Populismo/Magatti

Mauro Magatti – Cambio di paradigma. Uscire dalla crisi pensando il futuro – Feltrinelli (2017)

Cio’ che accomuna Le Pen, Trump o Wilders e’ il richiamo a un’appartenenza politica di matrice nazionalistica, con venature etniche, a cui ci si appella per porre un limite alle istanze della globalizzazione che ha predicato un cosmopolitismo astratto.
Istanze che non si limitano alla sola dimensione economica, ma investono anche altri aspetti basilari della vita – come i rapporti tra culture e religioni diverse, l’identita’ di genere, le forme della riproduzione della vita – spesso affrontati con una superficialita’ disarmante.
Di fronte a cambiamenti tanto profondi quanto incerti, la risposta viene cercata nell’appello all’identita’ o alla tradizione. E per cercare di trovare un punto di appoggio per fondare un limite di fronte a cio’ che sembra perdersi nell’illimitato – e cosi’ tentare di immaginare una nuova sintesi per tornare a sentirsi uniti – risulta piu’ facile richiamarsi alla nazione, cioe’ a un mito originario che alla fine si basa sulla classica contrapposizione amico-nemico, che non sforzarsi di chiarire come fare per ricostruire lo stato e le forme della convivenza civile.
E’ questo stato d’animo che spiega come mai gran parte dell’opinione pubblica sia cosi’ fatalmente attratta dalle sirene della democrazia illiberale.
La cosa non dovrebbe sorprenderci. Nei momenti di caos e di anomia, la trappola della “servitu’ volontaria” – descritta gia’ nel 1576 da Etienne de La Boetie come quella condizione 
nella quale alla liberta’ si preferisce la sottomissione a un potere che, nel nome dell’unita’ e dell’ordine, diventa col tempo tirannico – e’ sempre pronta a scattare, catturando ampi strati di elettorato stanchi e sfiduciati.
E’ perche’ spira questo vento che, come gia’ in altri momenti storici del passato, la sicurezza tende a diventare il tema che detta l’agenda politica.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/cambio-di-paradigma/
http://www.culturaesviluppo.it/wordpress/wp-content/uploads/2018/01/Magatti.pdf
https://www.corriere.it/cultura/17_ottobre_13/magatti-mauro-sociologo-insicurezza-risentimento-nuovo-paradigma-societa-feltrinelli-23fb8884-b044-11e7-9acf-3e6278e701f3.shtml?refresh_ce-cp

Geoeconomia/Milanovic

Branko Milanovic – Capitalismo contro capitalismo.La sfida che decidera’ il nostro futuro – Laterza (2020)

Ruolo che gli Stati Uniti e la Cina svolgono in qualita’ di protagonisti rispettivamente del capitalismo liberale e di quello politico.
A livello piu’ astratto, dovremmo considerare i vantaggi dei due tipi di capitalismo indipendentemente dai loro principali promotori.
Il vantaggio del capitalismo liberale risiede nel suo sistema politico di democrazia.
Molte persone (ma non tutte) considerano la democrazia un «bene primario» di per se’ desiderabile e che pertanto non ha bisogno di essere giustificato sulla base, per esempio, dei suoi effetti sulla crescita economica o sull’aspettativa di vita. Questo e’ un vantaggio. Ma la democrazia presenta anche un vantaggio strumentale. Richiedendo una consultazione costante della popolazione, fornisce anche un potente correttivo alle tendenze economiche e sociali che possono rivelarsi dannose per il benessere della popolazione […]
A fronte di questi vantaggi del capitalismo liberale, il capitalismo politico promette una gestione molto piu’ efficiente dell’economia e tassi di crescita piu’ elevati. Non e’ cosa da poco, soprattutto se livelli di reddito elevati e ricchezza sono considerati gli obiettivi ultimi in una classifica non solo ideologicamente radicata nell’idea stessa di capitalismo globale, ma espressa anche quotidianamente nelle azioni di quasi tutti i partecipanti alla globalizzazione economica (ossia praticamente tutto il globo) […]
L’esperienza di tutti i giorni sembra dimostrare che molte persone sono disposte a barattare quote del processo decisionale democratico in cambio di un reddito maggiore […]
E’ su queste basi che il capitalismo politico afferma la propria superiorita’.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135846
https://www.doppiozero.com/materiali/branko-milanovic-capitalismo-contro-capitalismo
https://sbilanciamoci.info/branko-milanovic-capitalismo-contro-capitalismo/

