Lavoro/Vanetti

Mauro Vanetti – La sinistra di destra. Dove si dimostra che i liberisti, sovranisti e populisti ci portano dall’altra parte – Edizioni Alegre (2019)

L’appartenenza di classe – con buona pace dell’Istat – si definisce in primo luogo sulla base del rapporto che si ha coi mezzi di produzione.
In Italia un’elite composta dal 2,8% delle famiglie (dati 2015) ha profitto/interesse/rendita come fonte principale di reddito. Il 44,7% delle famiglie vive soprattutto di reddito da lavoro dipendente, il 39,6% di pensioni, cassa integrazione e altri trasferimenti statali, il 13,0% di reddito da lavoro autonomo (che e’ una combinazione in varie proporzioni di lavoro e profitto).
L’ampiezza delle famiglie dei capitalisti e dei pensionati e’ mediamente minore, quindi in realta’ il numero di persone che vivono direttamente o indirettamente di lavoro dipendente supera il 50%.
La classe lavoratrice, che si era prematuramente dichiarata scomparsa, costituisce la maggioranza!
(Giova qui ricordare che l’espressione classe operaia, una traduzione del tedesco Arbeiterklasse e dell’inglese working class, non si e’ mai riferita, neppure nell’Ottocento, solo a quelli che in italiano chiamiamo operai, ma e’ sinonimo di classe lavoratrice o proletariato. Ricevi uno stipendio per lavorare per una ditta o un ente che non possiedi ne’ gestisci? Sei della working class).
Questi dati sono confermati anche dalle statistiche dell’Organizzazione internazionale del lavoro relative al 2017 […]
Il proletariato, fin dal nome, non si definisce per cio’ che fa ma per cio’ che non ha. O meglio: quel che fa, lavorare per un salario, e’ dovuto al fatto che vi e’ costretto perche’ non possiede un granche’.
Nell’antica Roma era proletario chi possedeva “solo la prole”, cioe’ chi non era un possidente. Naturalmente anche nell’antica Roma i proletari possedevano in realta’ altre cose, tipo i propri vestiti e accessori, utensili e mobili domestici, oggetti di uso quotidiano, talvolta animali e naturalmente cibo. La proprieta’ di cui si parla non e’ la proprieta’ personale (uno spazzolino da denti) bensi’ la proprieta’ privata dei mezzi di produzione (una fabbrica di spazzolini) […]
Cosa posseggono i possidenti?
Vediamo in cosa era allocata la ricchezza delle famiglie in Italia nel 2013.
Una parte importante dei patrimoni ha la forma di oggetti fisici:- Abitazioni: 5.000 miliardi di euro (il 41% di queste abitazioni non sono prime case).- Altri immobili: 500 miliardi.- Capitale fisso (i macchinari, le attrezzature, le scorte, gli impianti usati nella produzione): 200 miliardi.- Oggetti preziosi: 100 miliardi.- Monete e banconote: 100 miliardi.
Un’altra parte e’ invece in forma intangibile, si tratta cioe’ di attivita’ finanziarie:- Depositi bancari e postali: 1.000 miliardi di euro.- Titoli, riserve di assicurazione e crediti: 1.500 miliardi.- Azioni, partecipazioni e altre attivita’ finanziarie: 2.400 miliardi.
Siccome pero’ le famiglie hanno anche 900 miliardi di debiti e altre passivita’, la ricchezza netta e’ di 9.500 miliardi.

Info:
https://www.marxismo-oggi.it/recensioni/libri/455-la-sinistra-di-destra-un-libro-di-mauro-vanetti
https://edizionialegre.it/recensioni/liberisti-e-rossobruni-i-nemici-interni-alla-sinistra-giacomo-russo-spena-da-micromega/
https://edizionialegre.it/recensioni/osservazioni-su-un-libro-stimolante-antonio-moscato-dal-blog-movimento-operaio/

https://edizionialegre.it/recensioni/la-liquefazione-della-classe-internazionale/
https://www.dinamopress.it/news/la-sinistra-destra-vecchia-nuova/

