Capitalismo/D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

Nel 2015 le fondazioni [umanitarie] erano ben 86.203 e il loro patrimonio complessivo ammontava a 890 miliardi di dollari, le loro elargizioni annue a 62,7 miliardi e le donazioni ricevute a 53,1 miliardi.
Sono enormi masse di denaro che, convogliate in specifiche direzioni, possono deviare il corso della storia […]
Quel che piu’ disturba nei bene-fattori e’ che sono loro a definire cio’ che e’ bene. Perche’ loro sono, come diceva Carnegie, assolutamente certi di “fare meglio per i bisognosi di quanto loro vorrebbero o potrebbero fare per se stessi”.
E il criterio dei “benefattori” e’ insindacabile, non soggetto a nessuna verifica. Non certo quella delle urne: non a caso, a causa della pervasiva azione della sua fondazione nel campo dell’educazione, Bill Gates e’ stato definito il “ministro ufficioso dell’Istruzione degli Stati Uniti”. E nemmeno devono rispondere a qualcuno le fondazioni, a meno che la loro azione non sia penalmente perseguibile. “Se un progetto fallisce, cittadini e regioni ne soffriranno, ma i benefattori passeranno semplicemente al loro progetto successivo.”
Ma quel che rende le fondazioni una vera e propria “mostruosita’” concettuale e’ che esse si appellano a una concezione privatistica del bene comune, si fondano sull’idea liberistica dell’efficienza privata del mercato in quanto luogo della concorrenza, ma in realta’ non sono soggette a nessun regime di concorrenza […]
Oggi i Bill Gates e i Warren Buffett sono oggetto non solo di ammirazione, ma anche di civica, docile gratitudine.
Le fondazioni sono ormai un elemento familiare del nostro paesaggio, non costituiscono piu’ “scandalo” e non stupisce piu’ che questi enti “caritatevoli” si dedichino ad attivita’ lucrative in regime esentasse, e’ normale che accumulino patrimoni sempre crescenti e sempre esenti, potenzialmente per tutte le generazioni a venire.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2020/11/recensione-marco-deramo-dominio/
https://www.internazionale.it/opinione/giuliano-milani/2020/11/10/marco-d-eramo-dominio
https://sbilanciamoci.info/i-meccanismi-del-dominio/
https://www.sinistrainrete.info/societa/17891-marco-d-eramo-la-bolla-dell-overtourism-si-e-sgonfiata-ma-tornera-presto-a-crescere.html

Capitalismo/Fisher

Mark Fisher – Realismo capitalista – Produzioni Nero (2018)

Il realismo capitalista si presenta come uno scudo in grado di proteggerci dai pericoli di qualsiasi ideale o credenza […]
Ci viene presentato come ideale uno stato delle cose brutale e profondamente ingiusto, dove ogni esistenza viene valutata in soli termini monetari.
Per giustificare il loro conservatorismo, i partigiani dell’ordine costituito non possono davvero dire che questo stato sia meraviglioso o perfetto. E quindi hanno deciso di dire che tutto il resto e’ orribile.
Certo, dicono, non vivremo in un paradiso, ma siamo fortunati a non vivere in un inferno.
La nostra democrazia non sara’ perfetta, ma e’ meglio di una dittatura truculenta.
Il capitalismo e’ ingiusto, d’accordo. Ma non e’ criminale come lo stalinismo.
Lasciamo che milioni di africani muoiano di AIDS, ma non rilasciamo dichiarazioni nazionaliste e razziste come Milosevic.
Uccidiamo iracheni coi nostri aerei, ma non tagliamo mica gole con i machete come in Ruanda.
Il «realismo» e’ qui analogo alla prospettiva al ribasso di un depresso che crede che qualsiasi stato positivo, qualsiasi speranza, non sia altro che un’illusione pericolosa[…]
In Europa e negli Stati Uniti, per la maggior parte delle persone sotto i vent’anni l’assenza di alternative al capitalismo non e’ nemmeno piu’ un problema: il capitalismo semplicemente occupa tutto l’orizzonte del pensabile.
Jameson osservava con orrore il modo in cui il capitalismo si e’ sedimentato nel nostro inconscio: che il capitalismo abbia colonizzato i sogni delle persone e’ oggi un dato di fatto talmente accettato da non meritare piu’ alcuna discussione.

