Stato/De Benoist

Alain De Benoist – Populismo. La fine della destra e della sinistra – Arianna (2017)

I due nuovi grandi fenomeni politici sono, da un lato l’emergere della governance e dall’altro l’ascesa dei populismi.
Derivata in origine dalla corporate governance, la tematica della governance, […] tende a trasformare i governi in organismi di gestione ispirati a metodi economici e a sminuirli al rango di strumenti subordinati agli imperativi economici e, soprattutto, finanziari […]
La governance mira alla privatizzazione della societa’ sul modello del mercato. Ora, il mercato non va d’accordo con la democrazia […]
L’uso sempre piu’ ripetitivo della parola governance […], attesta «una volonta’ di rimuovere il concetto di governo, con la sua connotazione politica sinonimo di priorita’ dell’autorita’ pubblica e dell’interesse generale su cio’ che rientra nell’ambito dell’interesse privato e degli attori privati. La governance e’ la fine del politico e, con esso, della democrazia civica» […]
Il populismo e’ anzitutto il segnalatore di una crisi o di una disfunzione grave della democrazia liberale.
Il populismo appare solo quando la democrazia liberale ha dato prova dei suoi limiti, quando non riesce piu’ a rispondere alle domande sociali, quando alimenta un senso di espropriazione democratica e appare solo come una mascherata, se non addirittura un freno alle aspirazioni popolari.

Info:
https://www.anobii.com/books/Populismo/9788865881897/01e2818c0646349dc7
http://www.opinione.it/cultura/2017/09/13/teodoro-klitsche-de-la-grande_de-benoist-populismo/

Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa – Fazi (2016)

Il “miracolo” delle esportazioni tedesche non e’ tanto da imputare a una maggiore produttivita’ o efficienza del sistema tedesco, quanto piuttosto alla politica di compressione dei salari e della domanda interna perseguita dall’establishment politico-economico tedesco nei primi anni Duemila, nonche’ al fatto che gli altri paesi del continente non hanno seguito la stessa politica salariale, ma hanno invece mantenuto un livello di domanda tale da poter assorbire le esportazioni tedesche, accumulando cosi’ ampi disavanzi commerciali (anche in virtu’ di bolle speculative alimentate proprio dal settore finanziario tedesco, che hanno permesso ai consumatori di questi paesi di continuare a importare prodotti della Germania).
Da cui si evince quanto sia fallace l’idea che il “modello tedesco”, nel medio-lungo termine, possa rappresentare un modello per l’eurozona o per l’Europa nel loro complesso, poiche’ risulta evidente che esso puo’ funzionare solo se c’e’ qualcuno che si fa carico di trainare le esportazioni, stimolando la domanda interna e tollerando ampi deficit commerciali.
Eppure uno degli scopi, piu’ o meno espliciti, delle misure di austerita’ imposte ai paesi della periferia in questi anni – che non hanno agito solo sul fronte della domanda pubblica per mezzo di tagli alla spesa statale, ma anche sul fronte della domanda privata per mezzo di politiche di flessibilizzazione del lavoro e compressione/riduzione dei salari reali (-23 per cento in Grecia, -7 per cento in Spagna ecc.) –e’ stato proprio quello di imporre a tutta l’Unione, in particolare all’eurozona, un modello strettamente export-led in cui la crescita e’ trainata in primo luogo dalle esportazioni (imitando appunto il modello tedesco).

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Stato/Formenti

Carlo Formenti – La variante populista – Derive Approdi (2016)

Concentrando l’attenzione sulle «complicita’» fra
elite economiche e politiche, si corre pero’ il rischio di analizzare il fenomeno da un punto di vista morale, come se si trattasse della «corruzione» della politica da parte della finanza. […]
La convergenza fra elite non e’ semplicemente questione di interessi, ma rispecchia una visione del mondo che non si propone tanto di «eludere» leggi e regole, quanto di cambiarle radicalmente […]
Non e’ dunque questione di «tradimento» delle regole, bensi’ un lucido disegno politico che impone agli Stati di uniformarsi alle regole del diritto privato, fondando la propria legislazione sui principi della competizione economica.
In questo modo la democrazia liberale viene svuotata di ogni sostanza e i dirigenti degli stati […] non rispondono piu’ ai propri cittadini, ma «sono sottoposti al controllo della comunita’ finanziaria internazionale, di organismi specializzati, di agenzie di rating».
E ancora: «gli Stati sono considerati unita’ produttive come le altre in una vasta rete di poteri politico economici sottoposti a norme simili»

