Economia di mercato/ Boitani

Andrea Boitani – Sette luoghi comuni sull’economia – Laterza (2017)

Per capire il «declino» dell’Italia bisogna dare almeno uno sguardo a come vanno le cose nei servizi, un settore complesso e variegato, che conta ormai per oltre il 70% del PIL.
A spiegare la relativa debolezza del sistema industriale italiano serve osservare come molti imprenditori abbiano colto l’occasione delle privatizzazioni degli anni Novanta e primi Duemila per spostare risorse e investimenti dai settori industriali piu’ esposti alla concorrenza ai piu’ protetti settori dei servizi pubblici (energia, telecomunicazioni, autostrade) e delle banche, dove una regolazione abbastanza accomodante consentiva di praticare prezzi (commissioni e margini di interesse per gli istituti di credito) elevati e ottenere, cosi’, alti profitti, senza doversi dannare troppo l’anima con l’innovazione e la produttivita’, oltre che con la concorrenza.
Il migliore di tutti i profitti di monopolio […] e’ la vita tranquilla. Ma la vita tranquilla delle imprese (e dei loro lavoratori) non fa crescere la produttivita’ e quindi l’economia e il reddito di tutti.

Info:
https://www.anobii.com/books/Sette_luoghi_comuni_sull%27economia/9788858124581/012e4b7607f103e80f
https://www.lavoce.info/archives/tag/i-sette-luoghi-comuni-sulleconomia/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858124581

Stato/Marsili

Lorenzo Marsili, Yanis Varoufakis – Il terzo spazio. Oltre establishment e populismo – Laterza (2017)

Le privatizzazioni sono un simbolo chiave della perdita di sovranita’ popolare e della resa dello Stato a governare l’economia a favore di una maggioranza.
In alcuni casi, poi, diventano una forma di rendita garantita per azionisti: succede quando si tratta di aziende che operano in settori regolati e naturalmente monopolistici.
Privatizzazioni, queste, che hanno creato una nuova categoria di imprenditori rentier che estraggono valore da aziende ex pubbliche protette senza fare nessun investimento.
E’ ovvio che le privatizzazioni vadano immediatamente fermate e, dove possibile, invertite.
Ma si deve fare di piu’. Perche’ il punto non e’ nazionalizzare ma democratizzare il sistema economico.
Negli ultimi trent’anni si e’ esteso a dismisura quello shareholder capitalism, il capitalismo dell’azionista, che ha fatto dell’aumento dei dividendi l’unico fine aziendale, anche e soprattutto a scapito dei lavoratori, dell’impatto sociale e ambientale.
Molto spesso questo avviene attraverso un aumento fittizio del valore azionario con processi quali il buyback, l’utilizzo dei profitti aziendali per l’acquisto di azioni proprie invece che per investimenti.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858128282
http://www.minimaetmoralia.it/wp/terzo-spazio-intervista-yanis-varoufakis/

Capitalismo/Harvey

David Harvey – L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza – Feltrinelli (2011)

L’importanza dell’illimitatezza del potere del denaro non potra’ mai essere sottolineata abbastanza.
I gestori dei maggiori hedge fund di New York nel 2005 hanno rastrellato 250 milioni di dollari a testa in compensi individuali; nel 2006 il principale gestore ha guadagnato 1,7 miliardi di dollari, e nel 2007, un anno disastroso per la finanza globale, cinque di loro (incluso George Soros) hanno realizzato circa 3 miliardi di dollari ciascuno.
Ecco cosa intendo quando affermo che il denaro e’ una forma di potere sociale illimitato […]
Non c’e’ un limite intrinseco ai miliardi di dollari che il singolo individuo puo’ accumulare.
L’illimitatezza del denaro, e l’inevitabile desiderio di impossessarsi del potere sociale che questo conferisce, creano una vasta gamma di incentivi sociali e politici ad accumularne quantita’ sempre maggiori; e una maniera essenziale di ottenere sempre piu’ denaro e’ quella di reinvestire parte dell’eccedenza di fondi guadagnati ieri per generare altra eccedenza domani […]
Il denaro e’ una forma di potere sociale di cui ci si puo’ appropriare e che, per di piu’, non presenta un limite intrinseco, a differenza della quantita’ di terreni che si possono possedere o alla quantita’ di risorse fisiche che si possono controllare.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2012/05/recensione-david-harvey-l%E2%80%99enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-feltrinelli/
http://contropiano.org/contropianoorg/aerosol/vetrina-pubblicazioni/2011/07/05/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-02315
http://www.millepiani.org/recensioni/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza

