-di-carlo-formenti/
http://www.inchiestaonline.it/libri-e-librerie/valerio-romitelli-le-utopie-letali-che-si-aggirano-per-il-mondo-secondo-carlo-formenti/
http://www.inchiestaonline.it/libri-e-librerie/valerio-romitelli-le-utopie-letali-che-si-aggirano-per-il-mondo-secondo-carlo-formenti/