Lavoro/Acemoglu

Potere e progresso. La nostra lotta millenaria per la tecnologia e la prosperita’ – Daron Acemoglu, Simon Johnson – il Saggiatore (2023)


Contrariamente alla credenza popolare, la crescita della produttivita’ non si traduce necessariamente in una maggiore domanda di lavoratori.
La produttivita’ normalmente viene definita come la produzione media per addetto, cioe’ la produzione totale divisa per l’occupazione totale.
Ovviamente, la speranza e’ che con l’aumentare della produzione per addetto aumenti anche la disponibilita’ delle imprese ad assumere.
Ma non e’ la produzione media per addetto a incentivare i datori di lavoro ad assumere. Quello che conta per le imprese e’ la produttività marginale, il contributo aggiuntivo che porta un lavoratore in piu’ in termini di incremento della produzione o del numero di clienti serviti.
Il concetto di produttivita’ marginale non coincide con quello della produzione o ricavi per addetto: la produzione per addetto puo’ crescere anche se la produttivita’ marginale rimane costante o addirittura cala […]
Quando una casa automobilistica lancia sul mercato un modello migliore, come fecero la Ford e la General Motors nella prima meta’ del xx secolo, la domanda delle automobili che produce tendenzialmente aumenta, e crescono sia i ricavi per lavoratore sia la produttivita’ marginale del lavoratore […]
Quando la stessa casa automobilistica installa dei robot industriali: i robot possono eseguire piu’ saldature e verniciature, e a un prezzo piu’ contenuto, rispetto ai metodi di produzione che prevedono un aumento del numero di operai. Il risultato sarebbe che l’azienda vedrebbe aumentare la sua produttivita’ media, ma avrebbe meno bisogno di assumere […]
L’automazione fa crescere la produttivita’ media, ma non fa crescere, e anzi puo’ far scendere, la produttivita’ marginale del lavoratore.

Info:
https://www.ilsaggiatore.com/storage/app/media/rassegne/2024/2024-11-A/2024_10_20-Domenica_Sole24Ore-Acemoglu-1.pdf
https://www.ilsaggiatore.com/storage/app/media/rassegne/2024/2024-11-A/2024_10_15-Foglio-Acemoglu-1.pdf
https://www.ilsaggiatore.com/storage/app/media/rassegne/2024/2024-01-C/2024_01_14-manifesto-Acemoglu-1.pdf

https://www.ilsaggiatore.com/storage/app/media/rassegne/2023/2023-09-D/2023_09_20-Avvenire-Acemoglu.pdf

Lavoro/Somma

Abolire il lavoro povero – Alessandro Somma – Laterza (2024)

L’affossamento del patto di cittadinanza incentrato sul lavoro venne alimentato da due fenomeni per molti aspetti risalenti, affacciatisi prepotentemente sulla scena nel corso degli anni Settanta.
Per un verso il dovere di lavorare cesso’ di essere avvertito come imperativo etico, che l’ortodossia neoliberale tento’ di rimpiazzare con la rappresentazione del lavoratore come detentore di capitale umano e come imprenditore di se’.
Per un altro verso la fine del lavoro venne presentata come il destino di un futuro dominato dallo sviluppo tecnologico, agitato ad arte come spauracchio buono a incrementare i profitti delle imprese e a impedire il varo di misure redistributive come quelle incentrate sulla riduzione dell’orario di lavoro.
Questo e’ anzi flessibilizzato, sino a divenire ostaggio di una sostanziale confusione tra tempi di vita e tempi di lavoro, secondo le dinamiche tipicamente alimentate dal capitalismo cognitivo. Nessuno stupore dunque se quella caratterizzata dal prevalere del neoliberalismo e’ l’epoca del lavoro flessibile e precario, produttivo di insicurezza sociale e poverta’ […]
A queste condizioni il patto di cittadinanza alla base dei Trenta gloriosi si e’ definitivamente rotto.
Conserva gli obblighi a carico del lavoratore, che anzi vengono inaspriti, e per il resto risulta preda di un modo di concepire lo stare insieme come societa’ del tutto incapace di esprimere un equilibrio accettabile tra democrazia e mercato […]
Il costo del lavoro venne additato come la causa prima dell’inflazione, che nel corso degli anni Settanta lievito’ in effetti sino a raggiungere il 20%. Di qui la volonta’ di contrastarla perseguendo la moderazione salariale, con effetti evidentemente ulteriori rispetto a quelli relativi all’entita’ dei salari: a essere colpito era il compromesso keynesiano nel suo complesso.
Cio’ che maggiormente colpisce e’ che questo programma non venne perseguito solamente dalle forze politiche tradizionalmente fautrici del cosiddetto libero mercato. Anche la sinistra storica se ne fece promotrice, come si ricava in modo esemplare dalle motivazioni addotte da Enrico Berlinguer al fine di sostenere e giustificare l’austerita’ […]
Insomma, non solo le crisi degli anni Settanta vennero affrontate con modalita’ alternative al compromesso keynesiano, ma anche e soprattutto con la volonta’ di segnare un suo affossamento e di avviare l’ascesa di una dottrina che si sarebbe poi affermata nel contesto occidentale fino a strutturarsi sotto forma di pensiero indiscutibile e privo di alternative: il neoliberalismo.

