Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internazionali – Laterza (2020)

Stando al Trattato di Lisbona del dicembre 2007, l’Europa avrebbe dovuto diventare, nel giro di una decina d’anni, la compagine piu’ dinamica del mondo.
Era stata invece l’Asia ad aver assunto nel frattempo questa connotazione, in virtu’ delle crescenti potenzialita’ di sviluppo avvenute negli ultimi anni nelle varie contrade del Pacifico e in quelle a suo ridosso, tanto che esse rappresentavano oltre la meta’ del Pil mondiale e catalizzavano la maggior parte dei traffici internazionali.
Nel loro ambito operavano e si misuravano, in un serrato confronto di interessi tanto economici che politici, non solo tre grandi potenze come Cina, Stati Uniti e India. Anche la Russia, il Giappone e l’Australia avevano un ruolo determinante agli effetti del peso assunto dallo scacchiere del Pacifico nei rapporti con altre parti del globo. Senza contare l’apporto di una schiera di Paesi come Corea del Sud, Singapore, Vietnam, Thailandia, Indonesia e Filippine.
Senonche’ rivalita’ storiche, contrasti etnici e religiosi, contenziosi territoriali o antagonismi di ordine politico o economico avevano continuato a segmentare il continente asiatico in singole entita’ a se’ stanti, a dar luogo ad alleanze mutevoli e reversibili, o a perpetuare determinati motivi di reciproca acredine e diffidenza mai del tutto sopiti […]
Non era percio’ un caso che proprio l’antico impero del Sol Levante, trasformatosi alla fine della guerra in una monarchia costituzionale, avesse risposto alla Cina e alla sua “Nuova Via della seta” con un’iniziativa di considerevole portata, volta a collegare alcuni Paesi dell’Asia al continente africano. Questo progetto, coltivato fin dal 2012 dal premier Shinzo Abe, aveva preso il via nella primavera del 2019 coinvolgendo India, Australia e Stati Uniti.
Che si trattasse in tal modo non solo di far concorrenza alla Cina sui mercati (dopo aver gia’ stipulato un buon accordo commerciale con la Ue), ma anche di contrapporle una diversa visuale strategica di carattere politico, lo stava a dimostrare la stessa denominazione data da Tokyo a questa sua mission: “Free and Open Indo-Pacific Strategy” (Foip). Con i due aggettivi open e free (“libera e aperta”) i giapponesi intendevano infatti rimarcare la differenza con la Belt and Road Initiative, considerata viceversa chiusa e coercitiva, in quanto avrebbe costretto i Paesi coinvolti dal piano cinese a indebitarsi con Pechino o comunque ad assoggettarsi prima o poi alle sue condizioni.
In pratica, la Foip si proponeva di mettere in comunicazione diretta e amalgamare una parte del continente asiatico e una parte di quello africano, in base a una rete di investimenti (il 61 per cento dei quali finanziato dal Giappone) per uno sviluppo infrastrutturale tale da abbracciare l’Oceano Pacifico e quello Indiano.
Che quest’iniziativa di Tokyo fosse dovuta all’intento di reagire alla dilatazione del raggio d’azione della Cina o si trattasse di un tentativo nipponico di supplire al progressivo disimpegno dell’America di Trump, o che perseguisse entrambi questi scopi, sta di fatto che in Europa si era infine prestata attenzione al progetto del governo giapponese. Negli ultimi giorni del suo mandato Juncker aveva firmato un accordo, per 50 miliardi di euro, con Shinzo Abe per la realizzazione di infrastrutture e altri progetti congiunti, in particolare nel continente africano.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858140710

