Europa/Fazi

Thomas Fazi, William Mitchell – Sovranita’ o barbarie. Il ritorno alla questione nazionale – Meltemi (2018)

Il fatto che da un punto di vista strettamente macroeconomico Maastricht e la moneta unica si siano rivelati un disastro per il nostro paese e’ ormai acclarato e sotto gli occhi di tutti.
Come detto, l’euro era visto dai dirigenti tedeschi anche come uno strumento per sbaragliare la concorrenza commerciale dei suoi principali competitors europei, a partire dall’Italia.
Questa strategia ha funzionato. Come abbiamo visto, fino alla fine degli anni Ottanta, l’Italia e’ stato il paese d’Europa con la piu’ elevata crescita media. Poi, tra l’inizio e la meta’ degli anni Novanta, quel trend non ha solo subito una brusca frenata, ma ha addirittura conosciuto una drammatica inversione di tendenza che dura fino ai giorni nostri, relativamente in particolare alla produzione industriale, alla produttivita’ e al PIL pro capite: tutte variabili che fino a quel momento avevano registrato un tasso di crescita superiore o pari a quello della Germania e degli altri partner europei […]
La crisi ha dato il volano al completamento del processo di privatizzazione iniziato negli anni Novanta, rendendo le imprese italiane facile preda delle multinazionali di altri paesi: in meno di tre anni – cioe’ sotto i governi Monti, Letta e Renzi – sono passate sotto il controllo di corporations straniere l’Alitalia (Etihad, Emirati Arabi Uniti), la Telecom (Telco, spagnola), la Indesit (Whirlpool, americana), l’Ansaldo Breda, quella che costruisce i Frecciarossa (Hitachi, giapponese), la Pirelli (ChemChina, cinese), oltre a centinaia di altre aziende (tanto per citarne alcune: Fastweb, Fiorucci, Parmalat, Edison, Wind, MandarinaDuck, Gucci, Bulgari, Eridania)

Info:
https://www.retemmt.it/sovranita-o-barbarie-intervista-a-thomas-fazi/
http://www.marx21.it/index.php/internazionale/europa/29438-sovranita-o-barbarie-il-ritorno-della-questione-nazionale
http://temi.repubblica.it/micromega-online/quando-sovranismo-fa-rima-con-socialismo/

Europa/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

Come spiegare questo forte divario che separa le classi popolari (nel senso piu’ ampio) dal progetto di costruzione europea?
Mi sembra che la spiegazione piu’ plausibile risieda nella percezione (in gran parte giustificata) che il grande mercato unico europeo avvantaggi soprattutto gli attori economici piu’ potenti e i gruppi sociali piu’ favoriti.
Di fatto, e’ poco contestabile che la concorrenza fiscale induca i paesi europei a modificare il proprio sistema di tassazione a vantaggio degli operatori piu’ dinamici, a scapito dei piu’ umili. L’idea che i gruppi sociali piu’ modesti sarebbero per natura irrazionalmente nazionalisti (o addirittura razzisti) – ipotesi molto comoda, che permette alle elite “progressiste” di giustificare la propria missione civilizzatrice – non regge a un’analisi approfondita […]
Fino a quando l’Unione Europea non sara’ al servizio di una politica chiara e tangibile di giustizia sociale e fiscale (per esempio, con un’imposta europea sui redditi e sui patrimoni piu’ elevati), non si vede quale altro fattore potrebbe riuscire a ricomporre il profondo divario che si e’ venuto a creare tra classi popolari e progetto di costruzione europea […]
Gli sviluppi osservati in questi ultimi anni non fanno che accrescere il divario tra l’UE e le classi popolari.
In Francia, chi e’ arrivato al potere con le elezioni del 2017 dice di essere a favore dell’Europa, mettendo ancora una volta, e in modo particolarmente grossolano la costruzione europea al servizio di una politica a favore delle classi agiate. Le due principali misure fiscali votate nell’autunno 2017 [imposta sul patrimonio immobiliare e l’introduzione di un’aliquota d’imposta proporzionale sui redditi da capitale …] sono state adottate in larga misura in nome della “concorrenza europea”. Provvedimenti che sono stati giustificati anche in ossequio all’ideologia dei “primi della cordata” (secondo la definizione data da Macron), per cui l’intera popolazione trarrebbe beneficio dagli sgravi fiscali accordati ai piu’ ricchi (considerati, in questo caso, i piu’ meritevoli e i piu’ utili). Una prospettiva che ricorda la teoria del trickle-down (“gocciolamento”) propagandata da Ronald Reagan negli anni ottanta del secolo scorso, o quella dei job creators sviluppata da Donald Trump e dai repubblicani statunitensi negli anni dieci del Duemila.