Lavoro/Srniceck

Nick Srniceck, Alex Williams – Inventare il futuro. Per un mondo senza lavoro – Nick Srniceck, Alex Williams – Produzioni Nero (2018)

L’ostacolo piu’ grande al reddito base – e in generale alla realizzazione di una societa’ post-lavoro – non e’ in realta’ di tipo economico, ma politico e culturale: politico perché le forze che si oppongono a questa idea sono estremamente potenti; culturale, perche’ il lavoro e’ profondamente integrato nelle nostre vite come parte della nostra stessa identita’ […]
Uno dei problemi piu’ grandi per l’attuazione di un reddito base e la costruzione di una societa’ post-lavoro, e’ quello di superare la pressione sociale che porta a interiorizzare l’etica del lavoro […]
Lasciarsi alle spalle l’etica del lavoro sara’ dunque un obiettivo ineludibile per qualsiasi futuro tentativo di costruire un mondo post-lavoro […]
Le nostre vite sono sempre piu’ strutturate attorno a un ideale fortemente competitivo, che nel lavorare duro individua il principale strumento di autorealizzazione, e per quanto degradante, sottopagato o scomodo esso sia, il lavoro viene comunque considerato come un bene in se’.
Questo e’ il mantra dei principali partiti politici come della maggior parte dei sindacati: e’ un’idea che spesso deriva dalla retorica del lavoro per tutti […]
La stessa ideologia e’ parallela alla demonizzazione dei disoccupati: i giornali pubblicano titoli che mettono in dubbio la caratura morale di coloro che ricevono i sussidi, i programmi televisivi ridicolizzano i poveri, e lo stereotipo del parassita dello Stato assistenziale e’ ormai un classico.
Il lavoro e’ diventato centrale per la nostra concezione di noi stessi, ed e’ cosi’ profondamente radicato in noi che, di fronte all’idea di lavorare meno, molti rispondono: «E allora cosa farei?».
Il fatto che cosi’ tante persone non riescano neppure a immaginare una vita che abbia significato al di fuori del proprio impiego dimostra quanto in profondita’ l’etica del lavoro abbia plasmato la nostra psiche […]
Questa forma di pensiero lascia intendere un ovvio residuo teologico, giacche’ la sofferenza e’ considerata non solo intrinsecamente significativa, ma come la vera e propria condizione base per una vita che valga la pena vivere: in parole povere, una vita senza sofferenza viene considerata come frivola e vacua.
Questa concezione va rigettata e considerata il residuo di un’epoca storica trascesa da tempo.
La spinta a dare un significato profondo alla sofferenza puo’ magari avere avuto senso in quelle epoche passate in cui poverta’, malattia e fame erano elementi ricorrenti dell’esistenza umana; ma oggi e’ doveroso rifiutarne la logica, e riconoscere che abbiamo superato la necessita’ di fondare il senso delle nostre esistenze sulla quantita’ di sofferenza provata: il lavoro e il dolore che lo accompagna non meritano celebrazione alcuna […]
La pressione che ci spinge ad accettare l’etica del lavoro e’ controbilanciata dal disprezzo che proviamo per i nostri impieghi: oggi, in tutto il mondo, solo il tredici percento delle persone sostiene di ritenere il proprio lavoro interessante.
Spossati e svuotati dal punto di vista fisico, mentale e sociale, i lavoratori vivono le loro occupazioni come fonte di continuo stress. Per la stragrande maggioranza delle persone il lavoro non ha alcun significato, non offre alcun tipo di gratificazione ne’ di redenzione: e’ solo un male necessario che serve a pagare le bollette a fine mese.

