Lavoro/Aloisi

Il tuo capo e’ un algoritmo. Contro il lavoro disumano – Antonio Aloisi, Valerio De Stefano – Laterza (2020)

Da qualche anno, le strade dei centri urbani sono invase da fattorini che, muniti di voluminosi zaini colorati, scorrazzano a bordo di bici o, piu’ raramente, di scooter e utilitarie.
In contemporanea, gli smartphone si sono riempiti di nuove app congegnate per reintermediare una vasta gamma di servizi: consegne di cibo, medicinali e alcolici, lavanderia pret a porter, piccoli lavori di manutenzione, servizi di pulizie […]
A voler fare un bilancio provvisorio, il lavoro tramite piattaforma rappresenta una nicchia in cui si tollerano forme di deregolamentazione ad opera dagli attori del mercato.
Il risultato e’ gramo: orari instabili e bassi guadagni, ben al di sotto dei salari del settore (commercio, logistica, servizi, a seconda dei casi); niente malattia, ferie o straordinario; spazi risicati per la contrattazione collettiva; rischi connessi all’attivita’ di impresa che transitano in capo agli stessi lavoratori.
Pur creando potenziali nuove opportunita’ per categorie in difficolta’, le piattaforme impoveriscono il lavoro e realizzano un modello di competizione al ribasso: il punto di forza rispetto ai rivali commerciali deriva dall’abilita’ di aggirare le regole del diritto del lavoro, ma anche dal mancato rispetto degli obblighi assicurativi e previdenziali.
In pratica, il vantaggio distintivo si fonda su una formula evasiva delle cui conseguenze avverse finisce per farsi carico l’intera collettività (concorrenti, lavoratori, ma anche clienti che non possono contare su regole certe in fatto di divieto di discriminazione e sicurezza dei mezzi).
Questa strategia aggressiva, al vaglio di autorita’ e tribunali, e’ replicata con pertinacia su scala globale. Cambiano le formule contrattuali, gli inquadramenti e le prassi, ma salvo rare eccezioni il modello resta lo stesso.

Info:
https://www.laterza.it/images/stories/pdf/9788858141298_ALOISI%202.pdf
https://www.laterza.it/images/stories/pdf/9788858141298_ALOISI%203.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-8.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-10.pdf
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/ALOISI-10.pdf
https://www.pandorarivista.it/articoli/il-tuo-capo-e-un-algoritmo-di-antonio-aloisi-e-valerio-de-stefano/

Lavoro/Feltri

10 Rivoluzioni nell’economia globale (che in Italia ci stiamo perdendo) – Stefano Feltri – Utet (2024)

Il lato oscuro del mondo del lavoro […]
Nel 2022 su 8,1 milioni di assunzioni, soltanto il diciassette per cento e’ stato a tempo indeterminato. Vuol dire che il restante ottantatre per cento e’ fatto di precari che non sanno se saranno mai stabilizzati.
Secondo i dati dell’Istat, soltanto un quinto dei 3,2 milioni di lavoratori a termine ha una speranza di vedere il proprio contratto convertito in un tempo indeterminato.
Se sommiamo 2,5 milioni di lavoratori atipici non stabilizzati, due milioni di disoccupati e gli inattivi disponibili al lavoro, che sono 2,4 milioni di persone ormai sfiduciate, arriviamo a una cifra considerevole: sette milioni di persone che dal lavoro non possono ottenere altro che un reddito, spesso basso, ma non certo una dignita’ sociale o una qualche forma di protezione dalle incertezze della vita […]
Il problema e’ che il mercato del lavoro e’ diventato sempre piu’ difficile e i lavori sempre meno pagati, e quindi molte famiglie restano a rischio poverta’ anche se non sono composte soltanto da disoccupati.
Sempre secondo l’Istat, poi, i redditi delle famiglie italiane al netto dell’inflazione sono molto piu’ bassi rispetto a prima della grande crisi finanziaria del 2008.
In quindici anni l’Italia non si e’ mai del tutto ripresa e poi e’ arrivato il Covid.
I redditi familiari da lavoro autonomo sono piu’ bassi del 20,9 per cento in termini reali rispetto al 2007, quelli da lavoro dipendente del nove per cento. Se queste sono le prospettive, non c’e’ da stupirsi che in Italia ormai ben poche persone si considerino rassicurate dal proclama contenuto nel primo articolo della Costituzione, in base al quale l’Italia e’ una repubblica fondata sul lavoro.
Quella che sembrava una posizione di principio, una promessa di diritti, oggi – vista la qualita’ del lavoro disponibile – suona quasi come una minaccia.

