Geoeconomia/Armao

Capitalismo di sangue. A chi conviene la guerra – Fabio Armao – Laterza (2024)

La guerra sul campo sta dimostrando in maniera inequivocabile che Vladimir Putin sta portando a livelli mai visti la linea tendenziale di sviluppo emersa nel corso dei precedenti conflitti del post-Guerra fredda, e che prevede la distruzione sistematica della polis: della citta’ come struttura urbanistica e come modello di socialita’.
Non e’ un caso che Mosul e Falluja siano assurte a epitomi della guerra in Iraq, Raqqa di quella in Siria, Tripoli e Tobruk del conflitto in Libia, Sana’a di quello in Yemen […]
L’accanimento col quale le forze armate russe si stanno dedicando, su ogni fronte, alla distruzione delle citta’ ucraine […] sia quello di annientare cio’ che la citta’ rappresenta: bombardare Sarajevo o Kiev non vuol dire soltanto distruggerne le infrastrutture, ma annichilire l’idea stessa di cittadinanza […]
L’ulteriore conseguenza dell’urbicidio messo in atto dalla Russia in Ucraina – come nelle altre nuove guerre ma su scala ben piu’ ampia – e’ la proliferazione del mercato nero in ogni settore dell’economia: dal rifornimento dei beni essenziali, al traffico dei migranti, oltre che delle armi; in grado di garantire una crescita esponenziale dei profitti a quelli che un tempo avremmo definito «profittatori di guerra».
Ma a guadagnarci sono anche le borse, cui si offre su un piatto d’argento l’opportunita’ di speculare sull’aumento dei prezzi delle risorse energetiche o del grano.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/IL_FATTO_QUOTIDIANO_27012024.pdf
https://www.micromega.net/author/fabio-armao/ 

https://www.globalist.it/culture/2024/03/25/capitalismo-di-sangue-analisi-su-conflitti-globali-e-crisi-economica/

Europa/Piketty

Il socialismo del futuro. Cronache – Thomas Piketty – Baldini+Castoldi (2024)


L’Eurozona ha bisogno di una governance economica: un bilancio comune, imposte comuni, una capacita’ di spesa e d’investimento, una strategia di crescita, un modello di sviluppo equo e duraturo.
Ma perche’ tutto cio’ sia un giorno possibile, deve soprattutto dotarsi di istituzioni democratiche tali da consentirle di prendere decisioni in comune. Non serve a niente parlare di governance dell’Eurozona se non si dice davanti a quale istanza democratica il governo sara’ responsabile. Attualmente, l’organo decisionale principale a livello europeo e’ il Consiglio dei Ministri delle Finanze. Il problema e’ che questo Consiglio e’ il piu’ delle volte incapace di prendere delle decisioni […]
Il problema risiede nella struttura stessa del Consiglio dei Ministri delle Finanze, che e’ una macchina per indirizzare gli interessi nazionali (o erroneamente percepiti come tali) gli uni contro gli altri e per determinare cosi’ uno stato d’inerzia.
Nella misura in cui una sola persona rappresenta un Paese di 80 (la Germania) o di 65 milioni di abitanti (la Francia), e’ quasi impossibile che questa persona accetti serenamente di essere messa in minoranza. E cio’ impedisce qualunque decisione maggioritaria concordata – nonche’ ogni deliberazione pubblica.
Il Consiglio dei Ministri delle Finanze va dunque sostituito con una vera assemblea parlamentare dell’Eurozona, nella quale ciascun Paese sia rappresentato da un certo numero di deputati eletti dai rispettivi parlamenti nazionali, in proporzione alla popolazione e dei differenti gruppi politici […]
Una soluzione alternativa sarebbe quella di fondarsi su una sottoformazione del Parlamento europeo.
[…] Sembra nettamente preferibile posporre l’assemblea parlamentare dell’Eurozona ai parlamenti nazionali: da un lato, perche’ questi dispongono della legittimita’ democratica necessaria per chiamare a collaborare i contribuenti nazionali; dall’altro, perche’ e’ essenziale, per un’innovazione democratica tanto importante, stabilire l’esistenza di un nocciolo duro meglio integrato dell’Unione Europea nel suo insieme, di un nucleo che disponga di istituzioni sue proprie.