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Europa/Piketty

Thomas Piketty – Capitale e ideologia. Ogni comunita’ ha bisogno di giustificare le proprie disuguaglianze – La Nave di Teseo (2020)

Nonostante i suoi successi, in questo inizio di XXI secolo la costruzione europea accusa numerosi limiti che potrebbero provocare un rigetto popolare generalizzato, come dimostra il referendum sulla Brexit del 2016.
Nel corso degli ultimi decenni, e’ andato affermandosi il sentimento diffuso secondo il quale “l’Europa” (parola che e’ arrivata a designare l’istituzione europea con sede a Bruxelles) agirebbe a scapito delle classi popolari e medie, operando soprattutto a vantaggio dei ceti privilegiati e delle grandi imprese. Questo “euro- scetticismo” si e’ nutrito anche dell’avversione ai nuovi fenomeni migratori, nonche’ di un generale senso di declassamento […]
Resta pur sempre il fatto che i governi europei non sono stati in grado di far fronte all’aumento delle disuguaglianze e al calo della crescita iniziato nel decennio 1980-1990. Questo clamoroso fallimento si spiega, da un lato, con il fatto che l’Europa si sia fondata quasi esclusivamente su un modello di sviluppo basato sulla concorrenza tra i territori e tra le persone, a tutto vantaggio dei gruppi dotati di maggiore mobilita’ (o percepiti come tali); dall’altro, con l’incapacita’ degli Stati
membri di adottare la benche’ minima forma di tassazione o di politica sociale comune. Incapacita’ a sua volta derivante dall’aver scelto il principio dell’unanimita’ per ogni decisione in materia fiscale […]
La regola dell’unanimita’ e la concorrenza fiscale tra gli Stati europei hanno portato a una dinamica di dumping fiscale accelerato nel periodo 1990-2020, specie per quanto riguarda la tassazione sugli utili delle societa’. L’aliquota relativa, che negli anni ottanta del secolo scorso era intorno al 45-50% nella maggior parte dei paesi europei, e’ andata via via riducendosi fino a toccare, nel 2018, un tasso medio di appena il 22%.
Tutto questo in uno scenario in cui il tasso globale dei prelievi obbligatori e’ rimasto stabile; inoltre, non vi e’ alcuna garanzia che la riduzione tendenziale della tassazione sui profitti delle imprese sia giunta al termine (le aliquote potrebbero scendere fino allo 0%, o assumere addirittura la forma opposta, quella di sovvenzioni finalizzate ad attrarre investimenti, come del resto e’ gia’ avvenuto in diverse occasioni).

Info:
https://www.internazionale.it/opinione/annamaria-testa/2020/06/24/thomas-piketty-capitale-ideologia
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/capitale-e-ideologia-intervista-a-thomas-piketty/
https://www.ilmessaggero.it/libri/capitale_e_ideologia_il_nuovo_saggio_di_piketty_star_dell_economia_pop-5299153.html
http://temi.repubblica.it/micromega-online/piketty-il-capitalismo-non-e-piu-in-grado-di-giustificare-le-sue-disuguaglianze/
https://www.huffingtonpost.it/2018/09/08/lincubo-social-nativista-italiano-potrebbe-molto-rapidamente-riguardarci-da-vicino-piketty-avverte-le-democrazie-europee_a_23520935/

Europa/Marsili

Lorenzo Marsili – Il terzo spazio. Oltre establishment e populismo – Laterza (2017)

Oggi l’Europa si trova nuovamente al centro di una grande trasformazione. Non c’e’ stato un giorno, dal crollo della Lehman Brothers, senza che una crisi colpisse l’Unione.
In una sequenza dai tratti grotteschi, in pochi anni abbiamo vissuto l’inizio della crisi finanziaria, la sua trasformazione in crisi del debito e crisi dell’euro che ha portato a una crisi economica apparentemente senza fine.
E ancora, una crisi dei rifugiati, il primo esodo dallo spazio europeo di uno Stato membro con il referendum sulla Brexit e guerra lungo tutti i confini d’Europa – dall’Ucraina alla Siria alla Libia.
All’orizzonte, la prospettiva, sempre piu’ reale, sempre piu’ prossima, di una disintegrazione dello spazio europeo.
La sfida che ci viene posta e’ altissima.
Viviamo un momento di scarto, un interregno dagli esiti piu’ incerti che mai.
Un sistema economico e politico che ha dominato incontrastato per tre decenni e’ entrato in crisi terminale […]
Vediamo l’Europa divenire campo di battaglia fra un establishment in bancarotta e nuovi nazionalismi reazionari.
Da un lato, la politica tradizionale arroccata a difesa del fortino dello status quo, impegnata in un vano tentativo di proteggere un estremo centro che non puo’ e non deve piu’ reggere: il centro di una certa globalizzazione neoliberale, dell’austerita’, il centro che ha assunto come simboli le grandi coalizioni e la Troika.
Dall’altro, l’emergere prepotente di nuove forze regressive che sfruttano un sentimento reale e dilagante di insicurezza sociale per promuovere una piattaforma identitaria, reazionaria e autoritaria.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858128282
https://www.sns.it/it/evento/terzo-spazio
https://www.estetica-mente.com/recensioni/libri/lorenzo-marsili-yanis-varoufakis-terzo-spazio-oltre-establishment-populismo/73210/
http://www.mangialibri.com/libri/il-terzo-spazio