Info:
https://www.terrelibere.org/inventare-il-futuro/
https://lacaduta.it/riappropriarsi-del-futuro-secondo-srnicek-e-williams-bb0f904b2d0e
https://www.quadernidaltritempi.eu/liberi-dal-lavoro-il-domani-quasi-possibile/
https://www.anobii.com/books/Inventare_il_futuro/9788880560098/01b82e055beaceae9c
http://www.exasilofilangieri.it/presentazione-del-libro-inventare-futuro-un-mondo-senza-lavoro-n-srnicek-williams/

Lavoro/Saraceno

Francesco Saraceno – La riconquista. Perche’ abbiamo perso l’Europa e come possiamo riprendercela – Luiss (2020)

Secondo uno slogan che e’ a lungo andato di moda, con la flexicurity si dovrebbe passare dalla protezione del lavoro a quella del lavoratore.
Se sulla carta sembra una strategia vincente (si aumenta la competitivita’ dell’impresa senza nuocere al lavoratore), l’efficacia della flexicurity e’ in realta’ oggetto di dibattito tra gli economisti.
Essa riposa infatti su di una nozione molto restrittiva del rapporto di lavoro, trattato come qualunque altra merce, e ridotto a un contratto che puo’ essere sciolto a piacimento senza incorrere in costi eccessivi.
In realta’, l’esperienza di Paesi come la Germania e il Giappone mostra che rapporti di lavoro stabili consentono di annodare un insieme di relazioni, di creare competenze specifiche, che hanno un ruolo di primo piano nello spiegare la crescita della produttivita’.
Quindi, non e’ affatto detto che spezzettare e accorciare i rapporti di lavoro sia uno stimolo alla crescita e alla competitivita’. Ma anche prescindendo da considerazioni di ordine generale, nel contesto europeo la flexicurity ha rapidamente perso un pezzo, il “-curity”.
Nella gran parte dei Paesi europei le riforme dei mercati del lavoro si sono limitate ad aumentare la flessibilita’.
In un contesto di stagnazione della spesa sociale, la protezione del lavoratore licenziato e’ stata spesso trascurata, come anche l’investimento nelle politiche attive del lavoro.
Queste o erano assenti nelle riforme, o quando erano presenti sono state sottofinanziate, vittime di tagli e austerita’. Quasi ovunque, a partire dalla Germania, la precarieta’ del lavoro e’ aumentata e la protezione dei lavoratori diminuita.

Info:
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-riconquista-perche-abbiamo-perso-l-europa-e-come-possiamo-riprendercela-di-francesco-saraceno/
https://www.rivistailmulino.it/a/la-riconquista
https://www.europainmovimento.eu/europa/perche-abbiamo-perso-l-europa-e-come-possiamo-riprendercela.html
https://www.micromega.net/leuropa-vista-da-un-riformista/

Lavoro/Srniceck

Nick Srniceck, Alex Williams – Inventare il futuro. Per un mondo senza lavoro – Produzioni Nero (2018)

Con la possibilita’ di un’automazione del lavoro su larga scala […] e’ molto probabile che il futuro ci presentera’ le seguenti tendenze:
• La precarieta’ delle classi operaie nelle economie dei paesi sviluppati si andra’ intensificando, per via della crescita del surplus di forza lavoro globale (prodotto da globalizzazione e automazione).
• Le «riprese senza lavoro» si protrarranno e si presenteranno con forme sempre piu’ marcate, andando a toccare principalmente i lavoratori che possono essere rimpiazzati da macchinari.
• Le popolazioni di ghetti, baraccopoli e slum continueranno a crescere per via dell’automazione dei posti di lavoro non specializzati, un processo reso ancora piu’ rapido dalla deindustrializzazione prematura.
• La marginalita’ urbana nelle economie sviluppate crescera’ sempre di piu’, in seguito all’automazione dei posti di lavoro non specializzati e pagati poco.
• La trasformazione dell’educazione universitaria in una semplice formazione al lavoro sara’ accelerata, nel disperato tentativo di produrre grandi quantita’ di lavoratori specializzati.
• La crescita continuera’ a essere lenta, rendendo improbabile la creazione di nuovi posti di lavoro che vadano a rimpiazzare quelli perduti.
• I cambiamenti al workfare, i controlli per l’immigrazione e l’incarcerazione di massa si intensificheranno, e i disoccupati saranno sempre piu’ soggetti a misure coercitive.
Naturalmente, nessuno di questi esiti e’ inevitabile.
Ma la nostra analisi si basa sulle tendenze attuali del capitalismo e sui problemi che, con molta probabilita’, emergeranno in seguito all’ulteriore crescita del surplus di popolazione.
Queste tendenze prefigurano una crisi del lavoro, e di conseguenza una crisi che colpira’ qualsiasi societa’ fondata sull’istituzione del lavoro salariato.