Europa/Sassoon

Donald Sassoon – Sintomi morbosi. Nella nostra storia di ieri i segnali della crisi di oggi – Garzanti (2019)

L’idea di un codice unico di principi e valori da potersi definire «europei» e’ esistita solo nell’immaginazione di certi intellettuali come programma per il futuro, ma non e’ una realta’.
Non sono esistiti valori comuni ne’ in Francia ne’ in Gran Bretagna ne’ in Italia, nemmeno durante il rinascimento o l’illuminismo. Eppure in molti invocano gli antichi «valori» della tradizione.
L’idea dei «valori comuni europei» e’ invece molto recente, nasce nel XVIII secolo.
L’idea di «unita’ europea» e’ ancora piu’ recente. Poco piu’ di centocinquant’anni fa l’Italia era in via di unificazione, come anche la Germania. Nessuno parlava di un’Europa unita, nemmeno Giuseppe Mazzini, fondatore della Giovine Europa, che immaginava un’Europa unita solo quando si fosse costituito ciascuno stato nazionale […]
L’Europa era talmente divisa che quando gli europei pensavano alle guerre pensavano a guerre da combattere contro altri europei.
Alla fine del XIX secolo i britannici e i francesi erano preoccupati dei tedeschi, gli italiani degli austriaci, i polacchi dei tedeschi, i popoli balcanici gli uni degli altri, gli ottomani dell’Europa, e i russi… i russi erano preoccupati piu’ o meno di tutti, come lo sono adesso.
Lungi dall’unirsi, gli europei si preparavano alla peggiore guerra intestina della loro storia, peggio della guerra dei Cent’anni, peggio di quella dei Trent’anni, peggio di quelle napoleoniche. Poco piu’ di un secolo fa la prima guerra mondiale(chiamata mondiale, ma combattuta prevalentemente in Europa) distrusse la possibilita’ di una supremazia globale europea. Alla fine della guerra i piu’ sa- gaci tra gli europei compresero che il loro continente non era piu’ il centro dell’universo. Ma molti europei continuarono a coltivare le loro illusioni per tutti gli anni Venti e Trenta. Ci sono ancora francesi e inglesi che continuano a comportarsi come se avessero degli imperi. […]
La seconda guerra mondiale ha aggiunto altri cinquanta milioni di morti ai venti della prima e completo’ il compito di portare l’Europa dal centro del mondo alla sua periferia. Nei vent’anni successivi alla fine della seconda guerra mondiale
i francesi e i britannici hanno perduto i loro imperi.
L’Europa stessa fu divisa fra Est e Ovest. La Germania fu affettata in due e tale e’ rimasta fino al 1990.

Info:
https://www.ilpost.it/2019/03/05/sintomi-di-crisi-donald-sassoon-circolo-dei-lettori/
https://left.it/2019/08/30/donald-sassoon-quei-sintomi-morbosi-che-salvini-alimenta/

Populismo/Salmon

Christian Salmon – Fake. Come la politica mondiale ha divorato se stessa – Laterza (2020)

