Societa’/Pallante

Francesco Pallante – Contro la democrazia diretta – Einaudi (2020)

La sfiducia nella classe politica – il disprezzo, in molti casi – sembra aver toccato l’apice.
Dai politici si e’ estesa ai partiti; da questi agli organi rappresentativi. Sino a dilagare, coinvolgendo le istituzioni costituzionali e, in generale, le strutture di governo della societa’.
Siamo al popolo contro le elite, secondo un’interpretazione di successo.
D’altronde, se la «casta» pensa solamente a se stessa, chi altri, se non il popolo, potrebbe pensare al popolo? […]
Che la classe dirigente – in senso ampio, non limitato all’ambito politico – abbia abdicato alla funzione di “dirigere” la societa’, avviluppandosi su se stessa nell’onanistica coltivazione dei propri interessi, e’ difficilmente contestabile.
Altrettanto difficilmente contestabile e’, tuttavia, che anche sul popolo gravino rilevanti responsabilita’.
Aver negato l’esistenza di problemi evidentissimi – la devastazione dell’ambiente, l’ingiustizia sociale, l’evasione fiscale, il debito pubblico, la criminalita’ organizzata –, accettando di buon grado, quasi reclamando, le blandizie di imbonitori interessati, il nuovismo di guasconi vanagloriosi, le invettive di intrattenitori irresponsabili, il cinismo di bravacci da tastiera: tutto cio’ lo rende egualmente colpevole.

Info:
https://www.letture.org/contro-la-democrazia-diretta-francesco-pallante
https://www.questionegiustizia.it/articolo/sul-libro-di-francesco-pallante-contro-la-democrazia-diretta
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-scommessa-della-rappresentanza-perche-la-democrazia-diretta-non-e-la-soluzione-alla-crisi-della-politica/

Stato/Salmon

Christian Salmon – Fake. Come la politica mondiale ha divorato se stessa – Laterza (2020)

Il discredito e’ una cosa instabile e invisibile a occhio nudo, ma dal 2008 si propaga come un gas […]
Questo discredito che colpisce tutti i regimi politici occidentali e’ il prodotto di un doppio fenomeno: una governance senza sovranita’; una democrazia senza discussione.
In tutto il mondo gli Stati si trovano di fronte a una crisi di sovranita’. In Europa essa e’ aggravata dalla costruzione europea, che ha organizzato in modo concertato abbandoni assai rilevanti di sovranita’ […]
La sovranita’ statale si esercita attraverso un potere di agire accoppiato a un dispositivo di rappresentazione.
Essa conferisce allo Stato il potere di battere moneta e di controllare le frontiere e si prolunga in un simbolismo di Stato (protocollo, rituali, cerimonie) che assicura la sua visibilita’ e la continuita’ del suo potere nello spazio e nel tempo.
Quando lo Stato trasferisce gli attributi della sovranita’ ad altre istanze internazionali (BCE, Schengen), il dispositivo di rappresentazione appare come una conchiglia vuota.
Del potere dello Stato si percepiscono solo gli effetti repressivi o destabilizzanti. Del dispositivo di rappresentazione, scollegato dalle fonti della sovranita’, non sussiste piu’ che il rituale, l’etichetta. La coppia prima costituita dal potere e dal suo dispositivo di rappresentazione si e’ spaccata: da una parte, un potere senza volto, una burocrazia anonima; dall’altra, degli uomini di Stato disarmati.
Da una parte, dei poteri senza volto (banche, mercati finanziari, agenzie di rating, organizzazioni transnazionali alle quali gli Stati sono legati), dall’altra dei volti impotenti. Risultato di questa disgiunzione: l’azione politica viene percepita come illegittima e la parola politica ha perduto ogni credibilita’.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_content&view=article&id=2371:christian-salmon-fake-come-la-politica-mondiale-ha-divorato-se-stessa&catid=40:primopiano
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/fake-di-christian-salmon/
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139653

 