Info:
https://open.luiss.it/2018/08/09/prigionieri-della-realta-che-cose-il-realismo-capitalista-secondo-mark-fisher/
https://www.iltascabile.com/recensioni/realismo-capitalista-fisher/
https://www.glistatigenerali.com/filosofia/il-realismo-capitalista-mark-fisher/

Capitalismo/D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

La prima rottura tra liberalismo e neoliberalismo e’ politica: le politiche auspicate dal neoliberalismo americano sono totalmente contrarie allo spirito (se non alla pratica) del liberalismo politico: la dice lunga l’entusiasmo di von Hayeke Friedman per un dittatore come il generale Pinochet.
Quindi, almeno in inglese, il neoliberalismo e’ l’opposto del liberalismo (in italiano usiamo “liberismo” per indicare la concezione economica e “liberalismo” per quella politica).
La seconda rottura e’ filosofica, epistemologica: il concetto chiave della teoria economica classica era il mercato, come luogo e meccanismo di scambio, a partire dal famoso mito del baratto originario, dall’“inclinazione nella natura umana a trafficare, barattare, e scambiare una cosa con l’altra,” […]
In un mercato perfetto gli agenti si scambiano merci e denaro in un regime di reciprocita’ che suppone una condizione di uguaglianza. Nel neo-liberismo invece il concetto chiave e’ la concorrenza, non come dato di natura, situazione primordiale dell’umanita’ (quale era il mercato nel mitico baratto), ma come ideale da raggiungere e come condizione precaria e difficile da mantenere.
Insita nella concorrenza vi e’ non l’uguaglianza, ma la diseguaglianza, poiche’ nella concorrenza – nella competizione – c’e’ un vincitore e un perdente (altrimenti che competizione sarebbe?): la concorrenza non solo e’ basata sulla diseguaglianza, ma la crea […]
L’individuo e’ percio’ considerato, si’, come operatore del mercato, ma in quanto competitore nella concorrenza […]
In quanto concorrente ogni individuo e’ considerato un imprenditore, anzi un’impresa di per se’: il manager di se’. Nell’antropologia neolib, l’unita’-individuo e’ un’unità-impresa e l’individuo e’ il proprietario di se stesso. […]
La prima conseguenza di quest’impostazione e’ che siamo tutti proprietari, dal bracciante messicano al minatore nero sudafricano al banchiere di Wall Street. Ma di cosa esattamente siamo proprietari, quando per esempio non possediamo denaro ne’ oggetti materiali? Siamo proprietari di noi stessi: cioe’ noi stessi costituiamo il nostro proprio capitale. Ognuno e’ proprietario di se’, cioe’ del proprio capitale umano: proprietario della propria impresa, cioe’ di se’, che investe il suo capitale: da qui la nozione di capitale umano […]
Ma se anche i proletari sono capitalisti, seppure di solo capitale umano, allora non c’e’ da un lato il capitalista che compra la merce-lavoro al proletario e dall’altro il proletario che vende la propria merce-lavoro al capitalista. Ci sono solo due capitalisti che in modo diverso ricavano un reddito dal proprio capitale (l’uno dal capitale economico, l’altro dal capitale umano).
Non c’e’ piu’ sfruttamento del lavoratore da parte del capitalista, ma c’e’ auto-sfruttamento del lavoratore-capitalista-di-se’.
Tutte le categorie concettuali tradizionali, come sfruttamento e alienazione, vengono meno e la loro cancellazione mina alla base, teoricamente, il movimento operaio, la cui sconfitta va ben al di la’ della contingenza storica dovuta alla scomparsa dei partiti e dei sindacati che lo rappresentano politicamente.
E’ una sconfitta teorica e concettuale, perche’ in questa nuova visione dell’economia il lavoro diventa un reddito da capitale [..]
La migrazione costa perche’ spostarsi costa, inoltre mentre si sposta il migrante non guadagna, e in piu’ l’inserimento in un nuovo ambiente comporta un costo psicologico. Ma tutti questi (e altri) costi sono affrontati in vista di un miglioramento, di un accrescimento di status, di un aumento di reddito. Questi costi sono un investimento. Il migrante e’ un imprenditore di se’ che affronta spese per ottenere un miglioramento.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2020/11/recensione-marco-deramo-dominio/
https://www.internazionale.it/opinione/giuliano-milani/2020/11/10/marco-d-eramo-dominio
https://sbilanciamoci.info/i-meccanismi-del-dominio/
https://www.sinistrainrete.info/societa/17891-marco-d-eramo-la-bolla-dell-overtourism-si-e-sgonfiata-ma-tornera-presto-a-crescere.html