Info:
https://www.ildiariodellavoro.it/abolire-il-lavoro-povero-per-la-buona-e-piena-occupazione-di-alessandro-somma-edizioni-laterza/
https://www.glistatigenerali.com/lavoro-autonomo_dipendenti/abolire-il-lavoro-povero-il-lavoro-non-e-finito-checche-ne-dica-la-politica/
https://www.recensionedilibri.it/2024/02/03/somma-abolire-il-lavoro-povero/
https://www.sinistrainrete.info/lavoro-e-sindacato/27701-lelio-demichelis-lavoro-povero-con-vita-digitale-o-vita-povera-con-lavoro-digitale.html

Lavoro/Balzano

Il salario minimo non vi salverà – Savino Balzano – Fazi 2024

Ormai ossessivamente si sente ripetere un dato: l’Italia e’ l’unico paese europeo a registrare una contrazione dei propri salari reali nel trentennio 1990-2020.
Il dato e’ stato rilevato dall’OCSE e cio’ che emerge e’ piuttosto inquietante: il nostro paese registra una contrazione dei salari reali del 2,9%, in totale controtendenza rispetto ad altre realta’ nazionali.
I paesi con maggiore crescita salariale sono quelli dell’ex blocco sovietico (la Lituania registra un incremento del 276,30%, l’Estonia del 237,20%, la Polonia del 96,50%, solo per fare alcuni esempi). Anche i paesi scandinavi tracciano trend positivi (la Svezia consegue un incremento del 63% e la Danimarca del 38,70%). Non solo realta’ distanti dalla nostra riescono a distinguersi: la Germania incrementa il potere d’acquisto dei salari del 33,70%, la Francia del 31,10%, la Grecia del 30,50% e la Spagna del 6,20%
Nel gennaio 2022, il Ministero del Lavoro ha presentato un documento sul lavoro povero nel paese intitolato “Relazione del gruppo di lavoro sugli interventi e le misure di contrasto alla poverta’ lavorativa in Italia” (ultimata nel novembre 2021). Secondo il rapporto, nel 2019 l’11,8% dei lavoratori italiani era in condizioni di poverta’ (si consideri che la media europea era del 9,2%). Il 25% dei lavoratori, stando ai dati, percepiva un salario al di sotto della soglia minima utile a evitare la categoria del lavoro povero […]
Nel luglio dello stesso anno, l’ISTAT ha pubblicato il suo rapporto annuale con esiti a dir poco sconcertanti: circa 4 milioni i dipendenti del settore privato con una retribuzione annua lorda inferiore ai dodicimila euro annui. Inoltre, 1,3 milioni di lavoratori italiani percepivano una retribuzione oraria inferiore a 8,41 euro lordi l’ora. Un milione di lavoratori, poi, aveva diritto a una retribuzione povera sia su base annuale che oraria. In definitiva, un terzo circa dei lavoratori italiani era a bassa retribuzione, povero.

Info:
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/02/balzano-la-verita.pdf?
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/05/balzano-il-giornale.pdf?

https://www.ildiariodellavoro.it/il-salario-minimo-non-vi-salvera-di-savino-balzano-fazi-editore/

Lavoro/Serughetti

La società esiste – Giorgia Serughetti – Laterza (2023)