Europa/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Riscrivere l’economia europea. Le regole per il futuro dell’Unione – il Saggiatore (2020)

Per aiutare le banche a superare la fase calda della crisi finanziaria, sono state elargite alle banche commerciali centinaia di miliardi di euro: e’ stato il piu’ gigantesco programma di aiuti di Stato al settore privato mai attuato in Europa.
Gran parte di questo denaro e’ stata erogata proprio dalla Bce, sotto forma di prestiti a tassi inferiori a quelli di mercato, erogati senza alcuna decisione dei governi eletti, e nemmeno dei leader Ue.
Nessun programma di assistenza sociale mai realizzato per alleviare le sofferenze dei comuni cittadini puo’ reggere anche solo lontanamente il confronto, per dimensioni, con questo programma.
La Bce e’ arrivata addirittura ad acquistare titoli di grandi aziende, tedesche e non solo, penalizzando in tal modo le piccole e medie imprese, che hanno un ruolo cruciale in paesi periferici come la Grecia e il Portogallo.
Forse gli esempi piu’ inquietanti dell’operato della Bce durante la crisi sono quelli in cui la banca si e’ avvalsa della propria posizione (di potere) per imporre cambiamenti di politiche che esulavano totalmente dal suo mandato di politica monetaria.
Essendo la Bce isolata per legge dal controllo politico democratico, sarebbe stato lecito attendersi che essa, nell’esercitare la propria influenza, restasse rigorosamente nell’ambito della politica monetaria: ma i suoi responsabili non si sono minimamente sognati di attenersi a questo vincolo. Per esempio, la Bce ha fatto pressione sull’Irlanda affinche’ la ristrutturazione finanziaria varata nel 2010 non comportasse perdite per gli obbligazionisti delle banche: lo Stato irlandese ha addossato cosi’ ai propri contribuenti costi che avrebbero dovuto essere sopportati da debitori e obbligazionisti delle banche. Analogamente, nel 2011 la Bce ha preteso dalla Spagna, in cambio dell’aiuto finanziario fornito, un elenco dettagliato di misure di riduzione salariale e liberalizzazione. E nel 2015 ha insistito con la Grecia affinche’ si impegnasse a perseguire un forte avanzo di bilancio, sebbene il Fmi dichiarasse urgentemente necessaria una ristrutturazione del debito greco.
Durante la crisi la Bce, come si e’ visto bene nel caso della Grecia, ha esercitato un potere enorme per imporre le richieste della cosiddetta troika di cui essa stessa faceva parte (insieme alla Commissione europea e al Fmi). Nell’ambito dei suoi poteri, la Bce era in grado di paralizzare il sistema finanziario, e non ha esitato a farlo, costringendo la Grecia nell’estate del 2015 (al culmine dello scontro tra la troika e il governo Tsipras) a limitare fortemente i prelievi di contante dalle banche.
Particolarmente preoccupante e’ che ad avvalersi di queste forme di pressione sia stata un’istituzione soggetta a scarso controllo politico, culturalmente vicina al settore finanziario e con un mandato e una governance su cui gia’ da piu’ parti erano stati sollevati dubbi.