Capitalismo/Mason

Paul Mason – Il futuro migliore. In difesa dell’essere umano – il Saggiatore (2019)

Dobbiamo parlare del neoliberismo.
Perche’ distruggendo il patto economico fra capitale e lavoro ha obbligato milioni di persone ad adottare una nuova immagine di se’ […]
E ora che il neoliberismo e’ in crisi, anche questi comportamenti, questi riflessi, questi schemi di pensiero e queste immagini di se’ cosi’ radicati sono entrati in crisi. La catena di eventi iniziata nel 2008, con il crollo del sistema economico neoliberista ha determinato anche il crollo del se’ neoliberista.
Il neoliberismo e’ il modello mondiale specifico di capitalismo che e’ cominciato nel 1979 e attualmente sta andando in pezzi […]
I sostenitori del neoliberismo spesso chiedono a chi lo contesta di darne una definizione. Potrei fornirvi parecchie definizioni calzanti, ma la piu’ chiara e’ questa: «una concorrenza imposta forzatamente in tutti gli aspetti della societa’ da uno Stato coercitivo». Ma la richiesta di definizioni è una trappola […]
Invece di una definizione, voglio delineare un nucleo di relazioni attorno al quale avvengono le mutazioni, gli shock e le improvvisazioni del sistema neoliberista.
Qualsiasi economia capitalista ha tre elementi costitutivi – terra, lavoro e capitale –, che producono denaro sotto forma di rendite, salari e profitti.
Iniziamo cercando di capire in che modo il neoliberismo ha cambiato la relazione fra queste cose.
Durante l’era del capitalismo di Stato (1945-1979), il mercato era subordinato allo Stato. Lavoro e capitale collaboravano tra loro. Quanto alla «rendita», veniva scoraggiata. Quando gli economisti usano il termine «rendita» non intendono solo i soldi che frutta un terreno o una proprieta’, ma qualsiasi forma di denaro ricavata dall’accaparramento dell’offerta di qualcosa, che sia una miniera di cobalto, i diritti di pesca su un fiume o la capacita’ stessa di raccogliere capitale. La rendita non crea ricchezza, si limita a distribuirla da chi produce ricchezza a chi possiede la proprieta’ affittabile, il rentier o redditiero […]
Nell’era neoliberista, al contrario, lo Stato e’ subordinato al mercato; anzi, lo scopo dello Stato e’ spazzare via ogni ostacolo al mercato e imporlo a forza in tutti gli aspetti della vita che rimangono non commerciali, dalla fornitura dell’acqua di rubinetto all’organizzazione di un appuntamento galante.
Il capitale attacca il lavoro, percio’ i profitti aumentano in rapporto al Pil, mentre la quota destinata ai salari diminuisce. Contemporaneamente, la «rendita» diventa uno stile di vita: sempre piu’ profitti affluiscono nelle tasche di coloro che sono in grado di creare monopoli e fissare prezzi artificialmente alti, siano essi colossi del software come la Microsoft, giganti dei social media come Facebook, banche d’affari come la Lehman Brothers […]
Nella sua fase finale, il neoliberismo – che era nato come una battaglia in difesa dei valori del libero mercato – e’ diventato un mercato tutt’altro che libero, truccato a favore di monopolisti e speculatori, truccato per proteggere la ricchezza di quelli che gia’ ce l’hanno, truccato per produrre una forte disuguaglianza: una situazione garantita dal controllo che l’elite esercita sullo Stato