Steve Bannon […] che gioca a fare il “Thomas Cromwell alla corte dei Tudor” quando non si autoproclama “leninista”. Dopo la sua estromissione dalla Casa Bianca, nell’agosto 2017, ha deciso di esportare la sua rivoluzione nazionalista in Europa, a cominciare dall’Italia […]
Con Bannon e Trump si ha il trionfo di Twitter, dell’estetica della “telerealta’” e della strategia dei big data […]
Non si tratta solo di una deregulation dell’informazione, ma anche della disintegrazione di ogni spazio deliberativo inerente a ogni democrazia.
Nello spazio postdemocratico cosi’ come e’ venuto realizzandosi, l’agora’ si e’ svuotata, e le fake news risplendono grazie al web e allo spegnimento delle stelle della democrazia.
Poco tempo prima l’agora’ era costituita da istituzioni come il Parlamento o la stampa, era il luogo delle mediazioni che organizzavano il dibattito, la discussione democratica: luoghi astratti o in muratura, con le loro sedi pubbliche dove si ascoltava, in un determinato ordine, quello che gli uni e gli altri avevano da dire.
L’agora’ istituita, tradizionale, forniva lo spazio dove la discussione potesse svolgersi perche’ emergessero chiaramente un consenso e un dissenso, e in modo che cio’ fosse noto a tutti: delle news condivise.
L’irradiazione delle fake news e’ il segno paradossale dell’estinzione di quelle mediazioni che organizzano la discussione democratica.
Lo splendore postumo del sistema democratico […]
All’accumulazione primitiva del capitalismo industriale si e’ sostituita l’agitazione primitiva del capitalismo finanziario.
Lo stesso e’ avvenuto nell’economia del discorso, dove la volatilita’ degli enunciati prevale sulla loro validita’.
La produzione degli enunciati non intende produrre o condividere nuove conoscenze, ma accelerare la velocita’
degli scambi, intensificare la loro circolazione. Si tratta di creare l’impulso primitivo che inneschera’ una reazione a catena, mettera’ in movimento un’accumulazione di likes o di retweets poi notati e ripresi dalle macchine di Google, creando allora un autentico vortice mediatico simile a un fenomenale aspiratore capace di attirare e inghiottire istantaneamente l’attenzione di migliaia di internauti…
Da qui il successo dei discorsi improntati all’odio, per i quali ci si allarma in nome di non si sa quale morale, ma che hanno a che fare con la razionalita’ dei mercati finanziari e quella delle reti sociali. Queste due razionalita’ sono funzionali alla trasgressione in una sorta di spirale, provocano non empatia ma antipatia, non appartenenza ma divisione, non continuita’ ma rottura…

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2371:christian-salmon-fake-come-la-politica-mondiale-ha-divorato-se-stessa&catid=40:primopiano
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/fake-di-christian-salmon/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139653

Economia di mercato/Magatti

Mauro Magatti – Cambio di paradigma. Uscire dalla crisi pensando il futuro – Feltrinelli (2017)

Il contrasto alla tendenziale stagnazione della domanda interna, che, come abbiamo visto, e’ stata una conseguenza della crescente irrilevanza economica dei salari, ha portato a due principali modelli di crescita compensativa: quello debt-lead [trainato dal debito] tipico di Stati Uniti e Gran Bretagna e quello export-lead [trainato dalle esportazioni], seguito da Germania e Cina.
Nel primo modello, la domanda e’ stata direttamente sostenuta dal consumo a debito e dal boom immobiliare: in questo modo la finanza ha annullato temporaneamente l’effetto della crescente disuguaglianza sulla domanda.
Nel secondo caso – in qualche modo speculare al primo – la crescita dei consumi globali e’ stata vista come un’opportunita’ economica conquistata attraverso l’aumento della produttivita’ e il contenimento salariale […]
Il caso dell’Italia, simile a quello di altri paesi del Sud Europa, si pone in modo originale in questo contesto.
Il momento in cui il sistema finanziario comincia la sua espansione, negli anni ottanta, coincide con il decennio in cui il debito pubblico passa dal 60 per cento al 110 per cento del Pil.
Si tratta dell’esito della lotta di potere che si scatena nel sistema politico italiano, dove Dc e Psi, alleati di governo, cercano di sottrarsi reciprocamente il consenso mediante l’aumento della spesa pubblica, spesso inefficiente e clientelare, garantendo peraltro in modo consociativo una quota di risorse anche al Pci.
Mentre i mercati finanziari cominciavano la loro stagione espansiva, come una specie di buco nero, i bot pubblici hanno finito per assorbire i risparmi degli italiani accumulati nei decenni precedenti, assicurando cosi’ ai politici risorse illimitate per la conquista del consenso elettorale (e purtroppo, come mostrato da Tangentopoli, dell’arricchimento personale), alle imprese mercati protetti ad alta profittabilita’ e alle famiglie una rendita finanziaria sicura per sostenere i consumi.
Un’interpretazione dello scambio finanziario-consumerista molto provinciale che, garantendo nel breve periodo un’ampia convergenza di interessi attorno a forme diverse di rendita, ha minato le basi della crescita di mediolungo periodo.
Da li’, il paese non e’ piu’ riuscito a riprendersi, rimanendo per i vent’anni successivi – e fino a oggi – intrappolato nella spirale del debito accumulato.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/cambio-di-paradigma/
http://www.culturaesviluppo.it/wordpress/wp-content/uploads/2018/01/Magatti.pdf
https://www.corriere.it/cultura/17_ottobre_13/magatti-mauro-sociologo-insicurezza-risentimento-nuovo-paradigma-societa-feltrinelli-23fb8884-b044-11e7-9acf-3e6278e701f3.shtml?refresh_ce-cp

