Populismo/Serughetti

Il vento conservatore. La destra populista all’attacco della democrazia – Giorgia Serughetti – Laterza (2021)

Il nativismo e’ l’elemento cardine di quello che da alcuni anni, principalmente in Europa, viene chiamato «sovranismo», ovvero la posizione politica che rivendica autonomia per gli Stati-nazione, contro le influenze politiche, economiche e sociali di soggetti esterni.
Piu’ propriamente, il nativismo e’ caratteristico di quel populismo sovranista in cui la dialettica di popolo ed elite si salda con richiami nazionalisti. Da una parte c’e’ il «noi» del «popolo», dall’altra il «loro»: le elite ma anche gli stranieri, gli immigrati, e chi appartiene ad altre religioni ed etnie, ovvero chiunque metta in pericolo la protezione della cultura (costumi, lingua, religione) nazionale.
L’istanza sovranista esprime una nostalgia d’ordine, che ha nella sovranita’ statuale uno dei suoi cardini.
In gioco, pero’, non c’e’ solo il ruolo dello Stato, ma anche quello degli altri pilastri dell’edificio politico moderno: il popolo e l’individuo.
Il populismo sovranista unisce infatti nella medesima rivendicazione la sovranita’ «vestfaliana», cioe’ quell’idea di autonomia e uguaglianza delle nazioni che si fa risalire alla Pace di Vestfalia del 1648, la sovranita’ popolare e la sovranita’ dell’individuo su eventi e forze che ne alterano l’identita’ e ne minacciano la padronanza.

Info:

Green New Deal/Crawford

Né intelligente né artificiale.Il lato oscuro dell’IA – Kate Crawford – il Mulino (2021)

L’enorme ecosistema dell’IA si basa su molti tipi di estrazione: dalla raccolta dei dati ricavati dalle nostre attivita’ ed espressioni quotidiane, all’esaurimento delle risorse naturali e allo sfruttamento del lavoro in tutto il mondo per costruire e tenere in funzione questa vasta rete planetaria.
E l’IA estrae molto di piu’ da noi e dal pianeta di quanto sia generalmente noto […]
I minerali sono la spina dorsale dell’IA, ma la sua linfa vitale rimane l’energia elettrica. Il calcolo avanzato e’ raramente valutato in termini di emissioni di carbonio, combustibili fossili e inquinamento; metafore come «il cloud», la nuvola, sembrano alludere a qualcosa di fluttuante e delicato all’interno di un’industria naturale e verde.
I server sono nascosti in anonimi data center e le loro caratteristiche inquinanti sono assai meno visibili dei fumi delle ciminiere delle centrali elettriche a carbone.
Il settore tecnologico pubblicizza con forza le sue politiche ambientali, le iniziative di sostenibilita’ e i progetti di gestione dei problemi legati al clima con l’utilizzo dell’IA come strumento di risoluzione di problemi.
Fa tutto parte di un’immagine pubblica, fortemente voluta, di un’industria tecnologica sostenibile senza emissioni di carbonio.
In realta’, serve una quantita’ enorme di energia per far girare le infrastrutture di calcolo di Amazon Web Services o Microsoft Azure, e l’impronta ecologica dei sistemi di IA che girano su queste piattaforme e’ in crescita […]
«Il cloud e’ una tecnologia estrattiva ad alta intensita’ di risorse che converte l’acqua e l’elettricita’ in potenza computazionale, lasciando dietro di se’ una quantita’ considerevole di danni ambientali che poi cela alla vista».
Gestire questa infrastruttura ad alta intensita’ energetica e’ diventato uno dei problemi principali e l’industria ha, senza dubbio, compiuto sforzi significativi per rendere i data center piu’ efficienti dal punto di vista energetico e per aumentare il ricorso a energia rinnovabile.
Ma gia’ oggi l’emissione di anidride carbonica dell’infrastruttura computazionale mondiale e’ pari a quella dell’industria aeronautica al suo culmine e sta crescendo a un ritmo sempre piu’ veloce.