Geoeconomia/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

L’idea per cui la democrazia “controllata” alla cinese sarebbe riuscita a coinvolgere tutti gli strati della popolazione in maniera piu’ rappresentativa rispetto alle democrazie elettorali occidentali non sembra possa essere suffragata […], soprattutto a causa della sua palese mancanza di trasparenza.
La fortissima crescita delle disuguaglianze in Cina e l’estrema opacita’ che le caratterizza suscitano inoltre seri dubbi sul reale coinvolgimento delle classi popolari cinesi nel processo decisionale socialmente rappresentativo che il PCC sostiene di assicurare.
E’ vero comunque che le molteplici critiche che il modello cinese muove ai sistemi politici occidentali vanno prese sul serio.
Oltre al controllo sul finanziamento del sistema dei media e dei partiti, e oltre alle difficolta’ strutturali in merito alla questione dei confini e della proprieta’, e’ innegabile che le istituzioni parlamentari tendono sempre piu’ a essere gestite con riunioni “a porte chiuse”, e a configurarsi come ambienti autoreferenziali, sia nell’Unione Europea che negli Stati Uniti.
L’idea di rappresentanza deve essere valorizzata con dispositivi di decisione e di partecipazione che vadano al di la’ di una semplice consultazione elettorale ogni quattro o cinque anni.
Le conferme concrete in cui puo’ attuarsi la democrazia sono da reinventare costantemente e il confronto sereno tra diversi modelli ed esperienze storiche puo’ contribuirvi in maniera significativa a condizione di saper superare le tensioni identitarie e l’arroganza nazionalista.

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Europa/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

Nel 2008, il debito europeo non era superiore a quello degli Stati Uniti, del Giappone o del Regno Unito.
Ma la pessima organizzazione collettiva e l’incapacita’ dei paesi europei di creare un titolo di debito comune spiegano gli scarsi risultati macroeconomici della zona euro dopo la crisi del
2008.
E’ incredibile come – facendo tutto da sola – l’Europa sia riuscita a trasformare un collasso finanziario nato nel settore della finanza privata statunitense in una solida crisi del debito pubblico dei suoi paesi membri. Con conseguenze drammatiche per i paesi europei in termini di aumento della disoccupazione e di crescita dei movimenti antiimmigrati, mentre prima del 2008 l’Unione Europea invece si caratterizzava per la notevole capacita’ d’integrazione: la disoccupazione e l’estrema destra erano in calo, e i flussi migratori erano piu’ elevati che negli Stati Uniti.

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Geoeconomia/Castronovo

Valerio Castronovo – Chi vince e chi perde. I nuovi equilibri internezionali – Laterza (2020)

La globalizzazione ha percio’ smentito le previsioni iniziali di Washington e dei governi occidentali su un ulteriore ampliamento della propria sfera d’influenza e di penetrazione economica su scala planetaria.
Cina e India hanno preso il largo, mentre l’America e l’Europa sono state frattanto azzoppate da quella sorta di boomerang che e’ stata la grande crisi esplosa nel 2008.
L’assenza di norme adeguate che assicurassero una reale governance multilaterale della globalizzazione e gli effetti patologici di una straripante finanziarizzazione dell’economia hanno infatti agito da principali generatori del devastante cortocircuito avvenuto nel cuore del sistema capitalistico. Al punto da evocare i fantasmi del drammatico crollo nel 1929 di Wall Street e della Grande depressione perpetuatasi negli anni Trenta.
Quanto sia stato dirompente l’impatto sulle societa’ occidentali del sisma avvenuto fra il 2007 e il 2008, al culmine di una stagione di convulse speculazioni finanziarie, lo si seguita a constatare ai giorni nostri in forme e dimensioni sempre piu’ evidenti. Poiche’ s’e’ infranto non solo un insieme di certezze e garanzie di stabilita’ e sicurezza; ma perche’ si sono moltiplicate, in seguito a una dilatazione delle disuguaglianze sociali, le apprensioni e le angosce a tal punto che esse sono divenute una condizione esistenziale intrinseca per una parte crescente delle classi popolari.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858140710
http://www.economiaitaliana.it/it/articolo.php/Chi-vince-e-chi-perde-nella-grande-sfida-globale-per-la-egemonia-del-mondo?LT=CULT&ID=39848

Europa/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Riscrivere l’economia europea. Le regole per il futuro dell’Unione – il Saggiatore (2020)