Info:
https://www.ilsaggiatore.com/libro/il-futuro-migliore/
https://ilmanifesto.it/la-rivolta-dei-fiocchi-di-neve/
https://www.pulplibri.it/manifesto-ottimista-per-ripartire-oggi/

Capitalismo/Milanovic

Branko Milanovic – Capitalismo contro capitalismo. La sfida che decidera’ il nostro futuro – Laterza (2020)

Quando il trasporto delle merci era pericoloso e costoso, la produzione e il consumo dovevano coincidere geograficamente e le comunità consumavano cio’ che producevano […]
Poi venne la rivoluzione industriale, che abbasso’ i costi di trasporto delle merci. Questo rendeva possibile la spedizione di prodotti verso destinazioni lontane e diede origine alla prima globalizzazione, o primo «spacchettamento»(unbundling), come lo definisce Baldwin: le merci si producevano «qui» e si consumavano «la’». Questo fenomeno ha anche fornito all’economia praticamente tutti i concetti e gli strumenti intellettuali che usiamo ancora oggi.
Il primo spacchettamento creo’ una nuova preoccupazione per la bilancia commerciale nazionale, introducendo cosi’ il mercantilismo […]
Praticamente tutti gli strumenti dell’economia moderna sono ancora radicati nel modo in cui e’ avvenuto il primo spacchettamento, le cui principali caratteristiche sono state (a) il commercio di beni, (b) gli investimenti esteri diretti (che, in assenza di altri mezzi per garantire i diritti di proprieta’ in luoghi lontani, hanno portato al colonialismo) e (c) gli Stati-nazione […]
Oggi, in quello che Baldwin identifica come il secondo spacchettamento (e la seconda globalizzazione), tutti e tre gli attori principali sono cambiati. Ora, il controllo e il coordinamento della produzione si fanno «qui», ma la produzione effettiva delle merci avviene «la’».
Notiamo la differenza: prima si spacchettano la produzione e il consumo, poi la produzione stessa. Lo spacchettamento della produzione e’ stato reso possibile dalla rivoluzione delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, che ha permesso alle aziende di progettare e controllare i processi dal centro e di estendere la produzione a centinaia di unita’ o a subappaltatori sparsi in tutto il mondo. I costi minimi del trasporto delle informazioni (in sostanza, la capacita’ di coordinare e controllare indipendentemente dalla distanza) hanno rappresentato per il secondo spacchettamento cio’ che il basso costo del trasporto marittimo ha significato per il primo. Ora, i principali attori sono (a) l’informazione e il controllo (invece dei beni), (b) le istituzioni coercitive globali (invece del colonialismo), e (c) le aziende (invece delle nazioni) […]
Lo spacchettamento definitivo (almeno dal punto
di vista odierno) arrivera’ con la capacita’ del lavoro di muoversi senza soluzione di continuita’. Cio’ avverra’ quando i costi di spostamento della manodopera o del telelavoro scenderanno. Per le operazioni che richiedono la presenza fisica di una persona, il costo del suo spostamento temporaneo in un luogo diverso e’ ancora elevato. Ma se la necessita’ della presenza fisica di un lavoratore viene risolta attraverso il controllo da postazione remota, come gia’ accade con i medici che eseguono interventi chirurgici a distanza utilizzando dei robot, allora anche il lavoro si potra’ globalizzare.
Il terzo spacchettamento, quello della manodopera (come fattore nel processo produttivo) dalla sua collocazione fisica, ci fara’ pensare alle migrazioni e ai mercati del lavoro in modo molto diverso: se compiti che oggi richiedono la presenza fisica di un lavoratore potranno essere svolti a distanza da una persona in un qualsiasi punto del globo, allora la migrazione dei lavoratori diventera’ molto meno importante.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135846
https://www.doppiozero.com/materiali/branko-milanovic-capitalismo-contro-capitalismo
https://sbilanciamoci.info/branko-milanovic-capitalismo-contro-capitalismo/

