Finanziarizzazione/Chomsky

Noam Chomsky – Così va il mondo. – Piemme (2018)

Nel 1970 circa il 90% del capitale internazionale era destinato al commercio e a investimenti a lungo termine, mentre il restante 10% veniva investito in speculazioni.
Entro il 1990 questi dati si erano completamente invertiti: il 90% era destinato alla speculazione e il 10% al commercio e agli investimenti a lungo termine.
Non solo questo cambiamento radicale ha influenzato la natura del capitale finanziario, privo di ogni controllo, ma anche il volume di questo tipo di transazioni si e’ accresciuto a dismisura. Secondo una recente stima della Banca Mondiale, circa 14 trilioni di dollari vengono spostati nel mondo, e di questi un trilione si muove ogni giorno.
Questo enorme volume di capitali di natura principalmente speculativa crea pressioni che si traducono in politiche economiche deflazionistiche, perche’ quel che il capitale speculativo vuole e’ una crescita bassa e una bassa inflazione.
Questo sta spingendo gran parte del mondo verso un nuovo equilibrio economico fatto di bassa crescita e bassi salari. Cio’ rappresenta un attacco micidiale agli sforzi dei governi di stimolare l’economia.

Info:
https://www.lapoesiaelospirito.it/2017/09/15/noam-chomsky-cosi-va-il-mondo/
https://www.ibs.it/cosi-va-mondo-libro-vari/e/9788856626674

Economia di mercato/Dardot

La nuova ragione del mondo. Critica della razionalità neoliberista. Nuova edizione – Pierre Dardot , Christian Laval – DeriveApprodi (2019)

Quali sono gli aspetti fondamentali che caratterizzano la ragione neoliberista? […]
Possiamo identificarne quattro.
Primo: al contrario di quello che affermano gli economisti classici, il mercato non e’ un dato naturale ma una realta’ costruita, che come tale richiede l’intervento attivo dello Stato e la realizzazione di un sistema di diritto specifico […]
Secondo: l’essenza dell’ordine di mercato non sta nello scambio, ma nella concorrenza, definita essa stessa come rapporto di disparita’ tra unita’ di produzione distinte, o «imprese». Costruire il mercato, di conseguenza, implica la generalizzazione della concorrenza come norma delle pratiche economiche […]
Terzo[…]: lo Stato non e’ solo un guardiano che vigila sul quadro, ma e’ esso stesso sottoposto nella propria azione alla norma della concorrenza. Seguendo l’ideale di una «societa’ di diritto privato», non c’e’ ragione per cui lo Stato dovrebbe fare eccezione alle regole di diritto che deve fare applicare […] Cosi’ lo Stato, cui e’ affidata la costruzione del mercato, al tempo stesso deve costruirsi secondo le norme del mercato.
Quarto: l’esigenza di universalizzazione della norma della concorrenza supera di molto le frontiere dello Stato e tocca direttamente gli individui nel loro rapporto con se stessi […] Ovvero, piu’ correttamente: lo Stato imprenditoriale, come gli attori privati della governance, deve condurre indirettamente gli individui a gestire se stessi come imprenditori.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-nuova-ragione-del-mondo-di-pierre-dardot-e-christian-laval/
https://ilmanifesto.it/la-trappola-del-capitale-umano
https://www.dianoia.it/public/rcs/rcs_21_34.pdf
https://www.leparoleelecose.it/?p=13014

Capitalismo/Stiglitz

Il prezzo della disuguaglianza: Come la società divisa di oggi minaccia il nostro futuro – Joseph Eugene Stiglitz – Einaudi (2014)