Dal 1999 al 2008, in Germania, il costo unitario del lavoro nel settore manifatturiero (trainato dalle esportazioni) e’ diminuito del 9 per cento.
Tra il 2000 e il 2005 la domanda interna tedesca e’ addirittura diminuita in termini reali. Com’era prevedibile, nello stesso periodo il tasso medio annuo di crescita nominale dei ricavi delle importazioni tedesche dagli altri paesi dell’Eurozona e’ a sua volta bruscamente diminuito.
L’approccio tedesco si e’ tradotto in una vera e propria svalutazione interna, effettuata nell’arco di un decennio e resa possibile da un ampio consenso sociale. I sindacati dei lavoratori hanno scelto la moderazione salariale per salvaguardare il numero assoluto dei posti lavoro, accettando un calo delle retribuzioni. E le imprese ne hanno raccolto i risultati, in termini di aumento dei ricavi.
L’opinione pubblica tedesca si e’ pavoneggiata per i successi della propria macchina dell’export, ammirata in tutto il mondo.
E le leggi dell’Unione europea, che vietano l’erogazione di sussidi a singole aziende, non proibivano questa strategia di assistenza su larga scala a chi e’ in situazioni di bisogno.
E’ stato questo sostegno a spianare la strada alle riduzioni di salari e redditi. Ma queste ultime hanno avuto ripercussioni anche fuori della Germania. Il fatto che il governo offrisse alla societa’ un cuscinetto per attutire le conseguenze peggiori dovute ai salari e ai redditi bassi produceva effetti non molto lontani da quelli che sarebbero risultati dall’erogazione di puri e semplici sussidi alle imprese, che sarebbero stati tacciati di concorrenza sleale e forse perfino vietati dalle regole europee sugli aiuti di Stato.
Le profonde spaccature nell’Eurozona erano praticamente preordinate. L’atteggiamento tedesco era una riedizione delle politiche di beggar-thy-neighbor [impoverisci il tuo vicino] che avevano afflitto il sistema delle valute in Europa negli anni novanta (e il mondo dopo lo scoppio della Grande depressione).
Anziche’ deprezzare la propria moneta per promuovere le esportazioni, la Germania ora svalutava una variabile che, nonostante l’euro, poteva ancora controllare direttamente: il prezzo del proprio lavoro.

Info:
https://www.linkiesta.it/2020/05/nobel-stigliz-come-riscrivere-economia-europea/
http://temi.repubblica.it/micromega-online/al-capezzale-dell-europa/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/riscrivere-leconomia-europea/

Geoeconomia/Levitsky

Steven Levitsky, Daniel Ziblatt – Laterza (2019)

Oggi le condizioni internazionali sono chiaramente meno favorevoli alla democrazia rispetto agli anni dopo la fine della Guerra Fredda.
Negli anni Novanta le democrazie liberali occidentali non avevano rivali quanto a potere militare, economico e ideologico, e la democrazia all’occidentale era generalmente vista come «l’unica scelta sulla piazza». A vent’anni di distanza, tuttavia, l’equilibrio del potere a livello mondiale e’ mutato. L’influenza mondiale dell’UnioneEuropea e degli Stati Uniti e’ diminuita, mentre la Cina e la Russia sembrano in costante ascesa.
E con l’affermazione di nuovi modelli autoritari in Russia, Turchia, Venezuela e altri paesi, la democrazia non appare piu’ inattaccabile come un tempo […] l’ascesa di Trump, gia’ in se’, puo’ rappresentare un problema per la democrazia mondiale.
Tra la caduta del Muro di Berlino e la presidenza Obama, le varie amministrazioni americane hanno mantenuto in generale una politica estera favorevole alla democrazia.
Le eccezioni non sono mancate: laddove erano in gioco gli interessi strategici dell’America, come in Cina, in Russia e in Medio Oriente, la democrazia e’ sparita dall’agenda. Ma in gran parte dell’Africa, dell’Asia, dell’Europa orientale e dell’America Latina, le amministrazioni statunitensi hanno usato la pressione diplomatica, l’assistenza economica e altri strumenti di politica estera per combattere l’autoritarismo e favorire la democratizzazione durante l’era post-Guerra Fredda.
Il periodo 1990-2015 molto probabilmente e’ stato il quarto di secolo piu’ democratico nella storia del pianeta, e una delle ragioni e’ che le potenze occidentali, in linea di massima, hanno sostenuto la democrazia.
Tutto questo ora potrebbe cambiare.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135280
https://www.stroncature.com/2019/10/08/come-muoiono-le-democrazie/
https://www.eunews.it/2019/09/20/muoiono-le-democrazie/120948