Europa/Marsili

Lorenzo Marsili, Yanis Varoufakis – Il terzo spazio. Oltre establishment e populismo – Laterza (2017)

Nel 1998 i capi di Stato e di governo dell’Eurozona si incontrano ad Amsterdam per definire lo Statuto e la composizione della Banca centrale europea […]
Viene deciso che l’azione principale della BCE deve essere diretta esclusivamente alla lotta all’inflazione, mentre la sua capacita’ di intervento a sostegno dell’economia e dei bilanci nazionali viene fortemente limitata.
Anzi, viene esplicitamente vietata, perche’ bisogna lasciare gli Stati in balia dei mercati e dei loro umori: perche’ i mercati la sanno piu’ lunga, mentre dell’intervento pubblico non ci si puo’ fidare […]
Alla Banca centrale europea viene chiesto di tenere a bada l’inflazione, senza curarsi delle ricadute che le sue politiche potrebbero avere sull’occupazione.
Tutte scelte, queste, perfettamente in linea con un fondamentalismo di mercato che vede nell’inflazione il nemico da combattere (perche’ l’inflazione svaluta il valore del capitale) e nell’occupazione una variabile destinata ad aggiustarsi da se’ attraverso l’abbassamento del costo del lavoro.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858128282
https://www.sns.it/it/evento/terzo-spazio
https://www.estetica-mente.com/recensioni/libri/lorenzo-marsili-yanis-varoufakis-terzo-spazio-oltre-establishment-populismo/73210/
http://www.mangialibri.com/libri/il-terzo-spazio

Europa/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

Un elemento importante del disagio della societa’ europea risiede nella formula di governo dell’Unione.
Delle sue tre principali istituzioni, solo il Parlamento viene eletto dai cittadini.
Commissione e Consiglio europeo sono espressione dei governi degli Stati membri, o meglio, dei circoli di potere tecnocratico e finanziario piu’ esclusivi interni a essi.
L’Unione europea finisce percio’ per essere gestita in condizioni di pesante deficit democratico da una congrega collegata ai poteri finanziari continentali, al governo degli Stati Uniti e a Wall Street.
Il suo centro direzionale e’ una superburocrazia scostante, sorda alle istanze sociali di cinquecento milioni di persone e riluttante a sviluppare quei temi del suo mandato suscettibili di disturbare i padroni del vapore.
Al di la’ del fumo europeista, l’Unione che ci ritroviamo e’ quella dei mercati e delle banche, non quella dei suoi cittadini.
L’«Europa sociale» di Jacques Delors e’ rimasta un miraggio, dimenticata anche dai partiti socialisti presenti nel Parlamento europeo.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Europa/Balibar

Etienne Balibar – Crisi e fine dell’Europa – Bollati Boringhieri (2016)

Da una parte, l’Europa neoliberista, cioe’ quella che il neoliberismo (che, non dimentichiamolo, e’ una politica e non una semplice teoria economica) sta modellando a marce forzate con lo smantellamento dei diritti sociali, delle politiche pubbliche, dei valori di solidarieta’, per renderla a immagine della globalizzazione finanziaria.
Dall’altra, l’Europa democratica, o meglio della democratizzazione, che implica una rivalorizzazione e una reinvenzione dell’Europa sociale, perche’ la negazione delle dimensioni sociali della cittadinanza e’ il cuore delle strategie di de-democratizzazione.
La prima, bisogna riconoscerlo, e’ piu’ reale della seconda, perche’ si concretizza in un enorme apparato di strutture, di istituzioni, di discorsi egemonici.
La seconda invece e’ largamente virtuale, in quanto esiste soltanto sotto forma di resistenze e di iniziative eterogenee, il che pero’ non vuol dire che sia utopistica o che rappresenti soltanto un vuoto ideale. Perche’ la sua esistenza rinvia alle contraddizioni quanto mai reali della prima.
Si puo’ dire che in questo momento l’Europa democratica sia “scomposta” dalle istituzioni e dalle politiche dell’Europa neoliberista, ma che la sua ricomposizione, o la sua “costituzione” nel corso dello sviluppo della crisi non sia impensabile.