Info:
https://www.terrelibere.org/inventare-il-futuro/
https://lacaduta.it/riappropriarsi-del-futuro-secondo-srnicek-e-williams-bb0f904b2d0e
https://www.quadernidaltritempi.eu/liberi-dal-lavoro-il-domani-quasi-possibile/
https://www.anobii.com/books/Inventare_il_futuro/9788880560098/01b82e055beaceae9c
http://www.exasilofilangieri.it/presentazione-del-libro-inventare-futuro-un-mondo-senza-lavoro-n-srnicek-williams/

Lavoro/Chang

Ha-Joon Chang – Economia commestibile. Comprendere la teoria economica attraverso il cibo – il Saggiatore (2023)

Un presupposto comune nei paesi ricchi e’ che i paesi poveri siano poveri perche’ la popolazione di quelle aree non lavora sodo […]
E’ un mito assoluto che le persone nei paesi poveri manchino di etica del lavoro.
In realta’, lavorano molto piu’ duramente delle loro controparti nei paesi ricchi.
Per cominciare, di solito nei paesi poveri lavora una percentuale molto piu’ alta della popolazione in eta’ lavorativa rispetto a quella dei paesi ricchi. Secondo i dati della Banca mondiale, nel 2019 il tasso di partecipazione alla forza lavoro e’ stato dell’83 per cento in Tanzania, del 77 per cento in Vietnam e del 67 per cento in Giamaica, rispetto al 60 per cento in Germania, al 61 per cento negli Stati Uniti e al 63 per cento della Corea del Sud, presunta nazione di stacanovisti.
Nei paesi poveri, un’enorme percentuale di bambini lavora invece di andare a scuola […]
Inoltre, nei paesi ricchi, la stragrande maggioranza delle persone di eta’ compresa tra i diciotto e i ventiquattro anni, nel pieno della maturita’ fisica, frequenta l’istruzione terziaria (scuole medie, universita’ e oltre). Il rapporto tra coloro che frequentano l’istruzione terziaria rispetto alla coorte di eta’ di riferimento puo’ raggiungere il 90 per cento in alcuni paesi ricchi (come gli Stati Uniti, la Corea del Sud e la Finlandia), mentre e’ inferiore al 10 per cento in una quarantina di paesi poveri. Cio’ significa che, nei paesi ricchi, gran parte delle persone lavora soltanto dopo avere raggiunto la prima eta’ adulta […]
Nei paesi poveri, una percentuale inferiore di persone sopravvive fino all’eta’ post-pensionabile (dai sessanta ai sessantasette anni, a seconda del paese) rispetto ai paesi ricchi.
Ma, nella misura in cui sono ancora in vita, gli anziani nei paesi poveri tendono a lavorare molto piu’ a lungo rispetto alle loro controparti dei paesi ricchi, poiche’ molti di loro non possono permettersi di andare in pensione […]
Queste persone lavorano molto piu’ a lungo e per una porzione maggiore della loro vita rispetto a quelle dei paesi ricchi, ma producono molto meno perche’ non sono altrettanto produttive […]
Ma in gran parte i lavoratori dei paesi poveri sono, come singoli lavoratori, altrettanto produttivi delle loro controparti dei paesi ricchi.
E’ facile da capire se si pensa al fatto che gli immigrati provenienti da economie povere sperimentano un forte aumento della loro produttivita’ al momento dell’arrivo, nonostante non acquisiscano competenze aggiuntive o non sperimentino drastici miglioramenti della salute.
Gli immigrati attraversano un forte aumento della produttivita’ perche’ si trovano improvvisamente a lavorare con tecnologie migliori in unita’ produttive meglio gestite (per esempio fabbriche, uffici, negozi e aziende agricole), supportate da infrastrutture di migliore qualita’ (per esempio elettricita’, trasporti, internet) e da sistemi sociali piu’ efficienti (per esempio politiche economiche, sistema giuridico).
E’ come se un fantino che gareggiava con un asino denutrito si trovasse improvvisamente a cavalcare un cavallo da corsa di razza. L’abilita’ del fantino conta, naturalmente, ma il vincere o meno la corsa e’ in gran parte determinato dal cavallo – oppure dall’asino – che si cavalca.

