Finanziarizzazione/Formenti

Carlo Formenti – Utopie letali – Jaca Book (2013)

Analizzando le politiche economiche condotte da tutti i governi occidentali negli ultimi decenni, se ne ricava un’impressione di incredibile uniformita’, a partire dai continui sgravi fiscali per i ricchi, motivati dal fatto che, in questo modo, si sarebbero promossi gli investimenti e, di conseguenza, sarebbero aumentati i livelli di occupazione e i redditi […]
I capitali «liberati» dagli sgravi fiscali [pero’] non venivano reinvestiti in attivita’ produttive ma alimentavano solo le speculazioni finanziarie.
Passiamo a un secondo Leitmotiv delle politiche liberiste, vale a dire le massicce privatizzazioni di beni comuni e servizi pubblici: restituire la produzione di servizi sociali al mercato, si sostiene, significa sottoporli alle leggi della concorrenza, contribuendo a migliorarne la qualita’ e ridurne i costi, ma soprattutto significa ridurre la spesa pubblica combattendo sprechi e inefficienze.
La realta’ ha al contrario dimostrato che a migliorare sono solo i profitti privati, mentre i costi aumentano e la qualita’ dei servizi peggiora.

Info:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-prefazione-a-utopie-letali-di-carlo-formenti/
http://www.inchiestaonline.it/libri-e-librerie/valerio-romitelli-le-utopie-letali-che-si-aggirano-per-il-mondo-secondo-carlo-formenti/
http://www.inchiestaonline.it/libri-e-librerie/valerio-romitelli-le-utopie-letali-che-si-aggirano-per-il-mondo-secondo-carlo-formenti/

Finanziarizzazione/Harvey

David Harvey – L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza – Feltrinelli (2011)

L’efficace politica di compressione dei salari attuata a partire dal 1980 ha permesso ai ricchi di diventare molto piu’ ricchi.
Ci dicono che questo e’ un bene, perche’ i ricchi investiranno in nuove attivita’ imprenditoriali (ma soltanto dopo aver ceduto all’impulso competitivo di indulgere in un consumo vistoso, naturalmente).
Si’, certo, i ricchi investono, ma non sempre direttamente nella produzione; la maggior parte di loro preferisce investire in attivita’ finanziarie.
Per esempio, acquistano azioni e i corsi azionari salgono; percio’, investono nei mercati azionari somme ancora maggiori, indipendentemente dai risultati effettivamente ottenuti dalle societa’ in cui investono […]
La tendenza a investire in attivita’ finanziarie si e’ diffusa a macchia d’olio. Secondo quanto emerso periodicamente dagli anni ottanta in poi, molte grandi imprese industriali realizzavano maggiori guadagni dalle operazioni finanziarie che dalla produzione vera e propria, in particolar modo nel settore dell’auto.
Le grandi case automobilistiche erano ormai gestite da contabili invece che da ingegneri, e le divisioni finanziarie che offrivano prestiti ai consumatori erano diventate altamente redditizie […]
Ma, cosa ancora piu’ importante, grazie alle transazioni interne ai grandi gruppi industriali che producevano parti e componenti per auto in ogni parte del mondo, era possibile manipolare i prezzi e i prospetti contabili, sfruttando le differenze valutarie, in modo da dichiarare utili nei paesi dove le aliquote fiscali erano piu’ basse e sfruttare le fluttuazioni valutarie per realizzare guadagni monetari.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2012/05/recensione-david-harvey-l%E2%80%99enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-feltrinelli/
http://contropiano.org/contropianoorg/aerosol/vetrina-pubblicazioni/2011/07/05/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-02315
http://www.millepiani.org/recensioni/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza

Finanziarizzazione/Formenti

Carlo Formenti – Utopie letali – Jaca Book (2013)

Le ricostruzioni storiche del processo di finanziarizzazione negli ultimi decenni del XX secolo distinguono due fasi: una prima finanziarizzazione, che coincide con il progressivo mutamento della concezione dell’impresa capitalistica, da dispositivo produttivo a portafoglio di attività, e una seconda finanziarizzazione, nel corso della quale l’interesse degli azionisti e’ venuto gradualmente occupando una posizione preminente nella determinazione degli obiettivi dell’impresa, i quali hanno finito per coincidere quasi esclusivamente con la massimizzazione del valore azionario della stessa […]
A conclusione delle due fasi appena descritte, ci si
e’ trovati di fronte a un’impresa che ha cessato di strutturare la propria organizzazione in relazione a considerazioni di tipo produttivo e/o commerciale, per adottare modelli funzionali alla valorizzazione specificamente finanziaria degli investimenti.