La disuguaglianza e’ il risultato di forze non soltanto economiche, ma anche politiche.
In un’economia moderna, il governo stabilisce e fa rispettare le regole del gioco di una giusta concorrenza […]
Il governo inoltre concede risorse (sia apertamente sia per vie meno trasparenti) e, attraverso il fisco e le spese sociali, modifica la distribuzione del reddito che emerge dal mercato per via dell’influenza della tecnologia e della politica stessa. Il governo modifica infine le dinamiche della ricchezza, tassando per esempio le eredita’ e rendendo gratuita l’istruzione pubblica […]
Le forze della concorrenza dovrebbero limitare la possibilita’ di realizzare profitti esagerati, ma, se i governi non si fanno garanti della competitivita’ dei mercati, possono venirsi a creare condizioni che permettono di realizzare elevati profitti di natura monopolistica […]
Un sistema fiscale progressivo e politiche di spesa che impongano tasse piu’ elevate ai ricchi che ai poveri, offrendo al contempo buoni sistemi di protezione sociale, possono limitare la misura della disuguaglianza. Al contrario, programmi che mettano le risorse del paese nelle mani dei ricchi e di chi ha buone relazioni possono incrementarla […]
Lasciati a se stessi, i mercati spesso non riescono a produrre risultati efficienti e desiderabili e spetta al governo correggere tali fallimenti, ossia definire politiche (da tradursi in fiscalita’ e regolamentazioni) che portino gli incentivi privati a riallinearsi ai ritorni sociali […]
Quando un governo fa bene il suo lavoro, i ritorni per un lavoratore o un investitore sono effettivamente pari ai benefici che le sue azioni apportano alla societa’. Quando invece i due piani non sono allineati, parliamo di fallimento del mercato, nel senso che i mercati non riescono a produrre risultati efficienti.
I compensi privati e i ritorni sociali non sono ben allineati quando a) la concorrenza e’ imperfetta; b) esistono «esternalita’» in virtu’ delle quali le azioni di una parte possono avere effetti ampiamente negativi o positivi sulle altre senza che queste ricevano una compensazione o paghino un prezzo per il danno o il beneficio subito; c) si creano imperfezioni o asimmetrie informative, per cui qualcuno e’ a conoscenza di un fatto rilevante per uno scambio di mercato che un altro non conosce; d) i mercati del rischio o altri mercati sono assenti, nel senso che, per esempio, non esiste la possibilita’ di acquistare un’assicurazione a fronte di molti dei rischi piu’ rilevanti che si affrontano.
Dal momento che tutti i mercati presentano una o piu’ di tali condizioni, e’ difficile supporre che siano in generale efficienti. Ciò significa che al governo spetta potenzialmente un ruolo enorme nella correzione di questi fallimenti del mercato.

Info:
https://www.aggiornamentisociali.it/articoli/il-prezzo-della-disuguaglianza/
https://www.ocst.ch/il-lavoro/425-approfondimenti/2181-la-disuguaglianza-il-suo-prezzo-e-cio-che-si-puo-fare-per-eliminarla
https://tempofertile.blogspot.com/2013/06/joseph-stiglitz-il-prezzo-della.html
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/15721-joseph-stiglitz-per-combattere-le-disuguaglianze-bisogna-abbandonare-subito-le-idee-di-milton-friedman.html

Economia di mercato/Parsi

Titanic. Naufragio o cambio di rotta per l’ordine liberale – Vittorio Emanuele Parsi – il Mulino (2022)