Lavoro/Bauman

Zygmunt Bauman – Lavoro, consumismo e nuove poverta’ – Citta’ Aperta (2004)

La flessibilita’ e’ diventata la nuova parola d’ordine, che sta a significare vivere nell’incertezza con poche regole, che possono per giunta essere cambiate unilateralmente durante il gioco.
Su queste sabbie mobili non si puo’ certo costruire nulla di duraturo. E la prospettiva di fondare sul lavoro un’identita’ permanente e’ semplicemente esclusa per la stragrande maggioranza delle persone (salvo forse, almeno per il momento, nel caso di quei pochi che svolgono attivita’ altamente qualificate e privilegiate).
Cio’ non di meno, questo grande cambiamento non e’ stato vissuto come uno sconquasso o una minaccia proprio perche’ comporta una ridefinizione dell’identita’ individuale sganciata ormai da ogni ancoraggio alle vecchie attivita’ professionali[…]
Le tendenze oggi in atto in tutto il mondo spingono le economie verso la produzione di beni e servizi effimeri, destinati a breve vita, in un quadro generale di precarieta’ dove prevale il lavoro interinale, flessibile e a tempo parziale.
Al pari dell’attuale mercato del lavoro, qualunque modello di vita prescelto non deve essere duraturo, bensi’ variabile in breve tempo o senza preavviso e aperto a tutte le opzioni o quasi.
Il futuro e’ destinato a riservarci molte sorprese.

Info:
http://www.inattuale.paolocalabro.info/2009/04/z-bauman-lavoro-consumismo-nuove.html

Geoeconomia/Castagnoli

Adriana Castagnoli – Il lungo addio. La fine dell’alleanza tra Europa e Stati Uniti – Laterza (2019)

Il 2018 sara’ ricordato nei libri di storia per una lacerazione difficilmente sanabile fra Washington e i suoi alleati malgrado alcuni tentativi di ricucirla.
La guerra dei dazi voluta da Trump dapprima contro la Cina ma ben presto allargata a colpire l’UE (con tariffe al 25% sull’import di acciaio, al 15% sull’alluminio e quelli – al momento – annunciati al 25% sull’auto), nonche’ le sanzioni contro le imprese e le banche europee che continuano a fare affari con l’Iran dopo l’uscita degli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare sono decisioni che rivelano un esercizio unilaterale e arrogante del potere, innanzitutto nei confronti degli alleati. Sia nella decisione di trasferire l’ambasciata americana in Israele a Gerusalemme sia nel ritiro dall’accordo sul nucleare con Teheran, l’America ha agito senza i partner europei […]
L’aggressivo unilateralismo di Trump, a meno di improvvisi ripensamenti, sta scavando un solco incolmabile fra Washington e l’Europa, sospinta cosi’ anche a rafforzare i rapporti d’interesse con la Russia di Putin che, giocando sul tavolo occidentale e su quello asiatico, cerca di non farsi schiacciare dalla potenza cinese.
I costi di questa divisione, seppure non nell’immediato, saranno altresi’ elevati per gli USA perche’ l’allentamento dei legami con gli alleati, accelerando la frammentazione dell’Occidente, finira’ con indebolire le stesse basi del potere americano.
La riproposizione del progetto di un esercito europeo, che langue da decenni, rilanciata con forza da Macron e sostenuta da Merkel in novembre, e’ anche una presa d’atto della distanza che ormai separa Washington da Bruxelles.