Info:
http://temi.repubblica.it/micromega-online/la-prefazione-a-utopie-letali-di-carlo-formenti/
http://www.inchiestaonline.it/libri-e-librerie/valerio-romitelli-le-utopie-letali-che-si-aggirano-per-il-mondo-secondo-carlo-formenti/
http://www.inchiestaonline.it/libri-e-librerie/valerio-romitelli-le-utopie-letali-che-si-aggirano-per-il-mondo-secondo-carlo-formenti/

Finanziarizzazione/Galli

Giorgio Galli, Francesco Bordicchio – Arricchirsi impoverendo. Multinazionali e capitale finanziario nella crisi infinita – Mimesis (2018)

I fondi pensione sono il prodotto della finanziarizzazione del concetto di sicurezza sociale (“dalla culla alla tomba”), frutto della citata convergenza tra capitalismo e democrazia rappresentativa.
Ma il mandato iniziale di garantire […] che i soldi versati dai lavoratori siano in grado di ripagare in futuro chi va in pensione, si e’ trasferito da istituzioni pubbliche, statuali (come, per esempio, l’Inps, in Italia), a enti gestiti da professionisti della finanza (equivalenti sociali dei loro colleghi dei vertici delle multinazionali, anche i fondi sovrani comprendono gli stessi beni e sono gestiti, con gli stessi criteri, dall’identico ceto), in grado di investire efficacemente e di arricchirsi con le retribuzioni, tanto che il portafoglio complessivo dei trecento citati colossi e’ passato dai quattro miliardi e seicento milioni di dollari del 2008, all’inizio della crisi, a oltre settemila miliardi nel 2015.
Un processo che, agli albori del movimento operaio, era iniziato con modeste casse mutue di lavoratori, e’ assurto, con la globalizzazione, a tali dimensioni finanziarie e multinazionali da far pensare a un capitalismo spersonalizzato, allo sfumarsi delle categorizzazioni di ceto e classe in una sorta di “societa’ liquida”

Info:
https://www.unilibro.it/libro/galli-giorgio-bochicchio-francesco/arricchirsi-impoverendo-multinazionali-capitale-finanziario-crisi-infinita/9788857543932

Finanziarizzazione/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

[La] deregolamentazione consenti’ alle banche di finanziare investimenti molto superiori al loro patrimonio.
Cio’ permise loro di rischiare sui mercati secondari somme sempre maggiori, accelerando la spirale al rialzo delle quotazioni. Le banche correvano sempre piu’ rischi, ma ogni volta un investitore (persona o azienda) rivendeva i titoli a un numero maggiore di ulteriori investitori, riducendo cosi’ i propri rischi attraverso la condivisione con una platea sempre piu’ vasta di attori.
L’espansione del sistema e l’entrata in gioco dei ricchi della Cina, della Russia e di molti altri paesi fino a quel momento estranei al sistema di mercato capitalistico, estese i rischi a un numero sempre maggiore di investitori. La condivisione – e dunque la riduzione dei rischi – sembrava poter proseguire all’infinito, o quasi.
La ricchezza non veniva creata attraverso la produzione di beni e servizi reali, ma attraverso la rivalutazione costante di titoli finanziari acquistati e rivenduti all’infinito.
In tal modo, le attivita’ finanziarie sono diventate la forma di gran lunga piu’ redditizia di attivita’ economica: per fare denaro bastava muovere denaro, tagliando cosi’ fuori le attivita’ intermedie necessarie per realizzare beni o fornire i servizi venduti a scopo di profitto.
Le imprese operanti in altri settori dell’economia sono state cosi’ incentivate prima a crearsi un proprio braccio finanziario, e poi a concentrare su di esso le proprie competenze e i propri sforzi strategici, demandando qualsiasi ulteriore attivita’ ad
altri, ivi comprese le funzioni legate a quello che fino a quel momento era stato il loro core business e ai rapporti con la clientela di massa […]
Ci sono fondati motivi per affermare che la previsione che in caso di necessita’ i governi sarebbero intervenuti a salvare le banche – “troppo grandi per fallire” – abbia incoraggiato queste ultime a correre rischi irresponsabili, e che i salvataggi
post-2008 non abbiano fatto altro che incentivare le stesse banche a correre rischi ancora maggiori in futuro.
Quando si e’ capito chiaramente che tutti i responsabili della catastrofe l’avrebbero fatta franca, qualcuno ha osservato che i banchieri sono “troppo grandi” non solo “per fallire” (to fail), ma anche “per finire in carcere” (to jail).
D’altra parte, a fronte dei danni provocati dai salvataggi, occorre considerare anche il rischio di un crollo totale dell’economia globale se non si fosse fatto nulla per bloccare l’emorragia delle quotazioni azionarie.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139882
https://www.arci.it/il-libro-combattere-la-postdemocrazia-di-colin-crouch/
https://www.ilfoglio.it/cultura/2020/02/09/news/postdemocrazia-no-300300/