Info:
https://www.linkiesta.it/2020/05/nobel-stigliz-come-riscrivere-economia-europea/
http://temi.repubblica.it/micromega-online/al-capezzale-dell-europa/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/riscrivere-leconomia-europea/

Stato/Canfora

Luciano Canfora, Gustavo Zagrebelsky – La maschera democratica dell’oligarchia – Laterza (2015)

«Fallimento dello Stato». Si tratta di un concetto che gli studiosi di diritto costituzionale, o di problemi dello Stato, non avevano mai incontrato nel loro percorso.
Oggi gli Stati possono fallire. E perche’ possono fallire?
Perche’ il sistema del loro indebitamento, il mantenimento di questo sistema, dipendono dalla disponibilita’ ad investire sul suo debito, e questa disponibilita’ e’ incoercibile e non surrogabile per mezzo di strumenti monetari.
Lo Stato ha perso la sovranita’ su questo punto.
Il motivo per cui le politiche economiche 
dei paesi sono determinate dall’esterno sta qui.
Cio’ ha fatto perdere sovranita’ ai nostri Stati, e non a favore di istituzioni pubbliche sovranazionali, bensi’ a favore di centri di potere finanziari dislocati fuori, oltre gli Stati, e che degli Stati fanno a meno.
Cosi’ si e’ creato lo scollamento tra la dimensione del potere politico e la dimensione dei problemi che il potere politico deve affrontare.

Info:
http://www.nuovomille.it/cultura-e-societa/la-maschera-democratica-delloligarchia
https://www.gruppolaico.it/2015/09/16/la-maschera-democratica-delloligarchia/
http://tempofertile.blogspot.com/2015/03/luciano-canfora-gustavo-zagrebelsky-la.html

Capitalismo/D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

Nel 2015 le fondazioni [umanitarie] erano ben 86.203 e il loro patrimonio complessivo ammontava a 890 miliardi di dollari, le loro elargizioni annue a 62,7 miliardi e le donazioni ricevute a 53,1 miliardi.
Sono enormi masse di denaro che, convogliate in specifiche direzioni, possono deviare il corso della storia […]
Quel che piu’ disturba nei bene-fattori e’ che sono loro a definire cio’ che e’ bene. Perche’ loro sono, come diceva Carnegie, assolutamente certi di “fare meglio per i bisognosi di quanto loro vorrebbero o potrebbero fare per se stessi”.
E il criterio dei “benefattori” e’ insindacabile, non soggetto a nessuna verifica. Non certo quella delle urne: non a caso, a causa della pervasiva azione della sua fondazione nel campo dell’educazione, Bill Gates e’ stato definito il “ministro ufficioso dell’Istruzione degli Stati Uniti”. E nemmeno devono rispondere a qualcuno le fondazioni, a meno che la loro azione non sia penalmente perseguibile. “Se un progetto fallisce, cittadini e regioni ne soffriranno, ma i benefattori passeranno semplicemente al loro progetto successivo.”
Ma quel che rende le fondazioni una vera e propria “mostruosita’” concettuale e’ che esse si appellano a una concezione privatistica del bene comune, si fondano sull’idea liberistica dell’efficienza privata del mercato in quanto luogo della concorrenza, ma in realta’ non sono soggette a nessun regime di concorrenza […]
Oggi i Bill Gates e i Warren Buffett sono oggetto non solo di ammirazione, ma anche di civica, docile gratitudine.
Le fondazioni sono ormai un elemento familiare del nostro paesaggio, non costituiscono piu’ “scandalo” e non stupisce piu’ che questi enti “caritatevoli” si dedichino ad attivita’ lucrative in regime esentasse, e’ normale che accumulino patrimoni sempre crescenti e sempre esenti, potenzialmente per tutte le generazioni a venire.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2020/11/recensione-marco-deramo-dominio/
https://www.internazionale.it/opinione/giuliano-milani/2020/11/10/marco-d-eramo-dominio
https://sbilanciamoci.info/i-meccanismi-del-dominio/
https://www.sinistrainrete.info/societa/17891-marco-d-eramo-la-bolla-dell-overtourism-si-e-sgonfiata-ma-tornera-presto-a-crescere.html

Lavoro/Fisher

Mark Fisher – Realismo capitalista – Produzioni Nero (2018)