Info:
https://www.doppiozero.com/ia-ne-intelligente-ne-artificiale
https://www.irpa.eu/recensione-a-k-crawford-ne-intelligente-ne-artificiale-il-lato-oscuro-dellia/

https://www.laciviltacattolica.it/recensione/ne-intelligente-ne-artificiale-il-lato-oscuro-dellia/
https://transform-italia.it/ne-artificiale-ne-intelligente/
https://www.questionegiustizia.it/articolo/ne-intelligente-ne-artificiale-il-lato-oscuro-dell-ia
https://medium.com/@g.bientinesi/la-recensione-n%C3%A9-intelligente-n%C3%A9-artificiale-il-lato-oscuro-dellia-k-crawford-9215ab054c85

Lavoro/Latouche

Lavorare meno, lavorare diversamente o non lavorare affatto – Serge Latouche – Bollati Boringhieri (2023)

Non lavorare affatto implica una riduzione del tempo di lavoro e un cambiamento del suo contenuto, lavorare diversamente presuppone di lavorare senza obblighi di orario e pressioni servili, e lavorare meno significa il cambiamento qualitativo del lavoro e l’abolizione della dipendenza. Per gli obiettori di crescita si deve lavorare di meno per guadagnare […]
Se si prende la parola lavoro nel suo significato storico, l’abolizione del lavoro non significa la fine di ogni attivita’ finalizzata, ma significa innanzitutto la fine della servitu’. «Il lavoratore», scrive Jérôme Baschet, «e’ colui che accetta un’attivita’ subita, che si spossessa delle proprie capacita’ manuali o intellettuali e le immette in un progetto il cui controllo appartiene ad altri, in sostanza colui che rimane estraneo allo scopo della propria attivita’.
Per questo non ci puo’ esser fuoriuscita dal capitalismo senza abolizione del lavoro salariato, ma anche della nozione stessa di lavoro.
E’ la condizione per ristabilire l’unita’ del fare umano in tutti i campi, nella produzione come nelle attivita’ di organizzazione collettiva come nei compiti domestici […]
Poiche’ l’invenzione del lavoro e’ storicamente legata a quella dell’economia, la vera abolizione del lavoro implica l’abolizione dell’economia e viceversa.

Info:
https://www.doppiozero.com/latouche-lavorare-meno-o-non-lavorare-affatto
https://www.pressenza.com/it/2024/02/lavorare-meno-o-non-lavorare-affatto/

https://ilregno.it/attualita/2023/22/s-latouche-lavorare-meno-lavorare-diversamente-o-non-lavorare-affatto-luca-miele
https://gognablog.sherpa-gate.com/lavorare-meno-lavorare-diversamente-non-lavorare-affatto/
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/lavorare-meno-lavorare-diversamente-non-lavorare-affatto

Capitalismo/Palermo

Il mito del mercato globale. Critica delle teorie neoliberiste – Giulio Palermo – Manofestolibri (2004)

Nella teoria economica la discussione della desiderabilita’ sociale di una particolare politica economica o, piu’ in generale, di un determinato modello di organizzazione dell’economia si basa sui concetti di razionalita’ ed efficienza.
La razionalita’ e l’ efficienza non sono concetti assoluti. Essi assumono significato solo all’interno di un contesto in cui siano esplicitati gli obiettivi che si vogliono perseguire.
Un determinato strumento puo’ essere efficiente rispetto al perseguimento di particolari obiettivi ed essere completamente inefficiente rispetto ad obiettivi diversi. Una barca e’ uno strumento efficiente per spostarsi sull’acqua, ma e’ completamente inefficiente per spostarsi su terra[…]
Ma se l’obiettivo rispetto al quale si valuta la societa’ e’ invece la massimizzazione dei profitti (di una parte della popolazione), allora miseria e poverta’ (per l’altra parte della popolazione) sono perfettamente compatibili con la razionalita’ e l’efficienza economica; anzi possono addirittura costituirne una condizione necessaria.
In questo caso, dunque, la poverta’ non risulta affatto indesiderabile a livello sociale (semplicemente perche’ si e’ identificato il bene della societa’ con la massimizzazione dei profitti di una parte della popolazione).
Tutto sta a chiarire quali sono gli obiettivi effettivamente perseguiti. Cambiando gli obiettivi cambia anche la valutazione della razionalita’ e dell’efficienza e, quindi, della desiderabilita’ sociale.
E allora, ammesso che effettivamente il sistema capitalista sia razionale ed efficiente in qualche senso, diventa importante innanzi tutto chiarire quali sono gli obiettivi sociali su cui si reggono i concetti di razionalita’ e di efficienza economica. Solo in questo modo e’ possibile ragionare apertamente sulla effettiva desiderabilita’ sociale del sistema economico in cui viviamo e su quella degli altri mondi possibili […]
Chi non ha risorse monetarie che permettano di domandare beni o servizi sul mercato, non esiste dal punto di vista economico e non ha alcun diritto di essere preso in considerazione dall’economista borghese quando si parla di razionalita’, efficienza, eccetera.
Quello che conta non e’ infatti la domanda intesa come insieme di beni e servizi che ciascun individuo desidera avere per poter soddisfare i propri bisogni, ma la domanda solvibile, quella che si esprime soldi alla mano.
I bisogni che non riescono ad essere espressi sul mercato per mancanza di denaro, di fatto non esistono secondo la definizione dell’efficienza della teoria borghese. Insomma, nella discussione della razionalita’ e dell’efficienza economica del capitalismo, gli individui sono presi in considerazione solo nella misura in cui essi siano in grado di comprare e di consumare.
Questo principio costituisce il riferimento fondamentale di tutta l’economia normativa tanto che, secondo gli economisti borghesi, il consumatore deve essere considerato come il vero “sovrano” dell’economia.