Stato/Kelton

Stephanie Kelton – Il mito del deficit. La Teoria Monetaria Moderna per un’economia al servizio del popolo – Fazi (2020)

[Le tasse] sono importanti da altri punti di vista. Come osserva il Rapporto mondiale sulla disuguaglianza, «la traiettoria della disuguaglianza di reddito osservata negli Stati Uniti» e’ parzialmente spiegata da un «sistema fiscale diventato sempre meno progressivo».
Le tasse possono quindi essere utilizzate per tenere a freno le accumulazioni astronomiche di ricchezza.
Si tratta di un elemento cruciale proprio perche’ i ricchi utilizzano il loro denaro per acquisire potere e influenza sul processo politico: hanno manipolato il sistema fiscale a loro favore; hanno riscritto le leggi sul lavoro, gli accordi commerciali, le regole che disciplinano i brevetti e i diritti d’autore, e molto altro; hanno riformato la politica pubblica per servire i loro interessi economici.
Questo e’ il motivo per cui cosi’ tante delle nostre aziende pagano enormi somme di denaro agli azionisti e ai vertici aziendali, somme piu’ piccole alla classe superiore ben istruita e una miseria a tutti gli altri […]
E’ per questo che il nostro Stato sociale, il sistema sanitario e il sistema pensionistico sono tutti allo sfascio, e che non facciamo nulla per risolvere la crisi climatica.
I profitti e il potere che le elite ricche possono acquisire nel non affrontare questi problemi sono maggiori dei profitti e del potere che trarrebbero nell’affrontarli.

Info:
http://osservatorioglobalizzazione.it/recensioni/il-mito-del-deficit-kelton/
https://www.lafionda.org/2020/09/27/il-mito-del-deficit/
https://fazieditore.it/catalogo-libri/il-mito-del-deficit/
https://sinistrainrete.info/articoli-brevi/19308-brian-cepparulo-il-mito-del-deficit-stephanie-kelton-e-la-nuova-frontiera-della-mmt.html

Stato/Santangelo

Salvatore Santangelo – Geopandemia. Decifrare e rappresentare il caos – Castelvecchi (2020)

Oltre alla convinzione diffusa che all’attuale emergenza sanitaria, nel prossimo futuro, si unira’ una recessione globale. Si trattera’ di una crisi ancor piu’ devastante di quella del 2008 perche’ impattera’ sia sul versante dell’offerta sia su quello della produzione.
Tutto cio’ segnera’ un netto spartiacque tra il prima e il dopo. Quindi, insieme a strumenti di politica monetaria non convenzionali di entita’ mai vista prima, forse neanche al tempo del New Deal, la maggior parte degli analisti sembrano convinti, e la Germania lo dimostra, che usciremo dalla crisi solo grazie a un nuovo modello di economia sociale di mercato, dove il mondo del lavoro sia saldamente ancorato al sistema sociale. Il tutto condito da un nuovo protagonismo dello Stato. Persino il piu’ istituzionale tra i quotidiani, il piu’ autorevole alfiere del thatcherismo, il «Financial Times» ha chiosato in un editoriale che: «Riforme radicali – che ribaltino la direzione politica prevalente delle ultime quattro decadi – devono essere messe in agenda. I governi dovranno accettare un ruolo piu’ attivo nell’economia. Dovranno guardare ai pubblici servizi come investimenti piuttosto che debito, e ricercare regole che rendano il mercato del lavoro meno precario».
In sintesi si reclama una nuova centralita’ dello Stato, sia nel sistema del welfare che in quello della politica industriale; questo perche’ l’unica certezza che abbiamo e’ che un approccio efficace contro il Covid-19 (e le sue conseguenze economiche) deve essere pari a una mobilitazione bellica nei termini delle risorse umane ed economiche disponibili, della piena consapevolezza dell’opinione pubblica, di un efficace coordinamento tra pubblico e privato. […]
Oggi, il mutato scenario impone agli Stati di fronteggiare con maggiore consapevolezza le sfide del futuro e di allungare l’orizzonte temporale della propria azione politica. Nessun Paese (soprattutto quelli piu’ timidi, come l’Italia) puo’ piu’ prescindere dal definire il proprio interesse nazionale, che deve essere perseguito sulla base di valori e princìpi identitari. 