Capitalismo/Milanovic

Branko Milanovic – Capitalismo contro capitalismo: La sfida che decidera’ il nostro futuro – Laterza (2020)

Data la natura del capitalismo liberal-meritocratico, quali sarebbero le caratteristiche principali della sua elite dominante?
O, in altre parole, quale tipo di elite o di classe dirigente (qui uso i due termini in modo intercambiabile) e’ associato al capitalismo liberal-meritocratico e vi prospera? […]
1. La classe dirigente controlla la maggior parte del capitale finanziario del paese. Abbiamo visto che negli Stati Uniti il 10 per cento dei detentori di ricchezza controlla oltre il 90 per cento delle attivita’ finanziarie.
2. La classe dirigente e’ molto istruita. Numerosi membri della classe dirigente hanno un’occupazione, e il loro reddito da lavoro tende a essere elevato (a causa dell’alto livello di istruzione). I membri della classe dirigente detengono quindi un alto reddito sia da lavoro sia da capitale (la condizione che ho chiamato omoplutia).
3. Le elites investono opportunamente nella prole e nel controllo politico. L’investimento nell’istruzione dei figli permette loro di mantenere un elevato reddito da lavoro e l’alto status tradizionalmente associato alla conoscenza e all’istruzione.
L’investimento in influenze politiche permette alle elites di scrivere le regole in materia di successioni […]
4. L’obiettivo dell’investimento nel controllo politico non e’ finalizzato solo a migliorare il contemporaneo potere economico della classe dirigente, ma anche ad assicurarne il dominio nel tempo.
5. La capacita’ delle donne di accedere allo stesso livello di istruzione degli uomini e di godere delle stesse regole in materia di successioni le rende sempre piu’ indistinguibili dagli uomini in termini di reddito e di potere. Pertanto, la classe dirigente del capitalismo liberal-meritocratico e’ probabilmente la meno sessista di tutte le classi dirigenti storiche.
6. Le crescenti affinita’ fra uomini e donne in termini di disponibilita’ economica e istruzione porta alla formazione di famiglie a partire da coppie benestanti e con un’istruzione simile (omogamia), altro fattore che contribuisce al mantenimento intergenerazionale di questi vantaggi.
7. Poiche’ l’alta borghesia non si definisce secondo criteri ereditari o professionali, ma si basa sulla ricchezza e sull’istruzione, si tratta di un’alta borghesia «aperta». Coopta dalle classi inferiori i membri piu’ promettenti che hanno la capacita’ di diventare ricchi e di compiere un percorso di studi avanzati.
8. I membri della classe dirigente sono laboriosi e hanno una visione amorale della vita […]. Tutto cio’ che permette a questa classe di mantenere e rafforzare la propria posizione e che rientra nei limiti di legge e’, di per se’, auspicabile. L’etica dei suoi appartenenti e’ definita dal quadro giuridico vigente e il loro uso del denaro per controllare il processo politico si estende all’uso del denaro stesso per modificare le leggi.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858135846
https://www.doppiozero.com/materiali/branko-milanovic-capitalismo-contro-capitalismo
https://sbilanciamoci.info/branko-milanovic-capitalismo-contro-capitalismo/

Capitalismo/Mazzucato

Mariana Mazzucato – Non sprechiamo questa crisi – Laterza (2020)