 

Lavoro/Dardot

La scelta della guerra civile. Un’altra storia del neoliberalismo – Dardot Pierre, Haud Gueguen, Christian Laval, Pierre Sauvetre – Meltemi (2023)

Tutte le trasformazioni che hanno interessato il mondo del lavoro negli ultimi trent’anni sono state ogni volta giustificate in nome di una “guerra economica” in cui la questione chiave e’ quella della performance e della competitivita’.
Sia che venga presentata come una realta’ ineluttabile a cui adattarsi, che diventerebbe quindi una questione di vita o di morte, sia che venga descritta come una “sfida” e un’“opportunita’” per l’innovazione e la liberta’ imprenditoriale, questa guerra alla competitivita’ e’ l’assioma che oggi si impone a tutte le riforme economiche e politiche, costituendo cosi’ la base della neoliberalizzazione del lavoro.
La guerra in questione non puo’, quindi, essere ridotta a una semplice metafora […]
Sebbene la guerra per la competitivita’ non sia una guerra nel senso militare del termine, comporta comunque l’uso di strategie e pratiche che si rivelano in grado di produrre effetti, e che passano in particolare attraverso il modo in cui l’arsenale giuridico intende, secondo le parole della Corte di Giustizia delle Comunita’ Europee (CGCE), “modernizzare”, “rendere flessibile” e “abbassare il costo del lavoro”, in modo da erigere la norma della concorrenza a principio intangibile.
Ma questa logica di guerra della competitività economica non può essere ridotta solo ai piani del diritto e delle riforme politiche. Essa si estende in realtà fino al lavoro vivo e agli individui stessi, poiché se il neomanagement e la governance d’impresa mirano con tutti i mezzi a rendere le aziende il più competitive possibile, ciò non comporta solo l’esigenza di una “mobilitazione totale” da parte di tutti i dipendenti nella lotta tra aziende, ma anche l’instaurazione di una sorta di “guerra di tutti contro tutti” all’interno dei luoghi di lavoro.

Info:
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/massimiliano-guareschi-il-manifesto-12-febbraio-2024-quel-neoliberismo-autoritario-su-la-scelta-della-guerra-civile-aa.-vv.-meltemi.pdf
https://www.carmillaonline.com/2024/01/24/una-guerra-civile-strisciante-e-costante/
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/27174-christian-laval-haud-gueguen-pierre-dardot-pierre-sauvetre-la-scelta-della-guerra-civile.html
https://ilmanifesto.it/pierre-dardot-un-abbraccio-mortale-per-la-gauche
https://ilmanifesto.it/il-neoliberismo-autoritario
https://www.pandorarivista.it/articoli/per-una-prassi-istituente-recensione-a-del-comune-o-della-rivoluzione-nel-xxi-secolo/

Lavoro/Gorz

l filo rosso dell’ecologia – André Gorz – Mimesis (2017)