Info:
https://www.huffingtonpost.it/entry/covid-19-come-governare-il-caos_it_5e8b2fa1c5b6cc1e4778fd2a
https://loccidentale.it/geopandemia-se-il-virus-ci-costringe-a-fare-i-conti-col-nostro-caos/

Stato/Judt

Tony Judt – Quando i fatti (ci) cambiano – Laterza (2020)

Finche’ l’obiettivo primario dei socialdemocratici era convincere gli elettori che rappresentavano una scelta radicale rispettabile all’interno della societa’ liberale, questa posizione difensiva aveva senso. Oggi pero’ quella retorica e’ incoerente.
Non e’ un caso che Angela Merkel, democratico-cristiana, possa vincere le elezioni in Germania contro i rivali socialdemocratici – persino all’apice di una crisi finanziaria – con un insieme di politiche che ricalca, in tutti i suoi elementi essenziali, il loro stesso programma […]
Il problema non e’ nelle politiche socialdemocratiche, ma nel linguaggio in cui sono formulate.
Da quando la sfida autoritaria da sinistra e’ venuta meno, dare risalto alla «democrazia» e’ quasi sempre superfluo. Oggi siamo tutti democratici.
Ma «sociale» ha ancora un significato, oggi forse piu’ di qualche decennio fa, quando il ruolo del settore pubblico era inconfutabilmente riconosciuto da tutte le parti. Che cosa c’e’ di particolare, dunque, riguardo alla sfera «sociale», nell’approccio socialdemocratico? […]
Il futuro prossimo sara’ caratterizzato da insicurezza economica e incertezza culturale.
Di sicuro la fiducia che riponiamo nei nostri fini collettivi, nel nostro benessere ambientale o nella nostra sicurezza personale non e’ mai stata cosi’ bassa dalla fine della seconda guerra mondiale.
Non abbiamo idea del tipo di mondo che lasceremo in eredita’ ai nostri figli, ma non possiamo piu’ cullarci nell’illusione che assomigliera’ al nostro in maniera rassicurante. Dobbiamo riconsiderare le soluzioni adottate dalla generazione dei nostri nonni in risposta a sfide e minacce analoghe.
La socialdemocrazia in Europa, il New Deal e la Great Society negli Stati Uniti erano risposte esplicite alle insicurezze e alle sperequazioni dell’epoca.
Pochi in Occidente sono abbastanza vecchi per ricordare cosa significa vedere il proprio mondo crollare. Per noi e’ difficile concepire un collasso completo delle istituzioni liberali, la dissoluzione totale del consenso democratico.
Ma fu proprio un simile sfacelo a provocare il dibattito fra Keynes e Hayek, dal quale nacquero il consenso keynesiano e il compromesso socialdemocratico: il consenso e il compromesso in cui siamo cresciuti e il cui fascino è stato appannato dal loro stesso successo.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858126479
https://ilmanifesto.it/tony-judt-e-la-responsabilita-della-storia/