Chiamati a mediare tra la soggettivita’ post-alfabetizzata del consumatore tardo capitalista e le richieste del regime disciplinare (esami da superare e cosi’ via), gli insegnanti sono stati a loro volta sottoposti a una pressione incredibile; e questo e’ solo uno dei modi attraverso cui l’istruzione, lungi dall’essere quella torre d’avorio al riparo dal mondo reale, si trasforma in motore per la riproduzione della realta’ sociale, scontrandosi direttamente con le contraddizioni della societa’ capitalista.
Gli insegnanti si ritrovano intrappolati tra il ruolo di facilitatori-intrattenitori e quello di disciplinatori autoritari: vorrebbero aiutare gli studenti a passare gli esami, ma gli viene anche chiesto di incarnare l’autorita’, di imporre dei doveri.
Dal punto di vista degli studenti, l’identificazione degli insegnanti come figure autoritarie esaspera il problema della «noia», se non altro perche’ qualsiasi prodotto dell’autorita’ e’ noioso a priori.
Ironicamente, dagli insegnanti si esige piu’ che mai una funzione di disciplinatori nello stesso esatto momento in cui le strutture disciplinari sono andate in crisi; mentre le famiglie cedono alle pressioni di un capitalismo che obbliga entrambi i genitori a lavorare, agli insegnanti viene chiesto di comportarsi come surrogati dell’istituzione familiare: sono loro che devono instillare negli studenti i protocolli comportamentali base, sono loro che devono provvedere alla guida e al sostegno emotivo di quegli adolescenti che, in non pochi casi, ancora non sanno come socializzare.

Info:
https://open.luiss.it/2018/08/09/prigionieri-della-realta-che-cose-il-realismo-capitalista-secondo-mark-fisher/
https://www.iltascabile.com/recensioni/realismo-capitalista-fisher/
https://www.glistatigenerali.com/filosofia/il-realismo-capitalista-mark-fisher/

Societa’/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

In tutte le democrazie elettorali occidentali il sistema politico si configurava come un conflitto tra sinistra e destra di tipo classista, incentrato sul problema della redistribuzione.
I partiti socialdemocratici (intesi in senso ampio: dunque, il partito democratico negli Stati Uniti e le varie coalizioni di partiti socialdemocratici, laburisti, socialisti e comunisti in Europa) venivano votati dagli elettori socialmente piu’ svantaggiati, mentre i partiti di destra e di centrodestra (quali il partito repubblicano degli Stati Uniti e le varie coalizioni di partiti cristiano-democratici, conservatori e liberal-conservatori in Europa) raccoglievano i suffragi degli elettori socialmente piu’ avvantaggiati […]
Nel corso dell’ultimo mezzo secolo, in tutti i paesi analizzati il sistema politico sopra descritto si e’ progressivamente logorato. I nomi dei partiti in qualche caso sono rimasti gli stessi (cosi’ e’ accaduto negli Stati Uniti per i partiti democratico e repubblicano, evidentemente ritenuti inossidabili nonostante i numerosi cambi di identita’); in altri casi, si e’ avuto un accelerato rinnovamento delle sigle, come e’ avvenuto in Francia e in Italia negli ultimi decenni. Ad ogni modo, che il nome dei partiti sia rimasto lo stesso o meno, la struttura del conflitto politico nelle democrazie elettorali occidentali tra il 1990 e il 2020 non e’ confrontabile con quella del periodo 1950-1980. Nel dopoguerra, in tutti i paesi analizzati, la sinistra elettorale era il partito dei lavoratori; negli ultimi decenni e’ invece diventata – un po’ dovunque – il partito dei laureati, che raccoglie consensi tanto maggiori quanto piu’ e’ elevato il titolo di studio degli elettori; in questo modo, gli elettori meno istruiti – che
pure hanno ridotto di molto la loro partecipazione alle urne – hanno progressivamente smesso di votare a sinistra, determinando cosi’ un completo ribaltamento dell’effetto istruzione sul voto.
E quando si verifica un cambiamento cosi’ radicale, in tanti paesi diversi e con una dinamica che dura da piu’ di sei decenni, non puo’ trattarsi soltanto di un abbaglio […]
La disaffezione delle classi popolari si spiegano con il fatto che partiti e movimenti politici non hanno saputo rinnovare la propria piattaforma ideologica e programmatica in modo da adeguarla alle nuove sfide socioeconomiche emerse nel corso dell’ultimo mezzo secolo, riconducibili soprattutto alla diffusione dell’istruzione e alla globalizzazione economica.
Con l’accesso senza precedenti all’istruzione universitaria, la sinistra elettorale e’ diventata il partito dei laureati e di chi ha avuto successo negli studi (la “sinistra intellettuale benestante”), mentre la destra elettorale ha continuato a essere votata – anche se meno di un tempo – da chi possiede redditi e patrimoni elevati (la “destra mercantile”). In questo modo, le due compagini che si sono alternate al governo hanno iniziato ad adottare politiche sociali e fiscali non troppo dissimili.
Inoltre, con lo sviluppo di scambi commerciali, finanziari e culturali su scala globale, tutti i paesi sono stati condizionati da una concorrenza sociale e fiscale sempre piu’ agguerrita, a tutto vantaggio dei gruppi che dispongono del capitale umano, di competenze e/o finanziario piu’ elevato e strutturato. Per contro, i partiti socialdemocratici non hanno mai messo a punto un programma di redistribuzione che andasse al di la’ dei rispettivi confini nazionali. In un certo senso, non hanno mai tenuto conto della preoccupazione espressa da Hannah Arendt quando, nel 1951, osservava che la regolamentazione delle forze incontrollate dell’economia globale sarebbe stata possibile soltanto a patto di sviluppare nuove forme politiche transnazionali.
Invece, a partire dagli anni ottanta-novanta del secolo scorso, i partiti socialdemocratici hanno fortemente contribuito a promuovere la liberalizzazione dei flussi di capitale, senza scambio di informazioni e nella totale assenza di norme e tasse comuni (nemmeno tra Stati membri dell’Unione Europea).