Solo se i lavoratori e le lavoratrici sono riconosciuti nella loro dignita’, e hanno voce nelle decisioni, e’ possibile agire collettivamente per disinquinare il pianeta e salvarlo.
La prima parola d’ordine, quindi, e’ «democratizzare»: rinvigorire ed estendere la rappresentanza di chi lavora all’interno dell’impresa […]
«Oggi e’ diventato ingiustificabile non emancipare le/gli investitrici/tori in lavoro concedendo loro la cittadinanza nell’impresa. Si tratta di un cambiamento necessario». Chi investe nell’impresa il proprio lavoro, e la propria salute, in pratica la vita, deve anche poter partecipare alle decisioni.
La seconda parola e’ «demercificare».
La crisi ha mostrato che ci sono bisogni collettivi strategici, in primis quelli di cura e la fornitura di risorse di sopravvivenza, che devono essere protetti dalla mercificazione. Ma ha altresi’ imposto la necessita’ di garantire a ognuna e ognuno l’accesso a un lavoro che consenta di affermare la propria dignita’ […]
I due principi di democratizzazione e demercificazione sono interconnessi, perche’ una garanzia di occupazione per tutte e tutti garantirebbe anche l’evoluzione in positivo delle condizioni di impiego e di lavoro, fornendo una base coerente per costruire un’architettura democratica delle relazioni collettive di lavoro.
La terza parola e’ «disinquinare».
Nei piani per la ripresa, se «gli Stati intervengono per salvare le imprese, e’ importante che queste si adeguino al quadro generale della democrazia.
Lo Stato, in nome della societa’ democratica che serve e di chi la costituisce, e in nome della sua responsabilita’ di garantire la nostra sopravvivenza ambientale, deve subordinare il suo intervento a cambiamenti di direzione nella linea strategica delle imprese che hanno ricevuto l’aiuto». Il capitale, lasciato a se stesso, non avra’ alcun interesse a sostenere il costo della transizione ambientale. L’intervento pubblico e la governance interna democratica dei luoghi di lavoro possono invece conseguire questo obiettivo.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/29695-patrizio-paolinelli-una-buona-societa-e-possibile.html
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-societa-esiste-di-giorgia-serughetti/

https://www.retisolidali.it/la-societa-esiste-serughetti-serve-una-nuova-grammatica-delle-lotte/
https://www.sololibri.net/La-societa-esiste-Giorgia-Serughetti.html
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/serughetti_fattoquot.pdf
https://www.doppiozero.com/la-verita-vi-prego-sulla-societa
https://eticaeconomia.it/la-societa-esiste/

Lavoro/Scheidler

La fine della megamacchina. Sulle tracce di una civiltà al collasso – Scheidler Fabian – Castelvecchi (2024)


Tendiamo a pensare al “lavoro” come a qualcosa di antico quanto l’umanita’.
Non si e’sempre dovuto “lavorare” per guadagnarsi da vivere? Indubbiamente, le persone hanno dovuto fare qualcosa per mantenersi in vita, ma per la maggior parte della storia dell’umanita’ non lo hanno inteso come “lavoro” […]
Nelle comunita’ non soggette alla schiavitu’ o al mercato, la vita e’ caratterizzata da attivita’: riparare la struttura di un tetto, lavare i panni, procedere al raccolto, allattare i bambini, costruire utensili, tessere, preparare un giorno di festa e cosi’ via.
Da un punto di vista odierno chiameremmo alcune di queste attivita’ “lavoro”, altre “lavori domestici” o “lavori di cura” e altre ancora “attivita’ del tempo libero”.
Ma questa divisione e’ un’invenzione della modernita’. Dal punto di vista di una comunita’ autosufficiente che si autodetermina, queste categorie sono prive di senso: tutte queste attivita’ servono allo stesso modo a fornire il necessario per la vita.
Con la forzata integrazione di queste comunita’ nella Grande Macchina la situazione cambio’ radicalmente.
Si trattava ora di assoggettare l’energia e le capacita’ delle persone per scopi che esulavano dalla loro motivazione e dalla vita comunitaria.
Il risultato di questo assoggettamento e’ cio’ che chiamiamo “lavoro”.
Storicamente questo ha assunto due forme: nella periferia del sistema mondiale, la schiavitu’ e il lavoro forzato sono stati per secoli la forma di lavoro dominante; nei centri invece ha prevalso il lavoro salariato.
Entrambe le forme di lavoro mirano a rendere il lavoratore una parte a disposizione della Grande Macchina; entrambe comportano un’enorme violenza, ma in modi molto diversi. Mentre nella schiavitu’ e nel lavoro forzato domina la cruda violenza fisica, il lavoro salariato si e’ sviluppato nel corso dei secoli in un sistema di disciplinamento sempre piu’ raffinato che si traduce, in ultima analisi, nella partecipazione dei lavoratori al loro stesso assoggettamento.