Info:
https://www.criticaletteraria.org/2023/02/economia-commestibile-ha-joon-chang.html
https://saggiatore.s3.eu-south-1.amazonaws.com/media/rassegne/2023/2023-02-A/2023_02_04-Tuttolibri-Chang-1.pdf
https://ilfattoalimentare.it/economia-commestibile-dalla-storia-dellalimentazione-per-spiegare-leconomia.html

Lavoro/Fraser

Nancy Fraser – Capitalismo cannibale. Come il sistema sta divorando la democrazia, il nostro senso di comunita’ e il pianeta – Laterza (2023)

La sostituzione del lavoro di fabbrica sindacalizzato con un lavoro precario nei servizi si accompagna a un abbassamento dei salari, che tendono a scendere al di sotto dei costi socialmente necessari della riproduzione.
Lavoratori che prima erano «solo» sfruttati ora sono anche espropriati.
Questa doppia condizione, riservata in precedenza a delle minoranze e adesso sempre piu’ generalizzata, e’ aggravata dall’assalto al welfare state.
Il salario sociale diminuisce, mentre le entrate fiscali in passato destinate alle infrastrutture pubbliche e ai diritti sociali vengono dirottate verso il servizio del debito e la «riduzione del deficit» nella speranza di placare «i mercati».
Mentre i salari reali vanno a picco, i servizi un tempo forniti dal settore pubblico, come l’assistenza all’infanzia, vengono scaricati sulle famiglie e sulle comunita’, cioe’ principalmente sulle donne, che nel frattempo sono impiegate in lavori salariati precari e quindi sfruttate ed espropriate su due fronti.
Nel centro come nella periferia, inoltre, una corsa al ribasso sta portando i governi a ridurre le tasse sulle imprese, impoverendo ulteriormente le casse dello Stato e giustificando apparentemente una maggiore «austerita’», tendenza che di fatto innesca un circolo vizioso.
Ulteriori regali alle imprese svuotano di contenuto diritti del lavoro faticosamente conquistati, esponendo i lavoratori, un tempo protetti, a possibili violazioni.

Info:
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_rep.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_lalettura.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/fraser_corsera.pdf
https://jacobinitalia.it/#facebook
https://jacobinitalia.it/il-capitalismo-cannibale/

Lavoro/Schiavone

Aldo Schiavone – Sinistra! Un manifesto – Einaudi (2023)

Le attivita’ prevalentemente manuali verranno respinte sempre di piu’ ai margini dei processi produttivi.
E’ chiaro che in questo scenario la creazione di merci materiali a media e bassa densita’ tecnologica non scompare del tutto; ne’ scompare il lavoro meccanicamente esecutivo: ma entrambi vedranno diminuiti progressivamente i loro addetti, in parte sostituiti da macchine dotate di intelligenza artificiale, in parte delocalizzati in aree geografiche al di fuori dell’Occidente, dove per ora il loro costo e’ minore. Soprattutto, quei lavori diventano in un certo senso residuali, scaduti rispetto al cuore produttivo del sistema.
E poiche’ non sono collegati a piu’ nulla di decisivo per gli equilibri dell’intera struttura – diversamente da quanto succedeva per il lavoro operaio di una volta, che era invece al centro di tutti i principali processi produttivi di tipo industriale – essi non sono in grado di difendersi da forme anche estreme di sfruttamento, che pero’ non costituiscono piu’ contraddizioni rilevanti rispetto all’insieme del dispositivo economico […]
Gli addetti ai lavori poveri di tecnica si riducono a figure senza importanza sociale […]
Al depotenziamento della forza-lavoro, sulla base dei compiti che la definiscono nel circuito produttivo – una completa svalutazione delle attivita’ umane non portatrici di nuovo sapere e di nuova tecnica: con la loro riduzione a pura quantita’ sostituibile in ogni istante, perche’ la serialita’ del lavoro non ha quasi piu’ valore rispetto al mercato – corrisponde uno sbiadimento dello status di cittadini. E poiche’ tutta la modernita’ si e’ costruita sul rapporto fra vita e lavoro […] il risultato e’ che il disvalore economico del lavoro si trasforma nel disvalore delle vite corrispondenti.
Fino a rendere drammaticamente attuale la barbarie di forme di sopraffazione – autentica negazione dell’umano – che arrivano oltre la soglia di una specie di neoschiavitu’ che sembra riemergere dai fondi piu’ bui del nostro passato.