Info:
https://sinistrainrete.info/teoria/9639-alessandro-visalli-la-variante-populista-di-formenti.html
https://www.lacittafutura.it/cultura/la-variante-populista-secondo-formenti

Capitalismo/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Dopo la fine del regime di Bretton Woods nel 1971,  i paesi occidentali hanno progressivamente adottato i dettami di quello che viene chiamato neoliberismo.
Seguono la liberalizzazione dei commerci, l’eliminazione di limiti ai movimenti di capitali, l’indipendenza delle banche centrali dai governi e cosi’ via. La fine dell’aggancio con l’oro e con il dollaro, lungi dal dare ai governi maggiore liberta’ nel gestire le politiche monetarie e fiscali, costringe a trovare una nuova “ancora” per il valore della moneta […]
Il target inflazionistico, stabilito al 2 per cento, diviene il dogma di ogni banchiere centrale […]
Cosi’, per combattere l’inflazione le banche centrali aumentano i tassi di interesse. La disoccupazione che ne consegue e’ il primo tassello di un processo che negli anni Ottanta porta alla drastica riduzione del potere dei sindacati in tutto il mondo occidentale.
La conseguenza e’ che si’, l’inflazione si riduce, ma con essa anche la capacita’ dei lavoratori di conquistare salari piu’ alti per godere anch’essi dei benefici dell’accresciuta produttivita’.
Mentre quest’ultima continua a crescere, il potere d’acquisto dei lavoratori rimane indietro. Si puo’ produrre sempre di piu’, ma non si ha il denaro per comprare.
Cosa tiene quindi in piedi questo sistema? Perché semplicemente non si innesca quella che gli economisti chiamano “crisi da sottoconsumo”?
La risposta e’ che i liberisti sono sempre pronti a scendere a compromessi […]
Se i redditi da lavoro non bastano, ecco che il credito e la finanza divengono la nuova fonte di domanda autonoma.
La “new economy” e’ la nuova corsa all’oro […]
Quando la bolla delle dot.com scoppia, ecco pronto il suo sostituto, stavolta molto più tradizionale: la bolla immobiliare. Il debito privato diviene via via sempre piu’ gigantesco, anche da questa parte dell’oceano, per non parlare delle cosiddette “tigri asiatiche” e del Giappone.
Anche qui, il ruolo dello Stato e’ tutt’altro che marginale […]
Se il lavoro non e’ un diritto, se il salario non permette di accrescere il benessere familiare, allora il nuovo diritto diventa l’accesso al credito.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Europa/Zielonka

Jan Zielonka – Contro-rivoluzione. La disfatta dell’Europa Liberale – Laterza (2018)

Poiche’ la concezione liberale della societa’ e’ universale e non legata a un determinato luogo o nazione, e’ del tutto naturale per i liberali abbracciare una politica e un’economia transnazionali.
Gli ideali liberali furono dietro alla creazione delle Nazioni Unite e delle Comunita’ europee. Il libero commercio, il multilateralismo e gli scambi culturali sono fra gli strumenti primari dell’avanzamento del progetto liberale.
In poche parole, i liberali appartengono al «partito della globalizzazione» e non al «partito della territorialita’». […]
La domanda e’: chi assicurera’ l’ordine liberale in un mondo dai confini vaghi e dalla multipla interdipendenza?
La sola autorita’ pubblica transnazionale di qualche rilevanza, l’Unione europea, si trova ora in un processo di decomposizione Organizzazioni internazionali come le Nazioni Unite o la Banca mondiale difficilmente sono in grado di proteggere gli individui dai comportamenti predatorii in economia e in politica.
Esiste unautentico liberale che creda ancora che l’impero americano sia davvero un promotore della liberta’ in tutto il
mondo?
E un «impero» russo o tedesco puo’ far meglio per i rispettivi vicini europei?