Stato/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

I fattori che stanno alla base del miracolo economico dell’Asia orientale formano un modello cui sono stati dati vari nomi, il più diffuso tra i quali e’ quello di «developmental state». Questo modello e’ stato creato nel Giappone del dopoguerra ed e’ stato poi seguito nei decenni successivi, con diverse varianti ma senza modifiche sostanziali, dagli altri paesi della regione fino all’entrata in scena della Cina negli anni Novanta.
Il modello si fonda sulla centralita’ dello Stato come regista a tutto campo dello sviluppo, come attore di prima grandezza dell’economia e come responsabile del mutevole negoziato tra le forze della produzione e le varie componenti sociali.
Il developmental state ha un centro propulsore nei ministeri economici del governo centrale e in alcune agenzie specializzate dello sviluppo settoriale – come il celebre Miti giapponese – rette da una tecnocrazia indipendente e altamente qualificata che elabora i piani di crescita e ne controlla l’esecuzione. […]
Il developmental state non e’ uno Stato keynesiano che interviene a colmare le deficienze intrinseche dei mercati dal lato della creazione di domanda e del potere d’acquisto, ma un’istituzione che guida direttamente i mercati e si sostituisce a essi nell’offerta di lavoro, beni e capitali.
Non deve sfuggire l’anomalia di questa situazione rispetto alle condizioni operative del capitalismo occidentale, dove il rialzo delle retribuzioni e dei redditi finisce – come nell’eta’ d’oro del keynesismo – col deprimere i profitti, interrompere il ciclo di crescita e scatenare una controffensiva che ripristina la subordinazione della manodopera e la disuguaglianza sociale preesistente.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Stato/Fana

Marta Fana, Simone Fana – Basta salari da fame – Laterza (2019)

Nel 1981 viene sancito il divorzio tra Banca d’Italia e Ministero del Tesoro.
La Banca d’Italia diventa un organo indipendente, liberato da qualsiasi meccanismo di controllo politico-democratico.
Il nuovo assetto istituzionale esprime una rottura piu’ ampia, che riguarda direttamente il rapporto tra democrazia e capitalismo. Le istituzioni democratiche si liberano dagli intralci del conflitto sociale e divengono mere esecutrici dei dettami “tecnici” delle oligarchie economiche.
A farne le spese sara’ ancora una volta la classe lavoratrice.
L’opera di smantellamento delle conquiste sociali degli anni precedenti viene portata a termine tra il 1983 e il 1984.
La notte del 22 gennaio del 1983 con il primo accordo tra governo, sindacato e industriali si apre il processo di revisione della scala mobile, con la previsione del taglio del 15% del punto di contingenza. Nell’anno seguente il governo presieduto da Bettino Craxi propone un ulteriore taglio della scala mobile.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858138878
http://www.leparoleelecose.it/?p=37065
https://www.pandorarivista.it/articoli/basta-salari-da-fame-marta-fana-simone-fana/

Stato/Pallante

Francesco Pallante – Contro la democrazia diretta – Einaudi (2020)

I sistemi elettorali sono mezzi. Di per se’, nulla dicono sui fini: dipende da come vengono utilizzati.
Cosi’ come il proporzionale puo’ generare partecipazione o degenerare in partitocrazia, allo stesso modo il sistema maggioritario puo’ assumere le caratteristiche della democrazia d’indirizzo o d’investitura.
Indirizzo e investitura producono entrambi una premiership personalizzata, ma altro e’ che la scelta del leader avvenga in esito alla costruzione dell’identita’ politica di un collettivo organizzato (modello dell’indirizzo), altro che l’identita’ del gruppo si esaurisca nella scelta del leader (modello dell’investitura).
In Italia e’ fin da subito la seconda prospettiva a prevalere […]
Gli effetti della trasformazione maggioritaria, amplificati dal sistema dei media, sono pervasivi.
Lo scontro tra i leader degli schieramenti contrapposti diventa il fulcro di campagne elettorali incentrate sulla personalita’ dei contendenti piu’ che sui programmi da realizzare.
L’aspetto, la storia, il privato dei candidati diventano decisivi elementi di valutazione della loro credibilita’.
Per chi si candida, l’avere un profilo pubblico, l’avere esperienza politica, diventa, improvvisamente, un handicap. L’esserne totalmente a digiuno un vantaggio. Chi ha saputo ben coltivare le proprie cose private si trasforma, per cio’ solo, nel piu’ appetibile dei candidati a occuparsi della cosa pubblica. L’importante e’ che si presenti bene.