[E’] giunto il momento di mettere in pratica la dura lezione della crisi finanziaria globale del 2008.
Quando le aziende, dalle compagnie aeree alla grande distribuzione, si fanno avanti con richieste di salvataggio e altre forme di assistenza, e’ importante non limitarsi a distribuire denaro. Si possono dettare condizioni affinche’ i salvataggi siano strutturati in modo da trasformare i settori destinatari degli aiuti, portandoli a far parte di una nuova economia, incentrata sulla strategia del Green New Deal di ridurre le emissioni di carbonio, investendo al tempo stesso sui lavoratori per aiutarli ad adattarsi alle nuove tecnologie.
E bisogna farlo adesso, fintanto che lo Stato si trova in posizione di forza.
Sfruttiamo questo momento per ripensare il sistema capitalistico con un approccio che restituisca centralita’ a tutte le parti in causa. Non permettiamo che questa crisi vada sprecata […]
Il capitalismo, infatti, sta affrontando almeno tre grandi crisi.
Una crisi sanitaria indotta dalla pandemia ha rapidamente innescato una crisi economica con conseguenze ancora sconosciute per la stabilita’ finanziaria, e tutto questo si gioca sullo sfondo di una crisi climatica che non puo’ essere affrontata con il solito approccio del «business as usual».
Non dimentichiamoci che, fino a soli due mesi fa, i media ci proponevano immagini spaventose di vigili del fuoco, e non operatori sanitari, sopraffatti dalla fatica e dal superlavoro.
Questa triplice crisi ha portato alla luce diversi problemi rispetto al nostro modo di «fare capitalismo», che devono essere tutti affrontati nello stesso momento in cui siamo alle prese con l’emergenza sanitaria. Altrimenti, risolveremo semplicemente i problemi in un settore per crearne di nuovi altrove, cosi’ come accadde con la crisi finanziaria del 2008.
I politici inondarono il mondo di liquidita’ senza indirizzarla verso opportunita’ di investimento valide. Di conseguenza, il denaro fini’ di nuovo in un settore finanziario che era (e rimane) inadatto allo scopo.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858142875
https://www.controluce.it/notizie/non-sprecare-la-crisi-del-covid/

Capitalismo/ Alacevich

Michele Alacevich, Anna Soci – Breve storia della disuguaglianza – Laterza (2019)

Secondo l’Economic Policy Institute di Washington DC, nel 1965 la remunerazione di un amministratore delegato negli Stati Uniti era ventiquattro volte superiore a quella di un lavoratore medio; nel 1978 il rapporto era 35 a 1; nel 2007, 277 a 1; e nel 2010, due anni dopo l’inizio della recessione globale, 243 a 1.
Secondo Raghuram Rajan, ex capo economista del FMI, ancora piu’ preoccupante e’ l’allargamento del divario verificatosi non solo tra i miliardari (che rappresentano lo 0,01% piu’ ricco della distribuzione mondiale del reddito) e il resto della popolazione, ma anche tra il reddito degli appartenenti al 90° percentile (vale a dire chi guadagna piu’ di quanto guadagni il 90% della popolazione) – per esempio gli alti dirigenti – e sia chi si trovi al fondo della scala retributiva sia chi appartenga alla classe media, i cui guadagni sono rimasti di fatto immutati a partire dagli anni Ottanta […]
La disuguaglianza abbraccia dimensioni diverse – come testimonia l’attuale dibattito sui suoi aspetti sociali, politici, economici, di genere, di razza, di salute, di accesso ai livelli di istruzione, ecc. – la cui rilevanza e’ cambiata significativamente dal punto di vista sia storico sia geografico. In molti casi le catagorie di cui oggi facciamo uso sarebbero apparse prive di significato in epoche precedenti e ancora oggi molte forme di disuguaglianza sono lontane dall’essere riconosciute universalmente […]
Le persone, poi, possono avere opinioni molto differenti , non solo sul grado di disuguaglianza da considerare accettabile o inaccettabile ma anche – e si tratta di un punto dirimente – su quali disuguaglianze siano o non siano importanti, giacche’ ognuno mettera’ valori diversi al centro del proprio universo morale.
Poiche’ gli esseri umani sono animali sociali e la disuguaglianza indica, per definizione, una dimensione razionale, le discussioni sull’uguaglianza e sulla disuguaglianza riguardano a loro volta la struttura di una societa’ […]
Una delle tematiche della piu’ ampia questione della diseguaglianza, tuttavia, fa da sostegno e al contempo si affianca alle altre forme di disuguaglianza.
Ci riferiamo alla disuguaglianza economica .
In pochi negherebbero che essa pone sfide drammatiche alle societa’ moderne, siano queste economicamente avanzate o meno sviluppate.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858136249
https://www.letture.org/breve-storia-della-disuguaglianza-michele-alacevich-anna-soci