In tutti i paesi sviluppati, e’ il capitale che tende ad abolire il lavoro salariato perche’ questo si era nel frattempo trasformato, durante il periodo fordista, in una relazione sociale regolamentata, protetta dai diritti sociali.
Al suo posto, il capitale reintroduce relazioni di lavoro e di retribuzione individualizzate, precarie, che abbandonano il lavoratore di fronte al potere arbitrario del suo datore di lavoro.
Il capitalismo denuncia il contratto sociale che era alla base del regime fordista, il lavoro diventa un’attivita’ sempre piu’ discontinua. Periodi di iperattivita’ si alternano a periodi di disoccupazione, il tempo di lavoro e il livello di retribuzione diventa flessibile, imprevedibile.
Chiunque e’ un disoccupato in potenza.
E’ una rivoluzione irreversibile. La rivoluzione microelettronica economizza delle quantita’ di lavoro fino ad oggi inimmaginabili, ma e’ gestita in un modo tale che condanna gli uni all’inattivita’, mentre obbliga gli altri ad un’intensita’ di lavoro difficilmente sopportabile […]
Inoltre, sotto la pressione dei fondi pensione, le imprese riducono i salari e il personale, investono sempre meno sul lungo periodo e cercano ovunque di ottenere i mezzi di esenzione d’imposta.
E cosi’ il rendimento del capitale non smette di accrescersi, mentre la remunerazione del lavoro, la protezione sociale e gli investimenti in opere pubbliche non fanno che diminuire […]
Sarebbe necessario garantire a chiunque un reddito continuo per un lavoro discontinuo. Garantire, detto altrimenti, che la discontinuita’ del lavoro retribuito non sia imposta alle persone a seconda della convenienza dei datori di lavoro, e che questa discontinuita’ si trasformi in diritto di tutti a vivere le proprie attivita’ e a scegliere, senza perdere il proprio reddito, dei periodi in cui si possano fare cose che non abbiano valore mercantile.
Questa sarebbe la base della societa’ della multiattivita’.
Credo che questa idea sia piu’ che mai attuale. Perche’ la produttivita’ della forza lavoro postfordista non dipende piu’ dalla rapidita’ con cui i soggetti eseguono i compiti prescritti in un certo numero di ore lavorate. Ma dipende dalla coordinazione delle facolta’ cognitive, dei saperi intuitivi, dalle capacita’ di giudicare e reagire agli imprevisti: tutte cose che non si insegnano, ma che fanno parte della cultura comune e che sono acquisite soltanto grazie al libero sviluppo delle persone in quanto tali.

Lavoro/Fana

Non è lavoro, è sfruttamento – Marta Fana – Laterza (2017)

Un passaggio inevitabile, se si vuole restituire un connotato democratico ai processi produttivi: i lavoratori devono essere soggetti attivi delle scelte aziendali, da quelle che attengono agli investimenti fino alla distribuzione del reddito prodotto.
Un’attivita’ che puo’ essere si’ mediata attraverso le rappresentanze sindacali, ma senza dare a queste ultime una delega in bianco.
Lo stesso vale per le istituzioni sovranazionali – oggi appannaggio di un’oligarchia di interessi – e la ge- stione del commercio internazionale.
Non si tratta di ritornare al protezionismo, ma di vincolare il commercio al rispetto del lavoro e quindi in questo senso e’ possibile oggi parlare della necessita’ di introduzione dei dazi sociali nei confronti di quei paesi che non rispettano gli standard minimi di dignita’ del lavoro.
Solo in questo modo e’ possibile rimettere al centro l’uomo e non invece i profitti e le scelte di delocalizzazione per trarre vantaggio dai costi del lavoro piu’ bassi, che inevitabilmente implicano minori diritti e tutele per i lavoratori.

Info:
https://sbilanciamoci.info/non-lavoro-sfruttamento/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2017/10/07/non-e-lavoro-e-sfruttamento-proletari-di-tutto-il-mondo-svegliatevi/3897477/
https://attac-italia.org/non-e-lavoro-e-sfruttamento/
https://www.lacittafutura.it/recensioni/non-e-lavoro-e-sfruttamento

Lavoro/Somma

Alessandro Somma – Abolire il lavoro povero – Laterza (2024)

Torniamo al dovere della Repubblica di rendere effettivo il diritto al lavoro. Un simile dovere pone «a carico dello Stato un preciso obbligo», la cui giuridicita’ si ricava dal complesso delle disposizioni costituzionali in cui si inserisce il diritto al lavoro, prime fra tutte quelle concernenti la conformazione del mercato.
Si tratta invero di disposizioni da cui emergono indicazioni univoche: l’iniziativa economica privata «non puo’ svolgersi in contrasto con l’utilita’ sociale» (art. 41), il diritto di proprieta’ deve essere esercitato nel rispetto della sua «funzione sociale» (art. 42), le «produzioni di preminente interesse generale» possono essere escluse dal regime privatistico (art. 43), e la proprieta’ terriera puo’ essere gravata da obblighi «al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali» (art. 44).
Discende da tutte queste indicazioni l’obbligo per i pubblici poteri di adottare misure che, se da un lato non possono mettere in discussione il «mantenimento in via di massima dell’iniziativa privata», dall’altro devono indurre le imprese ad assumersi compiti ulteriori rispetto a quelli concernenti l’orizzonte individualistico.