Finanziarizzazione/Harvey

David Harvey – L’enigma del capitale e il prezzo della sua sopravvivenza – Feltrinelli (2011)

Oggi la disponibilita’ di manodopera non rappresenta piu’ un problema per il capitale, come non lo e’ stato negli ultimi venticinque anni.
Ma se la forza lavoro non ha potere, i salari ristagnano e
i lavoratori privi di mezzi non danno vita a un mercato vivace.
La persistente compressione dei salari pone dunque il problema di una domanda insufficiente per i beni e i servizi prodotti in quantita’ sempre maggiori dalle imprese capitalistiche.
Un ostacolo all’accumulazione di capitale, ovvero la questione del lavoro, viene superato soltanto creandone un altro, cioe’ l’assenza di un mercato.
Come fare ad aggirare questo secondo ostacolo?
Il divario tra i guadagni dei lavoratori e la loro capacita’ di spesa e’ stato colmato dall’avvento delle carte di credito e dalla crescita dell’indebitamento. Negli anni ottanta il debito delle famiglie statunitensi si attestava in media a circa 40.000 dollari (in termini reali); oggi e’ salito a 130.000 dollari a famiglia, mutuo compreso.
L’esplosione del debito e’ stata favorita dall’azione di istituti finanziari che hanno sostenuto e promosso l’indebitamento dei
lavoratori, i cui redditi non accennavano ad aumentare. Inizialmente il fenomeno ha interessato la popolazione con un impiego stabile, ma alla fine degli anni novanta si e’ reso necessario spingersi oltre, perche’ il mercato era esausto; bisognava percio’ estenderlo alle fasce di reddito piu’ basse.
Societa’ di credito immobiliare come Fannie Mae e Freddie Mac, sottoposte a pressioni politiche, hanno allentato i cordoni della borsa per tutti; gli istituti finanziari, inondati di credito, hanno cominciato a concedere prestiti anche a chi non aveva un reddito stabile. Se cio’ non fosse accaduto, chi avrebbe comprato tutte le nuove case e i nuovi appartamenti costruiti dalle imprese edilizie mediante il ricorso all’indebitamento?
Il problema della domanda nel settore immobiliare e’ stato temporaneamente risolto finanziando sia i costruttori sia i compratori. Gli istituti finanziari, nel loro insieme, hanno finito per controllare sia l’offerta sia la domanda di immobili residenziali.
Una dinamica analoga si e’ verificata con tutte le forme di credito al consumo erogato per l’acquisto di ogni sorta di beni, dalle auto alle macchine tosaerba ai regali di Natale, comprati a piene mani nelle grandi catene come Toys “R” Us e WalMart.
Tutto questo indebitamento era ovviamente rischioso, ma il problema poteva essere superato grazie a mirabolanti innovazioni finanziarie come la cartolarizzazione, che apparentemente spalmava il rischio su un gran numero di investitori, creando persino l’illusione di farlo scomparire.
Il capitale finanziario fittizio ha preso il comando, ma nessuno ha voluto fermarlo, perché tutti quelli che contavano sembravano guadagnare un sacco di soldi.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2012/05/recensione-david-harvey-l%E2%80%99enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-feltrinelli/
http://contropiano.org/contropianoorg/aerosol/vetrina-pubblicazioni/2011/07/05/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza-02315
http://www.millepiani.org/recensioni/l-enigma-del-capitale-e-il-prezzo-della-sua-sopravvivenza

Finanziarizzazione/Crouch

Colin Crouch – Combattere la postdemocrazia – Laterza (2020)