Info:
https://www.lindiceonline.com/osservatorio/economia-e-politica/balibar-crisi-europa-ordoliberale/
https://www.illibraio.it/libri/etienne-balibar-crisi-e-fine-delleuropa-9788833928449/
https://left.it/2019/04/13/balibar-leuropa-va-rifondata-aprendo-i-confini/

Europa/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

La Banca centrale europea, come l’euro, e’ difettosa sin dalla sua nascita, nel 1988, perche’ ha come esclusivo compito la lotta all’inflazione.
Questo mandato e’ stato mantenuto invariato anche quando e’ diventato palese, subito dopo la creazione della Bce, che il problema principale per l’economia europea non era l’inflazione, ma la sindrome stagnazione, disoccupazione e deflazione.
«Le banche centrali […] sono state create nei secoli per svolgere soprattutto una funzione: creare il denaro necessario per coprire i disavanzi del bilancio statale, ripagare i debiti pubblici giunti a scadenza, finanziare la spesa sociale, promuovere l’occupazione.
Alla Bce, caso unico al mondo, tale funzione e’ preclusa.»
Infatti, il trattato istitutivo dell’Unione fa divieto alla Bce di prestare denaro ai governi, ma le consente di prestarne quantita’ illimitate alle banche commerciali, «per cui di fronte alla Bce le banche hanno maggiori diritti degli Stati.
Se questi hanno bisogno di denaro, debbono rivolgersi ai mercati, ossia alle banche, pagando sui titoli che emettono tassi di interesse.»

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Europa/Judt

Tony Judt – Quando i fatti (ci) cambiano – Laterza (2020)

L’Europa di oggi presenta un’altra caratteristica curiosa. E’ piu’ facile descrivere i vincitori, le persone e i luoghi che hanno compiuto progressi nell’Unione e associano la loro prosperita’ a un’identita’ marcatamente europea, facendo riferimento alle regioni, non agli Stati nazionali.
Gli esempi di grande successo nell’Europa contemporanea sono il Baden-Wurttemberg, nel sud- ovest della Germania, il Rodano-Alpi in Francia, la Lombardia e la Catalogna […]
Il livello di prosperita’ e di potere economico di queste regioni e’ sbalorditivo.
Il Rodano-Alpi, assieme all’area metropolitana di Parigi, rappresenta circa un terzo del prodotto interno lordo francese.
Nel 1993 la Catalogna rappresentava il 19 per cento del Pil della Spagna, il 23 per cento delle esportazioni e attirava un quarto degli investimenti esteri; il reddito pro capite superava del 20 per cento la media nazionale […]
Se l’«Europa» sta dalla parte dei vincitori, chi parlera’ a nome dei perdenti: il «Sud», i poveri, gli europei svantaggiati in termini di lingua, cultura e istruzione, disagiati, disprezzati, che non vivono in triangoli d’oro lungo frontiere svanite?
Il rischio e’ che a questi europei resti soltanto «la nazione» o, piu’ precisamente, il nazionalismo: non il separatismo nazionale dei catalani ne’ l’arrivismo regionale dei lombardi, ma la conservazione dello Stato del diciannovesimo secolo come baluardo contro il cambiamento.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858126479
https://ilmanifesto.it/tony-judt-e-la-responsabilita-della-storia/

Europa/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa – Fazi (2016)

Nelle attuali circostanze, l’uscita unilaterale dell’Italia o di un altro paese dall’euro potrebbe avere effetti controproducenti sia sul paese che dovesse recedere dalla moneta unica che sul resto dell’eurozona (e di riflesso sull’economia globale) […]
C’e’ pero’ un’altra posizione – diametralmente opposta a quella dei no-euro – che ci preoccuperemo di contestare: quella di chi ritiene che per risolvere la crisi dell’euro occorra fare gli “Stati Uniti d’Europa”.
Non perche’ chi scrive sia contrario in linea di principio a una prospettiva simile. Tutt’altro!
Ma perche’, nelle attuali circostanze, dovrebbe essere evidente a tutti che quando si parla di “cessione di sovranita’”, di “unione fiscale”, di “Tesoro europeo”, di “unione politica”, non si sta parlando di creare uno Stato federale, ma di sottoporre in modo ancor piu’ stringente gli Stati alla disciplina fiscale tedesca.
Al contrario, cio’ che ci pare necessario, nelle attuali circostanze, e’ ricominciare daccapo il processo costituente europeo dando maggiore spazio di manovra agli Stati  […]
Non ci vuole “più Europa” per salvare l’Europa e neppure per salvare l’euro. Ce ne vuole di meno […]
[Il problema] non è “Come uscire dall’euro” ma “Ripensare l’unione monetaria europea”.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/