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html

Lavoro/Dardot

Dardot Pierre, Haud Gueguen, Christian Laval, Pierre Sauvetre – La scelta della guerra civile. Un’altra storia del neoliberalismo – Meltemi (2023)

L’offensiva neoliberale ha tuttavia mire ancora piu’ radicali e ambiziose: smantellare l’istituzione del lavoro dipendente, cosi’ come e’ stata costruita intorno al “compromesso fordista” (che consisteva nell’associare al lavoro dipendente un certo numero di tutele e di diritti sociali) e sostituirla con quella dell’imprenditore di se’ stesso, che lavora in modo flessibile e non beneficia di tutele sociali e giuridiche.
Questo nuovo modello, a cui si fa comunemente riferimento con una varieta’ di termini (uberizzazione, gig economy, capitalismo delle piattaforme), e’ per il momento ben lungi dall’essere egemonico, poiche’ l’occupazione salariata “tradizionale” resta ancora di gran lunga maggioritaria su scala mondiale.
Ciononostante, esso e’ al centro di tutte le riforme del diritto del lavoro, che tendono a indebolire ulteriormente le tutele garantite del lavoro dipendente.
Lo sviluppo del “precariato” – che puo’ essere collegato a un’intera panoplia di nuove forme di lavoro precario, e talvolta anche gratuito o quasi gratuito (workfare, click work, ecc.) – ha anche avuto l’effetto di rendere sempre meno leggibili i contorni stessi della categoria sociale del “lavoro”.

Info:
https://www.meltemieditore.it/wp-content/uploads/massimiliano-guareschi-il-manifesto-12-febbraio-2024-quel-neoliberismo-autoritario-su-la-scelta-della-guerra-civile-aa.-vv.-meltemi.pdf
https://www.carmillaonline.com/2024/01/24/una-guerra-civile-strisciante-e-costante/
https://www.sinistrainrete.info/neoliberismo/27174-christian-laval-haud-gueguen-pierre-dardot-pierre-sauvetre-la-scelta-della-guerra-civile.html
https://ilmanifesto.it/pierre-dardot-un-abbraccio-mortale-per-la-gauche
https://ilmanifesto.it/il-neoliberismo-autoritario
https://www.pandorarivista.it/articoli/per-una-prassi-istituente-recensione-a-del-comune-o-della-rivoluzione-nel-xxi-secolo/

Lavoro/Tirole

Jean Tirole – Economia del bene comune – Mondadori (2017)

Per tornare alla questione della disuguaglianza, il modo giusto di porre il problema non e’ quello di chiedersi se ci saranno ancora posti di lavoro.
Il problema vero e’ sapere se ci saranno abbastanza posti retribuiti da compensi che la societa’ considerera’ dignitosi. Difficile fare previsioni.
Da un lato, le disuguaglianze salariali potrebbero suggerire una risposta negativa alla domanda. Dall’altro, le persone, in larga maggioranza, intendono essere […] utili alla societa’, e il lavoro, retribuito o meno (come quello nel settore del volontariato), e’ un modo per raggiungere l’obiettivo. Non solo.
Come fanno notare Brynjolfsson e McAfee, noi cerchiamo il legame con gli altri. E l’impiego e’ per noi un modo per costruire un tessuto sociale […]
Nel brevissimo termine, la cancellazione di posti di lavoro comporta costi pesanti per chi li perde. L’accelerazione della «distruzione creatrice» pone tre ordini di problemi: come tutelare i lavoratori, salariati o meno? Come prepararci, a livello di sistema educativo, al mondo nuovo? Come riusciranno a adeguarsi le nostre società”

Lavoro/Latouche

Serge Latouche – Lavorare meno, lavorare diversamente o non lavorare affatto – Bollati Boringhieri (2023)