Il prezzo di mercato corrente, e’ ormai, per chi redige i bilanci come per chi li rivede, lo strumento standard di valutazione di un’impresa.
Questi sviluppi hanno profondamente modificato la concezione originaria della teoria economica classica, secondo cui il profitto e’ un elemento residuale, cio’ che rimane dei guadagni di una impresa dopo che questa ha pagato i fornitori, i lavoratori e gli altri soggetti che vantano diritti nei suoi confronti […]
Al posto del profitto ci sono ora i rendimenti attesi dagli azionisti: che non sono un semplice elemento residuale, ma devono raggiungere determinati livelli, su un orizzonte temporale molto breve. Realizzare questi obiettivi e’ oggi, di fatto, il primo dovere di una impresa, prima di qualsiasi considerazione sul prezzo, sulla ricerca e sviluppo o sugli interessi dei dipendenti.
Gli azionisti rimangono i principali soggetti che rischiano il proprio denaro.
Uno degli obiettivi chiave di questo nuovo corso nella corporate governance e’ stato l’allineamento del management agli interessi degli azionisti […] I manager sono incentivati soprattutto a creare un clima adatto a convincere gli azionisti attuali e potenziali che l’azienda loro affidata prendera’ iniziative di successo.
Dedicare risorse alla ricerca e sviluppo o ad altre attivita’ rischia, nel breve periodo, di ridurre l’apprezzamento del titolo, zavorrandone cosi’ la performance in borsa […]
L’effetto combinato delle misure di deregolamentazione e della centralita’ del valore per gli azionisti ha dato un ruolo prioritario ai mercati finanziari secondari, in cui i titoli di una azienda vengono acquistati con l’intenzione di rivenderli subito, e non di guadagnare dal fatto che quell’azienda vende con successo i propri prodotti. Chi acquista titoli li valuta in base al guadagno che ritiene di poter ricavare rivendendoli, e cosi’ via, all’infinito o quasi. Qualsiasi valutazione di una impresa finisce per basarsi su cio’ che di quell’impresa altri pensano che altri penseranno e cosi’ via; e a ogni passaggio le risorse finanziarie utilizzate per acquistare quei titoli si basano, a loro volta, sul valore futuro di quegli stessi titoli secondo chi finanzia le banche. Si deve a questo processo se le imprese che operano in settori che “vanno di moda” (come Internet) raggiungono valutazioni di borsa altissime prima ancora di aver venduto un solo prodotto.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858139882
https://www.arci.it/il-libro-combattere-la-postdemocrazia-di-colin-crouch/
https://www.ilfoglio.it/cultura/2020/02/09/news/postdemocrazia-no-300300/

Finanziarizzazione/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale – Chiarelettere (2018)

L’espansione finanziaria di questi decenni e’ strettamente connessa all’aumento della disuguaglianza e all’abnorme rigonfiamento delle fortune personali.
La ricchezza liquida – originata dai dividendi azionari, dai guadagni di capitale, dalle transazioni e dagli investimenti finanziari – che si e’ accumulata nelle centrali di gestione della liquidita’ globale e’ passata dalla cifra quasi insignificante di 100 miliardi di dollari nel 1990 a 6 trilioni alla fine del 2013.
E non bisogna illudersi sul fatto che la crisi del 2008-2010 abbia dato un colpo devastante al tesoro dei Paperoni mondiali.
Il colpo c’è stato si’ nel 2008, ma e’ durato solo un anno e nel 2013 i patrimoni dei super ricchi erano tornati a superare del
30 per cento i valori del 2007.
Se poi si considerano i beni degli ultra super ricchi, quelli dello 0,5 per cento, il loro recupero e’ stato ancora piu’ cospicuo, poiche’ nel 2014 i loro patrimoni erano dell’85 per cento piu’ consistenti rispetto al 2007.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/

Finanziarizzazione/Mason

Paul Mason – Postcapitalismo. Una guida al nostro futuro – il Saggiatore (2016)