Info:
https://ilmiolibro.kataweb.it/recensione/catalogo/440518/chi-ha-lasciato-senza-difese-la-democrazia/
https://www.pandorarivista.it/articoli/contro-rivoluzione-jan-zielonka/3/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858129937
http://www.atlanticoquotidiano.it/recensioni/rivoluzione-la-disfatta-delleuropa-liberale-jan-zielonka/

Stato/Zizek

Slavoj Zizek – Come un ladro in pieno giorno – Ponte alle Grazie (2019)

Le lezione più importante che dobbiamo imparare e’, dunque, che l’umanita’ dovrebbe prepararsi a vivere in un modo piu’ «plastico» e nomade: i cambiamenti globali o locali nell’ambiente potrebbero avere bisogno di inaudite trasformazioni sociali su larga scala.
Mettiamo che una nuova, gigantesca eruzione vulcanica renda tutta l’Islanda inabitabile: dove andrebbero gli islandesi?
E a quali condizioni? Verrebbe dato loro un pezzo di terra o si disperderebbero in tutte le parti del mondo?
E se invece la Siberia del Nord diventasse più ospitale e adatta all’agricoltura, mentre ampie regioni subsahariane diventassero troppo aride per una popolazione numerosa, come si potrebbe organizzare lo scambio di popolazioni?
Quando cose simili sono accadute in passato, i cambiamenti sociali sono avvenuti in modo spontaneo, con violenze e devastazioni; tale prospettiva e’ catastrofica nello scenario odierno, con le armi di distruzione di massa che abbiamo a disposizione.
Una cosa e’ certa: la sovranita’ nazionale dovra’ essere radicalmente ridefinita, e dovranno essere inventati nuovi livelli di cooperazione globale.

Info:
http://www.ansa.it/sito/notizie/cultura/unlibroalgiorno/2019/03/16/zizek-e-la-discrezione-non-oppressiva_d6041a60-8893-4969-9332-a8cd1bf07ba9.html
https://ilmanifesto.it/il-gusto-del-paradosso-e-della-liberta/

Lavoro/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa – Fazi (2016)

Recentemente e’ stato il Fondo Monetario Internazionale, nel World Economic Outlook dell’aprile 2015, a sostenere che non vi e’ alcuna evidenza circa un effetto positivo della flessibilita’ sul potenziale produttivo […]
L’analisi dell’FMI identifica nell’invecchiamento della popolazione e nella carenza di investimenti i principali fattori che spiegano il rallentamento della crescita, tanto nelle economie emergenti che in quelle avanzate.
Secondo l’FMI gli effetti delle riforme strutturali sulla produttivita’ totale dei fattori sono importanti nei casi di deregolamentazione del mercato dei beni e dei servizi, di utilizzo di nuove tecnologie e di forza lavoro piu’ qualificata, di maggiore spesa per le attivita’ di ricerca e sviluppo. Al contrario la deregolamentazione del mercato del lavoro non sembra avere effetti statisticamente significativi sulla produttivita’.
Per questo il Fondo suggerisce che nelle economie avanzate, vi e’ la necessita’ di un costante sostegno alla domanda per incoraggiare gli investimenti e la crescita del capitale e quindi l’adozione di politiche e di riforme che possono aumentare in modo permanente il livello del prodotto potenziale […].
Queste politiche dovrebbero coinvolgere le riforme del mercato dei prodotti, maggiore sostegno alla ricerca e sviluppo […] e un uso piu’ intensivo di manodopera altamente qualificata e di beni capitali derivanti dalle tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni […], più investimenti in infrastrutture per aumentare il capitale fisico e politiche fiscali e di spesa progettate per aumentare la partecipazione della forza lavoro. Insomma, l’idea che la deregolamentazione del mercato del lavoro abbia effetti espansivi non e’ meglio fondata dell’ipotesi – dimostratasi ampiamente fallimentare – che il consolidamento fiscale produca maggiore crescita del PIL.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Economia di mercato/Reich

Robert B. Reich – Come salvare il capitalismo – Fazi (2015)