Info:
https://www.linkiesta.it/2023/05/thomas-piketty-ezra-klein-socialismo-partecipativo/
https://riccardosorrentino.blog.ilsole24ore.com/2021/08/27/piketty-un-sovranista-illiberale-sinistra/?refresh_ce=1

https://www.pandorarivista.it/articoli/capitale-e-ideologia-di-thomas-piketty/
https://www.micromega.net/piketty-stiglitz-capitalismo-socialismo
https://www.rivistailmulino.it/a/un-futuro-per-la-socialdemocrazia

https://lespresso.it/c/idee/2020/11/1/piketty-per-salvare-il-futuro-diamo-a-tutti-i-giovani-uneredita-di-cittadinanza/45519

Economia di mercato/Volpi

I padroni del mondo – Alessandro Volpi – Laterza (2024)


E’ interessante a questo riguardo chiarire come fa [Amazon], un colosso di simili dimensioni, a non pagare, praticamente, imposte.
La risposta e’ rintracciabile in uno schema fiscale che, apparentemente, e’ molto semplice. Esiste una societa’ di diritto lussemburghese, la Amazon Europe Holding Technologies Scs (Aeht), che ha il diritto legale di utilizzare la proprieta’ intellettuale di Amazon al di fuori dei confini degli Stati Uniti.
Dal momento che si tratta di una realta’ giuridica prevista dall’ordinamento del Lussemburgo, denominata “non-resident partnership”, qualsiasi somma ricevuta da altre societa’ del gruppo Amazon in cambio del diritto di utilizzare tale proprieta’ intellettuale e’ esente da imposte in Lussemburgo.
Esiste poi una seconda societa’, Amazon Eu Sarl, che gestisce le attivita’ europee di Amazon e che paga alla Aeht centinaia di milioni di euro in “diritti di autore” per la proprieta’ intellettuale di intangibles sfruttati dalle societa’ operative. Il costo dei canoni e’ deducibile dal reddito e va ad abbassare il reddito imponibile di questa societa’, e quindi la sua tassazione effettiva, che di fatto, per effetto delle perdite dovute ai pagamenti, non esiste.
Il passaggio finale della strategia prevede il trasferimento dei canoni da Aeht alla societa’ statunitense di Amazon, per le commissioni legate al diritto di concedere in licenza tale proprieta’ intellettuale in Europa. In altre parole, un paese europeo permette che esista una societa’ a cui vengono versati miliardi di euro senza che paghi imposte e che un’altra societa’, quella “reale”, gli versi miliardi di euro in canoni per abbattere artificialmente i propri profitti e quindi non pagare imposte. In pratica uno dei piu’ grandi monopolisti del mondo opera nell’Unione Europea senza versare un euro grazie alle regole di un paese europeo.

Info:
https://www.thedotcultura.it/alessandro-volpi-ecco-chi-sono-i-padroni-del-mondo/
https://valori.it/fondi-padroni-mondo-libro-alessandro-volpi/

https://altreconomia.it/chi-controlla-i-padroni-del-mondo/
https://sbilanciamoci.info/i-fondi-dinvestimento-padroni-del-mondo/

Capitalismo/Volpi

I padroni del mondo – Alessandro Volpi – Laterza (2024)

Le principali banche italiane hanno registrato utili nel 2023 per 43 miliardi di euro, con un incremento del 70% sull’anno precedente, quando gia’ avevano raggiunto il risultato ultrapositivo di 25,4 miliardi di euro.
La riflessione semplice e’ questa: ma come e’ possibile che in un paese in cui il Pil fatica ad arrivare ad una crescita dell’1%, dove i salari hanno perso dal 10 al 20% del proprio potere d’acquisto e dove i consumi stagnano, le banche facciano utili stellari?
La risposta e’ altrettanto semplice. I loro utili dipendono dalla differenza fra i tassi praticati sui prestiti e quelli pagati ai risparmiatori, e da una significativa riduzione del personale; in sintesi, massicci prepensionamenti.
Dunque, le banche hanno ben poco a che fare con l’economia reale.
Anche per altre due ragioni. La prima e’ costituita dalla crescente natura finanziaria del credito bancario che privilegia in maniera evidente gli acquisti di titoli finanziari, magari delle proprie azioni ed obbligazioni per remunerare meglio i propri principali azionisti, che sono i grandi fondi finanziari.
La seconda ragione e’, appunto, che gli istituti di credito, al di la’ dei proclami, hanno una tassazione che oscilla fra il 10 e il 30%, beneficiando spesso anche dei paradisi fiscali “legali”.
In breve, le banche fanno utili incredibili sui tassi di interesse, pagano profumatamente i propri super azionisti, costituiti dai fondi, e ben poco le imposte.
E versano stipendi stratosferici ai propri manager.