Finanziarizzazione e’ una parola lunga: se potessi usarne una con meno sillabe lo farei, perche’ e’ il cuore del progetto neoliberista ed e’ necessario comprenderla meglio.
Gli economisti impiegano questo termine per descrivere quattro cambiamenti specifici, iniziati negli anni ottanta:
1. Le aziende hanno voltato le spalle alle banche e si sono rivolte ai mercati finanziari aperti per i fondi necessari alla loro espansione.
2. Come nuove fonti di profitto, le banche hanno puntato sui consumatori e su un insieme di attivita’ complesse e ad alto rischio che chiamiamo «investment banking».
3. I consumatori ormai partecipano direttamente ai mercati finanziari: carte di credito, scoperti di conto, mutui, prestiti per gli studi e auto comprate a rate sono entrati a far parte della vita di tutti i giorni […]
4. Tutte le forme semplici di finanza ormai generano un mercato finanziario complesso […]
Il vostro contratto di telefonia mobile, la vostra iscrizione in palestra, l’energia che consumate in casa – tutti i vostri pagamenti regolari – sono impacchettati in strumenti finanziari che generano interessi costanti per un investitore, molto prima che decidiate di acquistarli. E qualcuno che non avete mai incontrato scommettera’ sulla possibilita’ che voi onoriate i vostri pagamenti […]
La finzione che sta al cuore del neoliberismo e’ che tutti possono godersi lo stile di vita del consumatore senza bisogno che i salari crescano.
Ti puoi indebitare, ma non andrai mai in bancarotta: se ti indebiti per comprare una casa, il valore dell’immobile crescera’ sempre. E ci sara’ sempre inflazione: percio’, se ti indebiti per comprare una macchina, il valore del debito residuo si sara’ ridotto, nel momento in cui avrai bisogno di comprarne un’altra, lasciandoti ampio margine per indebitarti ancora di piu’ […]
Ma la finanziarizzazione ha creato problemi intrinseci, problemi che hanno innescato la crisi, ma che la crisi non ha risolto.
Mentre la moneta cartacea e’ illimitata, i salari sono reali.
Si puo’ andare avanti a creare moneta all’infinito, ma se ai lavoratori ne arriva una quota sempre piu’ bassa, e al contempo una parte crescente dei profitti e’ generata dai loro mutui e dalle loro carte di credito, prima o poi si andra’ a sbattere contro un muro.
A un certo punto, l’espansione dei profitti finanziari realizzati attraverso l’erogazione di prestiti a consumatori in affanno raggiungera’ il limite, e scattera’ indietro come una molla: e’ esattamente cio’ che e’ successo quando e’ scoppiata la bolla dei mutui subprime.

Info:
https://www.eunews.it/2017/05/13/il-postcapitalismo-secondo-paul-mason/85281
https://ilmanifesto.it/paul-mason-nelle-spire-del-postcapitalismo/
https://24ilmagazine.ilsole24ore.com/2015/09/postcapitalismo/
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/postcapitalismo-di-paul-mason/

Finanziarizzazione/Arlacchi

Pino Arlacchi – I padroni della finanza mondiale. Lo strapotere che ci minaccia e i contromovimenti che lo combattono – Chiarelettere (2018)

Sono passati i tempi nei quali le dimensioni dell’attivita’, il suo fatturato, il numero dei dipendenti, la posizione nel mercato e la qualita’ della sua tecnologia erano gli indici di successo prevalenti.
Per gli azionisti rapaci di oggi, cui si sono associati i manager destinatari di retribuzioni fuori misura, conta solo il Roe (Return on equity) annuale.
Per questi personaggi l’impresa non e’ un organismo complesso, dotato di una propria vita e identita’, titolare di responsabilita’ sociali rilevanti, sede di una pluralita’ di soggetti che talvolta confliggono tra loro ma che restano tutti interessati al suo sviluppo e alla sua integrita’.
Per i nuovi padroni l’azienda e’ solo un agglomerato di contratti, «un insieme accidentale di attivi e passivi che deve essere rimaneggiato di continuo allo scopo di massimizzare il valore per gli azionisti. L’impresa, e le sue forze di lavoro, sono diventate, in linea di principio, oggetti a perdere […]
Aziende che hanno impiegato decenni a diventare concentrazioni di know-how tecnologico e organizzativo vengono degradate a contenitori senz’anima, smembrabili a piacimento, come degli «spezzatini» che in caso di crisi possono essere offerti ai compratori a’ la carte, boccone dopo boccone, da agenzie specializzate. I guadagni relativi vengono conseguiti a spese degli interessi degli altri stakeholders dell’impresa: lavoratori, tecnici, fornitori, comunità locali, enti pubblici.

Info:
https://www.interris.it/news/esteri/chi-sono-i-padroni-della-finanza-mondiale/
https://www.edizionipolis.it/magazine/2019/03/29/economia-e-finanza-mondiale-arlacchi-il-neoliberalismo-oggi-vive-una-profonda-crisi/