Info:
https://www.genteeterritorio.it/una-sinistra-nuova-riflessioni-sul-libro-di-aldo-schiavone/
https://www.infinitimondi.eu/2023/03/08/tre-libri-recenti-3-sinistra-un-manifesto-di-aldo-schiavone-einaudi-2023-una-bolognina-trentanni-dopo-recensione-di-gianfranco-nappi/
https://www.huffingtonpost.it/blog/2023/02/14/news/schiavone_la_sinistra_il_passato_e_il_presente-11341021/
https://www.repubblica.it/cultura/2023/02/07/news/aldo_schiavone_politologo_nuovo_libro_sinistra_ordine_mondiale_progressisti-386900578/

Lavoro/Schiavone

Aldo Schiavone – Sinistra! Un manifesto – Einaudi (2023)

Fra conquiste tecnologiche ed emancipazione dell’umano e’ esistito sempre […] un nesso strettissimo.
Senza macchine e senza tecnologia la divisione sociale del lavoro aveva assunto nel passato caratteri cosi’ oppressivi – per garantire la formazione e la sopravvivenza di civilta’ piu’ complesse ed evolute – da rendere indispensabile ricorrere largamente a masse di donne e di uomini ridotti a meri strumenti animati, esseri senza storia e senza futuro […]
Ed e’ per questo che la schiavitu’ e la piu’ completa subalternita’ femminile si presentavano in quei mondi come necessita’ sociali inderogabili, e venivano scambiate percio’ per leggi naturali.
Al contrario, il lavoro delle fabbriche inglesi e poi europee e americane gia’ piene di macchine dal tempo della rivoluzione industriale non aveva piu’ bisogno di schiavi […] Aveva bisogno piuttosto di operai liberi, in grado di vendere sul mercato la propria forza-lavoro, e insieme di partecipare ai consumi dell’intera societa’, per quanto schiacciati dallo sfruttamento capitalistico dell’epoca.
La tecnologia allora messa per la prima volta in campo spalancava la strada all’incontro storico fra capitale e lavoro: il motore dell’emancipazione delle classi popolari dell’Occidente, e poi delle prime conquiste verso la parita’ di genere

Info:
https://www.huffingtonpost.it/blog/2023/02/14/news/schiavone_la_sinistra_il_passato_e_il_presente-11341021/
https://www.infinitimondi.eu/2023/03/08/tre-libri-recenti-3-sinistra-un-manifesto-di-aldo-schiavone-einaudi-2023-una-bolognina-trentanni-dopo-recensione-di-gianfranco-nappi/
https://www.marx21.it/cultura/un-manifesto-per-la-sinistra-una-lettura-critica-dellultimo-libro-di-aldo-schiavone/

Lavoro/Harari

Yuval Noah Harari – Homo Deus. Breve storia del futuro – Bompiani (2018)