Info:
https://www.letture.org/il-lungo-addio-la-fine-dell-alleanza-tra europa-e-stati-uniti-adriana-castagnoli
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135204

Finanziarizzazione/Canfora

Luciano Canfora, Gustavo Zagrebelsky – La maschera democratica dell’oligarchia – Laterza (2015)

Vorrei richiamare l’attenzione su questo punto, che secondo me e’ il segno piu’ caratteristico dell’epoca in cui viviamo.
In altri tempi, si poteva dire che potere e denaro fossero mezzi, non fini.
La politica serviva ad altre cose, per esempio a rovesciare i rapporti di classe o a equilibrarli, a promuovere la cultura, ad alleanze e guerre di espansione, alla conquista di altri paesi e alla «civilizzazione» del proprio o di altri popoli.
Il denaro, a sua volta, veniva considerato uno strumento, per cose buone o per cose cattive, ma in ogni caso era finalizzato a qualcos’altro; gli Stati drenavano denaro con il prelievo tributario per fare guerre, per espandere i confini, per la gloria delle case regnanti, per alimentare lo splendore delle corti regie, e cosi’ via.
Il denaro che produce denaro, come accade tipicamente nell’usura, e’ stato nei secoli oggetto di condanna o, almeno, di sospetto.
Ma con la finanziarizzazione dell’economia, per di piu’ in dimensione mondiale, il meccanismo del denaro che produce se stesso, il denaro investito al fine di produrre altro denaro, come nell’albero degli zecchini di Collodi, ha finito d’essere un mezzo ed e’ diventato un fine […]
C’e’ da osservare che – rispetto a tutte le altre possibili materie dell’esperienza umana – denaro e potere hanno questa caratteristica, in qualche modo diabolica: che non bastano mai. La tendenza e’ accumulare all’infinito: accumulare denaro, accumulare potere, finche’ ce n’e’. E quando non ce n’e’ piu’, produrlo per accumularlo.

Info:
http://www.nuovomille.it/cultura-e-societa/la-maschera-democratica-delloligarchia
https://www.gruppolaico.it/2015/09/16/la-maschera-democratica-delloligarchia/
http://tempofertile.blogspot.com/2015/03/luciano-canfora-gustavo-zagrebelsky-la.html

Capitalismo/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Il movimento Occupy Wall Street, insomma, ha visto giusto: gli stessi processi che hanno portato la ricchezza a concentrarsi nelle mani dell’1 per cento piu’ ricco della societa’ sono alla base della crisi.
Un fenomeno non nuovo e che ha un precedente evidente anche nella crisi del 1929.
Cosa vuol dire cio’? Che se e’ vero che la crisi e’ stata originata dallo scoppio della bolla subprime negli Stati Uniti, le cause strutturali sono pero’ da individuare negli enormi squilibri economici causati da trent’anni di politiche neoliberiste, non certo negli eccessi del settore pubblico.
I dati mostrati fin qui dimostrano chiaramente che il problema in Europa non e’ certo il fatto che “mancano i soldi” – il PIL complessivo dell’UE e’ superiore a quello degli Stati Uniti, e l’Europa e’ da anni la regione con la maggiore quantita’ di ricchezza privata al mondo, insieme agli USA – quanto il fatto che il grosso di quella ricchezza e’ concentrato nelle mani di una frazione della popolazione.
L’Europa e’ infatti la regione con il maggiore rapporto ricchezza privata netta – PIL – al mondo in cima alla classifica dei paesi europei figura l’Italia, ed e’ la seconda regione al mondo, dopo gli USA, per numero di milionari, la maggior parte dei quali e’ concentrata in Francia, Regno Unito, Germania, Italia e Svizzera.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/