Lavoro/Fana

Marta Fana, Simone Fana – Basta salari da fame – Laterza (2019)

Analizzando la struttura occupazionale italiana, tra il 1993 e il 2016, cosi’ come emerge dai dati dell’Indagine sui redditi e la ricchezza delle famiglie (Shiw, acronimo di Survey on Household Income and Wealth) a cura della Banca d’Italia, sono evidenti alcuni cambiamenti di fondo che aiutano a comprendere tanto la divisione del lavoro quanto l’evoluzione dei redditi da lavoro.
La prima, importante conferma e’ che la classe lavoratrice non e’ affatto scomparsa in questi decenni, ma anzi il numero di lavoratori inquadrati come operai o affini, ovvero con basse qualifiche professionali, che riflettono anche il livello dei salari, e’ cresciuto.
Sul totale dei lavoratori, gli operai aumentano dal 36,32 al 39,8% […]
In termini quantitativi e’ come se gli operai del settore manifatturiero si fossero spostati nei comparti del commercio, del magazzinaggio, del turismo e della ristorazione.
Modifiche che interessano notevolmente dal punto di vista qualitativo il tessuto produttivo del nostro paese: da un settore traino dello sviluppo economico, la manifattura – sebbene mai maggioritaria in termini occupazionali –, a settori del terziario a scarsissimo valore aggiunto.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858138878
http://www.leparoleelecose.it/?p=37065
https://www.pandorarivista.it/articoli/basta-salari-da-fame-marta-fana-simone-fana/

Capitalismo/Bauman

Zygmunt Bauman – Dentro la globalizzazione. Le conseguenze sulle persone – Laterza (2007)

La nostra e’ una societa’ dei consumi.
Ma quando parliamo di societa’ dei consumi, abbiamo in mente qualcosa di piu’ che non la banale osservazione che tutti i membri della nostra societa’ consumano […]
Cio’ che abbiamo in mente e’ che la nostra «societa’ dei consumi» lo e’ nello stesso senso profondo e fondamentale in cui la societa’ dei nostri predecessori, la societa’ moderna nella sua fase di fondazione, industriale, era una «societa’ della produzione, dei produttori».
Quel tipo piu’ vecchio di societa’ moderna occupava i suoi membri principalmente come produttori e soldati; e allo svolgimento di quel ruolo forgiava i suoi membri, come un dovere che sottoponeva e imponeva loro quale «norma».
Per osservarla i cittadini dovevano esplicare tutta la loro capacita’ e volonta’ di fare i produttori e i soldati.
Ma nel suo attuale stadio tardomoderno (Giddens), secondo-moderno (Beck), surmoderno (Balandier) o postmoderno, la societa’ moderna ha scarso bisogno di una massa di manodopera industriale e di eserciti di leva; ha invece bisogno di impegnare i suoi membri nel ruolo di consumatori.
La societa’ attuale forma i propri membri al fine primario che essi svolgano il ruolo di consumatori.
Ai propri membri la nostra societa’ impone una norma: saper e voler consumare. […]
Il consumatore di una societa’ di consumatori e’ una creatura totalmente diversa dal consumatore di qualsiasi altra societa’ precedente. Se tra inostri antenati filosofi, poeti e predicatori si ponevano la questione se si lavorasse per vivere o si vivesse per lavorare, il dilemma che piu’ spesso si sente rimuginare oggi e’ se si abbia bisogno di consumare per vivere o se si viva perconsumare. Qualora si sia ancora capaci di separare il vivere
e il consumare, e se ne senta la necessita’ […]
La cultura della societa’ dei consumi riguarda piuttosto il dimenticare che non l’imparare. In effetti, quando l’attesa viene eliminata dal desiderio e il desiderio non vuole attese, la capacita’ di consumo dei consumatori puo’ venire ampliata ben al di la’ dei limiti determinati dalle necessita’ naturali o acquisite; non c’e’ neanche piu’ bisogno che gli oggetti del desiderio siano fisicamente durevoli. Il tradizionale rapporto tra i bisogni e il loro soddisfacimento viene invertito: la promessa e la speranza della soddisfazione precedono il bisogno che si promette di soddisfare, e saranno sempre piu’ intense e tentatrici di quanto lo siano i bisogni effettivi.
La promessa, in effetti, e’ tanto piu’ attraente quanto meno usuale e’ il bisogno che si dovrebbe soddisfare; e’ molto divertente vivere un’esperienza che non si sapeva nemmeno che esistesse, e un buon consumatore e’ un avventuriero che ama gli imprevisti.
Per i buoni consumatori, la promessa diventa tentatrice non tanto quando riguarda la soddisfazione di bisogni dai quali si e’ tormentati, bensi’ quando sollecita il tormento di desideri mai immaginati o sospettati prima.