Nel corso della storia il mercato del lavoro e’ stato suddiviso in tre ambiti principali: agricoltura, industria e servizi.
Fino al 1800 circa la grande maggioranza degli individui lavorava in agricoltura e soltanto una piccola minoranza era occupata nell’industria e nei servizi.
Durante la Rivoluzione industriale gli abitanti dei paesi sviluppati abbandonarono i campi e gli animali. La maggior parte comincio’ a lavorare nell’industria, mentre un numero crescente di persone trovava lavoro nei servizi.
Negli ultimi decenni i paesi sviluppati sono stati investiti da un’altra rivoluzione: dopo che il lavoro nelle fabbriche e’ evaporato, il settore dei servizi si e’ espanso. Nel 2010 solo il 2% degli americani lavorava nell’agricoltura e il 20% era occupato nell’industria, mentre il 78% era costituito da insegnanti, dottori, web designer e cosi’ via.
Quando algoritmi privi di mente saranno capaci di insegnare, diagnosticare malattie e progettare documenti digitali meglio degli umani, che cosa faremo? […]
Nel XIX secolo la Rivoluzione industriale pose le condizioni per la formazione di un vasto proletariato urbano, e il socialismo si diffuse perche’ nessun altro sistema di valori riusciva a rispondere alle inedite esigenze, speranze e paure di questa nuova classe operaia. Alla fine il liberalismo ha sconfitto il socialismo soltanto adottando le parti migliori del programma socialista.
Nel XXI secolo potremmo assistere alla creazione di una nuova massiccia classe di disoccupati: la gente deprivata di qualsiasi valore economico, politico e persino artistico, che non contribuisce in alcun modo alla prosperita’, al potere e alla gloria della societa’.
Questa “classe inutile” non sara’ semplicemente disoccupata – sara’ inoccupabile […]
Per esempio, esiste un 99% di probabilita’ che dal 2033 i venditori telefonici umani e gli agenti assicuratori perderanno i loro lavori a causa degli algoritmi. Esiste un 98% di probabilita’ che lo stesso accadra’ ai cronisti sportivi, al 97% dei cassieri e al 96% degli chef. Camerieri: 94%. Assistenti paralegali: 94%. Guide turistiche: 91%. Fornai: 89%. Autisti di autobus: 89%. Lavoratori edili: 88%. Assistenti veterinari: 86%. Guardie di sicurezza: 84%. Marinai: 83%. Baristi: 77%. Archivisti: 76%. Carpentieri: 72%. Guardie del corpo: 67%. E così via

Info:
https://www.leggeredistopico.com/2022/06/08/recensione-homo-deus-breve-storia-del-futuro-di-yuval-noah-harari/
https://www.getstoryshots.com/it/books/homo-deus-summary/
https://claudiamorelli.it/innovazione-legale/recensione-homo-deus/

 

Lavoro/Schwab

Klaus Schwab – La quarta rivoluzione industriale – Franco Angeli (2016)

Quali nuove opportunita’ potrebbero esistere per le donne in un mercato del lavoro trasformato dalla quarta rivoluzione industriale?
Sebbene sia difficile mappare le competenze e le abilita’ attese in settori non ancora creati, possiamo ragionevolmente presumere che aumentera’ la domanda di competenze che consentano ai lavoratori di progettare, costruire e lavorare insieme a sistemi tecnologici, o in aree che colmano le lacune lasciate da questi innovazioni tecnologiche.
Poiche’ gli uomini tendono ancora a dominare le professioni di informatica, matematica e ingegneria, una maggiore domanda di competenze tecniche specializzate puo’ esacerbare le disuguaglianze di genere.
Tuttavia, puo’ crescere la domanda per ruoli che le macchine non possono soddisfare e che si basano su caratteristiche e capacita’ intrinsecamente umane come l’empatia e la compassione. Le donne sono prevalenti in molte di queste occupazioni, inclusi psicologi, terapisti, allenatori, organizzatori di eventi, infermieri e altri fornitori di assistenza sanitaria

Info:
https://www.salesforce.com/it/blog/2019/08/che-cosa-quarta-rivoluzione-industriale.html
https://www.uniba.it/it/docenti/ciuffreda-antonio/attivita-didattica/la-quarta-rivoluzione-industriale.pdf