Europa/Kelton

Stephanie Kelton – Il mito del deficit. La Teoria Monetaria Moderna per un’economia al servizio del popolo – Fazi (2020)

La politica italiana negli ultimi anni ha continuato a essere dominata dallo spettro dello “spread“ – il differenziale tra i tassi di interesse dei titoli di Stato italiani e quelli dei titoli di Stato tedeschi –, in base all’assunto errato secondo cui i tassi di interessi sono fissati dai mercati, i quali necessitano di essere “rassicurati“ dai governi per mezzo di politiche fiscali “responsabili“, quando in realta’ […] i tassi di interesse sui titoli di Stato sono una variabile che dipende sempre dalla politica monetaria della banca centrale (anche quando quest’ultima sceglie, per ragioni politiche, di lasciare che siano i mercati a determinare i tassi,come ha spesso fatto la BCE in passato).
La risposta della BCE alla crisi determinata dalla pandemia lo ha reso ampiamente evidente.
Da marzo, la BCE ha intensificato il suo programma di acquisto titoli e oggi sta effettivamente finanziando il disavanzo pubblico dell’Italia, acquistando praticamente tutte le obbligazioni italiane di nuova emissione; di conseguenza, nonostante un significativo aumento del deficit e del debito pubblico, i tassi di interesse sulle obbligazioni italiane sono scesi a livelli record.
Cio’ dimostra, al di la’ di ogni dubbio, che la BCE puo’ sempre impedire che l’aumento del deficit (o dei livelli del debito) spinga all’insu’ i tassi di interesse.
Se lo avesse voluto, la BCE avrebbe potuto scegliere di stabilizzare i tassi di interesse italiani durante le turbolenze politiche del 2018-2019, consentendo cosi’ il regolare svolgimento del processo democratico, invece di lasciare che i mercati obbligazionari influenzassero l’agenda politica […]
Allo stesso modo, proprio come la BCE sta oggi creando denaro per sostenere gli sforzi nazionali per combattere la pandemia, avrebbe potuto fare lo stesso in passato per aiutare i governi a combattere la disoccupazione e altre piaghe sociali invece di insistere affinche’ riducessero i loro livelli di deficit e di debito.

Info:
http://osservatorioglobalizzazione.it/recensioni/il-mito-del-deficit-kelton/
https://www.lafionda.org/2020/09/27/il-mito-del-deficit/
https://fazieditore.it/catalogo-libri/il-mito-del-deficit/
https://sinistrainrete.info/articoli-brevi/19308-brian-cepparulo-il-mito-del-deficit-stephanie-kelton-e-la-nuova-frontiera-della-mmt.html

Geoeconomia/Zizek

Slavoi Zizek – Virus – Ponte alle Grazie (2020)