Info:
https://www.goethe.de/ins/it/it/sta/rom/ver.cfm?event_id=26236804
https://www.rivoluzioneanarchica.it/fine-della-megamacchina-un-libro-di-fabian-scheidler/

https://www.officinadeisaperi.it/agora/il-senso-delle-parole/cosi-la-megamacchina-neoliberista-sta-distruggendo-il-nostro-mondo-da-il-fatto/
https://www.ilfattoquotidiano.it/fq-newsletter/fatto-for-future-del-26-marzo-2024/

Lavoro/Serughetti

La società esiste – Giorgia Serughetti – Laterza (2023)


Se tutti siamo imprenditori di noi stessi, se cioe’ siamo tutti capitalisti, in quanto proprietari e responsabili del nostro «capitale umano» – e questo vale per il fattorino di Amazon come per la migrante in cerca di fortuna in Europa, per il manager d’azienda come per la musicista – non ha piu’ senso parlare di «capitale» e «lavoro», ne’ di «classi» in conflitto.
In realta’ e’ il lavoro stesso a scomparire in quanto tale: tutte le attivita’ sono funzionali all’accrescimento del proprio valore, e le entrate sono redditi da investimento personale.
Non esiste sfruttamento, ma solo auto-sfruttamento.
Percio’ viene meno ogni ragion d’essere per i diritti collettivi, e tanto piu’ per le forme organizzative come i sindacati.
E’ cosi’ che si eclissa, come abbiamo visto, l’idea di «societa’». Si puo’ dire che alcuni oggetti sociali o giuridici siano morti prima nella mente delle persone, nella coscienza, che nelle politiche pubbliche.
Tra questi, le norme di protezione del lavoro, i sistemi previdenziali, la sanita’ e l’istruzione pubblica.

Info:
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/29695-patrizio-paolinelli-una-buona-societa-e-possibile.html
https://www.pandorarivista.it/articoli/la-societa-esiste-di-giorgia-serughetti/

https://www.retisolidali.it/la-societa-esiste-serughetti-serve-una-nuova-grammatica-delle-lotte/
https://www.sololibri.net/La-societa-esiste-Giorgia-Serughetti.html
https://www.laterza.it/wp-content/uploads/recensioni/serughetti_fattoquot.pdf
https://www.doppiozero.com/la-verita-vi-prego-sulla-societa
https://eticaeconomia.it/la-societa-esiste/

Populismo/Piketty

Il socialismo del futuro – Thomas Piketty – Baldini+Castoldi (2024)

La strategia di Trump e’ quella classica: fa capire ai piccoli bianchi massacrati dalla globalizzazione che il loro nemico e’ il piccolo negro, l’immigrato, il messicano, il musulmano, e che tutto andra’ meglio se il grande miliardario bianco liberera’ il Paese dalla loro presenza.
Trump esaspera il conflitto razziale e identitario per evitare il conflitto di classe, di cui rischierebbe di fare le spese.
L’accento posto sulle fratture etniche ha svolto un ruolo centrale nell’intera storia degli Stati Uniti, e spiega in buona parte l’esilita’ della solidarieta’ e dello Stato sociale americano. Trump si limita a portare al parossismo la sua strategia, con – peraltro – alcune importanti novita’.
La prima. Fa leva su un’ideologia, quella della fortuna meritata, della sacralizzazione del mercato e della proprieta’ privata, che negli Stati Uniti, negli ultimi decenni, ha raggiunto livelli inediti, elevatissimi.
La seconda. La struttura del conflitto politico tende oggi a ramificarsi nel resto del mondo, specialmente in Europa. Un po’ ovunque, si vede crescere negli elettorati popolari un misto di tentazione xenofoba e di accettazione rassegnata delle leggi del capitalismo globalizzato. Dal momento che e’ illusorio aspettarsi grandi cose dalla regolazione della finanza e delle multinazionali, allora picchiamo duro sugli immigrati e sugli stranieri – se la cosa non ci fara’ forse del bene, ci fara’ comunque meno male.
Molti elettori di Trump o di Le Pen coltivano in fondo una convinzione assai semplice: e’ piu’ facile prendersela con gli immigrati che con il capitalismo finanziario, o immaginare un sistema economico diverso […]
La lezione principale, per l’Europa e il mondo, e’ chiara: e’ urgente riorientare la globalizzazione dalle fondamenta.
Le massime sfide del nostro tempo sono la crescita delle disuguaglianze e il riscaldamento climatico. Occorre metter mano a trattati internazionali che aiutino a rispondere a queste sfide e a promuovere un modello di sviluppo equo e duraturo. Si tratta di accordi di tipo nuovo, che possono contenere, se necessario, misure intese a facilitare gli scambi. Al cui centro, in ogni caso, non va posto il tema della liberalizzazione del commercio, la quale deve tornare a essere cio’ che non ha mai cessato di essere: uno strumento al servizio di obiettivi piu’ elevati.
In concreto, bisogna smettere di firmare accordi internazionali finalizzati alla riduzione dei diritti di dogana e di altre barriere commerciali senza includere nei trattati medesimi, fin dai primi capitoli, regole con tanto di stime, e regole vincolanti, tali da concorrere alla lotta contro il dumping fiscale e climatico: tipo tassi minimi comuni d’imposta sui profitti delle societa’ e target verificabili e sanzionabili di emissione di CO2. Non e’ piu’ possibile negoziare trattati di libero scambio in cambio di niente.