Info:
https://www.thedotcultura.it/alessandro-volpi-ecco-chi-sono-i-padroni-del-mondo/
https://valori.it/fondi-padroni-mondo-libro-alessandro-volpi/

https://altreconomia.it/chi-controlla-i-padroni-del-mondo/
https://sbilanciamoci.info/i-fondi-dinvestimento-padroni-del-mondo/

Stato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

I temi e i termini della «buona governance» e della «buona prassi» sono i nuovi mantra dell’azione governativa.
Le organizzazioni internazionali hanno propagato largamente le nuove norme dell’azione pubblica, soprattutto nei paesi sottosviluppati. Ad esempio, la Banca mondiale, nel suo Rapporto sullo sviluppo mondiale del 1997, ha proposto di sostituire l’espressione «Stato minimo» con «Stato efficiente». Piuttosto che incoraggiare sistematicamente la privatizzazione, si vuole vedere ora nello Stato un «regolatore» dei mercati. Lo Stato deve essere autorevole, deve concentrarsi sull’essenziale, deve essere capace di creare i quadri regolamentari indispensabili all’economia.
Secondo la Banca mondiale, lo Stato efficiente e’ uno Stato centrale forte che si pone come priorita’ un’attivita’ regolatrice che garantisca lo Stato di diritto e agevoli il mercato e il suo funzionamento.
L’OCSE non e’ stata da meno, moltiplicando a partire dalla meta’ degli anni Novanta le raccomandazioni di riforma della regolamentazione e di apertura dei servizi pubblici alla concorrenza, attraverso le attivita’ del suo settore consacrato al management pubblico.
Lo stesso si puo’ dire della Commissione europea con il suo “Libro bianco” sulla governance europea del 2001, anche se vi si confondono il funzionamento delle istituzioni e la promozione del modello imprenditoriale e concorrenziale nei servizi pubblici.
La riforma dell’amministrazione pubblica partecipa della globalizzazione delle forme dell’arte di governare. Dappertutto, quale che sia la situazione locale, sono auspicati gli stessi metodi e si utilizza un lessico uniforme (competition, process reengineering, benchmarking, best practices, performance indicators).
Tali metodi e categorie sono validi per tutti i problemi e tutte le sfere dell’azione, dalla difesa nazionale alla gestione degli ospedali passando per l’attività giudiziaria.
La riforma «generale» dello Stato secondo i principi del settore privato si presenta come ideologicamente neutra. Esso non mira che all’efficienza o, come dicono gli esperti britannici dell’auditing, al value for money, ovvero all’ottimizzazione delle risorse utilizzate.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Societa’/Wagenknecht

Contro la sinistra neoliberale – Sahra Wagen- knecht – Fazi (2022)

All’idea di una societa’ come comunita’ solidale e responsabile Thatcher contrappose la formula: «There is no such thing as society», ossia ‘La societa’ non esiste affatto […]
Dove non vi e’ societa’, non vi e’ neppure responsabilita’ nei confronti degli altri. Ne’ verso la comunita’ ne’ verso i bisognosi. Al suo posto subentra come valore centrale la responsabilita’ nei confronti di se stessi.
Il senso di comunita’ e’ superato, ormai e’ visto addirittura come dannoso. Secondo il nuovo motto, le cose vanno meglio per tutti se ciascuno pensa esclusivamente a se stesso e al proprio vantaggio.
Per giustificare questa tesi, si faceva ricorso a un’interpretazione divenuta intanto cliche’ della famosa metafora di Adam Smith secondo cui il mercato indirizzerebbe le azioni degli individui egoisti al benessere collettivo come una mano invisibile.
In questo modo, ciascuno diventava responsabile solo per se stesso, e gli obblighi di solidarieta’ sopravvivevano al massimo nei confronti della cerchia ristretta della famiglia. Al di fuori di questa esistevano soltanto le leggi del mercato, che davano agli individui liberati da qualsiasi vincolo di lealta’ un contesto in cui cooperare.
L’ordinamento giuridico doveva solo garantire che nessuno utilizzasse mezzi sleali per raggiungere i propri fini egoistici […]
L’eroe della nuova epoca era forte, egoista, di successo, pronto al rischio, mobile e flessibile. Chi si arricchiva aveva fatto tutto bene, chi crollava era responsabile del proprio declino. Dalla societa’ come progetto comunitario si passava a un’associazione di egoisti, cui era permesso tutto cio’ che la legge non vietava esplicitamente […]
Le esigenze della mobilita’ e della flessibilita’ collidevano con il bisogno di fondare una famiglia stabile, di preservare i legami con la patria e di restare radicati nel proprio paese.
Nella nuova narrazione non c’era piu’ posto neppure per la fede religiosa, il richiamo alle tradizioni, l’umanesimo borghese o il legame con la nazione.