Societa’/de Benoist

I demoni del bene. Dal nuovo ordine morale all’ideologia del genere – Alain de Benoist – Controcorrente (2015)

Se i figli del Sessantotto erano mediamente piu’ colti dei loro genitori, oggi e’ il contrario.
La crisi dell’istituzione scolastica e’ sufficientemente nota ed e’ quindi inutile soffermarvisi: la scuola ha da molto tempo smesso di educare, fa sempre piu’ fatica a istruire.
Dal momento che si diffonde l’idea che e’ in fondo inutile imparare cose di cui non si puo’ fare un immediato uso pratico, la sete di conoscenza si spegne subito. Non c’e’ piu’ curiosita’ o interesse per cio’ che accadeva «quando non ero ancora nato». D’altronde, poiche’ adesso tutto e’ su internet, a cosa serve sapere? […]
E la televisione, sempre tra due programmi di pubblicita’ menzognere (lo sono tutte), prosegue la sua impresa di istupidimento e infantilizzazione programmata, sotto la direzione di presentatori tanto spregevoli quanto chiassosi e pretenziosi, volgari e pieni di se’.
Da Telethon alle «marce per la malattia di Alzheimer» o la mucoviscidosi («per essere solidali»), le manifestazioni di «solidarieta’» non si contano piu’, concludendosi regolarmente in kermesse festive, il che permette di acquistare una buona coscienza a buon mercato. Ci si diverte da matti a un concerto, ma e’ a beneficio dei malati di aids. Ci si abbuffa a una festa, ma e’ per lottare meglio contro la fame nel mondo.
Jeff Koons, interrogato sulle ragioni per le quali espone le sue «installazioni» al castello di Versailles, risponde che la sua opera «e’ fondata in primo luogo sulla tolleranza». Tutto si spiega […]
Si acquistano auto «ecologiche» senza interrogarsi sull’utilita’ stessa dell’auto (o sul fatto che un milione di auto poco inquinanti inquineranno sempre piu’ di cento auto tradizionali).
I polli di batteria e gli animali di allevamento sono trattati come cose da un’industria agro-alimentare dove la produttivita’ e’ la regola, ma gli animali di compagnia, gatti e cani in testa, sono oggetto di attenzioni e di coccole (gioielli, profumi, se non addirittura cure di psicoterapia) che la dicono lunga piu’ sulla psicologia dei loro proprietari che sui loro bisogni reali.
Non si puo’ piu’ nemmeno acquistare un pullover senza trovarvi un’etichetta indicante che i diritti dell’uomo (e del bambino) sono stati rispettati nella sua fabbricazione.

Info:
https://www.ilfoglio.it/articoli/2014/01/22/news/i-banali-demoni-del-bene-51782/
https://www.barbadillo.it/38725-libri-i-demoni-del-bene-di-de-benoist-critica-al-pensiero-unico-e-al-gender/

https://ilmangiacarte.wordpress.com/2021/05/20/demoni-del-bene/
https://ilpensierostorico.com/de-benoist-demoni-del-bene/

Economia di mercato/Chomsky

Così va il mondo – Noam Chomsky – Piemme (2017)

Sotto l’attuale sistema legislativo, le corporation hanno perfino piu’ diritti degli individui, e sono realmente immortali.
E questo non e’ stato stabilito da una decisione parlamentare, non e’ stato votato al Congresso.
Negli Stati Uniti, come in qualsiasi altra parte del mondo, e’ accaduto per mezzo di sentenze giudiziarie. Magistrati e giuristi d’impresa hanno semplicemente creato una nuova societa’ nella quale le corporation detengono un immenso potere.
Oggi, le duecento maggiori corporation del mondo controllano oltre un quarto dei capitali globali, e il loro potere e’ in costante aumento.
La classifica delle piu’ importanti corporation americane pubblicata annualmente dal periodico «Fortune», registra un incremento dei profitti, un aumento della concentrazione finanziaria e una riduzione dei posti di lavoro, e si tratta di una tendenza che va avanti da diversi anni.