Per quanto l’idea di un reddito incondizionato di autonomia sia seducente e possa essere portata avanti anche dagli obiettori di crescita, specialmente in periodi di crisi dell’occupazione […] non bisogna farsi troppe illusioni di veder realizzato un progetto che offra un reddito che permetta di vivere, certo in modo frugale ma dignitoso, senza lavorare.
La forza dell’ideologia lavorista e’ tale che, unita ai limiti imposti dalla logica dell’economia della crescita, crea una fortissima resistenza psicologica a distribuire redditi senza nessuna contropartita […]
In realta’, un vero reddito di autonomia e’ molto probabilmente incompatibile con le basi di una societa’ della crescita. La sua rivendicazione puo’ essere portata avanti in modo tattico in un quadro elettorale, per mettere in evidenza le contraddizioni dell’economia produttivista/consumistica, sapendo bene pero’ che non puo’ essere realizzata senza la fuoriuscita dal sistema.
Utopistica nel contesto attuale, l’introduzione di un reddito di autonomia significherebbe per i suoi sostenitori una vera e propria rivoluzione culturale, e le sue conseguenze a livello regionale, nazionale, europeo e mondiale sarebbero quanto mai rilevanti […]
Paradossalmente, mentre l’idea illusoria della fine del lavoro come conseguenza inevitabile del progresso tecnico viene accettata abbastanza diffusamente, si incontra un’enorme difficolta’ a far capire e accettare l’idea di una abolizione del lavoro come la concepisce la decrescita. Questa resistenza probabilmente e’ dovuta alla convinzione che la societa’ della crescita sia naturale, risultato della colonizzazione dell’immaginario da parte dell’economia, che identifica il bisogno naturale della sopravvivenza con la servitu’ salariale.
E’ difficile far capire che il lavoro, cosi’ come l’economia, sono invenzioni della modernita’. Se queste realta’ a un certo punto sono comparse, allo stesso modo possono scomparire. E comunque, l’accettazione di questa eventualita’ si scontra con una forte resistenza. Si tratta probabilmente della ben nota angoscia della rottura, del salto nel buio.

Info:
https://www.doppiozero.com/latouche-lavorare-meno-o-non-lavorare-affatto
https://www.pressenza.com/it/2024/02/lavorare-meno-o-non-lavorare-affatto/
https://ilregno.it/attualita/2023/22/s-latouche-lavorare-meno-lavorare-diversamente-o-non-lavorare-affatto-luca-miele
https://gognablog.sherpa-gate.com/lavorare-meno-lavorare-diversamente-non-lavorare-affatto/
https://www.ariannaeditrice.it/articoli/lavorare-meno-lavorare-diversamente-non-lavorare-affatto

Lavoro/Fassina

Stefano Fassina -Il mestiere della sinistra nel ritorno della politica – Castelvecchi (2022)

Il ministero del Lavoro indica che intorno al 25% delle lavoratrici e dei lavoratori del settore privato hanno un reddito al di sotto della soglia di poverta’.
E’ un dato agghiacciante.
Ancora piu’ agghiaccianti il disinteresse e l’incomprensione diffusi per le sue cause e l’inconsapevolezza dell’impossibilita’ di migliorare significativamente le condizioni del lavoro soltanto attraverso le limitatissime possibilita’ della leva fiscale e del salario minimo.
Ad esso consegue il sostanziale blocco della mobilita’ sociale, gia’ spompata in Italia: i figli ereditano la condizione sociale dei padri.
Infine, un ultimo indicatore della svalutazione del lavoro, ma primo per rilevanza morale: si muore di lavoro (tre vittime al giorno), nell’indifferenza o nella rassegnazione generale. Eccezione: la Chiesa di Papa Francesco.
In tale scenario, vogliamo condividere, con l’ottimismo della volonta’ politica, l’editoriale del «Financial Times» del 1 febbraio 2022: «Il capitale ha dominato il lavoro per mezzo secolo. Ma il tavolo si sta ribaltando. I datori di lavoro prendano nota»

Info:
https://www.castelvecchieditore.com/wp-content/uploads/2020/03/2022_08_11_Il_Fatto_Quotidiano_pag.11.pdf
https://www.castelvecchieditore.com/wp-content/uploads/2020/03/2022_08_31_Avvenire_pag.09.pdf
https://www.castelvecchieditore.com/wp-content/uploads/2020/03/2022_09_25_Il_Tempo_ed._Nazionale_pag.23-1.pdf
https://www.castelvecchieditore.com/wp-content/uploads/2020/03/riformista_fassina.pdf