Info:
https://www.lafionda.org/2022/06/15/recensione-di-contro-la-sinistra-neoliberale-di-sahra-wagenknecht/
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/05/wagenknecht-lespresso.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/06/wagenknecht-domenica-il-sole-24-ore.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-il-fatto-quotidiano.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/11/wagenknecht-lindice-dei-libri-del-mese.pdf
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2022/07/wagenknecht-avvenire.pdf
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-recensione_di_contro_la_sinistra_neoliberale_di_sahra_wagenknecht/39329_46608/
https://www.sinistrainrete.info/sinistra-radicale/27587-danilo-ruggieri-la-sinistra-alla-moda.html

Populismo/Serughetti

Il vento conservatore. La destra populista all’attacco della democrazia – Giorgia Serughetti – Tempi nuovi (2021)

La tendenza populista e’ a declinare la sovranita’ nazionale in termini prevalentemente culturali.
Ne e’ un esempio la politica di aperta avversione ai valori occidentali e al multiculturalismo alimentata da Vladimir Putin con lo slogan «La Russia non e’ Europa». In modo simile si muove Erdogan, con il suo richiamo identitario al passato ottomano della Turchia. Orban esalta la specificita’ culturale ungherese mentre alimenta il mito di un’Europa centro-orientale, culla di una variante piu’ tradizionalista della civilta’ occidentale. In India, Narendra Modi propaganda il nazionalismo culturale hindu. Trump ha mostrato a sua volta al mondo come lo slogan «Make America great again» abbia potuto veicolare un messaggio di grandezza destinato ai suprematisti bianchi.
Cio’ che i sovranisti al potere hanno in comune, scrive Appadurai, e’ la consapevolezza di non poter davvero controllare le economie nazionali, ormai ostaggio degli investitori stranieri, degli accordi mondiali, della finanza internazionale, del lavoro precario e del capitale in generale.
Tutti promettono una purificazione culturale nazionale come strada verso il potere politico mondiale.
Tutti simpatizzano per il capitalismo neoliberista, proponendone versioni adatte all’India, alla Turchia, agli Stati Uniti o alla Russia.
La politica dei confini solidi, della separazione e delle gerarchie tra gruppi etnico-razziali risulta infatti funzionale proprio al sistema di sfruttamento capitalistico della manodopera straniera e subalterna. Il che, come vedremo, deve indurre a dubitare della vocazione antiliberista di questa opposizione al «globalismo».

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/03/SERUGHETTI_DOMANI.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/03/SERUGHETTI_FATTO.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/2022/02/SERUGHETTI_CORSERABRESCIA.pdf
https://www.ingenere.it/letture/il-vento-conservatore
https://www.retisolidali.it/il-vento-conservatore-intervista-serughetti/
https://www.osservatore.ch/il-nuovo-vento-conservatore-e-la-destra-antidemocratica_66328.html