In assenza di provvedimenti politici correttivi (sempre meno concepibili a fronte della vera e propria egemonia culturale acquisita dall’imperante neoliberalismo), l’innovazione tecnologica, in se’ e per se’ positiva, ha generato profitti crescenti che sono stati utilizzati nella quasi totalita’ per remunerare il capitale investito, piuttosto che il lavoro impiegato.
In altri termini, la quota di capitale impiegata per unita’ di prodotto e’ diventata sempre maggiore a fronte della quota di lavoro e il divario in termini di forza contrattuale tra capitale e lavoro e’ continuato a crescere, provocando anche uno stravolgimento del ruolo dello Stato, «che continua a intervenire pesantemente nell’economia, sostenendo non gia’ la parte piu’ debole dentro i rapporti di produzione – i lavoratori – bensi’ quella piu’ forte, le imprese». Si e’ trattato di una netta inversione di tendenza rispetto ai decenni passati della ripartizione tra capitale e lavoro dei profitti derivanti dagli aumenti di produttivita’ generati dall’innovazione tecnologica […]
In una simile situazione, nella quale i redditi reali si contraggono, la sola alternativa che si e’ pensato di poter mettere in campo per consentire la quiete sociale e’ stata quella del mantenimento dello standard di consumi attraverso due vie: l’abbassamento dei prezzi di una serie di beni e servizi (prevalentemente importati o dalla produzione delocalizzata) e il loro sostegno attraverso l’indebitamento privato (la via americana) o pubblico (la via europea), con le conseguenze devastanti evidenziate nella fase attuale della crisi tutt’ora in corso.
E’ un fenomeno che potremmo definire di rentierizzazione del sistema capitalistico, in cui gli investimenti finanziari sono remunerati assai piu’ di quelli produttivi.
Per riprendere ancora lo schema convincente e molto ben documentato di Piketty, quando il tasso di rendimento privato del capitale e’ per lungo tempo molto superiore al tasso di crescita del reddito e della produzione, il sistema economico viene destabilizzato e le diseguaglianze, anche in termini di opportunita’ derivanti dalla diffusione delle conoscenze e delle competenze, crescono, minacciando inevitabilmente le societa’ democratiche e i valori sui quali si fondano.
Il fatto che il tasso di rendimento del capitale sia superiore al tasso di crescita dell’economia
significa che i patrimoni ereditati dal passato si ricapitalizzano a un ritmo piu’ rapido del ritmo di crescita della produzione e dei salari.
Questa disuguaglianza esprime una contraddizione logica di fondo. L’imprenditore tende inevitabilmente a trasformarsi in rentier, e a prevaricare sempre di piu’ chi non possiede nient’altro che il proprio lavoro. Una volta costituito il capitale si riproduce da solo e cresce molto piu’ in fretta di quanto cresca il prodotto.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/titanic-naufragio-ordine-liberale-parsi/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2022/05/14/titanic-il-sistema-liberale-di-fronte-a-una-scelta-combattere-le-disuguaglianze-o-fallire-il-nuovo-libro-di-vittorio-emanuele-parsi/6590356/
https://www.idiavoli.com/it/article/titanic-naufragio-occidente-ordine-liberale
https://www.marxismo-oggi.it/recensioni/libri/253-stato-mercato-e-democrazia-note-a-margine-di-titanic-il-naufragio-dell-ordine-liberale
https://www.letture.org/titanic-il-naufragio-dell-ordine-liberale-vittorio-emanuele-parsi
https://www.arcipelagomilano.org/archives/51270

 

Lavoro/Dardot

La scelta della guerra civile. Un’altra storia del neoliberalismo – Dardot Pierre, Haud Gueguen, Christian Laval, Pierre Sauvetre – Meltemi (2023)