Stato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot, Christian Laval – Derive Approdi (2019)

Tra le caratteristiche principali dell’epoca no c’e’ tanto la «fine degli Stati nazionali», quanto la relativizzazione del loro ruolo come entita’ integratrici di tutte le dimensioni della vita collettiva: organizzazione del potere politico, elaborazione e diffusione della cultura nazionale, rapporti tra classi sociali, organizzazione della vita economica, livello di occupazione, pianificazione locale, ecc.
Gli Stati tendono a delegare gran parte di queste funzioni alle imprese private, che spesso sono gia’ mondializzate o seguono norme mondiali.
Affidano loro, almeno in parte, il compito di garantire lo sviluppo socioeconomico del paese, come nel caso dei media privati che gestiscono la «cultura di massa».
Assistiamo cosi’ ad una privatizzazione parziale delle funzioni di integrazione, funzioni che non rispondono agli stessi vincoli e agli stessi tempi a seconda che rientrino nella competenza di aziende private o del potere pubblico. Ad esempio nel campo dell’occupazione, in cui le sovvenzioni alle imprese assicurano solo precariamente gli obiettivi di sviluppo e pianificazione a lungo termine del territorio. Oppure nel campo della «cultura» e dell’insegnamento, in cui le imprese private non perseguono gli stessi obiettivi che sono classicamente assegnati allo Stato.
In una situazione del genere, la sovrapposizione della sfera statale con quella privata mina la vecchia distinzione tra interessi privati e interesse generale.
Non solo lo Stato vede intaccati i suoi margini di manovra, ma soprattutto si mette al servizio di interessi oligopolistici specifici, e non esita a delegare loro una parte non trascurabile della gestione sanitaria, culturale, turistica o addirittura «ludica» della popolazione.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Lavoro/Gorz

André Gorz – Il filo rosso dell’ecologia – Mimesis (2017)

Puo’ sembrare paradossale il fatto che io continui a appoggiare questa rivendicazione dopo aver auspicato la prospettiva di una societa’ al di la’ del mercato, del denaro e delle relazioni di scambio. Ma non e’ cosi’ difficile dimostrare che la rivendicazione di un reddito di esistenza implichi un attacco frontale alla legge del valore e della societa’ del lavoro e della merce.
Questa rivendicazione sottolinea il fatto che il «lavoro» e’ sempre meno necessario alla creazione della ricchezza e che tra ricchezza e valore si crea ormai uno scarto sempre piu’ profondo.
E sottolinea, inoltre, come il senso e la qualita’ della vita dipendano in misura crescente dalle ricchezze intrinseche e primarie che non possono essere prodotte ne’ acquistate sotto forma di valore/merce e non diventano disponibili che tramite un’attivita’ libera che non abbia il denaro come fine; e come il reddito di esistenza non possa di conseguenza essere in denaro ordinario e non possa essere finanziato dal gettito fiscale prelevato sul plusvalore realizzato dalle imprese.
Un’economia che produce sempre piu’ merci con sempre meno lavoro produttivo di capitale; un’economia quindi che, a causa dell’accrescimento della produttivita’, distribuisce sempre meno mezzi di pagamento anche quando la produzione aumenta, non puo’ finanziare dei trasferimenti di reddito crescenti tramite prelievi fiscali sui salari e sul plusvalore […]
La rivendicazione di un reddito di esistenza rivela, in fondo, la necessita’ di un’altra economia, la fine del feticismo della moneta e della societa’ mercantile. Annuncia l’obsolescenza di un’economia fondata sul lavoro mercantile e ci prepara al suo crollo […]
La rivendicazione attuale di un reddito di esistenza non ha di conseguenza molte cose in comune con le sue forme anteriori che richiedevano, allo Stato sociale, una redistribuzione del plusvalore prodotto. I partigiani dell’attuale richiesta di reddito di esistenza sottolineano che questa rivendicazione puo’ unire un largo ventaglio di forze sociali in una prospettiva anticapitalista:
L’attrazione e il fascino della rivendicazione di un reddito di esistenza – scrive Reiner Hartel – consistono nel fatto che essa rende possibile le alleanze che vanno dalle associazioni quasi istituzionali di protezione dell’ambiente e della natura, dai sindacati, dal movimento delle donne e dai rappresentanti delle associazioni di carita’ fino ai gruppi dell’opposizione operaia nelle imprese, ai comitati di disoccupati, ai beneficiari dell’aiuto sociale e ai gruppi di immigrati.
Questo tipo di alleanza delle forze sociali «progressiste» e’ precisamente la condizione che permette di immaginare una prospettiva politica che trascende il capitalismo.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/ecologia-politica-di-andre-gorz/
https://it.wikipedia.org/wiki/Andr%C3%A9_Gorz