 

Capitalismo/Foer

Franklin Foer – I nuovi poteri forti. Come Google, Apple, Facebook e Amazon pensano per noi – Longanesi (2018)

Negli ultimi dieci anni il giornalismo ha iniziato a dipendere in maniera pericolosa da Facebook e Google.
Le big tech forniscono alle testate giornalistiche una quota enorme del loro pubblico, e di conseguenza dei loro ricavi.
Questa situazione conferisce una grande influenza sul giornalismo alla Silicon Valley, che ha sfruttato al massimo il proprio potere.
La dipendenza genera disperazione, una folle e sfacciata caccia ai clic su Facebook, uno sforzo senza sosta per rientrare negli algoritmi di Google, e porta i mezzi d’informazione a sottoscrivere accordi terribili, che sembrano necessari per l’autoconservazione, ma in realta’ consentono a Facebook e Google di controllarli ancora piu’ saldamente […]
Facebook puo’ decidere che i suoi utenti preferiscono i video ai testi, o che vogliono leggere piu’ articoli di propaganda a loro ideologicamente gradita che notizie pure e semplici.
Quando Facebook cambia direzione in questo modo, o quando
Google modifica qualcosa nel suo algoritmo, il traffico web diretto ai mezzi di informazione subisce un contraccolpo immediato, con l’effetto a catena che ne consegue […]
Il problema pero’ non e’ solo la vulnerabilita’ economica, ma anche il modo in cui le societa’ tecnologiche dettano gli schemi di lavoro, il modo in cui la loro influenza puo’ modificare la morale di un’intera professione sulla base delle loro necessita’, magari abbassando gli standard di qualita’ o riducendo le tutele etiche

Info:
http://www.mangialibri.com/libri/i-nuovi-poteri-forti
https://luz.it/spns_article/franklin-foer-intervista/
https://www.anobii.com/books/I_nuovi_poteri_forti/9788830451117/01b615ecf78e1d30ad

Capitalismo/Mason

Paul Mason – Postcapitalismo. Una guida al nostro futuro – il Saggiatore (2016)

Oggi guardiamo film fatti di pixel invece che di granelli di celluloide, e che contengono intere scene in cui nulla di reale viene inquadrato da una telecamera.
Nelle catene di montaggio delle automobili, ogni componente ha un suo codice a barre: quello che fanno gli esseri umani, fra i sibili e i ronzii dei robot, e’ ordinato e verificato dall’algoritmo di un computer.
Il rapporto fra lavoro fisico e informazione e’ cambiato.
Il grande progresso tecnologico di inizio XXI secolo non consiste in nuovi oggetti, ma nell’aver reso intelligenti quelli vecchi.
La conoscenza contenuta nei prodotti sta diventando piu’ preziosa degli elementi fisici usati per produrli.
Negli anni novanta, quando si comincio’ a comprendere l’impatto delle tecnologie informatiche, studiosi di numerose discipline ebbero contemporaneamente la stessa intuizione:
il capitalismo stava diventando qualcosa di qualitativamente differente.
Diventarono di moda espressioni come economia della conoscenza, societa’ dell’informazione, capitalismo cognitivo.

Info:
https://www.eunews.it/2017/05/13/il-postcapitalismo-secondo-paul-mason/85281
https://ilmanifesto.it/paul-mason-nelle-spire-del-postcapitalismo/
https://24ilmagazine.ilsole24ore.com/2015/09/postcapitalismo/
https://www.pandorarivista.it/pandora-piu/postcapitalismo-di-paul-mason/