L’epidemia in corso non ha solo lasciato affiorare i conflitti sociali ed economici che covavano sotto la cenere; non soltanto ci ha posto di fronte a immensi problemi politici ed economici. In misura crescente, si sta definendo un autentico conflitto di visioni globali riguardo alla societa’ e agli esseri umani.
All’inizio, sembrava che avrebbe finito per prevalere una sorta di solidarieta’ globale di base, che avrebbe privilegiato gli aiuti verso chi fosse maggiormente in pericolo; tuttavia, come ha osservato John Authers, questa solidarieta’ ha gradualmente ceduto il passo a una piu’ aspra battaglia culturale tra fazioni, che vede rivaleggiare principi morali scagliati come bombe a mano metafisiche.
Diversi Paesi hanno adottato impostazioni antitetiche, mentre gli Stati Uniti si sono scissi quasi in due nazioni, divisi tra chi indossa e chi non indossa la mascherina […]
Il modo in cui affronteremo il problema dipende in definitiva dalla posizione fondamentale che adottiamo in relazione alla vita umana.
Siamo – come Dilley – libertari che rigettano qualunque invasione delle liberta’ personali?
Siamo utilitaristi pronti a sacrificare migliaia di vite al benessere economico della maggioranza?
Siamo autoritari che credono che possano salvarci soltanto il rigido controllo e la disciplina imposti dallo Stato?
Siamo spiritualisti seguaci della new age e riteniamo l’epidemia un avvertimento che ci arriva dalla Natura, una punizione per aver sfruttato le risorse naturali?
Crediamo che Dio ci stia semplicemente mettendo alla prova e finira’ per aiutarci a trovare una via d’uscita?

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/slavoj-zizek/2020/07/11/virus-capitalismo
https://www.illibraio.it/news/dautore/libri-virus-zizek-1372415/
https://www.huffingtonpost.it/entry/il-virus-dellavvenire_it_5e8d7c80c5b6e1a2e0fc234d
https://www.lastampa.it/vatica-insider/it/2020/05/20/news/coronavirus-slavoi-zizek-non-esiste-un-ritorno-alla-normalita-1.38867522

Europa/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – Riscrivere l’economia europea. Le regole per il futuro dell’Unione – il Saggiatore (2020)

Nel 2008 una crisi finanziaria, inizialmente quasi impercettibile e poi inarrestabile, ha innescato in Europa quella che e’ diventata una crisi prima economica e poi sociale.
Tutte le crisi prima o poi passano: ma, nel valutare un sistema economico, cio’ che conta non e’ che la crisi sia finita, ma il tempo che ci vuole per arrivare a una completa ripresa, le sofferenze inflitte tanto a lungo ai cittadini e la vulnerabilita’ del sistema a un’altra crisi.
In Europa le conseguenze della crisi finanziaria e della recessione sono state inutilmente gravi, lunghe e dolorose. Il divario tra la condizione attuale dell’economia e quella in cui si sarebbe trovata in assenza di crisi si misura ormai in trilioni di euro. E ancor oggi, un decennio dopo lo scoppio della crisi, la crescita rimane anemica e fragile.
Il fenomeno che meglio di ogni altro compendia gli effetti della crisi finanziaria del 2008 e’ la disoccupazione, che e’ aumentata in quasi tutti i paesi, e in alcuni di essi ha raggiunto livelli vertiginosi.
Dieci anni dopo, in gran parte dell’Unione la disoccupazione rimane inaccettabilmente alta, ma i leader europei continuano a preoccuparsi degli eventuali costi futuri dell’aumento del debito e del disavanzo in molti paesi, e a disinteressarsi delle conseguenze devastanti della crisi per tanti europei […]
Oggi un gran numero di giovani non ha alcuna possibilita’ di trovare un lavoro sicuro o gratificante in linea con le proprie capacita’ e aspirazioni: tra coloro che hanno meno di 25 anni, e quelli che non hanno completato gli studi secondari superiori, il tasso di disoccupazione medio europeo e’ il doppio di quello complessivo: rispettivamente 18,5 e 17 per cento.
E’ stato un decennio di occasioni perdute, nel corso del quale la disoccupazione di massa e’ diventata causa e al tempo stesso effetto della disuguaglianza. Molti lavoratori anziani che avrebbero potuto continuare a dare un contributo alla societa’ non ne hanno avuto la possibilita’; i giovani hanno dovuto fare a meno di quella prima fase di sviluppo delle competenze che e’ essenziale per la loro formazione e che incidera’ sulla loro crescita.