Info:
https://www.letture.org/contro-la-democrazia-diretta-francesco-pallante
https://www.questionegiustizia.it/articolo/sul-libro-di-francesco-pallante-contro-la-democrazia-diretta
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-scommessa-della-rappresentanza-perche-la-democrazia-diretta-non-e-la-soluzione-alla-crisi-della-politica/

Stato/Deneault

Alain Deneault – Governance. Il management totalitario – Neri Pozza (2018)

La privatizzazione del bene pubblico non e’ ne’ piu’ ne’ meno che un processo di privazione.
Mentre il liberalismo economico promuove quest’arte della privazione negli ambienti di chi ne trae profitto, la governance serve ad ammortizzarne lo choc, peraltro solo per lo spirito, in quanto non si oltrepassera’ mai su questo punto l’ambito del lavoro retorico.
Privare, in latino, designa l’azione di mettere da parte – il contrario di spartire.
Privatizzare un bene consiste nel privare qualcuno di qualcosa a vantaggio di qualcun altro, dal momento che non viene pagato nessun diritto di cessione. Il privatus designa di conseguenza colui che e’ privato di qualcosa […]
Dallo stesso privare latino proviene del resto l’espressione “privilegio”.
La parola letteralmente significa legge (lex) privata (privus): il privilegio corrisponde all’atto di privare (escludere) un altro di un bene o di un favore in virtu’ di una regola generale (legge).

Info:
https://www.doppiozero.com/materiali/dopo-la-democrazia-la-governance
https://ilmanifesto.it/il-prezzo-senza-volto-di-un-ingranaggio/

Stato/Marsili

Lorenzo Marsili, Yanis Varoufakis – Il terzo Spazio. Oltre establishment e populismo – Laterza (2017)

Secondo l’OCSE, dagli anni Ottanta la diseguaglianza economica e’ cresciuta del 33% in Italia (il dato piu’ alto fra i paesi OCSE).
Al punto che nel 2016 i sette paperoni nazionali hanno una ricchezza pari ai 20 milioni piu’ poveri, il famigerato 1% detiene il 25% del reddito nazionale e il 20% delle persone piu’ ricche possiede piu’ di quanto detenuto dal 67% della popolazione […]
Il problema e’, senz’altro, globale. Alcune delle misure necessarie – come la chiusura dei paradisi fiscali, dato che il 50% delle aziende italiane quotate in borsa ha una presenza in un paradiso offshore – possono essere portate avanti principalmente a livello europeo. Ma molte altre possono e devono essere messe in campo a livello nazionale. Non e’ un intervento divino che ha reso l’Italia il paese piu’ iniquo fra le democrazie dell’Europa occidentale, con la piu’ grande forbice di ricchezza fra chi ha troppo e chi troppo poco. Ma chiare scelte politiche: la detassazione delle grandi eredità – laddove, come ha dimostrato Piketty, i grandi patrimoni si trasferiscono non per merito ma per eredita’; la detassazione della prima casa anche per i piu’ abbienti; un sistema fiscale iniquo che schiaccia lavoratori, autonomi e partite IVA ma che abbassa la tassazione sui profitti d’impresa e inventa condoni fiscali sempre piu’ improbabili; e poi l’assenza di una vera tassazione patrimoniale, di natura fortemente progressiva e non punitiva, capace di mettere in circolazione la ricchezza accumulata nelle mani di pochissimi e tenuta ferma a moltiplicarsi attraverso investimenti finanziari improduttivi […]
Oltre all’economia la grande ricchezza puo’ bloccare la democrazia. Lungi dall’essere solo un problema economico e sociale, questo e’ infatti un problema politico di primo piano. Chi accumula una posizione economica dominante acquisisce di fatto anche un potere decisionale che mina alla radice l’autonomia dei singoli cittadini, permettendo quelle forme di cattura della democrazia nazionale da parte delle grandi oligarchie di potere che sequestrano la sovranita’ popolare e snaturano il senso stesso della rappresentanza politica.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858128282
https://www.sns.it/it/evento/terzo-spazio
https://www.estetica-mente.com/recensioni/libri/lorenzo-marsili-yanis-varoufakis-terzo-spazio-oltre-establishment-populismo/73210/
http://www.mangialibri.com/libri/il-terzo-spazio