Info:
https://www.linkiesta.it/2023/05/thomas-piketty-ezra-klein-socialismo-partecipativo/
https://riccardosorrentino.blog.ilsole24ore.com/2021/08/27/piketty-un-sovranista-illiberale-sinistra/?refresh_ce=1

https://www.pandorarivista.it/articoli/capitale-e-ideologia-di-thomas-piketty/ 
https://www.micromega.net/piketty-stiglitz-capitalismo-socialismo
https://www.rivistailmulino.it/a/un-futuro-per-la-socialdemocrazia

https://lespresso.it/c/idee/2020/11/1/piketty-per-salvare-il-futuro-diamo-a-tutti-i-giovani-uneredita-di-cittadinanza/45519

Lavoro/Palermo

Il mito del mercato globale. Critica delle teorie neoliberiste – Giulio Palermo – Manifestolibri (2004)

Pur di aumentare l’occupazione, la sinistra politica e sindacale e’ disposta a tutto: ridurre i salari reali (perche’ e’ attraverso la creazione di opportunita’ di profitto per il capitale che si aumenta l’occupazione), aumentare la flessibilita’ (perche’ e’ assecondando le richieste del mercato che si realizza l’efficienza di pieno impiego), diminuire le garanzie (perche’ queste sono un costo per le aziende).
Addirittura poi, la confusione teorica tra occupazione, come indicatore della forza del movimento dei lavoratori, e occupazione, come dato statistico indice di desiderabilita’ in se’ secondo i parametri della nuova sinistra di mercato, porta a sventolare come grandi successi economici i processi di emersione del sommerso. I quali invece altro non sono che la trasformazione delle regole del mercato del lavoro: in questo modo si e’ reso legale cio’ che era illegale, dichiarando legittime le condizioni di sfruttamento che il legislatore aveva voluto impedire (e che invece il mercato nero era riuscito lo stesso a realizzare), trasformando di fatto il legislatore nel portavoce del mercato e subordinando le leggi dello stato alle leggi del mercato.
E questo e’ esattamente il disegno del capitale […]
Se prima era necessario assumere un lavoratore in nero per poterlo pagare poco e licenziare a piacimento, ora il padrone vuole apposite leggi che gli permettano di pagare poco e licenziare a piacimento i suoi dipendenti alla luce del sole. Ed essendo il processo ad uno stadio gia’ avanzato, ecco la gara tra centro-destra e centro-sinistra a rivendicare la paternita’ di questi “grandi successi” sul fronte dell’occupazione, dell’inflazione e dei conti pubblici, successi che indicano tutti l’aumento delle condizioni di sfruttamento del lavoro e l’aggravio delle condizioni di sostenibilità della disoccupazione. 
 