Info:
http://www.nilalienum.it/Sezioni/Bibliografia/Sociologia/Bauman_Dentro_Globalizzazione.html
https://www.skuola.net/sociologia/dentro-globalizzazione.html

Finanziarizzazione/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

Nel 2004 la divisione finanziaria della General Motors ha generato da sola l’80 per cento del reddito totale dell’azienda madre, mentre le divisioni produttive realizzavano grandi perdite.
Non solo negli Stati Uniti, ma anche in Europa e nel resto dell’Occidente capitalistico, a partire dagli anni Ottanta le imprese industriali si sono arrese al capitale-denaro perche’ si sono rese conto che […] produrre denaro per mezzo di denaro rende di piu’ rispetto ad applicare […] il non trascurabile passaggio dal mondo delle merci.
E’ per questo che le imprese, soprattutto le piu’ grandi, si sono convertite in banche, che non finanziano solo l’acquisto o il leasing dei beni che producono, ma forniscono la stessa serie disparata di prestiti che viene offerta dalle banche vere e proprie: dai prestiti per la ristrutturazione delle case ai mutui immobiliari, alle carte di credito, alla consulenza per investire minimizzando le tasse e passare per i paradisi fiscali.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Capitalismo/Deneault

Alain Deneault – La mediocrazia – Neri Pozza (2017)

Lungi dall’essere un medium di massa, la televisione e’ al contrario uno strumento di demassificazione: essa scinde e isola i soggetti che formano la collettivita’ per offrire loro, simultaneamente e con identiche modalita’, la stessa cosa.
Si coesiste socialmente per condividere un reale che, pero’, si consuma solo isolatamente.
La televisione genera dunque un essere sociologico nuovo, l’eremita di massa. «Ora sono seduti di fronte alla televisione milioni d’individui, separati eppure identici, chiusi dentro la loro gabbia simili a eremiti – non per fuggire dal mondo, ma piuttosto per non perdersi mai neppure un piccolo frammento del mondo in effigie».
Questo reale affettato, frastagliato, inquadrato, formattato,la televisione ci dispensa dal viverlo e dal realizzarlo: ce lo consegna a domicilio come una merce qualsiasi […]
La tecnica televisiva trasforma cosi’ il potere che questo mezzo da’ a coloro che ne dispongono – poter seguire un avvenimento a distanza, poter conoscere il parere dei propri simili senza parlare con loro… – in un dovere: non recarsi piu’ agli eventi e tantomeno costituirli unendosi a quelli che li creano, non piu’ intavolare discussioni con i propri simili.
Gli «eventi» autorizzati restano quelli organizzati dalla televisione, con persone che all’occorrenza fungono da comparse.
Una simile frammentazione e’ ideale per il commercio, poiche’ permette ai commercianti di presentare attraverso la televisione dei prodotti che, dal punto di vista affettivo, diventeranno il surrogato del legame sociale interdetto dal dispositivo mediatico […]
La magia deleteria di questo medium dipende, secondo Anders, dal fatto che presenta un mondo sempre gia’ pensato, fa asserzioni sempre gia’ ponderate. «La televisione fa dimenticare che essa e’ un giudizio gia’ formulato. […]
Il giudizio trasformato in immagine rinuncia alla sua forma di giudizio per far credere al consumatore che non si cerca di fargli credere niente».
Sul piano del pensiero, lo schermo non pretende di trasmettere un’elaborazione intellettuale, ma la verita’ gia’ interpretata, gia’ confezionata, consegnata come un risultato senza che si sia potuto passare attraverso le tappe che l’hanno così sviluppata. Cibo per la mente? Si’ ma premasticato e predigerito.