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Populismo/Ardeni

Pier Giorgio Ardeni – Le radici del populismo. Disuguaglianze e consenso elettorale in Italia – Laterza (2020)

Il populismo puo’ essere definito, alternativamente, come ideologia, come stile discorsivo e come forma di mobilitazione politica […]
La definizione di populismo come ideologia e’ stata data dallo studioso olandese Cas Mudde in una serie di studi incentrati principalmente sui partiti populisti europei di destra (Mudde, 2004, 2007): «Un’ideologia centrata su un corpus “esile” che, in definitiva, considera la societa’ come separata in due gruppi omogenei e antagonisti, il “popolo puro” contro “l’elite corrotta”, e che sostiene che la politica dovrebbe essere un’espressione della volonte generale del popolo» […]
In alternativa alla definizione di esso come ideologia, si e’ sviluppato un approccio che definisce il populismo come uno stile discorsivo, a partire dal contributo di Margaret Canovan (1981).
Canovan ha elencato una tipologia comprensiva dei movimenti populisti osservando che tutti mostrano due caratteristiche principali: un’esaltazione del popolo e una posizione antielitaria, che esprime sfiducia nei confronti dei politici professionisti e della politica basata sulla competizione ideologica […]
In questo senso, esso e’ trans-ideologico, essendo piuttosto un registro discorsivo con una vocazione egemonica, una retorica che vede la politica come la lotta morale ed etica tra il popolo e l’oligarchia (l’elite). Lo si concettualizza, quindi, come un discorso manicheo che assegna una dimensione morale binaria ai conflitti politici, come fanno coloro che affermano di parlare a nome della maggioranza delle persone.
Infine, in contrapposizione agli approcci ideazionale e discorsivo, alcuni studiosi hanno sostenuto che il populismo non sia altro che una modalita’ di strategia politica, un registro demagogico caratterizzante taluni programmi politici per accattivare consensi, particolarmente dei ceti piu’ esposti, adottato a destra come a sinistra.
Politiche populiste sono quelle che puntano, ad esempio, alla redistribuzione economica per le classi piu’ colpite dalla crisi e alla nazionalizzazione delle risorse naturali: la mobilitazione populista, in questi casi, fa leva su appelli anti-establishment e anti-sistema, perche’ contrari a quegli obiettivi a favore del popolo.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858141779
https://www.letture.org/le-radici-del-populismo-disuguaglianze-e-consenso-elettorale-in-italia-pier-giorgio-ardeni