Info:
https://www.linkiesta.it/2020/05/nobel-stigliz-come-riscrivere-economia-europea/
http://temi.repubblica.it/micromega-online/al-capezzale-dell-europa/
https://www.ilsaggiatore.com/libro/riscrivere-leconomia-europea/

Europa/Aresu

Alessandro Aresu – Le potenze del capitalismo politico. Stati Uniti e Cina – La Nave di Teseo (2020)

Cosa ci siamo bevuti?
Un archivista del futuro potra’ classificare la letteratura del primo decennio del XXI secolo sulla potenza dellʼEuropa nellʼambito della fantascienza tragica, comica o comico-pastorale […]
Si tratta di un breve passaggio nella storia dellʼumanita’ […]
Eppure, anche questo intervallo fa parte della storia e non possiamo fare finta che non sia esistito solo per via della sua ridicolaggine.
Negli stessi anni in cui i cinesi hanno fatto uscire centinaia di milioni di persone dalla poverta’, noi abbiamo creduto che un non ben definito “primato europeo” avrebbe resistito indefinitamente. La potenza europea avrebbe domato gli schiaffi della fortuna, grazie ad azioni incisive come la citazione del Manifesto di Ventotene, lʼallargamento dellʼUnione Europea, i fondi strutturali.
Non se lo ricorda più nessuno,
ma il 15 febbraio 2003 si svolgono manifestazioni imponenti a Londra, a Roma, a Madrid, a Barcellona, a Berlino, a Parigi e nelle altre grandi città europee. Manifestazioni candidate, secondo Jürgen Habermas e Jacques Derrida, a “entrare nei libri di storia come segnale della nascita di unʼopinione pubblica europea”. I cittadini europei, facendosi sentire, indicano una strada ambiziosa: “LʼEuropa deve gettare sulla bilancia il suo peso, sul piano internazionale e nellʼambito dellʼONU, per controbilanciare lʼunilateralismo egemonico degli Stati Uniti.” […]
Non se lo ricorda più nessuno,
ma nel 2004 esce un libro di Jeremy Rifkin, The European Dream […] “Mentre lo spirito americano si trascina nel passato, un nuovo sogno europeo sta nascendo. E’ un sogno molto piu’ adatto alla prossima tappa dellʼavventura umana, un sogno che promette di condurre lʼumanita’ a una coscienza globale adatta a una societa’ sempre piu’ interconnessa e globalizzante.” […]
Non se lo ricorda più nessuno,
ma nel 2005 esce un libro di Mark Leonard, Why Europe Will Run the 21st Century.” […] lʼobiettivo dellʼUnione Europea puo’ essere la creazione di una “Unione delle unioni”, che metta insieme le varie aggregazioni regionali al mondo. Con la crescita inevitabile di queste aggregazioni, anche “le grandi potenze come gli Stati Uniti saranno inevitabilmente risucchiate nel processo di integrazione”. Esiste gia’ una Eurosfera, che secondo Leonard coinvolge ben 109 Paesi e che dara’ vita –inevitabilmente– a un “Nuovo secolo europeo” […]
Non se lo ricorda più nessuno,
ma nel 2006 esce un libro di Jan Zielonka, Europe as Empire. […] Propone “un sistema di governance economica e democratica che corrisponda alle sfide sempre piu’ grandi della modernizzazione, dellʼinterdipendenza, della globalizzazione” […]
Non se lo ricorda più nessuno,
ma nel 2008 esce un libro di Parag Khanna, The Second World. Qualcuno forse ne ricorda la pubblicazione, ma potrebbe ignorare un aspetto non secondario del contenuto, evidente nel titolo italiano (I tre imperi). […] in effetti vi sono “tre grandi imperi mondiali: gli Stati Uniti, lʼUnione Europea, la Cina”.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/le-potenze-del-capitalismo-politico-di-alessandro-aresu/
https://www.letture.org/le-potenze-del-capitalismo-politico-stati-uniti-e-cina-alessandro-aresu
http://osservatorioglobalizzazione.it/interviste/aresu-capitalismo-politico/