Il mercato e’ una creazione umana: si basa su regole concepite da esseri umani.
La domanda chiave e’ chi plasma queste regole e perche’.
Negli ultimi trent’anni la regole sono state dettate dalle grandi corporation, da Wall Street e dai superricchi per incanalare verso di se’ un’ampia fetta del reddito e della ricchezza totali del paese.
Se costoro continueranno ad avere un’influenza spropositata su tali regole, finendo per acquisire il controllo delle attivita’ al cuore della nuova ondata di innovazioni, si impadroniranno di quasi tutta la ricchezza, quasi tutto il reddito e quasi tutto il potere politico.
Il risultato non e’ nel loro interesse, almeno quanto non e’ nell’interesse del resto della popolazione, perche’ in queste condizioni un’economia e una societa’ non possono durare[…]
Il punto non e’ quanto togliere ai ricchi tramite le tasse per ridistribuirlo a chi ricco non e’, ma come concepire le regole del mercato affinche’ l’economia generi cio’ che la maggior parte delle persone consideri di per se’ un’equa distribuzione, senza la necessita’ di ampie ridistribuzioni a posteriori.

Info:
https://www.artapartofculture.net/2015/09/24/come-salvare-il-capitalismo-robert-reich-racconta-le-difficili-dinamiche-delleconomia/
https://www.criticaletteraria.org/2015/12/reich-come-salvare-il-capitalismo-fazi.html

Geoeconomia/Khanna

Parag Khanna – Il secolo asiatico? – Fazi (2019)

La Cina storicamente non e’ una potenza coloniale.
A differenza degli Stati Uniti, e’ molto refrattaria a intervenire direttamente nelle faccende di altri paesi.
La Cina vuole risorse e mercati esteri, non colonie.
Le sue incursioni militari – dal Mar Cinese Meridionale all’Afghanistan e all’Africa orientale – sono orientate a proteggere le sue crescenti linee di approvvigionamento globali, ma i suoi ambiziosi progetti infrastrutturali globali sono finalizzati a ridurre la sua dipendenza dai fornitori stranieri (cosi’ come i suoi massicci investimenti nelle energie alternative).
La Belt and Road Initiative [BRI] non significa che un domani la Cina governerà l’Asia, ma ci ricorda che il futuro della Cina, cosi’ come il suo passato, e’ profondamente radicato in Asia.

Info:
https://www.iltascabile.com/societa/secolo-asiatico/
http://www.mangialibri.com/libri/il-secolo-asiatico
https://www.repubblica.it/dossier/la-repubblica-delle-idee-2019/2019/06/03/news/parag_khanna-227854599/

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa? – Bollati Boringhieri (2016)

In sostanza la tesi di Habermas e’ che la crisi dell’euro non abbia niente a che vedere con le «colpe» degli Stati «prodighi» che faticano ad allinearsi con gli Stati «parsimoniosi» (in tedesco Schuld vuol dire sia «colpa» sia «debito»), ma e’ dovuta all’incapacita’ degli Stati nazionali, messi in concorrenza tra di loro dagli speculatori, di neutralizzare il gioco dei mercati e di fare il necessario per una regolamentazione mondiale della finanza.
Di conseguenza, non si uscira’ dalla crisi se l’Europa non si decide a «fare il passo» verso un’integrazione politica, che le permetterebbe al tempo stesso di difendere la moneta e di attuare le politiche sociali e di riduzione delle diseguaglianze che giustificano la sua stessa esistenza.
Il luogo naturale di questa evoluzione e’ il «nocciolo duro del- l’Europa»(Kerneuropa), cioe’ l’eurozona allargata agli Stati che dovrebbero aderirvi prossimamente (in particolare la Polonia).
Ma la conditio sine qua non di questa evoluzione e’ una democratizzazione reale delle istituzioni europee: con il che Habermas intende essenzialmente la creazione di una rappresentanza parlamentare delle popolazioni che sia effettiva (con un sistema a due gradi, che Habermas distingue dal federalismo alla tedesca), dotata di poteri di controllo politico a livello europeo, in particolare sul volume e l’utilizzo delle tasse che sosterrebbero la moneta comune, secondo il principio degli insorti americani del 1776: no taxation without representation. […]
Quantomeno Habermas avrebbe dovuto sviluppare la proposta […] di una imposizione fiscale comune e del controllo del suo utilizzo.
In effetti, in Europa come altrove, non ci sara’ uscita dalla crisi senza una rivoluzione fiscale, che significhi non solo il prelievo di tasse europee e il controllo della loro equa ripartizione, ma anche il loro utilizzo per una politica di ripristino dell’occupazione devastata dalla crisi, di riconversione delle attivita’ produttive e di salvaguardia del territorio europeo.

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/