Info:
https://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2017/01/25/news/il_trionfo_della_mediocrazia_spiegato_dal_filosofo_canadese_alain_deneault-156837500/
http://blog.ilgiornale.it/franza/2018/05/27/la-mediocrazia-un-libro-magistrale-del-canadese-alain-deneault-ne-traccia-il-pensiero-e-spiega-come-i-mediocri-hanno-preso-il-potere/

Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

In definitiva, possiamo considerare i bail-out [salvataggio] dei paesi della periferia come la “fase due” – attuata stavolta dietro le quinte – del salvataggio pubblico delle banche europee.
Nella prima fase, iniziata all’indomani dello scoppio della crisi finanziaria, gli Stati sono intervenuti per sobbarcarsi il debito delle proprie banche (e delle banche creditrici, molte delle quali francesi e tedesche).
Nella seconda fase, iniziata nel 2010, l’establishment europeo ha incoraggiato gli Stati della periferia – le cui finanze pubbliche stavano cominciando a scricchiolare sotto il peso dei salvataggi bancari e degli attacchi speculativi della finanza – a sobbarcarsi un’ulteriore montagna di debiti, sotto forma di “aiuti” della troika (in cambio di drastiche misure di austerita’) Buona parte di quei fondi sono poi andati a saldare i debiti rimanenti che le banche e i governi della periferia avevano nei confronti delle banche del centro. Questo ha comportato una doppia cessione di passività finanziarie: dalle banche della periferia ai governi (e ai cittadini) della periferia; e dalle banche del centro ai governi (e cittadini) di tutta l’eurozona.

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Capitalismo/Formenti

Carlo Formenti – La variante populista. Lotta di classe nel liberismo – Derive Approdi (2016)

L’economia reale e’ sempre piu’ controllata da oligopoli e monopoli (anche per l’assenza di legislazioni antitrust realmente in grado di limitarne il dominio).
Ma il vero problema […] e’ politico, visto che sono le decisioni politiche a determinare in che misura le imprese possono esercitare il potere di mercato.
Del resto, potere di mercato e potere politico si rafforzano a vicenda, come dimostra il fatto che la grande svolta verso la disuguaglianza e’ coincisa con la sterzata a destra della classe politica americana, la quale:
1) ha deregolamentato l’attivita’ bancaria ed evitato di disciplinare gli eccessi della finanza «creativa»;
2) ha ridotto il potere contrattuale dei lavoratori smantellandone le organizzazioni sindacali;
3) si e’ progressivamente integrata con le elite economiche grazie alla crescita dei contributi elettorali, all’attivita’ delle lobby e alla pratica della revolving door (lo scambio di ruoli fra manager pubblici e privati).

Info:
https://sinistrainrete.info/teoria/9639-alessandro-visalli-la-variante-populista-di-formenti.html
https://www.lacittafutura.it/cultura/la-variante-populista-secondo-formenti

Economia di mercato/Fazi

Thomas Fazi, Guido Iodice – La battaglia contro l’Europa. Come un’elite ha preso in ostaggio un continente. E come possiamo riprendercelo – Fazi (2016)