Tutte le trasformazioni che hanno interessato il mondo del lavoro negli ultimi trent’anni sono state ogni volta giustificate in nome di una “guerra economica” in cui la questione chiave e’ quella della performance e della competitivita’.
Sia che venga presentata come una realta’ ineluttabile a cui adattarsi, che diventerebbe quindi una questione di vita o di morte, sia che venga descritta come una “sfida” e un’“opportunita’” per l’innovazione e la liberta’ imprenditoriale, questa guerra alla competitivita’ e’ l’assioma che oggi si impone a tutte le riforme economiche e politiche, costituendo cosi’ la base della neoliberalizzazione del lavoro.
La guerra in questione non puo’, quindi, essere ridotta a una semplice metafora […]
Sebbene la guerra per la competitivita’ non sia una guerra nel senso militare del termine, comporta comunque l’uso di strategie e pratiche che si rivelano in grado di produrre effetti, e che passano in particolare attraverso il modo in cui l’arsenale giuridico intende, secondo le parole della Corte di Giustizia delle Comunita’ Europee (CGCE), “modernizzare”, “rendere flessibile” e “abbassare il costo del lavoro”, in modo da erigere la norma della concorrenza a principio intangibile.
Ma questa logica di guerra della competitività economica non può essere ridotta solo ai piani del diritto e delle riforme politiche. Essa si estende in realtà fino al lavoro vivo e agli individui stessi, poiché se il neomanagement e la governance d’impresa mirano con tutti i mezzi a rendere le aziende il più competitive possibile, ciò non comporta solo l’esigenza di una “mobilitazione totale” da parte di tutti i dipendenti nella lotta tra aziende, ma anche l’instaurazione di una sorta di “guerra di tutti contro tutti” all’interno dei luoghi di lavoro.

Info:
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/massimiliano-guareschi-il-manifesto-12-febbraio-2024-quel-neoliberismo-autoritario-su-la-scelta-della-guerra-civile-aa.-vv.-meltemi.pdf
https://www.carmillaonline.com/2024/01/24/una-guerra-civile-strisciante-e-costante/
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/27174-christian-laval-haud-gueguen-pierre-dardot-pierre-sauvetre-la-scelta-della-guerra-civile.html
https://ilmanifesto.it/pierre-dardot-un-abbraccio-mortale-per-la-gauche
https://ilmanifesto.it/il-neoliberismo-autoritario
https://www.pandorarivista.it/articoli/per-una-prassi-istituente-recensione-a-del-comune-o-della-rivoluzione-nel-xxi-secolo/

Capitalismo/Slobodian

Il capitalismo della frammentazione. Gli integralisti del mercato e il sogno di un mondo senza democrazia – Quinn Slobodian – Einaudi (2023)

La caduta del Muro di Berlino il 9 novembre 1989 inaugurò l’era della globalizzazione […]
Le visualizzazioni dominanti di questo fenomeno ci parlano di connessione: linee blu di laser che collegano le localita’ del mondo piu’ distanti, una matassa di scambi e mobilita’.
La tendenza era quella dell’interconnessione: l’Organizzazione mondiale del commercio, l’Unione Europea, e il North American Free Trade Agreement (Accordo di libero scambio nordamericano) vennero creati a pochi anni di distanza l’uno dall’altro.
Ma, a guardare piu’ attentamente, c’era anche una cronologia alternativa, contrassegnata dalla frammentazione quanto dall’unita’.
Le due Germanie si riunificarono nel 1990, ma l’Unione Sovietica si dissolse l’anno seguente. La Jugoslavia si disgrego’ proprio mentre veniva fondata l’Unione Europea. La Somalia cadde in una condizione di guerra civile, restando priva di Stato centrale per piu’ di un decennio.
Con la fine della Guerra fredda, nuove barriere rimpiazzarono le vecchie. Le merci e il denaro erano liberi di fluire, ma non le persone. Vennero eretti muri in tutto il mondo. Secondo una stima, circa 18 000 chilometri di confini terrestri al mondo vennero rafforzati con barriere […]
La globalizzazione ha forze sia centripete sia centrifughe. Ci lega gli uni agli altri mentre ci separa […]
La fine degli imperi e la fine del comunismo hanno generato una frotta di nuovi Stati-nazione sovrani.

Info:
https://left.it/2023/11/23/il-capitalismo-della-frammentazione-che-alimenta-le-derive-autoritarie/
https://www.treccani.it/magazine/atlante/cultura/il-capitalismo-della-frammentazione-di-quinn-slobodian.html
https://jacobinitalia.it/capitalismo-fuori-controllo/
https://www.linkiesta.it/2023/11/lillusione-del-cloud-country-e-il-ruolo-ineludibile-degli-stati/

Lavoro/Gorz

l filo rosso dell’ecologia – André Gorz – Mimesis (2017)

In tutti i paesi sviluppati, e’ il capitale che tende ad abolire il lavoro salariato perche’ questo si era nel frattempo trasformato, durante il periodo fordista, in una relazione sociale regolamentata, protetta dai diritti sociali.
Al suo posto, il capitale reintroduce relazioni di lavoro e di retribuzione individualizzate, precarie, che abbandonano il lavoratore di fronte al potere arbitrario del suo datore di lavoro.
Il capitalismo denuncia il contratto sociale che era alla base del regime fordista, il lavoro diventa un’attivita’ sempre piu’ discontinua. Periodi di iperattivita’ si alternano a periodi di disoccupazione, il tempo di lavoro e il livello di retribuzione diventa flessibile, imprevedibile.
Chiunque e’ un disoccupato in potenza.
E’ una rivoluzione irreversibile. La rivoluzione microelettronica economizza delle quantita’ di lavoro fino ad oggi inimmaginabili, ma e’ gestita in un modo tale che condanna gli uni all’inattivita’, mentre obbliga gli altri ad un’intensita’ di lavoro difficilmente sopportabile […]
Inoltre, sotto la pressione dei fondi pensione, le imprese riducono i salari e il personale, investono sempre meno sul lungo periodo e cercano ovunque di ottenere i mezzi di esenzione d’imposta.
E cosi’ il rendimento del capitale non smette di accrescersi, mentre la remunerazione del lavoro, la protezione sociale e gli investimenti in opere pubbliche non fanno che diminuire […]
Sarebbe necessario garantire a chiunque un reddito continuo per un lavoro discontinuo. Garantire, detto altrimenti, che la discontinuita’ del lavoro retribuito non sia imposta alle persone a seconda della convenienza dei datori di lavoro, e che questa discontinuita’ si trasformi in diritto di tutti a vivere le proprie attivita’ e a scegliere, senza perdere il proprio reddito, dei periodi in cui si possano fare cose che non abbiano valore mercantile.
Questa sarebbe la base della societa’ della multiattivita’.
Credo che questa idea sia piu’ che mai attuale. Perche’ la produttivita’ della forza lavoro postfordista non dipende piu’ dalla rapidita’ con cui i soggetti eseguono i compiti prescritti in un certo numero di ore lavorate. Ma dipende dalla coordinazione delle facolta’ cognitive, dei saperi intuitivi, dalle capacita’ di giudicare e reagire agli imprevisti: tutte cose che non si insegnano, ma che fanno parte della cultura comune e che sono acquisite soltanto grazie al libero sviluppo delle persone in quanto tali.

Economia di mercato/Alemanni

La signora delle merci. Dalle caravelle ad Amazon. Come la logistica governa il mondo – Cesare Alemanni – Luiss (2023)

Talvolta le aziende-brand non si occupano nemmeno di gestire le proprie supply chain, di investire in fabbriche all’estero o di stringere accordi di fornitura con esse […]
Si limitano a delegare ad aziende logistiche la costruzione e la supervisione delle proprie filiere o, nei casi piu’ estremi, semplicemente ricomprano il “proprio” prodotto da chi lo realizza da cima a fondo.
L’annullamento del rischio d’impresa e’ totale. Le aziende-brand non devono piu’ preoccuparsi non solo delle infrastrutture ma nemmeno dei processi. Sono scrigni vuoti, asset-free, capaci di rese finanziarie impensabili al tempo delle produzioni tradizionali, quando gli aumenti di produttivita’ richiedevano grandi investimenti in nuove fabbriche, stipendi, inventari eccetera.
Di fronte a questi sviluppi, negli anni Novanta si e’ iniziato a parlare di value chain – “catene del valore” – per indicare le filiere attraverso cui un’azienda assembla il valore dei propri prodotti.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-signora-delle-merci-di-cesare-alemanni/
https://www.iltascabile.com/societa/logistica-signora-delle-merci/
https://www.lastampa.it/tuttolibri/2023/06/03/recensione/la_logistica_fa_girare_il_mondo_intero_se_funziona_non_la_vedi-12835932/
https://www.rivistastudio.com/i-libri-del-mese-67/
https://www.geopolitica.info/la-signora-delle-merci/

 

Capitalismo/Brown

Il disfacimento del demos – Wendy Brown – Luiss University Press (2023)

La concorrenza soppianta lo scambio; la disuguaglianza soppianta l’uguaglianza.
Nel neoliberalismo, la concorrenza prende il posto dell’enfasi liberale sullo scambio come principio fondamentale e dinamica di mercato […]
La concorrenza produce vincitori e sconfitti; il capitale ha successo distruggendo o cannibalizzando altri capitali. Pertanto, quando la concorrenza di mercato diventa generalizzata come principio sociale e politico, qualcuno trionfa e qualcuno muore… come principio sociale e politico.
Il capitale umano rimpiazza il lavoro. In parallelo alla sostituzione dello scambio con la concorrenza e dell’uguaglianza con la disuguaglianza da parte della ragione neoliberale, il capitale umano prende il posto del lavoro.
Quando la concorrenza diventa il principio di base del mercato, tutti coloro che prendono parte al mercato sono rappresentati come capitali, piuttosto che come produttori, venditori, operai, clienti o consumatori.
In quanto capitale, ogni soggetto e’ rappresentato come dotato di spirito imprenditoriale, per quanto piccolo, povero o privo di risorse, e ogni aspetto dell’esistenza umana e’ il prodotto dell’imprenditorialita’ […]
L’imprenditorialita’ rimpiazza la produzione.

Info:
https://www.equilibrielmas.it/2023/11/29/wendy-brown-il-disfacimento-del-demos-la-rivoluzione-silenziosa-del-neoliberismo-luiss-university-press-roma-2023/https://www.dinamopress.it/news/wendy-brown-lo-svuotamento-silenzioso-della-democrazia/
https://www.ilmanifestoinrete.it/2023/07/01/per-farla-finita-con-lhomo-oeconomicus/
https://www.sinistrainrete.info/politica/27901-pierluigi-fagan-democrazia-o-barbarie.html
https://pierluigifagan.com/2024/04/16/democrazia-o-barbarie/

Finanziarizzazione/Stiglitz

Un’economia per l’uomo – Joseph Stiglitz – Castelvecchi (2016)

Ci sono due aspetti della crisi che non hanno attratto sufficientemente l’attenzione.
Il primo e’ la condotta moralmente deprecabile dimostrata da molti nel settore finanziario. Abbiamo ampie e documentate prove del fatto che ci si e’ approfittati dei meno scolarizzati e di quelli finanziariamente meno accorti, allo scopo di massimizzare i profitti.
Quando alle banche sono esplosi in mano gli ordigni che loro stesse avevano creato, il governo e’ intervenuto a salvarle, lasciando invece coloro che ne erano stati vittime in balia di se stessi […]
Il secondo aspetto e’ che molti operatori del settore finanziario ricevevano delle ricompense non proporzionali al loro contributo complessivo verso la società o verso le aziende per cui lavoravano.
Questa cosa venne alla ribalta nel periodo di poco successivo alla crisi, quando molte aziende continuarono a pagare “premi” di produttività laddove il profitto era palesemente in negativo, fino al punto da richiedere interventi di salvataggio da parte del governo e causare la perdita del posto di lavoro di molti dipendenti.
Un sistema economico dove alcuni (individui o aziende) prosperano in maniera eccezionale – con una correlazione non tanto al contributo effettivo apportato alla collettivita’ quanto piuttosto alla loro abilita’ di ricavare “guadagni” dallo stato di cose – non e’ un sistema economico giusto.