Lavoro/Mattei

L’economia è politica – Clara E. Mattei – Fuoriscena (2023) 

L’obiettivo per cui si alzano i tassi di interesse e’ proprio quello di «avere meno pressione al rialzo sui salari» grazie all’effetto del meccanismo disciplinatore della disoccupazione.
Nelle parole dell’attuale segretaria al Tesoro Usa Janet Yellen, «i tassi di interesse possono essere bassi solo se i lavoratori sono deboli», altrimenti sara’ necessario ricorrere alla disoccupazione, che «agisce da dispositivo disciplinare per i lavoratori, perche’ lo spauracchio di un costoso periodo di disoccupazione spinge i lavoratori all’obbedienza senza una supervisione costante e costosa per l’azienda».
Il 12 settembre 2023, Tim Gurner, imprenditore miliardario australiano, ha espresso con estrema chiarezza questo stesso pensiero nel suo intervento al Property Summit dell’«Australian Financial Review», un think tank che raccoglie ogni anno investitori, imprenditori e commentatori tra i più influenti in ambito di economia e finanza per discutere tendenze, minacce e opportunita’ del mercato: «Penso che il problema che ci troviamo a fronteggiare derivi dal fatto che le persone, almeno a cominciare dal Covid, abbiano deciso che non vogliono piu’ lavorare, e cio’ ha avuto un effetto dirompente sulla produttivita’. Negli ultimi anni i lavoratori sono stati pagati troppo, per fare troppo poco, e noi imprenditori abbiamo bisogno di capire quello che e’ successo. Abbiamo bisogno che la disoccupazione cresca. La disoccupazione deve schizzare al 40-50 per cento. Dobbiamo vedere il dolore nell’economia, dobbiamo far capire alle persone che sono loro che lavorano per gli imprenditori e non viceversa… Dobbiamo cambiare questa situazione. Dobbiamo uccidere questa attitudine (we have got to kill this attitude) e cio’ puo’ avvenire solo con un intervento nell’economia, ed e’ quello che ovunque nel mondo si sta cercando di fare. I governi di tutto il mondo, infatti, stanno cercando di fare alzare la disoccupazione per riportare la situazione alla normalita’»

Info:
https://www.pde.it/un-libro-al-giorno/leconomia-e-politica-clara-mattei-fuoriscena/
https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/11/15/davvero-le-scelte-economiche-sono-neutrali-e-inevitabili-no-e-un-luogo-comune-il-libro-di-clara-mattei-spiega-che-in-realta-e-tutta-politica/7354313/
https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2023/11/13/leconomia-e-politica-parole-antiche-per-conflitti-del-futuro/7351420/
https://www.sinistrainrete.info/politica-economica/28826-francesco-tucci-ripoliticizzare-l-economia.html

Lavoro/Balzano

Il salario minimo non vi salverà – Savino Balzano – Fazi 2024

Hanno raccontato a mari e monti che per creare nuove opportunita’ di lavoro fosse necessario flessibilizzare le regole, flexicurity la chiamavano, mettendo insieme flessibilità e sicurezza: «Poco importa se perdi il lavoro a causa della flessibilità», insistevano, «perche’ tanto grazie alla sicurezza sociale, ai sussidi, il reddito sara’ garantito e presto troverai un altro lavoro».
La loro promessa era semplice e chiara: la flessibilita’ avrebbe attratto capitali, rilanciato gli investimenti e il tutto avrebbe conferito vivacita’ e vitalita’ alla nostra economia.
Alcuni tra i sostenitori della flexicurity saranno anche stati in buona fede, ci avranno anche creduto: utili idioti di un disegno che aveva il solo scopo di massacrare e svendere i nostri lavoratori e le nostre lavoratrici. Altri, invece, servivano dolosamente la causa del grande capitale, della finanza, delle multinazionali […]
Il risultato e’ sotto gli occhi di tutti: gli investimenti privati non sono arrivati, sono invece crollati quelli pubblici per effetto delle politiche di austerita’, conseguentemente la sicurezza sociale e i dati sull’occupazione sono a oggi assolutamente negativi […]
Il mancato cambiamento di rotta nei decenni deve ragionevolmente indurci a concludere che la ricetta fosse tutt’altro che fallimentare e che non lo sia nemmeno oggi: semplicemente gli obiettivi non erano quelli millantati dinanzi all’opinione pubblica e la flessibilita’ non era affatto un mezzo, bensi’ il reale obiettivo, e tale resta ancora adesso. La precarieta’, nell’ambito di un ristrutturato sistema capitalistico vantaggioso per la grande impresa e la multinazionale (a scapito della nostra piccola imprenditoria che difatti avvizzisce e viene fagocitata dai colossi), era il reale traguardo che si intendeva raggiungere.

Info:
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/02/balzano-la-verita.pdf?
https://fazieditore.it/wp-content/uploads/2024/05/balzano-il-giornale.pdf?
https://www.ildiariodellavoro.it/il-salario-minimo-non-vi-salvera-di-savino-balzano-fazi-editore/