Esistono vari modi tramite i quali si puo’ cercare di uscire da questa situazione di ingolfamento generale (general glut). Quello preferito dai banchieri centrali e’ abbassare il tasso di interesse. Ma, come abbiamo visto, in una crisi si puo’ anche abbassare gli interessi a zero senza che questo, di per se’, porti a nuovi investimenti. Certo, gli imprenditori si troveranno una voce di costo piu’ piccola, ma da un lato non e’ detto che le banche concedano piu’ prestiti se non migliora la capacita’ di rimborso della clientela e dall’altro non e’ detto che gli stessi imprenditori decidano di domandare piu’ prestiti alle banche: chi si indebiterebbe, anche a tasso zero, se pensa che la domanda futura sara’ insufficiente a vendere le merci che pro- duce? […]
E allora, ecco la risposta liberista: bisogna liberalizzare tutti i settori controllati direttamente o indirettamente dallo Stato, offrendo cosi’ nuove opportunita’ di business. Ma spesso neppure questo basta a ripristinare la fiducia e si rivela insufficiente soprattutto per economie grandi e mature.
Ed ecco allora l’ultimo tassello della storia: le bolle […]
Negli anni Novanta la crescita e’ stata trainata dalla bolla delle dot.com, dalla corsa all’oro della “new economy”.
Finita quell’euforia, negli anni Duemila si riscopri’ la vecchia e cara bolla immobiliare […]
Ma anche una bolla immobiliare, da sola, puo’ non bastare. Bisogna fare in modo che la gente sia “costretta” a indebitarsi e spendere. Per farlo le privatizzazioni dei servizi sociali sembrano essere un toccasana.
La gente deve curarsi, e se lo Stato non fornisce i servizi sanitari dovra’ rivolgersi ai privati. Le assicurazioni sanitarie sono un buon canale per la spesa a debito. Un altro servizio pubblico che, privatizzato, puo’ generare una bella quantita’ di domanda a debito l’istruzione.
Negli Stati Uniti gli studenti si indebitano per pagare le sempre piu’ stratosferiche rette delle universita’. La montagna di debito studentesco e’ arrivata a 1000 miliardi di dollari […]
Un’altra fonte autonoma di domanda e’ quella estera. La strategia mercantilista della Germania e’ stata tutta intesa a sfruttare questo canale. I tedeschi amano dire che gli altri hanno vissuto al di sopra delle loro possibilita’, ma la realta’ e’ che la Germania ha vissuto al di sopra della propria domanda interna (o, per dirla diversamente, al di sotto delle sue possibilita’).

Info:
https://fazieditore.it/catalogo-libri/la-battaglia-contro-leuropa/
https://keynesblog.com/2016/07/08/michele-salvati-recensisce-la-battaglia-contro-leuropa-di-thomas-fazi-e-guido-iodice/

Lavoro/Deneault

Alain Deneault – La mediocrazia – Neri Pozza (2017)

Il sindacalismo e’ e rimane un soggetto politico, oppure ormai si confonde con le regole flessibili e strettamente manageriali di quel che e’ racchiuso oggi nella parola «governance»?
La politica definisce la capacita’ di deliberare sui principi che regolano la vita in societa’, capacita’ che i membri di una comunita’ istituita si riconoscono.
Agire politicamente implica dunque il fatto di sostenere la propria posizione e la propria azione al di la’ delle coordinate sociali entro le quali ci restringono alcune forme del potere costituito, per deliberare sull’insieme delle disposizioni che fanno si’ che ci si trovi a questo punto. Dunque, piu’ che stare al gioco della logica manageriale, borsistica, capitalista e ultraliberale che prevale storicamente, nella speranza di trarne un tornaconto, si dovrebbe agire per instaurare nuove regole formali.
Quanto alla governance, essa include i rappresentanti sindacali in una partnership che mette l’uno accanto all’altro attori dei quali si prevede apertamente la disparita’.
Sottomessi all’imperativo del «consenso », i sindacati sono invitati a questi processi piu’ per portare il concorso del movimento dei lavoratori verso prospettive di sviluppo industriale e progetti motivati dall’alta finanza, che per definire davvero alla base le regole che riguardano la vita nella societa’.
Pertanto, per il movimento dei lavoratori, come per la rappresentanza ecologista, autoctona e locale, si tratta di provare a inserire nel progetto piu’ ampio del capitalismo degli interessi minori che possano apparire ai suoi membri come una serie di «passi nella giusta direzione», «concessioni ottenute», «vittorie morali», «partenariati strategici» e altre simili arguzie. La «governance» si presenta ancora una volta come un’arte della gestione privata innalzata al rango della politica; di conseguenza, non puo’ che puntare a impadronirsi della politica stessa.[…]
La questione poggia sulla scelta tra la politica e la governance, ovvero se il movimento sindacale deve continuare a integrarsi nel capitalismo partecipandovi in modo fattivo  – per esempio costituendo dei fondi sindacali messi a disposizione di aziende quotate in Borsa – e rendendolo dunque accettabile da parte dei membri delle sue organizzazioni, o se invece deve portare avanti una lotta concertata contro i suoi effetti iniqui deleteri e fatalmente distruttivi.
Questa problematica, che ha drammaticamente segnato l’inizio del XX secolo. […] e’ tuttora molto presente.