Geoeconomia/Mason

Paul Mason – Il futuro migliore. In difesa dell’essere umano – il Saggiatore (2019)

Alcune domande inquietanti.
Primo: se una democrazia liberista di successo come gli Stati Uniti e’ in grado di produrre un Trump, non e’ il segnale che oggi siamo messi peggio che negli anni trenta?
Hitler e Stalin erano i prodotti di economie controllate dallo Stato e colpite dalla crisi; governavano popolazioni sottomesse e scarsamente istruite, che erano state addestrate a obbedire ai loro superiori da generazioni di lavoro in fabbrica e leva militare […]
Al contrario, l’America di inizio XXI secolo e’ una societa’ piena di gente istruita e con una tradizione democratica ininterrotta che risale fino al 1776 […]
Secondo: nel loro tentativo di offuscare la distinzione tra verita’ e menzogne, i dittatori degli anni trenta erano enormemente aiutati dal monopolio assoluto che detenevano sull’informazione, anzi, per meglio dire, sulla disinformazione: l’elite controllava la stampa e lo Stato controllava le stazioni radio. Perfino il possesso di una macchina da scrivere era soggetto a rigorosi controlli, sia nel Terzo Reich che nell’Unione Sovietica.
Oggi non esiste un simile monopolio sull’informazione: e allora come mai tantissime persone hanno abboccato alla strategia delle fake news?
Terzo: Hitler fu distrutto da Stalin.
L’intero universo postbellico in cui la Arendt, Orwell, Koestler e Levi scrissero le loro analisi sul totalitarismo fu creato dalla vittoria di uno Stato totalitario su un altro.
Se oggi l’Occidente e’ minacciato da un rinnovato impulso totalitario, dov’e’ la forza esterna in grado di distruggerlo, come fecero gli eserciti alleati e sovietici nel 1944-1945? Ci siamo solo noi.

Info:
https://www.ilsaggiatore.com/libro/il-futuro-migliore/
https://ilmanifesto.it/la-rivolta-dei-fiocchi-di-neve/
https://www.pulplibri.it/manifesto-ottimista-per-ripartire-oggi/

Economia di mercato/Harvey

David Harvey . L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza – Feltrinelli (2011)

La “globalizzazione” e’ stata agevolata anche da una profonda riorganizzazione del sistema dei trasporti, che ha ridotto i costi della movimentazione delle merci.
La containerizzazione, un’innovazione vitale, ha permesso di assemblare parti e componenti fabbricati in Brasile per produrre auto “made in Detroit”.
I nuovi sistemi di comunicazione hanno consentito di organizzare in maniera efficiente la catena di produzione delle merci nello spazio globale (le imitazioni delle griffe parigine, prodotte negli sweatshops di Hong Kong, potevano essere inviate quasi immediatamente a Manhattan).
Le barriere artificiali al commercio, come i dazi e i contingenti di importazione, sono state gradualmente ridotte.
Soprattutto, e’ stata creata una nuova architettura finanziaria per favorire il flusso internazionale di capitale liquido verso le destinazioni dove poteva essere impiegato nella maniera piu’ redditizia.
La deregolamentazione della finanza, cominciata alla fine degli anni settanta, ha accelerato dopo il 1986 ed e’ diventata inarrestabile negli anni novanta.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2012/05/recensione-david-harvey-l%E2%80%99enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-feltrinelli/
http://contropiano.org/contropianoorg/aerosol/vetrina-pubblicazioni/2011/07/05/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-02315
http://www.millepiani.org/recensioni/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza