Capitalismo/Azzara’

Stefano Azzara’ – Il virus dell’occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato d’eccezione – Mimesis (2020)

“Il liberalismo politico […] assume due forme” e cioe’ da una parte “quello che alcuni chiamano liberalismo modus vivendi” e dall’altra il cosiddetto “liberalismo progressista”, e questa divaricazione ha rilevanti ripercussioni.
Certo, entrambe queste versioni del liberalismo condividono il set essenziale dei principi liberali a proposito della centralita’ dell’individuo e delle sue liberta’, dei limiti della ragione umana, della tolleranza.
Li interpretano pero’ in maniera anche profondamente diversa. Perche’ mentre i liberali progressisti intendono i diritti umani in senso positivo e attivo (tant’e’ che inseriscono tra essi anche la questione delle pari opportunita’ e quella del welfare) e pretendono che il governo li promuova “in maniera espansiva” in patria e all’estero, impegnandosi in un massiccio interventismo che prevede anche l’ingegneria sociale, i liberali moderati – quelli per i quali il liberalismo e’ appunto anzitutto un “modus vivendi” – hanno di questi medesimi diritti una visione prevalentemente negativa. E li concepiscono “quasi esclusivamente in termini di liberta’ individuali” e cioe’ come “liberta’ di agire senza intrusioni da parte del governo”, il quale ultimo deve “ingerirsi il meno possibile”.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/il-manifesto-virus-occidentali-e-le-aspre-contese-delle-due-destre-su-il-virus-delloccidente-di-stefano-g.-azzara-.pdf
https://www.lacittafutura.it/recensioni/il-virus-dell%e2%80%99occidente
https://sinistrainrete.info/societa/18241-stefano-g-azzara-il-virus-dell-occidente.html
https://www.sinistrainrete.info/teoria/22284-giovanni-andreozzi-recensione-di-il-virus-dell-occidente.html

Capitalismo/Harvey

David Harvey – Cronache anticapitaliste. Guida alla lotta di classe per il XXI secolo – Feltrinelli (2021)


La politica americana e’ gestita da un numero relativamente piccolo di persone straricche e di grandi aziende.
Spesso sembra che ci sia un unico partito politico negli Stati Uniti, chiamiamolo il Partito di Wall Street, che semplicemente si divide in due ali. Una meta’ del partito e’ finanziata e gestita dai fratelli Koch e dai loro simili, ed e’ la parte repubblicana. L’altra meta’ e’ finanziata da Michael Bloomberg, Tom Steyer, George Soros e altri, ed e’ la parte del Partito democratico.
Entrambe le ali dipendono dal finanziamento della classe capitalista.
Entrambe sostengono il progetto neoliberista, in generale, con qualche divergenza specifica, in particolare per quanto riguarda il cambiamento climatico e la sua gestione.
Entrambe sostengono l’istruzione superiore, ma ciascuna ha in mente un diverso tipo di istruzione. L’istruzione neoliberista, l’istruzione imprenditoriale, la coltivazione dello spirito imprenditoriale nelle scuole su base meritocratica e cose simili, da una parte; la coltivazione della responsabilita’ sociale e dell’autonomia dall’altra.
Entrambe sostengono progetti sociali e culturali, ma anche qui di tipi diversi.
Entrambe concordano su un tipo limitato di multiculturalismo.
Entrambe tendono a sostenere limitate preoccupazioni sociali per i diritti delle donne (ma senza andare troppo in la’) e per i diritti degli omosessuali (ma senza andare troppo in là). Esiste una configurazione di potere economico che interviene nella politica, ma che si trova in questo momento a dover decidere che cosa fare a proposito della politica etnonazionalista, se non addirittura della politica neonazista dell’estrema destra.

Info:
https://www.idiavoli.com/it/article/cronache-anticapitaliste
https://www.kulturjam.it/editoria-narrazioni/david-harvey-cronache-anticapitaliste/
https://www.marxist.com/david-harvey-contro-la-rivoluzione-la-bancarotta-del-marxismo-accademico.htm
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21563-guido-maria-brera-cronache-anticapitaliste.html
https://www.doppiozero.com/materiali/david-harvey-laccumulazione-come-spoliazione

Capitalismo/Harvey

David Harvey – Cronache anticapitaliste. Guida alla lotta di classe per il XXI secolo – Feltrinelli (2021)

La generazione del Sessantotto, se vogliamo chiamarla cosi’, era antagonista a tutto cio’ che era il capitale e la risposta del capitale e’ stata: “Vi diamo la liberta’ individuale e anche noi la apprezziamo, e struttureremo tutto in base alla liberta’ individuale, in particolare sul mercato, in modo che abbiate una grande liberta’ di scelta nel mercato. In cambio voi vi scordate della giustizia sociale”.
Questo e’ stato il patto col diavolo offerto alla generazione del Sessantotto da Reagan e Thatcher negli anni settanta e ottanta, fino all’era Clinton negli anni novanta.
Arrivati agli anni novanta, molti hanno cominciato ad accettare che, se avessero finito per avere dei problemi, la colpa sarebbe stata loro. Quel sistema, in effetti, funzionava benissimo. Funzionava benissimo per gli ultraricchi e per gli imprenditori di successo. Gli ultraricchi diventavano piu’ ricchi, piu’ ricchi e sempre piu’ ricchi. Il divario fra quel che guadagnavano i Ceo e quel che guadagnavano i singoli dipendenti si allargava e diventava piu’ ampio, e ancora piu’ ampio.
Poi siamo arrivati al 2007-2008 e alla grande crisi.
Sembrava che il sistema fosse fallito […]
Quello che sostengo e’ che il neoliberismo non e’ finito nel 2007-2008. Ha perso la sua legittimazione, in particolare la legittimazione politica.
Il malcontento nei confronti del sistema c’era, ed e’ diventato piu’ profondo, piu’ profondo e ancora piu’ profondo. In altre parole, le persone hanno cominciato ad alienarsi dal sistema economico in cui si erano trovate.
Al contempo, pero’, il sistema in se’ non stava cambiando. In effetti, dal 2007-2008 i ricchi hanno tratto vantaggio piu’ di chiunque altro. Hanno applicato la dottrina del “mai lasciare che una buona crisi vada sprecata” e l’hanno effettivamente usata a proprio beneficio. Se esaminate i dati relativi a Regno Unito e Stati Uniti, troverete che il primo 1 per cento ha accresciuto la propria ricchezza e il proprio potere del 14, 15 o addirittura del 20 per cento, mentre la ricchezza e il potere degli altri sono stagnati o diminuiti, dopo il 2008. Il progetto neoliberista non è arrivato al capolinea; e’ andato avanti. Ma e’ andato avanti in una situazione in cui non era piu’ legittimato come in precedenza

Info:
https://www.idiavoli.com/it/article/cronache-anticapitaliste https://www.kulturjam.it/editoria-narrazioni/david-harvey-cronache-anticapitaliste/
https://www.marxist.com/david-harvey-contro-la-rivoluzione-la-bancarotta-del-marxismo-accademico.htm
https://www.sinistrainrete.info/articoli-brevi/21563-guido-maria-brera-cronache-anticapitaliste.html
https://www.doppiozero.com/materiali/david-harvey-laccumulazione-come-spoliazione

Capitalismo/Azzara’

Stefano Azzara’ – Il virus dell’occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato di eccezione – Mimesis (2020)

L’Occidente deve fare i conti con un incremento vertiginoso delle diseguaglianze e degli squilibri nella distribuzione del reddito, legati in larga parte al fatto che, a causa di decisive trasformazioni nell’organizzazione del lavoro ma anche in seguito alla rivoluzione tecnologica e alla mobilizzazione dei capitali e delle persone, in particolare con le esternalizzazioni della produzione e dei servizi, “il capitale e i capitalisti stanno diventando più importanti del lavoro e dei lavoratori e quindi stanno acquisendo più potere economico e politico […]
La concentrazione dei capitali e la crescita della quota del capitale nel reddito nazionale rispetto al reddito da lavoro e’ il segno di una “crescente disuguaglianza tra gli individui” […]
Questa concentrazione si trasmette oltretutto su scala generazionale, determinando un movimento verso “la creazione di una classe superiore auto-perpetuante” e dando cosi’ vita a una stabile “polarizzazione tra le elite e il resto della popolazione”, un effetto “che rappresenta la minaccia piu’ importante per la redditivita’ a lungo termine del capitalismo liberale”.
La polarizzazione viene accresciuta dal fatto che questa concentrazione di potere – che e’ anche una concentrazione dell’educazione superiore e che si manifesta in un gretto separatismo di classe che sottrae risorse alla fiscalita’ generale – assieme al declino delle organizzazioni sindacali, consente sempre piu’ alle elite, attraverso i finanziamenti ai partiti politici e ai comitati elettorali, di condizionare le politiche dello Stato, rimuovendo gli elementi redistributivi che facilitavano la mobilita’ sociale e generazionale e mettendo di fatto fine all’“American Dream” assieme al vecchio welfare novecentesco.
Da qui una grave crisi della middle class, la quale perde il proprio “ruolo chiave” nella politica e nell’economia a favore di una “classe superiore che autoperpetua se stessa”, facendo si’ che la democrazia diventi “un’oligarchia” nella quale potere economico e potere politico coincidono sempre piu’ strettamente […]
Proprio la genesi di questa superclasse potrebbe fare da apripista nel “mondo libero” al capitalismo politico in stile cinese, dal quale questa elite potrebbe avere vantaggi considerevoli: desiderabile anche per molte persone normali a causa degli alti tassi di crescita che sembra promettere, “il capitalismo politico presenta alcune caratteristiche che lo rendono attraente per le elite politiche nel resto del mondo e non solo in Asia”, visto che questo sistema conferirebbe loro “maggiore autonomia” e “un management piu’ efficiente dell’economia”, oltre a “piu’ alti tassi di crescita”.
Se “la gerarchia produce maggiore efficienza e salari piu’ alti” rispetto alla democrazia, e’ chiaro infatti che “altri diritti democratici possono essere ceduti volentieri per entrate piu’ alte”[…]
Piu’ il potere economico e politico nel capitalismo liberale divengono uniti”, dunque, “più il capitalismo liberale diventa plutocratico e viene a somigliare al capitalismo politico”.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/il-manifesto-virus-occidentali-e-le-aspre-contese-delle-due-destre-su-il-virus-delloccidente-di-stefano-g.-azzara-.pdf
https://www.lacittafutura.it/recensioni/il-virus-dell%e2%80%99occidente
https://sinistrainrete.info/societa/18241-stefano-g-azzara-il-virus-dell-occidente.html

Capitalismo/Azzara’

Stefano Azzara’ -Il virus dell’occidente. Universalismo astratto e sovranismo particolarista di fronte allo stato di eccezione – Mimesis (2020)

Nel “dominio capitalistico del mondo” sono presenti a guardar bene “due differenti tipi di capitalismo”, i quali si contendono il futuro.
Da una parte abbiamo “il capitalismo meritocratico liberale che si e’ sviluppato in maniera crescente in Occidente negli ultimi due secoli”, mentre dall’altro c’e’ “il capitalismo politico o autoritario guidato dallo Stato” […]
Questi due modelli “differiscono non solo nella sfera politica ma anche in quella economica e, in misura minore, in quella sociale” e sono – come detto – in “competizione”, anche se e’ difficile che uno di essi finisca per “dominare l’intero globo” eliminando totalmente l’altro.
Il “capitalismo meritocratico liberale” e’ quel sistema nel quale “la maggior parte della produzione e’ promossa con mezzi di produzione privati, il capitale acquista in maniera legale forza lavoro libera e il coordinamento e’ decentralizzato… e la maggior parte delle decisioni di investimento sono prese da compagnie private o da imprenditori individuali” […]
Il “capitalismo politico”, invece, e’ rappresentato in primo luogo dalla Cina, alla quale soprattutto si deve l’eccezionale sviluppo che ha portato l’Asia in pochi decenni a recuperare il gap accumulato con l’Occidente negli anni della Grande Divergenza, fino al ripristino di un equilibrio comparabile a quello precedente all’epoca delle colonizzazioni e in particolare tra il 1820 e la Prima guerra mondiale.
L’apertura e le riforme avvenute in quel paese, il quale si e’ inserito nell’economia mondiale e nelle catene del valore globali trascinando un intero continente, hanno avuto un ruolo decisivo in questo processo.
Non si tratta pero’ soltanto di un successo economico: “il riequilibrio economico del mondo” – che comunque in Occidente produce svantaggi per “un significativo numero di persone”, provocando ostilita’ verso la globalizzazione e aizzando rivolte populiste –, non e’ solo una questione geografica ma e’ anche una questione politica. Il successo economico della Cina mette infatti per la prima volta in discussione la pretesa occidentale che ci sia “un nesso necessario tra capitalismo e democrazia liberale”, dato che l’efficienza economica cinese e’ stata superiore in questi decenni a quella dei paesi occidentali […] “una burocrazia altamente efficiente e tecnocraticamente esperta” guida il sistema avendo “come suo principale dovere la realizzazione di una elevata crescita economica” e “implementa le politiche che permettono di realizzare questo obiettivo” attraverso una ferrea irregimentazione della societa’ e delle liberta’ individuali.
E’ un programma che puo’ essere realizzato consentendo un’espansione anche illimitata delle forze private sul piano economico ma che di questa presenza imprenditoriale limita con rigore “il ruolo politico” e la capacita’ di “imporre le sue preferenze sulle politiche dello Stato”.
Proprio questa unione di sviluppo economico capitalistico e autoritarismo statale e’, come gia’ sappiamo, il “modello del capitalismo politico”, nel quale lo Stato “conserva una significativa autonomia nel seguire politiche di interesse nazionale” e agisce in chiave mercantilistica, controllando il settore privato e rendendolo funzionale a questo obiettivo […]
Questa caratteristica fondamentale e sistemica del capitalismo politico implica pero’ necessariamente l’impossibilita’ di introdurre in maniera effettiva in questi paesi la “rule of law” e cioe’ il principio di imparzialita’ di fronte agli attori economici e sociali ma anche il principio che protegge gli individui da ogni ingerenza nella loro sfera privata, perche’ l’“arbitrarieta’” da parte dei governanti, ovvero “l’uso arbitrario del potere”, e’ imprescindibile per il suo funzionamento, dato che chi comanda vuole indirizzare lo sviluppo verso obiettivi politici approfittandone simultaneamente per accrescere il proprio potere o la propria ricchezza personale.
Lo stesso vale per la chiara identificazione delle diverse forme di proprieta’, la cui vaghezza consente al potere politico di favorire ora questi soggetti ora altri e comunque di tenere sotto controllo la popolazione.

Info:
https://www.mimesisedizioni.it/rassegna/il-manifesto-virus-occidentali-e-le-aspre-contese-delle-due-destre-su-il-virus-delloccidente-di-stefano-g.-azzara-.pdf
https://www.lacittafutura.it/recensioni/il-virus-dell%e2%80%99occidente
https://sinistrainrete.info/societa/18241-stefano-g-azzara-il-virus-dell-occidente.html

Capitalismo/Zakaria

Fareed Zakaria – Il mercato non basta. Dieci lezioni per il mondo dopo la pandemia – Feltrinelli (2021)

Molti esperti hanno dimostrato che alti livelli di disuguaglianza creano una cattiva politica e una cattiva economia.
Significano infatti minore crescita economica, con un minor numero di persone che puo’ spendere, e inferiori livelli di fiducia negli altri e nelle istituzioni politiche.
Come abbiamo visto, le stime storiche pongono la disuguaglianza in America ai massimi dopo la Grande depressione, e gli studi delle agenzie governative lo confermano nei recenti decenni. […]
Se ci concentriamo sul 10 per cento che sta in cima, o ancor peggio sull’1 per cento, il gap e’ aumentato in maniera ancora piu’ netta. Questi gruppi hanno visto crescere la loro quota di reddito nazionale quasi ovunque nel mondo, ma tra le nazioni sviluppate nessuna ha avuto un picco superiore a quello degli Stati Uniti.
Nel 1970 il primo 1 per cento di percettori di reddito accaparrava meno del 10 per cento del reddito complessivo nazionale. Nel 2019 si e’ passati al 20. Di contro, il 50 per cento inferiore ha visto la propria quota andare nella direzione opposta, dal 22 per cento nel 1970 al 15 odierno.
E per finire, quando calcoli la disuguaglianza secondo patrimonio e non per reddito, i risultati sono al limite dell’inimmaginabile. Il primo 10 per cento degli americani possiede quasi il 70 per cento della ricchezza totale del paese, da case e automobili ad azioni e titoli, mentre l’ultimo 50 per cento possiede solo l’1,5 per cento del patrimonio complessivo.

Info:
https://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/il-mercato-non-basta/
https://www.sivempveneto.it/la-lezione-della-pandemia-esce-anche-in-italia-lultimo-libro-di-fareed-zakaria-esperto-di-geopolitica-e-analista-della-cnn-ecco-perche-il-mercato-non-basta-a-risollevarci/
https://www.libreriavolare.it/recensioni-libri/saggistica/quello-che-ci-unisce-e-il-mercato-non-basta/
https://www.repubblica.it/cultura/2021/05/26/news/l_intervista_la_lezione_della_pandemia-302900481/

 

Capitalismo/Pennacchi

Laura Pennacchi – Democrazia economica. Dalla pandemia a un nuovo umanesimo – Castelvecchi (2021)

L’interrogazione sul capitalismo e’ anche un’autointerrogazione che aveva gia’ preso vita nei mesi precedenti all’arrivo del coronavirus.
Nell’agosto 2019, l’America’s Business Roundtable (associazione dei Ceo delle piu’ grandi e potenti corporations americane) aveva lanciato sul «Washington Post» un manifesto proclamante l’abbandono della teoria della shareholders value (il primato della massimizzazione del valore per l’azionista, cardine del neoliberismo) e mercoledi’ 18 settembre 2019 il «Financial Times» aveva intitolato cosi’ a tutta pagina la sua copertina: Capitalism. Time for a Reset.
Nel gennaio del 2020, il Forum di Davos aveva inneggiato al «mai piu’ profitti senza etica» e celebrato una narrazione per cui i problemi ambientali e sociali, con in testa quello della diseguaglianza, li avrebbero affrontati e risolti i capitali privati.
A esplosione della pandemia acclarata, il «Financial Times», che gia’ di fronte alla crisi globale del 2007/2008 aveva dedicato una propria rubrica alla «crisi del capitalismo», intitola l’editoriale del 29 marzo 2020 “Virus puts responsible capitalism to the test” (il virus mette alla prova il capitalismo responsabile)

Info:
https://www.rivisteweb.it/doi/10.7384/101090
http://www.castelvecchieditore.com/2021/03/06/democrazia-economica-di-laura-pennacchi/

Capitalismo/Marsili

Lorenzo Marsili, Yanis Varoufakis – Il terzo spazio. Oltre establishment e populismo – Laterza (2017)

Le privatizzazioni sono un simbolo chiave della perdita di sovranita’ popolare e della resa dello Stato a governare l’economia a favore di una maggioranza.
In alcuni casi, poi, diventano una forma di rendita garantita per azionisti: succede quando si tratta di aziende che operano in settori regolati e naturalmente monopolistici.
Privatizzazioni, queste, che hanno creato una nuova categoria di imprenditori rentier che estraggono valore da aziende ex pubbliche protette senza fare nessun investimento.
E’ ovvio che le privatizzazioni vadano immediatamente fermate e, dove possibile, invertite.
Ma si deve fare di piu’. Perche’ il punto non e’ nazionalizzare ma democratizzare il sistema economico.
Negli ultimi trent’anni si e’ esteso a dismisura quello shareholder capitalism, il capitalismo dell’azionista, che ha fatto dell’aumento dei dividendi l’unico fine aziendale, anche e soprattutto a scapito dei lavoratori, dell’impatto sociale e ambientale. Molto spesso questo avviene attraverso un aumento fittizio del valore azionario con processi 
quali il buy-back, l’utilizzo dei profitti aziendali per l’acquisto di azioni proprie invece che per investimenti.

Info:
https://www.laterza.it/index.php?option=com_laterza&Itemid=97&task=schedalibro&isbn=9788858128282
https://www.minimaetmoralia.it/wp/terzo-spazio-intervista-yanis-varoufakis/

Capitalismo/Mason

Paul Mason – Il futuro migliore. In difesa dell’essere umano – il Saggiatore (2019)

Stampando denaro si puo’ riuscire a mantenere artificialmente in vita un’economia a tempo indefinito.
Il problema e’ che non si puo’ riuscire a mantenere artificialmente in vita un’ideologia […]
Piu’ la gente la confronta con la sua vita quotidiana,
piu’ l’ideologia neoliberista appare come una bugia.
Invece che sul libero scambio, fa sempre piu’ affidamento su una concorrenza forzata: fra bambini in eta’ scolare, fra universita’, fra citta’, fra lavoratori, fra inquilini, fra tassisti; e lo scopo della concorrenza e’ sempre costringere il cittadino comune a fare di piu’ in cambio di meno.
Invece di un mercato libero pieno di imprenditori, il mondo delle imprese ora e’ dominato da monopoli di proporzioni impensabili all’epoca del capitalismo di Stato: Google, Facebook, Apple, Amazon, Alibaba, Tencent e simili (sempre strutturati in modo che il management abbia piu’ potere rispetto agli investitori comuni, e sempre pronti a distruggere o acquisire potenziali concorrenti).

Info:
https://www.ilsaggiatore.com/libro/il-futuro-migliore/
https://ilmanifesto.it/la-rivolta-dei-fiocchi-di-neve/
https://www.pulplibri.it/manifesto-ottimista-per-ripartire-oggi/

Capitalismo/D’Eramo

Marco D’Eramo – Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi – Feltrinelli (2020)

Vi e’ un rapporto difficile tra capitalismo a dominante finanziaria da un lato e futuro dall’altro.
Il capitalismo industriale mette in conto i tempi lunghi del progettare e costruire un impianto, dotarlo delle infrastrutture necessarie, procurarsi materie prime adatte e maestranze qualificate, avviare la produzione, costruire reti di distribuzione dei prodotti,e quindi ragiona sul periodo medio-lungo.
Invece, quando acquista azioni di un’impresa, il fondo d’investimento pretende un ritorno immediato, e i suoi investitori esigono cedole trimestrali: l’orizzonte dell’investimento stesso si avvicina paurosamente, e’ schiacciato sul prossimo trimestre, anzi sul prossimo mese.
Se la redditivita’ di un’azienda scema per qualche trimestre, subito si comincia a considerare la possibilita’ di smembrarla, farne lo spezzatino, venderla a tocchetti, tagliare i costi (licenziamenti, riduzioni dei salari).
All’investitore finanziario non interessa se l’impresa di cui ha comprato un pacchetto azionario produce cellulari o ferri da stiro, o collant di nylon.

Info:
http://www.spazioterzomondo.com/2020/11/recensione-marco-deramo-dominio/
https://www.internazionale.it/opinione/giuliano-milani/2020/11/10/marco-d-eramo-dominio
https://sbilanciamoci.info/i-meccanismi-del-dominio/
https://www.sinistrainrete.info/societa/17891-marco-d-eramo-la-bolla-dell-overtourism-si-e-sgonfiata-ma-tornera-presto-a-crescere.html