Lavoro/Balzano

Il salario minimo non vi salverà – Savino Balzano – Fazi 2024

Hanno raccontato a mari e monti che per creare nuove opportunita’ di lavoro fosse necessario flessibilizzare le regole, flexicurity la chiamavano, mettendo insieme flessibilità e sicurezza: «Poco importa se perdi il lavoro a causa della flessibilità», insistevano, «perche’ tanto grazie alla sicurezza sociale, ai sussidi, il reddito sara’ garantito e presto troverai un altro lavoro».
La loro promessa era semplice e chiara: la flessibilita’ avrebbe attratto capitali, rilanciato gli investimenti e il tutto avrebbe conferito vivacita’ e vitalita’ alla nostra economia.
Alcuni tra i sostenitori della flexicurity saranno anche stati in buona fede, ci avranno anche creduto: utili idioti di un disegno che aveva il solo scopo di massacrare e svendere i nostri lavoratori e le nostre lavoratrici. Altri, invece, servivano dolosamente la causa del grande capitale, della finanza, delle multinazionali […]
Il risultato e’ sotto gli occhi di tutti: gli investimenti privati non sono arrivati, sono invece crollati quelli pubblici per effetto delle politiche di austerita’, conseguentemente la sicurezza sociale e i dati sull’occupazione sono a oggi assolutamente negativi […]
Il mancato cambiamento di rotta nei decenni deve ragionevolmente indurci a concludere che la ricetta fosse tutt’altro che fallimentare e che non lo sia nemmeno oggi: semplicemente gli obiettivi non erano quelli millantati dinanzi all’opinione pubblica e la flessibilita’ non era affatto un mezzo, bensi’ il reale obiettivo, e tale resta ancora adesso. La precarieta’, nell’ambito di un ristrutturato sistema capitalistico vantaggioso per la grande impresa e la multinazionale (a scapito della nostra piccola imprenditoria che difatti avvizzisce e viene fagocitata dai colossi), era il reale traguardo che si intendeva raggiungere.

Info:
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/02/balzano-la-verita.pdf?
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/05/balzano-il-giornale.pdf?
https://www.ildiariodellavoro.it/il-salario-minimo-non-vi-salvera-di-savino-balzano-fazi-editore/

Green New Deal/Mancuso

Fitopolis, la città vivente – Stefano Mancuso – Laterza (2023)

Come in ogni altro aspetto riguardante le nostre strategie di risposta alla crisi ambientale, lo studio di come si stanno adattando gli altri esseri viventi potrebbe regalarci punti di vista illuminanti.
E allora: cosa stanno facendo tutti gli altri abitanti della nostra casa comune? Come rispondono le specie ai problemi del riscaldamento globale?
Se dovessimo dare una riposta secca, questa non potrebbe che essere: con le migrazioni […]
La nostra specie, come ogni specie, ha dei limiti ambientali all’interno dei quali puo’ sopravvivere.
Nonostante i nostri enormi progressi tecnologici, questi limiti continuano a esistere e non possono ancora essere superati. Fra questi, l’intervallo di temperatura nel quale e’ possibile la nostra sopravvivenza e’ decisivo.
Per millenni l’uomo ha potuto godere di una temperatura media annuale compresa fra circa 11 e 15 °C. All’interno di questa temperatura media, noi esseri umani, insieme alle nostre colture e al bestiame, ci siamo trovati in uno stato ottimale per la crescita e lo sviluppo. Questa nicchia di temperatura, che ha permesso all’umanità di vivere agevolmente per migliaia di anni senza che vi fosse mai alcuna variazione significativa, si sta modificando a una velocita’ mai vista prima.
Un recente studio mostra che, con uno scenario di riscaldamento globale invariato (ossia se continuiamo a non fare nulla), nei prossimi 50 anni si assistera’ a un riscaldamento tale per cui aree che oggi ospitano all’incirca un terzo della popolazione mondiale sperimenteranno temperature medie annuali superiori a 29 °C. Si tratta di valori termici al momento presenti solo nello 0,8% della superficie terrestre e concentrati principalmente nel Sahara. A questi livelli di temperatura, oltre a essere impossibile la conduzione di qualsiasi attivita’ agricola o di allevamento del bestiame, e’ spesso letteralmente impossibile sopravvivere.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/mancuso_corsera.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/Robinson_mancuso_19nov23.pdf

https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/mancuso_avvenire.pdf
https://www.pandorarivista.it/articoli/fitopolis-la-citta-vivente-di-stefano-mancuso/
https://maremosso.lafeltrinelli.it/recensioni/fitopolis-la-citta-vivente-stefano-mancuso-libro