Info:
https://www.repubblica.it/venerdi/interviste/2017/01/25/news/il_trionfo_della_mediocrazia_spiegato_dal_filosofo_canadese_alain_deneault-156837500/
http://blog.ilgiornale.it/franza/2018/05/27/la-mediocrazia-un-libro-magistrale-del-canadese-alain-deneault-ne-traccia-il-pensiero-e-spiega-come-i-mediocri-hanno-preso-il-potere/

Economia di mercato/Stiglitz

Joseph E. Stiglitz – La grande frattura. La disuguaglianza e i modi per sconfiggerla – Einaudi (2016)

Primo: e’ meglio tassare le cose negative che quelle positive, ossia l’inquinamento e la speculazione piuttosto che il lavoro e il risparmio, per esempio.
Secondo: e’ meglio tassare cose come la terra, il petrolio e altre risorse naturali, che non scompaiono quando vengono tassate (fattori a offerta inelastica, come dicono gli economisti). Questi due principi ne riflettono un terzo ancora piu’ generale: gli incentivi contano.
Le tasse dovrebbero incoraggiare attivita’ che producano ampi benefici e scoraggiare quelle che rappresentano un costo per la societa’.
Ci sono un mucchio di riforme che aumenterebbero l’equita’.

Info:
https://www.anobii.com/books/La_grande_frattura/9788806226855/01612546eb4c023d52
https://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2015-05-30/la-disuguaglianza-divide-mondo-103340.shtml?uuid=ABnHMRpD
https://palomarblog.wordpress.com/2016/03/06/stiglitz-la-grande-frattura/

 

Economia di mercato/Reich

Robert B. Reich – Come salvare il capitalismo – Fazi (2015)

Detto in parole semplici, le grandi aziende, Wall Street e i ricchi hanno acquisito un potere fortissimo sulle regole del mercato che producono risultati a loro favore; un potere aumentato costantemente mentre l’accresciuta ricchezza gli dava una capacita’ sempre maggiore di influire sulle regole.
I ceti medi e i poveri hanno invece perso gran parte del potere di una volta in un processo che continua a peggiorare perche’ il declino delle loro condizioni economiche implica una capacita’ sempre piu’ scarsa di influenzare le regole […]
Il punto e’ che al posto di un astratto “libero mercato” c’e’ una concretissima economia politica in cui il potere economico produce influenza politica sulle regole del gioco […]
La sfida fondamentale e’ politica piu’ che economica.
E’ impossibile riformare un sistema economico le cui regole di base sono controllate da un’elite economica senza alterare la distribuzione del potere politico che si cela dietro questo controllo.

Info:
https://www.artapartofculture.net/2015/09/24/come-salvare-il-capitalismo-robert-reich-racconta-le-difficili-dinamiche-delleconomia/
https://www.criticaletteraria.org/2015/12/reich-come-salvare-il-capitalismo-fazi.html